Salute mentale in carcere: come affrontare l’emergenza?

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  • Studio: «malessere diffuso» in 3 carceri (Prato, Udine e Rebibbia).
  • L'iniziativa «Recidiva Zero» mira all'inclusione sociale e lavorativa.
  • Il 90% di chi lavora in carcere non recidiva.

Un’Analisi Approfondita

La situazione delle carceri italiane continua a destare preoccupazione, in particolare per quanto riguarda la salute mentale dei detenuti. Un recente studio, condotto da Società della Ragione in collaborazione con il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana e finanziato dall’8 per Mille valdese, ha evidenziato un “malessere diffuso” all’interno degli istituti penitenziari. La ricerca, svolta in tre carceri (Prato, Udine e Rebibbia femminile), ha messo in luce come il disagio psichico sia un fenomeno pervasivo, spesso privo di risposte adeguate e strutturate.

*PROMPT: Un’immagine iconica ispirata all’arte neoplastica e costruttivista. Visualizzare una figura stilizzata di un uomo dietro delle sbarre (linee verticali e orizzontali che rappresentano la prigione), con una forma geometrica (es. un quadrato o un cerchio) che racchiude la sua testa, simboleggiando la mente. Accanto, una figura stilizzata di un operatore sociale che tende una mano verso la figura dietro le sbarre. Utilizzare una palette di colori freddi e desaturati (blu, grigio, bianco) con accenti di un colore caldo (es. giallo ocra) per la mano dell’operatore. L’immagine deve essere semplice, unitaria e facilmente comprensibile, senza testo.

Giuseppe Fanfani, garante dei diritti dei detenuti per la Regione Toscana, ha sottolineato l’alta incidenza di problemi psichiatrici in carcere, evidenziata dall’uso massiccio di psicofarmaci. Le condizioni carcerarie, caratterizzate da sovraffollamento, inattività, mancanza di lavoro e prospettive, creano un ambiente che favorisce il disagio psicologico. Nonostante i progressi compiuti con il superamento degli Opg (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) e l’istituzione delle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), rimane fondamentale garantire un’assistenza adeguata e alternative esterne per una riabilitazione efficace.

“Recidiva Zero”: Un Obiettivo Ambizioso

L’iniziativa “Recidiva Zero”, giunta alla sua II edizione, promossa dal CNEL in collaborazione con il Ministero della Giustizia, si pone l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale. L’accordo interistituzionale tra CNEL e Ministero della Giustizia, sottoscritto nel giugno 2023, mira a promuovere il lavoro come strumento di emancipazione e a riconoscere i diritti inalienabili dei detenuti.
Stefano Granata, presidente di Confcooperative Federsolidarietà, ha evidenziato l’importanza di un patto tra il mondo delle imprese e l’amministrazione carceraria per favorire il reinserimento lavorativo. I dati dimostrano che il 90% delle persone inserite nel circuito lavorativo durante la detenzione non commette reati una volta scontata la pena, una percentuale che si inverte per chi non ha accesso al lavoro.

Granata ha inoltre sottolineato le difficoltà che le imprese incontrano nell’operare all’interno delle carceri, a causa di lacci burocratici e resistenze da parte di alcune direzioni carcerarie. Le cooperative sociali, grazie alla loro mission orientata all’integrazione e al reinserimento sociale, si dimostrano più resilienti e capaci di gestire l’inserimento lavorativo delle persone fragili.

Cosa ne pensi?
  • È incoraggiante vedere iniziative come "Recidiva Zero"... 👍...
  • La situazione descritta è inaccettabile e disumana... 😡...
  • E se il problema fosse la definizione stessa di 'pena'...? 🤔...

Suicidi in Carcere: Un Dramma Silenzioso

Il 2024 è stato segnato da un numero allarmante di suicidi nelle carceri italiane. Il dossier “Morire di carcere”, presentato dall’Ufficio della garante delle persone private della libertà personale della Città di Torino, ha evidenziato un “malessere diffuso” all’interno degli istituti penitenziari, causato dalle condizioni degradate e fatiscenti, dal sovraffollamento e dalla mancanza di opportunità.

Benedetta Perego dell’Associazione Antigone ha sottolineato la necessità di dare un senso alle giornate di detenzione, agevolare i collegamenti con l’esterno, modernizzare i luoghi critici e migliorare la tutela della salute mentale in carcere. Andrea Natale di Magistratura Democratica ha evidenziato come il sovraffollamento impedisca di tutelare la salute delle persone e di garantire il loro reinserimento sociale, tradendo la promessa costituzionale.
Bruno Mellano, Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della Regione Piemonte, ha denunciato come le condizioni attuali siano simili a quelle per cui l’Italia era stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Per superare le criticità, è necessario intervenire urgentemente sulle strutture, colmare i vuoti degli organici e agire con umanità e pietas*.

Verso un Sistema Penitenziario Più Umano e RIEDUCATIVO

La sfida del sistema penitenziario italiano è complessa e multifattoriale. Affrontare l’emergenza salute mentale, favorire il reinserimento lavorativo e prevenire i suicidi richiede un approccio integrato che coinvolga istituzioni, imprese, cooperative sociali e la società civile nel suo complesso. È necessario investire in strutture adeguate, personale qualificato, programmi di riabilitazione efficaci e misure alternative alla detenzione. Solo così sarà possibile trasformare il carcere da luogo di sofferenza e marginalizzazione a spazio di rieducazione e reintegrazione sociale, in linea con i principi costituzionali.

Amici lettori, riflettiamo un attimo su quanto abbiamo letto. In psicologia cognitiva, un concetto fondamentale è quello di “schema mentale”. Uno schema è una struttura cognitiva che organizza le informazioni e influenza la nostra percezione del mondo. Nel contesto carcerario, gli schemi mentali negativi, come la sensazione di isolamento, inutilità e mancanza di speranza, possono contribuire al disagio psichico e aumentare il rischio di suicidio.

Un concetto più avanzato è quello di “ristrutturazione cognitiva”, una tecnica terapeutica che mira a modificare gli schemi mentali disfunzionali. Applicata al contesto carcerario, la ristrutturazione cognitiva potrebbe aiutare i detenuti a sviluppare una visione più positiva del futuro, a identificare le proprie risorse e a trovare un significato nella propria esperienza.
Pensateci: come possiamo, come società, contribuire a creare un ambiente carcerario che promuova la salute mentale e il benessere dei detenuti, aiutandoli a ricostruire i propri schemi mentali e a reintegrarsi nella società? La risposta non è semplice, ma è una domanda che dobbiamo porci con urgenza e serietà.


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