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Trauma nell’esercito: perché le forze armate non proteggono i soldati?

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  • Nel 2023, circa 29.000 membri dell'esercito hanno denunciato atti molesti.
  • Il 43% dei 12.000 militari israeliani in riabilitazione soffre di ptsd.
  • I tassi di ptsd oscillano tra il 26,5% e il 27% nei contesti bellici.

Il contesto delle forze armate si presenta come un bastione della sicurezza nazionale; tuttavia esso nasconde frequentemente elementi inquietanti relativi a episodi di violenza e soprusi che compromettono la salute mentale degli individui coinvolti. Secondo le ultime indagini condotte negli Stati Uniti, sebbene ci sia stata una lieve diminuzione nelle segnalazioni riguardanti aggressioni e molestie sessuali registrate nel corso del 2023 rispetto all’anno precedente, i dati emersi pongono in evidenza una situazione preoccupante: pressoché 29.000 membri** dell’esercito — prevalentemente donne — hanno denunciato atti molesti nell’anno trascorso; tra questi sono inclusi oltre 8.500 eventi correlati alla violenza sessuale stessa. Anche se tali cifre possono apparire come segnali positivi rispetto alle 31.000 denunce riportate nel 2022 e ai 8.942 incidenti per lo stesso anno, un’analisi più scrupolosa sottolinea come il dato attuale rappresenti comunque uno dei risultati peggiori dalla partenza della raccolta statistica su queste tematiche delicate. È significativo notare come le segnalazioni fossero solo circa 518 nel 2013 o anche meno con sole 846 segnalazioni risalenti al 2007; questo panorama prolungato fa pensare ad altrettante difficoltà crescenti per le vittime stesse nella formalizzazione delle denunce contro tali abusi nonostante l’apparente riduzione degli stessi incidenti potrebbe riflettere piuttosto «una diffusa cultura dell’omertà» incidendo sul desiderio delle persone coinvolte a esporsi pubblicamente sulle loro esperienze traumatiche. La questione mette in evidenza un episodio emblematico riguardante Michael Di Giacomo, facente parte degli alti ranghi della Florida Home Guard, implicato in accuse severissime relative a molestie sessuali nei confronti di una sua collaboratrice durante operazioni lungo il confine tra il Texas e il Messico. A seguito della denuncia presentata dalla vittima, si è assistito al suo licenziamento mentre sorprendentemente Di Giacomo veniva promosso. Questo evento solleva interrogativi fondamentali sull’efficacia dei meccanismi predisposti per proteggere le vittime e promuovere denunce all’interno delle forze militari. Ripristinata nel 2022 con un contingente composto da 1.500 volontari retribuiti in parte impiegati contro l’immigrazione irregolare, la Florida Home Guard viene ora vista sotto una luce preoccupante: l’atmosfera omertosa circostante questo episodio riflette chiaramente la gravità del problema radicato nell’istituzione stessa. Il silenzio assordante da parte dei membri dell’organizzazione così come dall’ufficio del governatore conferma l’esistenza di una cultura del mutismo che alimenta ulteriormente le difficoltà nella lotta per ottenere giustizia da parte delle sopravvissute a tali abusi.

Questo fenomeno purtroppo non rappresenta un’eccezione: sul territorio statunitense molti scandali legati a molestie sessuali hanno interessato diverse sezioni delle forze armate. Nel mese di dicembre del 2023 si è svolto un audace incontro al Congresso degli Stati Uniti in cui quattro donne hanno reso testimonianza circa le molestie subite presso l’Accademia preparatoria della Guardia Costiera. Non lontano da questo evento significativo, nel corso del 2019 nello stato della Florida si è registrata la clamorosa dimissione del comandante in seconda della Guardia Nazionale, Michael Calhoun, accusato d’insabbiamento riguardo a svariati episodi di molestie sessuali. Il caso emblematico che balza agli occhi è senza dubbio quello relativo a Vanessa Guillen, una giovane militare americana tragicamente assassinata nel 2020 nella base Fort Hood in Texas dal suo superiore gerarchico dopo essere stata vittima ripetuta dei suoi abusi. La paura delle conseguenze l’aveva costretta a non sporgere denuncia; tuttavia la sua morte ha provocato ampie manifestazioni su scala nazionale ed evidenziato le vulnerabilità intrinseche al programma governativo S. H. A. R. P., acronimo che sta per (Sexual Harassment Assault Response Prevention). Un cambiamento cruciale si è poi verificato solo nel 2022 quando – grazie alla tenace azione legale intrapresa dalla famiglia Guillen – il presidente Joe Biden ha inserito nell’ordinamento giuridico militare il reato specifico di molestia e violenza sessuale. Questo rappresenta un avanzamento decisivo nella lotta contro una lacuna normativa persistente che aveva messo al riparo i trasgressori da giustizia adeguata. La diffidenza di Biden stessa, che ha tentato di trasferire i processi decisionali al di fuori della catena di comando in caso di reati gravi, sottolinea la profonda crisi di fiducia nelle gerarchie militari. Questi dati, se confrontati con quelli delle organizzazioni no-profit statunitensi, che stimano che una donna su cinque abbia subito uno stupro o un tentativo di violenza sessuale e l’81% abbia subito una qualche forma di molestia fisica o psicologica, dimostrano che quanto accade nelle caserme non è un’eccezione, ma un riflesso di un problema più ampio di violenza di genere che permea l’intera società.

Immagine di un soldato che rappresenta la salute mentale

Il PTSD: un nemico silenzioso che continua a colpire

In aggiunta ai vari abusi sessuali subiti dai militari, costoro devono affrontare una vasta gamma di traumi derivanti dalle esperienze in battaglia. Tali esperienze possono frequentemente culminare nel Disturbo da Stress Post-Traumatico, comunemente noto come PTSD. Questa patologia rappresenta una reazione psicologica tanto immediata quanto prolungata a situazioni altamente stressanti e traumatiche che caratterizzano gli scenari bellici. Gli avvenimenti recenti dal fronte israeliano evidenziano tragicamente questa verità: pochi giorni dopo la diffusione della notizia su tali eventi drammatici, si è registrato il suicidio di un soldato israeliano; tale gesto si inserisce nella triste lista in crescita delle persone colpite da questa malattia non visibile. Un report stilato dal Dipartimento di Riabilitazione del Ministero della Difesa d’Israele rivela che circa il 43% dei dodicimila militari sottoposti a riabilitazione dall’inizio delle ostilità nel 2023 presenta sintomi riconducibili al PTSD; questo dato denota chiaramente l’esistenza di una preoccupante crisi riguardante la salute mentale all’interno delle forze armate d’Israele. [Infopal] Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) sono particolarmente colpite, e le stime indicano che migliaia di soldati necessitano di riabilitazione, con almeno la metà che soffre di PTSD. Entro la fine del 2024, si prevede che quasi 14.000 soldati israeliani feriti riceveranno cure, e il 40% potrebbe presentare disturbi legati alla salute mentale. Questi numeri evidenziano la portata di un problema che va ben oltre il conflitto immediato, estendendosi a una sofferenza prolungata che devasta le vite dei reduci.

Il PTSD non è una debolezza, ma una conseguenza fisiologica e psicologica di un’esposizione prolungata a situazioni estreme. I “malati di guerra” affrontano flashback, incubi, ansia grave e pensieri incontrollabili sull’evento traumatico. La Fondazione Umberto Veronesi, ad esempio, ha promosso l’istituzione di un Osservatorio a Siena focalizzato sulle vittime del terrorismo e sui soldati reduci dall’Afghanistan, sottolineando come il trauma possa colpire indistintamente civili e militari. Studi scientifici recenti hanno approfondito i problemi di salute mentale dei veterani americani, rivelando che dopo due decenni di guerre continue, la popolazione di reduci sta affrontando una crisi di salute mentale sempre più profonda. Il sonno, la performance cognitiva e la capacità di prendere decisioni rapide in situazioni critiche sono gravemente influenzate da uno stato di PTSD.

Periodo PTSD (%) Disturbo Depressivo (%)
Attuale 26,5 – 27 23,31 – 26
Veterani Americani 14 – 16 9

Il trauma di guerra altera profondamente il cervello. La stimolazione continua dell’ipotalamo da parte dell’amigdala, la regione cerebrale associata alla paura, scatena un rilascio eccessivo di ormoni dello stress, che a lungo andare possono modificare la struttura stessa del cervello, rendendo difficile la regolazione delle emozioni e la risposta a futuri stress. Questo non solo impatta la vita personale dei soldati, ma anche la loro capacità di reintegrarsi nella società civile. La prevalenza del PTSD e del Disturbo Depressivo (DP) nei contesti bellici oscilla tra il 26,5% e il 27% per il PTSD e tra il 23,31% e il 26% per il DP, con elevatissime comorbidità, ovvero la presenza simultanea di più disturbi. La prognosi per questi disturbi è complessa, e spesso richiede interventi terapeutici mirati.

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  • Forse il problema non è 'proteggere i soldati', ma... 🤔...

Il benessere mentale come pilastro della Difesa

Il Ministero della Difesa identifica il benessere psicofisico quale fattore determinante per i membri delle forze armate; tale concetto non viene interpretato semplicemente come assenza di stress, ma piuttosto come la capacità di preservare un equilibrio fra sfide professionali, aspettative individuali e relazioni affettive. Ciononostante, l’applicazione pratica di questa teoria si confronta frequentemente con una realtà intricata: turni operativi H24 accompagnati da insonnia cronica, disorientamento psichico e ansia rappresentano effetti tangibili e ampiamente documentati derivanti dalle condizioni lavorative in ambito militare. La spinta verso la diffusione del benessere psicologico insieme alla tutela della salute mentale all’interno degli organici militari evolve costantemente; ciò comporta un impegno incessante nel combattere gli stigmi legati a tali problematiche.

In quest’ottica si colloca il Jefferson Center che mette a disposizione servizi mirati per veterani e personale militare: queste strutture offrono consulenze confidenziali inerenti ai disturbi mentali e alle problematiche da dipendenza. Si avverte chiaramente la necessità che il supporto sia comprensivo ed agevolmente accessibile al contempo. Le discipline relative alla psichiatria e alla psicologia militari proseguono nel loro sviluppo grazie a incontri formativi specifici, nonché a comitati tecnico-scientifici attivi nella creazione innovativa di metodiche adeguate alla gestione dello stress e prevenzione dei disturbi mentali; aggiornamenti pertinenti alle tematiche trattate attestano questo avanzamento nelle aree concernenti Psichiatria e Psicologia Militare. Ricerche recenti indicano come le fasce più giovani del personale militare, unitamente a quelli aventi un grado meno elevato, si trovino ad affrontare un rischio maggiore in merito ai disturbi mentali, rivelando l’urgenza di attuare strategie d’intervento precoce e specifiche. Comprendere che la salute psicologica all’interno delle forze armate rappresenta un intricato intreccio tra componenti istituzionali, variabili culturali e vissuti individuali costituisce una base fondamentale per lo sviluppo di sistemi solidi ed efficienti nel supporto.

Oltre la divisa: un approccio olistico al soldato

Il soldato, al di là dell’uniforme, è un individuo, con una complessa rete di processi cognitivi, risposte comportamentali e dinamiche emotive. Il trauma, in particolare quello causato da abusi sessuali o dalle brutalità della guerra, non è semplicemente un evento da cui riprendersi, ma un’esperienza che riorganizza la struttura neurale e le convinzioni più profonde di una persona. La psicologia cognitiva ci insegna che il modo in cui interpretiamo e diamo significato a un evento traumatico può influenzare profondamente la nostra risposta a esso. Un soldato che ha subito abusi, ad esempio, potrebbe sviluppare un senso di sfiducia nelle figure di autorità, un’alterazione della propria immagine corporea e una difficoltà a stabilire relazioni intime sane. Questi schemi cognitivi disfunzionali, una sorta di “lenti” attraverso cui si guarda il mondo, sono spesso radicati e difficili da modificare senza un intervento specialistico. La psicologia comportamentale ci offre strumenti per affrontare le risposte disadattive al trauma, come l’evitamento, l’ipervigilanza o l’ansia. Le terapie fondanti, quali l’adozione della mindfulness insieme alla ristrutturazione cognitiva, rivestono un ruolo cruciale nel supporto ai soldati per affrontare esperienze traumatiche: consentono una rielaborazione dell’evento critico stimolando una nuova percezione di sicurezza personale ed autoefficacia. La pratica della mindfulness risulta particolarmente efficace nel contrasto ai flashback intrusivi assieme alle emozioni sovrastanti; essa guida l’individuo verso una riconnessione con l’attimo presente. Dall’altra parte abbiamo la ristrutturazione cognitiva che punta ad analizzare attentamente quelle idee distorte frequentemente associate al ciclo perpetuo del PTSD o dei traumi complessi.

Un tema importante degno d’interesse è quello relativo al trauma relazionale e interpersonale, fenomeno ricorrente nei contesti delle forze armate. Esso va oltre lo specifico incidente traumatico isolato: implica una costante esposizione ad ambienti caratterizzati da dinamiche malsane – come gli abusi perpetrati dai superiori o dai compagni – scardinando gravemente non solo il patrimonio della fiducia individuale ma anche le capacità legate alla costruzione dei rapporti affettivi stabili. Questo genere di esperienza traumatica tende ad avere ripercussioni prolungate sul piano sia cognitivo ed emotivo sia sull’identità individuale stessa unitamente all’appartenenza sociale dell’individuo coinvolto. Per i soldati, un contesto che dovrebbe essere fonte di protezione e cameratismo può trasformarsi in una fonte di ulteriore sofferenza, rendendo il recupero ancora più complesso.

Glossario:

  • PTSD: Disturbo da stress post-traumatico, una condizione psicologica causata dall’esperienza di eventi traumatici.
  • Ami: Una parte del cervello che gestisce le emozioni e la paura.

Riflettiamo su questo: cos’è che rende un individuo, che si mette al servizio della nazione, così vulnerabile a dinamiche tanto distruttive? È forse l’idealizzazione della forza, l’omertà istituzionale, o una combinazione di fattori che crea un terreno fertile per l’abuso? La salute mentale dei militari non è solo una questione di singoli individui, ma di un intero sistema che deve imparare a proteggere coloro che proteggono noi.

Rappresentazione astratta del PTSD
Militare in meditazione

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