Supera il passato: strategie per l’accettazione dopo traumi infantili

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  • Adam, 40 anni, nel film «Estranei», cerca di colmare il vuoto affettivo.
  • L'invalidazione emotiva aumenta il distress psicologico e l'inibizione.
  • La ristrutturazione cognitiva aiuta a sostituire schemi negativi con pensieri positivi.

L’eco del passato: traumi, insicurezze e la ricerca di accettazione

Il profondo bisogno di sentirsi accolti e amati pervade l’esistenza umana, esercitando un’influenza significativa sulla nostra salute mentale e sulle nostre interazioni. Eventi dolorosi, spesso originati nell’infanzia, possono lasciare tracce invisibili, modellando i nostri schemi comportamentali e le nostre convinzioni riguardo ai legami affettivi. Il cinema, come dimostrato dal film “Estranei” di Andrew Haigh, possiede la capacità di illuminare queste complesse dinamiche, offrendo uno stimolo per riflettere sulla natura del trauma e sulla sua persistente incidenza.

Il protagonista del film, Adam, interpretato da Andrew Scott, è un uomo di 40 anni che non ha mai superato la perdita dei genitori, avvenuta quando aveva solo 12 anni. Questo lutto irrisolto lo spinge a cercare un contatto con i suoi genitori defunti, in un tentativo disperato di colmare un vuoto affettivo incolmabile. L’incontro con Harry, interpretato da Paul Mescal, apre uno spiraglio di speranza nella sua vita solitaria, ma il passato continua a perseguitarlo, impedendogli di vivere appieno il presente. Il film esplora con delicatezza e profondità il tema del trauma, mostrando come esso possa condizionare le nostre relazioni e la nostra capacità di amare.

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Quando il dolore non trova ascolto: l’invalidazione emotiva e le sue conseguenze

Un aspetto cruciale nell’elaborazione del trauma è la validazione emotiva, ovvero il riconoscimento e l’accettazione del proprio dolore da parte degli altri. Quando il nostro vissuto viene invalidato, ignorato o addirittura negato, la ferita si riapre, rendendo il processo di guarigione ancora più difficile. Il dolore, per citare Rula Jebreal, si acuisce in modo più intenso quando non si trova credito nelle parole altrui.
L’invalidazione emotiva può manifestarsi in diversi modi, ad esempio attraverso commenti sminuenti, accuse di esagerazione o tentativi di minimizzare l’esperienza traumatica. Questo tipo di reazioni può portare a una serie di conseguenze negative sulla salute mentale, tra cui:

Inibizione emotiva: la persona impara a sopprimere le proprie emozioni per evitare ulteriori invalidazioni, con conseguente aumento del distress psicologico.
Distress affettivo: la percezione di non essere compresi e accettati amplifica il dolore emotivo e rende più difficile la regolazione delle emozioni.
Sviluppo di psicopatologie: l’invalidazione cronica può contribuire allo sviluppo di disturbi d’ansia, depressione e disturbi della personalità. Aumento dello stress quotidiano: la mancanza di supporto emotivo rende più difficile affrontare le sfide quotidiane e aumenta la vulnerabilità allo stress.

È fondamentale, quindi, creare relazioni di supporto in cui ci si senta ascoltati, compresi e accettati per quello che si è. La validazione emotiva non significa necessariamente essere d’accordo con tutto ciò che l’altro dice o fa, ma riconoscere la legittimità del suo vissuto emotivo e offrire un sostegno empatico.

Traumi irrisolti e schemi relazionali disfunzionali

I traumi irrisolti possono influenzare negativamente le nostre relazioni romantiche, creando schemi comportamentali disfunzionali che ostacolano l’intimità e la fiducia. Uno dei meccanismi più comuni è l’attivazione di stati di “lotta, fuga o congelamento” in situazioni che richiamano il trauma originale.

Questi stati di iper-reattività possono portare a comportamenti dannosi per la relazione, come:
Attacchi verbali o fisici: la persona reagisce in modo aggressivo per difendersi da una minaccia percepita. Evitamento: la persona si allontana emotivamente o fisicamente per evitare il confronto con il dolore.
Chiusura emotiva: la persona si disconnette dal partner e si sente incapace di agire.

Un altro fattore che può compromettere le relazioni è la vergogna tossica, un’emozione distruttiva che porta a nascondere parti importanti di sé e a erigere muri difensivi. La vergogna rende difficile accettare le critiche, anche se costruttive, e può spingere a rinunciare alle relazioni piuttosto che lottare per esse.

Inoltre, i traumi irrisolti possono modellare le nostre convinzioni sulle relazioni in modo negativo, portandoci a interpretare le azioni del partner nella luce peggiore e a non fidarci degli altri. Questo può portare a comportamenti controllanti, eccessiva paura del rifiuto o dell’abbandono, e difficoltà a esprimere i propri bisogni.

Verso la guarigione: accettazione, consapevolezza e autenticità

Superare la paura di non essere accettati è un passo fondamentale per liberarsi dal peso del passato e costruire relazioni sane e appaganti. Questo processo richiede un profondo lavoro di auto-consapevolezza, che implica l’esplorazione delle proprie insicurezze, dei propri bisogni e dei propri schemi comportamentali.
È importante accettare di non essere perfetti e di avere delle imperfezioni, perché è proprio attraverso le nostre fragilità che possiamo entrare in contatto con gli altri e creare legami autentici. Fingere di essere qualcuno che non siamo per compiacere gli altri è una strategia che, a lungo andare, si rivela controproducente, perché ci allontana da noi stessi e ci impedisce di vivere una vita piena e soddisfacente.

Il percorso verso la guarigione richiede coraggio e determinazione, ma è un investimento che vale la pena fare per liberarsi dal peso del passato e costruire un futuro più sereno e autentico.

Conclusione: Riscoprire l’autenticità e l’accettazione di sé

Il viaggio attraverso i traumi, le insicurezze e la ricerca di accettazione è un percorso complesso e spesso doloroso, ma è anche un’opportunità per riscoprire la nostra autenticità e imparare ad amarci per quello che siamo. Come abbiamo visto, i traumi irrisolti possono influenzare profondamente la nostra salute mentale e le nostre relazioni, ma non siamo condannati a ripetere gli stessi schemi disfunzionali. Con la giusta consapevolezza, il sostegno adeguato e un impegno costante verso la crescita personale, possiamo liberarci dal peso del passato e costruire un futuro più sereno e appagante.

In termini di psicologia cognitiva, è importante comprendere come i traumi irrisolti possano creare schemi di pensiero negativi e distorti, che influenzano la nostra percezione di noi stessi e del mondo circostante. Questi schemi possono portare a interpretare le situazioni in modo catastrofico, a svalutare le proprie capacità e a non fidarsi degli altri.

Un concetto avanzato in questo ambito è quello di ristrutturazione cognitiva*, una tecnica terapeutica che mira a identificare e modificare questi schemi di pensiero disfunzionali, sostituendoli con pensieri più realistici e positivi. Questo processo può aiutare a ridurre l’ansia, la depressione e altri sintomi legati al trauma, e a migliorare la qualità delle relazioni interpersonali.
Riflettiamo su come le esperienze passate hanno plasmato il nostro modo di pensare e di relazionarci con gli altri. Siamo consapevoli dei nostri schemi comportamentali disfunzionali? Siamo disposti a metterli in discussione e a intraprendere un percorso di cambiamento? Ricordiamoci che la guarigione è un processo continuo, che richiede tempo, pazienza e compassione verso noi stessi.


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