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PTSD e realtà virtuale: la rivoluzione terapeutica che guarisce i traumi

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  • Tra il 37% e il 93% della popolazione è esposta a eventi traumatici.
  • Il 94% delle donne dopo violenza sessuale ha sintomi di PTSD.
  • La rv ha percentuali di successo tra il 66% e il 90%.
  • Il sistema Bravemind ha migliorato 10 nuovi scenari di realtà virtuale.
  • L'80% dei pazienti Bravemind ha meno ansia e depressione.
  • Dopo 7 sedute, il 45% non rientra nei criteri PTSD.

I fenomeni traumatici oppure quelli fortemente stressanti hanno la capacità di esercitare un impatto notevole e duraturo sulla sfera psicologica, dando origine a svariati disturbi che vanno dai disturbi dell’adattamento fino al complicato quadro del disturbo da stress post-traumatico (PTSD). La causa fondamentale alla base di tali disordini è chiaramente delineata ed è legata all’esposizione a situazioni estreme come la morte imminente, gravi ferite, oppure atti ripugnanti quali guerre atroci, aggressioni feroci, torture strazianti, stupri vergognosi, catastrofi naturali devastanti oppure attacchi terroristici letali. Non tutte le reazioni avverse risultano patologiche: il comportamento assume un carattere maladattivo solamente quando ci si imbatte in sentimenti protratti d’durezza interiore, afflitti dalla paura che ricorre incessantemente insieme alla sensazione opprimente d’impotenza ogni volta che il vissuto traumatizzante viene rievocato tramite flashback evocativi e pesantissimi incubi. Tale ciclo reiterato incoraggia l’allontanamento da qualsiasi stimolo legato all’esperienza traumatica, nonché induce una evidente diminuzione della propria reattività emotiva insieme a uno stato affettivo assottigliato; ciò potrebbe culminare in esplosioni d’ira, comportamenti imprudenti (ivi incluso l’abuso sostenuto di alcol) e consumo abnorme di sostanze nocive, talvolta anche percorrendo i sentieri tragici dell’ideazione suicidaria.

L’esperienza di essere esposti ad eventi traumatizzanti è statisticamente assai diffusa; le stime indicano una variazione impressionante tra il 37% e addirittura 93% della popolazione generale. Tali dati fanno pensare che i segni clinici associati al PTSD, in molteplici casi, possano essere interpretati come risposte naturali agli effetti devastanti di traumi recenti. Infatti, circa il 94% delle donne colpite da violenza sessuale mostra segni compatibili con la diagnosi di PTSD già nella settimana successiva all’atto aggressivo. La vera preoccupazione sorge quando questi sintomi non si estinguono entro quattro settimane; questa persistenza evidenzia un decorso potenzialmente cronico e trasforma lo stress post-traumatico in manifestazioni derivanti dalla difficoltà nel rielaborare la paura suscitata dall’evento avverso.

A livello psicologico, alla radice dei comportamenti disfunzionali si trova la ferma convinzione secondo cui tali eventi traumatici attestino senza ombra di dubbio l’esistenza di un mondo intriso d’insidie fondamentali e imprevisti allarmanti. Questo punto di vista deformato tende frequentemente ad alimentare sentimenti profondi d’impotenza ed inefficacia nell’affrontare gli impegni quotidiani.

Nel panorama terapeutico contemporaneo, si segnala la terapia dell’esposizione graduale – nota anche come desensibilizzazione sistematica – quale metodo preminente ed ampiamente verificato nella sua efficacia. Quest’approccio richiede un coinvolgimento intenso da parte del paziente mediante la narrazione dettagliata e l’immaginazione, consentendo una profonda rielaborazione delle emozioni legate all’evento traumatico.

Emerge qui un aspetto notevole: il potenziale significativo della Realtà Virtuale (RV) nel contesto terapeutico. Infatti, grazie alla sua capacità innovativa di simulare esperienze traumatiche dall’interno di uno spazio sicuro e controllato, la RV permette al paziente non solo di rivivere l’accaduto ma anche di affrontarlo attivamente. Tale modalità esperienziale aiuta a superare meccanismi evasivi fondamentali per dissipare la paura condizionata, favorendo così una completa integrazione delle emozioni residue legate alla sofferenza originaria.

L’innovazione del virtuale nella superazione del PTSD

La dottoressa Barbara Olasov Rothbaum è una figura pionieristica nel campo della ricerca e dello sviluppo di strumenti virtuali a supporto della psicoterapia. In collaborazione con la Georgia Tech, ha ideato e condotto una trilogia di studi focalizzati sul trattamento del PTSD in veterani americani del Vietnam. Questo protocollo innovativo, denominato “Virtual Vietnam”, si avvale di due distinti ambienti virtuali che ricreano scenari emblematici dell’iconografia bellica vietnamita. Il primo ambiente simula l’esperienza a bordo di un elicottero Huey (Bell UH-1), mentre il secondo ricrea una giungla vietnamita. L’elemento chiave di questo approccio è la possibilità per il terapeuta di controllare e modulare i vari effetti visivi e uditivi all’interno degli scenari virtuali, come esplosioni, urla e l’alternanza giorno/notte, adattandoli alle esigenze specifiche del paziente per gestire l’intensità dell’esposizione.

Rappresentazione neoplastica di mente,  trauma e realtà virtuale
Raffigurazione neoplastica e costruttivista di mente, trauma (rappresentato da forme dissonanti e spigolose), realtà virtuale (raffigurata come un flusso di dati e interazione digitale) e guarigione (rappresentata da forme armoniose e linee rette). Utilizza una palette di colori freddi e desaturati.

I risultati della pluriennale ricerca della dottoressa Rothbaum sono stati significativi. La terapia tramite Realtà Virtuale ha prodotto risultati notevoli nel trattamento del PTSD in una popolazione particolarmente complessa e delicata come quella dei reduci di guerra. È emerso che, nonostante l’alto livello di immersione offerto dalla RV, nessuno dei partecipanti ha subito scompenso o peggioramento dei sintomi durante l’esposizione, grazie alla possibilità di modulare l’esperienza virtuale in base alle esigenze individuali di ciascun paziente. Tale caratteristica riveste un ruolo d’elezione, poiché è essenziale per assicurare sia la safety sia l’Efficacy del protocollo terapeutico adottato. L’analisi comparativa delle varie metodologie terapeutiche ha rivelato una percentuale di riuscita nella Realtà Virtuale (RV) oscillante fra il 66% e il 90%. [Frontiers in Psychology]. A partire dagli anni successivi all’introduzione della Realtà Virtuale, questa tecnologia ha trovato applicazioni sempre più ampie nel campo del trattamento del PTSD, riconosciuto come uno strumento straordinariamente flessibile ed efficace per affrontare vari tipi di traumi. Un esempio emblematico risiede nella ricreazione virtuale degli eventi drammatici legati all’attacco delle Torri Gemelle avvenuto l’11 settembre 2001; tale intervento ha consentito ai sopravvissuti non solo di rivivere quelle esperienze devastanti, ma anche di elaborarle in un contesto sicuro e controllabile. In modo analogo, sono state effettuate simulazioni relative ad attacchi terroristici mediante esplosivi su mezzi pubblici in Israele. Recenti ricerche hanno evidenziato che quando la RV viene utilizzata assieme alla stimolazione cerebrale transcranica diretta (tDCS), si registrano miglioramenti rilevanti nei sintomi associati al PTSD; ciò include una riduzione dell’arousal autonomo e un potenziamento delle capacità sociali dei pazienti, aprendo prospettive incoraggianti per il trattamento dei casi collegati ai conflitti bellici.

[Neuropsychopharmacology]

Una rassegna condotta da Rizzo e Shilling ha esaminato l’uso della Realtà Virtuale con soldati e veterani che hanno prestato servizio nelle operazioni Enduring Freedom, Iraqi Freedom e New Dawn. Un punto di partenza cruciale è stata una metanalisi del 2001, che evidenziava come il 25-30% dei soldati soddisfacesse i criteri per il PTSD. In risposta a questa esigenza clinica, l’Institute for Creative Technologies (USC) ha sviluppato nel 2004 un prototipo di VRET (Virtual Reality Exposure Therapy) con scenari virtuali iracheni e afghani, composto da 4 diverse situazioni. Questo sistema è diventato clinicamente operativo tra il 2005 e il 2007. Dato il successo e gli esiti promettenti, l’esercito americano ha finanziato nel 2011 lo sviluppo di una versione aggiornata e potenziata, denominata “Bravemind”.

Il sistema Bravemind non solo ha ricostruito i 4 ambienti originali con maggiore dettaglio e realismo, ma ha anche aggiunto 10 nuovi scenari, ampliando significativamente la gamma di esperienze traumatiche che possono essere simulate. Questi nuovi scenari includono città dell’Iraq e dell’Afghanistan, un villaggio rurale afghano, una zona industriale, un posto di blocco stradale, aree residenziali, una base operativa montagnosa e un’area di accoglienza ospedaliera. Ogni scenario è progettato per fornire stimolazione visiva, audio 3D direzionale, e persino stimoli tattili e olfattivi, il tutto gestito e erogato dal terapeuta. Questa capacità di modulazione multi-sensoriale è fondamentale per promuovere un’esposizione che permetta la modulazione dell’ansia necessaria all’apprendimento, all’elaborazione emotiva e all’estinzione del disturbo.

Simulazione di un elicottero Huey in un ambiente vietnamita
Una scena virtuale altamente dettagliata che mostra un elicottero Huey (Bell UH-1) mentre sorvola una giungla vietnamita, creando un’atmosfera di guerra intensa con esplosioni e suoni di combattimento, progettata per l’uso terapeutico nel trattamento del PTSD.

I primi esperimenti clinici svolti tramite l’utilizzo del sistema Bravemind hanno riportato risultati senza dubbio sorprendenti. Pur essendo arduo estendere le conclusioni provenienti da studi privi di controllo all’intera popolazione senza riserve, i dati emersi dimostrano che circa l’80% degli individui sottoposti al trattamento in ambiente virtuale ha rivelato diminuzioni [significative tanto dal punto di vista statistico quanto clinico], riguardanti i disturbi d’ansia e le manifestazioni depressive. Si è inoltre notata una qualità della vita nettamente superiore nei soggetti coinvolti nel processo terapeutico. Al termine in media delle sole sette sedute consistenti in terapia tramite Realtà Virtuale (RV), il 45% delle persone trattate era già fuori dai criteri diagnostici per PTSD, mentre il restante 62% vantava apprezzabili avanzamenti rispetto alla propria salute mentale complessiva. Questi risultati hanno trovato conferma anche in una valutazione successiva realizzata tre mesi dopo la fine del percorso terapeutico; ciò indica quindi la potenzialità a lungo termine della modalità interventistica supportata dalla tecnologia della realtà virtuale.

Cosa ne pensi?
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Applicazioni della realtà virtuale nella popolazione civile e oltre

L’ambito di applicabilità della terapia assistita tramite Realtà Virtuale, sorprendentemente, va ben oltre le forze armate o quanti abbiano avuto dirette esperienze con conflitti militari. Infatti, quest’approccio terapeutico ha dimostrato efficacia anche nella cura del dopo trauma post-traumatico da stress, rivolgendo particolare attenzione alle persone civili colpite da una moltitudine di eventi drammatici. Un caso esemplificativo è dato dal ricorso alla realtà virtuale per il supporto ai sopravvissuti agli attacchi dell’’11 settembre 2001 presso il World Trade Center (WTC). Qui, decine di migliaia di cittadini esposti a tale devastante accadimento sono stati considerati ad alto rischio nell’insorgenza del PTSD.

Percorrendo le intricate necessità terapeutiche emergenti fra queste persone, gli specialisti hanno progettato un ambiente virtualmente riprodotto ispirato al WTC stesso. Questo sistema consente ai soggetti ancora provati dal trauma un’esposizione controllata e progressiva a situazioni simulative riguardanti l’attacco subìto; questo avviene nel tentativo strategico di far rivivere e gestire emozioni legate all’evento in uno spazio sicuro e protetto dal punto di vista psicologico. I risultati derivanti dall’adozione clinica della terapia basata sulla realtà virtuale hanno dimostrato effetti realmente favorevoli.

I dati indicano un notevole progresso, sia dal punto di vista statistico che clinico, nei sintomi associati al PTSD rispetto ai gruppi testimoni non sottoposti al medesimo trattamento mediante RV. Ciò evidenzia chiaramente la trasferibilità e l’efficacia della tecnologia relativa alla Realtà Virtuale nell’affrontare anche traumi collettivi per le popolazioni civili.

Anche nel contesto del trattamento dei traumi legati agli incidenti stradali, la Realtà Virtuale ha mostrato risultati promettenti. Essendo gli incidenti automobilistici frequentemente all’origine del PTSD, le terapie convenzionali possono presentarsi poco efficaci nel riprodurre esperienze traumatiche con sufficiente vividezza per consentire una completa elaborazione psicologica degli eventi vissuti. Qul si distingue nettamente la capacità unica della RV: essa consente una modulazione precisa dell’ambiente virtuale creato ad hoc. Infatti risulta fattibile ricreare condizioni meteorologiche diverse oppure interpretare stili diversi nella guida (da quella aggressiva a quella goffa), insieme alla possibilità di replicare minuziosamente il contesto viario in cui si verificò l’incidente.

Simulazione di un  incidente stradale in un ambiente virtuale
Vista dall’interno di un’auto virtuale, mostrando il conducente mentre affronta angoscia e paura in una simulazione dettagliata di un incidente stradale. L’ambiente esterno è ricreato con condizioni stradali realistiche, contribuendo a un’esperienza immersiva di terapia per affrontare il PTSD legato a incidenti automobilistici.

Il paziente, seduto in un abitacolo virtuale, è in grado di “guidare” all’interno di questo ambiente simulato, dirigendo il mezzo nelle direzioni desiderate, proprio come se stesse fisicamente al volante. Questo livello di interazione attiva consente al paziente di _rivivere il trauma in prima persona_ in un modo molto più immersivo rispetto alla semplice immaginazione o al racconto. Sotto stretta guida e supervisione di un terapeuta, il paziente può rielaborare la situazione che è stata all’origine del disagio, confrontandosi attivamente con la paura e l’ansia associate all’incidente. L’applicazione della presente risperimentazione controllata si propone di dissolvere i blocchi emotivi derivanti dal trauma, facilitando lo sviluppo di reazioni nuove e più adattabili in contesti simili.

I vantaggi della Realtà Virtuale si traducono nella sua straordinaria capacità di fornire flessibilità e personalizzazione: essa riesce infatti a ricreare situazioni traumatiche dettagliate, consentendo un’interazione proattiva da parte dell’utente. Questo strumento emerge come sorprendentemente promettente, offrendo soluzioni terapeutiche per molteplici forme di traumi, sia semplici sia complessi all’interno delle diverse comunità. Le evidenze sin qui raccolte indicano chiaramente che l’adozione della RV nella pratica psicoterapeutica segna un passo decisivo verso l’innovazione nelle terapie destinate al PTSD e ad altre patologie collegate ai traumi; essa regala così nuova linfa a coloro che continuano a essere segnati da eventi difficili vissuti nel loro passato.

Riflessioni sul percorso terapeutico e l’innovazione

In sostanza, il panorama delineato dai dati emersi dalla ricerca insieme alle pratiche cliniche mette in rilievo in modo incisivo come la Realtà Virtuale, attraverso l’innovazione tecnologica nell’ambito terapeutico, stia trasformando radicalmente il nostro approccio verso i traumi e i complessi disturbi ad essi connessi. Questo non è solo un avvento strumentale nella terapia: rappresenta un’autentica evoluzione delle opportunità cliniche disponibili; essa abilita a superare limitazioni tipicamente associate alle tecniche terapeutiche classiche fondate sull’esposizione. L’abilità nel ricreare in maniera realistica – mantenendo sempre il controllo – gli stimoli legati all’esperienza traumatica offre ai pazienti la chance per affrontare le loro paure all’interno di uno spazio percepito come protetto; ciò supporta significativamente quel processo imprescindibile d’elaborazione emotiva che costituisce il fondamento del percorso verso la guarigione.

Nella sfera della psicologia cognitiva/comportamentale emerge prepotentemente l’importanza dell’apprendimento per condizionamento. Diversi disturbi ansiosi collegati a esperienze traumatiche risultano essere fortemente influenzati da connessioni acquisite fra segnali inizialmente neutri e intense reazioni spaventose.

L’esposizione terapeutica mira a rompere queste associazioni disfunzionali attraverso un processo di _estinzione_: presentando ripetutamente lo stimolo temuto in assenza della conseguenza terrificante attesa, la risposta di paura tende gradualmente a diminuire. La RV potenzia questo processo offrendo una riproduzione degli stimoli traumatici più realistica e controllabile rispetto alla semplice immaginazione, permettendo al terapeuta di calibrare l’intensità dell’esposizione in base alla tolleranza del paziente, garantendo un percorso terapeutico efficace e tollerabile.

A un livello più avanzato, nel contesto del trauma complesso e dei disturbi dissociativi, la RV può offrire un supporto prezioso anche nell’affrontare la frammentazione dell’esperienza e la difficoltà nell’integrare i ricordi traumatici. Un concetto chiave in questo ambito è la disregolazione emotiva, spesso presente nei pazienti traumatizzati complessi. La RV, creando ambienti stabili e prevedibili, può fungere da “contenitore” per l’esperienza emotiva intensa scatenata dall’esposizione, aiutando il paziente a sviluppare maggiori capacità di regolazione e a tollerare affetti precedentemente vissuti come insopportabili. L’implementazione dell’esposizione controllata favorisce un processo significativo: quello della ristrutturazione della memoria traumatica, permettendone l’integrazione all’interno di una narrazione che appare più coesa ed accessibile emotivamente. Tale procedura risulta tutt’altro che semplice; essa esige da parte del terapeuta un elevato livello di expertise clinico per guidare il paziente lungo il percorso dell’esperienza virtuale. Durante tale esperienza devono essere gestite reazioni emotive fortemente intense, mentre si promuove un effettivo senso d’agency e controllo rispetto a situazioni passate cariche d’impotenza.

Nella valutazione delle prospettive offerte dalla tecnologia nella salute mentale sorge naturalmente la domanda: fino a quale punto essa può progredire? Si tratta infatti di qualcosa che trascende la mera creazione di simulazioni avanzate; implica anzitutto una comprensione profonda riguardo alle modalità con cui gli ambienti virtuali interagiscono con le dinamiche mentali degli individui per sostenere processi complessi verso la guarigione. La crescita tecnologica invita ad analizzare gli interventi terapeutici non semplicemente come dialoghi o tecniche comportamentali isolate, ma piuttosto come esperienze integrate che coinvolgono sia sfera cognitiva, sia quella corporea, oltre alla comprensione dello spazio vitale e alle concezioni sulla realtà stessa.

Forse, in un paradosso affascinante, l’immersione nel “finto” può diventare la via più diretta per riconnettersi con la propria verità interiore e costruire un futuro più resiliente e integrato.


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