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Sicurezza sul lavoro: l’incremento delle vittime nel 2024 richiede interventi urgenti

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  • Nel 2024, si sono registrate 1.090 vittime sul lavoro, un aumento del 4,7% rispetto al 2023.
  • I lavoratori stranieri hanno un rischio di morte sul lavoro più che doppio rispetto agli italiani, con un'incidenza di 74.2 decessi per milione.
  • Il 19,9% degli infortuni mortali nel 2024 è avvenuto di martedì, confermandosi il giorno più funesto.

Il quadro delle fatalità lavorative in Italia per il 2024 appare drammatico e in crescita se paragonato all’anno precedente. Le recenti indagini hanno rivelato un totale di 1.090 vittime, rappresentando un aumento rilevante rispetto alle 1.041 perdite di vite umane riscontrate nel 2023; ciò equivale a una variazione del 4,7%. Tali cifre sollevano preoccupazioni significative e sottolineano un’emergenza che persiste nel territorio nazionale. Vega Engineering. Il comparto edilizio continua a dimostrarsi il più vulnerabile, con una prevalenza significativa di incidenti mortali tra i gruppi maggiormente esposti: da un lato i lavoratori stranieri e dall’altro quelli oltre sessantacinque anni. I dati raccolti indicano chiaramente che le radici della problematica affondano verosimilmente nel precariato stesso; emergono anche deficit organizzativi interni alle imprese ed evidenti mancanze nella formazione destinata ai dipendenti specializzati nelle aree particolarmente vulnerabili.

Passando all’analisi della diffusione territoriale del rischio, entro la conclusione dell’anno 2024 vi è un’immagine irregolare. Le aree catalogate come rosse mostrano tassi di mortalità superiori al 25% rispetto alla media nazionale (stabilita su 34,1 decessi per milione), includendo Basilicata insieme alla Valle d’Aosta e Umbria, oltre a Trentino-Alto Adige, Campania, Sardegna e Sicilia. Classificate come arancioni risultano invece Molise, Calabria, Emilia-Romagna, Puglia; infine quelle contrassegnate come gialle comprendono Abruzzo, Liguria, Lazio, Toscana, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. Le uniche regioni in zona bianca, con un’incidenza infortunistica inferiore al 75% della media nazionale, sono Veneto e Marche. Questa zonizzazione, elaborata con un’incidenza infortunistica parametrata sul numero di occupati, permette di confrontare il fenomeno infortunistico tra regioni con popolazioni lavorative diverse, offrendo una visione chiara delle aree più critiche.

Regione Tipo di zona Incidenza mortalità (%)
Basilicata Rossa >= 25
Valle d’Aosta Rossa >= 25
Umbria Rossa >= 25
Trentino-Alto Adige Rossa >= 25
Campania Rossa >= 25
Sardegna Rossa >= 25
Sicilia Rossa >= 25
Molise Arancione <= 25
Calabria Arancione <= 25
Emilia-Romagna Arancione <= 25
Puglia Arancione <= 25

Il dato relativo ai lavoratori stranieri è particolarmente preoccupante: con 176 decessi su un totale di 805 in occasioni di lavoro nel 2024, il loro rischio di morte sul lavoro è più che doppio rispetto ai lavoratori italiani. Il tasso d’incidenza riguardante gli stranieri arriva a toccare i valori inquietanti di 74.2 decessi per milione impiegati, risultando nettamente superiore al dato dei cittadini italiani fissato su un crudo 29.7. Da notare che anche la variabile anagrafica si configura come un elemento cruciale nel determinare il rischio: tra i lavoratori oltre sessantacinque anni l’incidenza raggiunge punte notevoli pari a 138.3, mentre la categoria dei cinquantenni mostra valori significativi attorno al 54.5. Non sorprende quindi che quest’ultima finestra temporale evidenzi il numero più alto totale d’infortuni letali: 279 contro un totale complessivo registrato pari alla cifra sovra indicata.

Analizzando i dati complessivi sulle fatalità occorse nell’arco dell’anno fino alla conclusione del mese corrente di dicembre nel n MM⁣DCC⁣XX⁣ IV:⁣ 1090 totale, ove questo è composto da (805) ( richand) effettua⁣ti dire⁣ttamen⁣te e (285)⁣ (relative) nelle circostanze contingenti (in lavori.). Segue ad essa Campania, totalizzando 84 seguito 73 relativi ordinari meno recenti dall’Emilia-Romagna (rievocantesi). I tragici eventi nel comparto edile mostrano una conferma allarmante circa le fatidiche: lastre vincolanti “lavorativa”, nelle occasioni di incidenti sul lavoro. Concludendo, La statuntoriaçino nello ⁣ ⁣ (<346309 >>⁣) miorentistico°(?ò)ojoiter):⁣ ]=**⁣ 161 nell’anno .⁣ ⁣Ai piedi della classifica stanno pure i settori 209091^11? [`](&)çî! m3: ]((—nel_t _118)bió}. Per ovvie motivazioni.«perfezzi oncompare—come ⁣)gghì$sureFr.21 -123. Il martedì si conferma il giorno più funesto per gli infortuni mortali, rappresentando il 19,9% del totale nel 2024. Le denunce totali di infortunio sono rimaste pressoché stabili rispetto al 2023, con un leggero aumento dello 0,7%, passando da 585.356 a 589.571. Le attività manifatturiere registrano il numero più elevato di denunce totali (70.842), seguite da Costruzioni (37.220) e Sanità (36.425). La fascia d’età più colpita dagli infortuni totali (in occasione di lavoro e in itinere) è quella tra i 45 e i 54 anni, con 130.010 denunce, pari al 22,1% del totale.

Il Testo Unico sulla sicurezza e gli obblighi per datore di lavoro e lavoratori

In Italia, la cornice normativa principale riguardante la salute e la sicurezza nei contesti professionali è costituita dal Decreto Legislativo 81/2008, meglio conosciuto come Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. Tale disposizione legislativa istituisce un articolato insieme di norme generali finalizzate a promuovere l’uniformità delle salvaguardie nelle diverse tipologie lavorative—sia esse pubbliche che private—incluse anche i diversi tipi d’impegno professionale: dai lavori subordinati agli autonomi fino ai soci lavoratori e ai tirocinanti equiparati agli altri suddetti gruppi. Il D. Lgs., che scaturisce dall’attuazione della legge delega emanata nel 2007, specifica con precisione le attribuzioni responsabili degli individui implicati nella rete operativa relativa alla prevenzione e alla protezione aziendale; tali figure comprendono tanto il datore quanto lo stesso dipendente.

Nel corso degli anni, le normative generali predisposte dal Testo Unico hanno ricevuto integrazioni attraverso leggi ad hoc focalizzate su situazioni rischiose o segmenti d’attività ben delineate. In tempi recenti si segnala l’emergere del Decreto Legge n. 146 del 2021: questo provvedimento ha apportato notevoli modifiche al panorama normativo esistente amplificando contestualmente le facoltà ispettive dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), rinforzando il database correlato al Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi professionali (SINP) e irrigidendo ulteriormente il regime sanzionatorio legato alle infrazioni normative riscontrabili. Il recente Decreto Legge n. 19 del 2024 ha portato alla luce innovazioni decisive: dall’1° ottobre 2024, tutte le aziende e i liberi professionisti attivi nei cantieri temporanei o mobili dovranno obbligatoriamente detenere una patente. Questo requisito si propone non solo come misura per accrescere le competenze nel settore, ma anche per garantire condizioni più sicure in contesti operativi altamente rischiosi. L’assegnazione della suddetta patente sarà responsabilità dell’INL, a fronte della dimostrazione di requisiti peculiari quali: registrazione presso la camera di commercio, adempimento agli obblighi formativi previsti dalla normativa vigente, regolarità sia contributiva (attraverso il DURC) che fiscale (mediata tramite il DURF). Sarà altresì necessario adottare il documento relativo alla valutazione dei rischi associati al lavoro e nominare un referente designato per il servizio prevenzione-protezione. È opportuno notare che questa licenza funzionerà su base creditizia; eventuali infrazioni comporteranno una decurtazione dei crediti stessi e, in caso di assenza della certificazione oppure con punteggi inferiori a ’15’, ci saranno pesanti ripercussioni sotto forma sanzionatoria, oltre all’impossibilità d’accesso ai bandi pubblici per lavori governativi. Secondo il Lgs. 81/2008, sebbene sia consentita la delega per funzioni che non rivestono un’importanza cruciale, è indispensabile che rimanga attiva una vigilanza da parte dell’autorità che ha delegato sul lavoro svolto dal rappresentante incaricato. È importante notare che non può essere trasferita a terzi la responsabilità della valutazione complessiva dei rischi, insieme all’obbligo di redigere il pertinente documento; altrettanto vincolante è l’incarico per nominare il responsabile del servizio dedicato alla prevenzione e protezione da eventuali pericoli. Fisco e Tasse. Il ruolo del datore di lavoro comprende imprescindibili responsabilità come quella dell’informazione, dell’istruzione e dell’addestramento rivolto ai lavoratori; queste pratiche hanno l’obiettivo principale di far comprendere ai dipendenti sia i rischi generali sia quelli specificamente associati alle loro funzioni professionali. Risulta fondamentale effettuare una valutazione accurata delle minacce potenziali: questa attività deve essere intrapresa dal datore in collaborazione con il responsabile della prevenzione/protezione nonché con il medico competente. Si rende necessario includere elementi quali lo stress collegato al lavoro, così come quelli derivanti da differenze relative a genere ed età o dalla tipologia contrattuale. L’esito tangibile della valutazione viene formalizzato attraverso la creazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), documento da custodire all’interno dell’organizzazione aziendale ma anche da inoltrare al rappresentante designato per garantire la sicurezza nel contesto lavorativo.

I dipendenti stessi possiedono diritti precisi nei confronti della loro salute: sono tenuti non solo ad assicurarsi un ambiente salubre ma anche a rispettare gli obblighi normativi vigenti. Dovrebbero osservare scrupolosamente le direttive fornite dai superiori, utilizzare adeguatamente strumenti ed equipaggiamenti protettivi efficaci segnalando ogni carenza riscontrata senza ritardo. Pertanto, occorre altresì partecipare alle iniziative formative organizzate dal proprio datore. Una figura determinante nel contesto della tutela della salute nei luoghi lavorativi è rappresentata dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Questa figura viene eletta o designata direttamente dai lavoratori stessi ed esercita significative prerogative: deve infatti poter esprimere le proprie opinioni riguardo alla valutazione dei rischi, avere accesso costante alle informazioni relative alla safety aziendale ed è incaricato non solo della promozione dell’attuazione delle misure preventive ma anche del ricorso agli organi competenti in caso vi sia un disallineamento normativo. In aggiunta si riscontra un’evoluzione rilevante nel sistema informativo nazionale dedicato alla prevenzione, conosciuto come SINP. Esso ha subito miglioramenti attraverso l’inclusione attiva del Dipartimento per la trasformazione digitale insieme all’INPS, così come mediante lo sviluppo ulteriore della sezione inerente le sanzioni. Parallelamente i poteri dell’INL, dopo aver incrementato le risorse umane dedicate ai controlli ispettivi sul territorio italiano riguardanti salute* & sicurezza, si sono ampliati notevolmente. Quest’ultimo istituto annualmente relaziona al Parlamento presentando un rapporto dettagliato sulle operazioni condotte nell’anno precedente. Infine va menzionata l’introduzione recente di un incentivo che beneficia quei datori conformi che vengono registrati nella Lista d’conformità INL; questa opportunità consente loro una minore incidenza nelle ispezioni periodiche poiché qualificabili a minor rischio d’infrazioni legislative. Il regime sanzionatorio delineato dal D. Lgs. 81/2008 contempla sia sanzioni amministrative che penali, i cui importi sono soggetti a periodiche rivalutazioni, nonché a ulteriori incrementi nel caso si verifichino situazioni di recidiva oppure impiego irregolare. In situazioni specifiche, qualora si faccia ricorso all’occupazione illegale superiore al 10% della forza lavoro, è prevista la possibilità della sospensione dell’attività imprenditoriale; analogamente avviene per gravissime trasgressioni nelle normative riguardanti salute e sicurezza sul lavoro. Inoltre, in risposta al fenomeno del caporalato, sono state introdotte misure mirate tramite la creazione di un Tavolo operativo e un nuovo Sistema informativo destinato alla lotta contro il caporalato agricolo; tale iniziativa ha come obiettivo primario quello di accrescere l’‘analisi’, ‘il monitoraggio’ e ‘la vigilanza’ sui comportamenti lesivi degli operatori vulnerabili nel settore agrario.

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L’impatto psicologico degli incidenti sul lavoro e la necessità di supporto

Gli effetti derivanti da un incidente lavorativo trascendono frequentemente il mero danno corporeo; essi si manifestano anche con conseguenze devastanti per la sfera psicologica ed emozionale dei dipendenti. Indagini recenti hanno messo in luce che coloro che subiscono incidenti nel contesto professionale possono sviluppare una gamma complessa di sintomi. Questi ultimi potrebbero culminare in uno scenario clinico ben definito, caratterizzato da disturbo da stress post-traumatico (PTSD), ansia persistente, insonnia, stati depressivi e compromissione delle capacità cognitive. Punto Sicuro. Queste ripercussioni psicologiche, spesso sottovalutate o non adeguatamente riconosciute, possono persistere a distanza di tempo dall’evento traumatico e compromettere il percorso di recupero e il reinserimento socio-lavorativo dell’individuo.

Ricerche specifiche hanno indagato gli effetti non fisici degli incidenti sul lavoro, mettendo in luce una maggiore propensione al rischio di sviluppare il PTSD negli infortunati, un rischio che appare “subdolo” in quanto non sempre associato a sintomi manifesti di ansia o depressione conclamati. Lo studio ha rivelato che le vittime di incidenti tendono a rivivere l’evento traumatico, con il carico emozionale e l’attivazione fisiologica che ne derivano, portandoli a cercare di evitare luoghi e situazioni che richiamano alla mente l’incidente. È stato osservato che all’aumentare della gravità della sintomatologia post-traumatica, aumentano parallelamente i problemi legati all’ansia, alla rabbia, alla depressione e alla presenza di psicopatologia, mentre si riducono le abilità di resilienza e le capacità di far fronte alle situazioni stressanti. La dimensione psicologica della questione si espande notevolmente nel campo cognitivo. Ricerche condotte hanno dimostrato come individui coinvolti in incidenti sul posto di lavoro manifestino una maggiore incidenza di difficoltà nell’affrontare compiti complessi legati alla concentrazione, alla memoria e all’organizzazione fluida delle azioni, se confrontati con un campione di controllo. L’ansia associata al trauma ha la tendenza ad orientare la propria attenzione verso gli aspetti emotivi del contesto circostante o su stimoli ambientali evocativi dell’evento traumatico, riducendo così le risorse cognitive imprescindibili per lo svolgimento delle ordinarie attività professionali e quotidiane. Tale condizione rischia di ostacolare il processo complessivo di reinserimento nel mondo lavorativo, rendendo fondamentale una valutazione clinica che consideri non soltanto i danni fisici subiti ma anche le ripercussioni psicologiche ed emotive conseguenti all’incidente.

Un ulteriore elemento emerso da queste indagini è la propensione al rimuginio mentale tra coloro che sono stati vittime d’infortuni; tale comportamento è frequentemente associato a diverse disfunzioni cognitive nelle stesse persone colpite. Coloro che soffrono una sintomatologia post-traumatica più marcata mostrano prestazioni inferiori in test relativi all’attenzione o alla concentrazione, risultando generalmente meno rapidi e con scarsa capacità di focus. Spesso gli operatori adottano un approccio cauto che privilegia l’accuratezza a discapito della velocità; questa scelta strategica potrebbe avere effetti deleteri sull’efficienza del lavoro svolto.

In risposta a tale situazione critica, appare evidente la urgenza nell’implementazione dei servizi dedicati al supporto psicologico, non solo per i lavoratori gravemente infortunati ma anche per le famiglie degli individui deceduti sul posto di lavoro. La prestazione da parte degli specialisti nel campo della salute mentale risulta cruciale per riportare equilibri emotivi perduti e aiutare i soggetti traumatizzati a recuperare un senso d’identità, oltre a favorire rapporti più sani con gli altri. L’assistenza professionale ha il potere di alleviare sofferenze persistenti quando queste si radicano nel tempo grazie a incontri sia terapeutici sia orientati al sostegno emotivo. È essenziale inoltre integrare all’interno delle diagnosi cliniche post-evento criteri idonei ad individuare ogni aspetto legato alla salute globale del dipendente colpito dall’incidente, tenendo conto soprattutto delle ripercussioni emotive e psicologiche prolungate che solitamente vengono ignorate nei giudizi esclusivamente basati sulla valutazione dell’invalidità fisica indicata dall’INAIL.

Nuovi approcci e sfide nella gestione della sicurezza e del benessere post-trauma

La consapevolezza dell’impatto psicologico degli incidenti sul lavoro ha portato a una crescente attenzione verso l’integrazione del supporto psicologico nei percorsi di recupero. Non si tratta più solo di riabilitare il corpo, ma di sostenere la mente e l’intera persona nel suo ritorno alla normalità e all’attività lavorativa. L’applicazione di discipline come la psicologia cognitiva e comportamentale, le neuroscienze e la medicina correlata alla salute mentale si rivela fondamentale per comprendere i meccanismi sottostanti il trauma lavorativo e sviluppare interventi efficaci.

Dalla psicologia cognitiva sappiamo che un evento traumatico può alterare i processi di elaborazione delle informazioni e creare schemi di pensiero disfunzionali. L’incidente sul lavoro, in quanto evento inaspettato e spesso accompagnato da forte paura o orrore, può innescare reazioni che influenzano la percezione del rischio, la memoria dell’evento e la capacità di concentrazione. Le difficoltà cognitive riscontrate nelle vittime di infortuni, come quelle relative all’attenzione e alla memoria, non sono semplici “effetti collaterali”, ma manifestazioni dirette dell’impatto del trauma sul funzionamento cerebrale. È fondamentale comprendere questi meccanismi sia a livello neuronale che cognitivo, poiché ciò rappresenta un passo imprescindibile nella creazione di programmi riabilitativi volti a restaurare capacità precedentemente compromesse.

In tal senso, la psicologia comportamentale fornisce una serie di strumenti efficaci utili ad affrontare le reazioni d’evitamento, così come quelle innescate da paure condizionate legate ai traumi subiti. Interventi terapeutici quali la desensibilizzazione tramite movimenti oculari (EMDR), insieme alla terapia cognitivo-comportamentale (CBT), sono stati dimostrati capaci di assistere gli individui nell’elaborazione delle esperienze traumatiche: contribuiscono infatti ad attenuare stati d’ansia o depressione ed a trasformare quei modelli comportamentali disfunzionali che ostacolano un’efficace ripresa. Inoltre, l’applicazione della mindfulness – secondo alcuni studi recenti – si profila quale valida strategia per gestire livelli elevati di stress ed incoraggiare una salute mentale duratura.

La branca medica attinente alla salute psicologica riveste una funzione vitale non solo nella diagnosi ma anche nel trattamento dei disturbi psichici scaturiti dal trauma vissuto. L’approccio clinico iniziale dovrà includere una attenta valutazione con specifico focus sul PTSD assieme ad altre problematiche psicosociali; questo costituisce il punto primario attraverso cui è possibile discernere le necessità individuali del lavoratore indirizzandolo quindi verso forme appropriate di sostegno professionale. Il trattamento può includere terapia farmacologica, psicoterapia individuale o di gruppo, e interventi di sostegno psicosociale volti a facilitare il reinserimento nella vita quotidiana e lavorativa. È fondamentale che vi sia una stretta collaborazione tra medici del lavoro, psicologi, psichiatri e altri professionisti della salute per offrire un’assistenza integrata e personalizzata.

Una nozione base di psicologia cognitiva correlata al tema è il concetto di “bias attentivo del trauma”. Le persone che hanno subito un trauma tendono a prestare un’attenzione involontaria e sproporzionata a stimoli o segnali legati all’evento traumatico, anche quando questi sono irrilevanti o non pericolosi nel contesto attuale. Questo bias può rendere difficile concentrarsi su altre attività, influenzare la performance lavorativa e contribuire al mantenimento dell’ansia e del disturbo da stress post-traumatico.

Una nozione avanzata di psicologia cognitiva e neuroscienze applicata al tema potrebbe essere il ruolo dell’amigdala e della corteccia prefrontale nella risposta al trauma. La dissonanza funzionale tra amigdala—sede primaria dell’elaborazione delle emozioni e dell’ansia—e corteccia prefrontale è evidente dopo eventi traumatici: l’amigdala tende a manifestarsi con una aumentata iperattività, mentre il ruolo moderatore della corteccia si affievolisce significativamente. Tale squilibrio nefasto influenza profondamente i sintomi associati al PTSD—tra cui spicca l’ipervigilanza insieme all’impossibilità di gestire adeguatamente le reazioni emotive. È dunque fondamentale progettare approcci terapeutici orientati alla riarmonizzazione operativa fra queste aree cerebrali.

Pertanto ci poniamo interrogativi sull’effettivo grado di attitudine sociale verso gli esiti nascosti ma gravemente impattanti degli incidenti lavorativi. Garantire soltanto una protezione fisica dei lavoratori non si rivela sufficiente; appare essenziale anche attuare misure che consentano il riconoscimento chiaro dei traumi subiti dai lavoratori stessi, accompagnato da un supporto complessivo finalizzato al ristabilimento tanto dello stato fisico quanto psichico degli individui coinvolti. L’assunzione preventiva nei confronti dei rischi psicologici mediante lo sviluppo di una vera cultura sulla sicurezza integrativa rispetto alla salute mentale, così come offrire modalità consolidate per rientrare gradualmente nelle dinamiche professionali, costituiscono alcuni temi cruciali per delineare un avvenire nel quale prestazioni occupazionali non equivalgano più a esposizioni potenzialmente mortali o dannose per l’integrità totale dell’essere umano.

Conclusioni e prospettive future

L’analisi statistica riguardante gli incidenti sul posto di lavoro e le relative mortalità sottolinea l’importanza cruciale della riflessione urgente su strategie preventive e operative all’interno del contesto italiano. Pur essendo il D. Lgs. 81/2008 accompagnato da aggiornamenti significativi, rappresenta una solida cornice normativa per affrontare questioni legate alla sicurezza sul lavoro, l’efficacia nella sua attuazione rivela sfide considerevoli, così come il sistema dedicato alla prevenzione è chiamato a dimostrarsi capace di adattarsi alle effettive necessità lavorative degli individui coinvolti. Il fatto che nel 2024 si registri un incremento drammatico delle morti sul lavoro—soprattutto tra categorie vulnerabili quali gli stranieri e i soggetti anziani—nonché nei contesti professionali ad alta incidenza di pericolo come quello edilizio accentua ulteriormente l’urgenza con cui devono essere potenziati i vari interventi.

La potenziamento delle prerogative ispettive dell’INL unitamente agli interventi mirati contro fenomenologie quali il lavoro irregolare o il caporalato costituiscono certamente aspetti fondamentali; tuttavia, è vitale intraprendere azioni dirette verso la prevenzione primaria stessa: un approccio deve risultare centrato sulla diffusione culturale della sicurezza, integrando proattivamente datori di lavoro e dipendenti nell’analisi dei rischi, oltre che nella messa in atto delle misure protettive pertinenti ed efficaci. È imperativo mantenere una formazione e un addestramento, essenziali nel contesto del Testo Unico, sempre aggiornati e in linea con le particolarità dei vari settori industriali nonché con l’evoluzione delle nuove tecnologie. Ciò significa assicurare che tali iniziative siano fruibili anche per coloro che presentano limitate capacità linguistiche o informatiche.

In parallelo si rende imprescindibile elevare il livello di supporto psicologico dedicato ai lavoratori coinvolti in incidenti sul luogo di lavoro insieme ai loro familiari. Studi hanno inequivocabilmente evidenziato come gli effetti emotivi e cognitivi derivanti da tali eventi possano risultare altreltanto debilitanti quanto le ferite corporee; ciò può ostacolare gravemente la reintegrazione nell’ambiente lavorativo nonché compromettere la qualità della vita globale degli individui colpiti. Occorre quindi affrontare con decisione l’attuale dispersività nei servizi offerti ed assicurare accessibilità a piani d’assistenza psicologica efficaci immediatamente disponibili all’interno sia del sistema sanitario pubblico sia del welfare aziendale privato. Inoltre, riconoscere il danno psichico, quale elemento cruciale nella completa valutazione dell’invalidità conseguente a incidenti professionali – servendosi di criteri appropriati che vanno al di là della mera compensazione fisica stabilita dall’INAIL – rappresenta senza dubbio una tappa fondamentale verso una maggiore giustizia sociale per i soggetti colpiti.

Le prospettive future richiedono un impegno congiunto di istituzioni, aziende e organizzazioni sindacali per costruire un ambiente di lavoro più sicuro e umano. Investire nella prevenzione e nel supporto psicologico non è solo un obbligo morale e legale, ma anche un investimento economico strategico. Un lavoratore sano, fisicamente e mentalmente, è un lavoratore più produttivo e motivato. Ridurre gli incidenti e le loro conseguenze negative si traduce in una minore pressione sul sistema sanitario e assistenziale, in una maggiore stabilità dei rapporti di lavoro e in un generale miglioramento del benessere sociale. La sfida è complessa, ma la crescente consapevolezza e le nuove normative offrono la speranza di un cambiamento significativo, a patto che si traduca in azioni concrete e coordinate su tutto il territorio nazionale.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, condizione psicologica che può svilupparsi dopo un evento traumatico.
  • INAIL: Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul lavoro, ente pubblico italiano per la tutela dei lavoratori contro gli infortuni e le malattie professionali.
  • DURC: Documento Unico di Regolarità Contributiva, certificazione che attesta la regolarità contributiva di un’impresa.
  • DVR: Documento di Valutazione dei Rischi, documento obbligatorio previsto dal D. Lgs. 81/2008 per valutare e gestire rischi sul lavoro.


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