Psycoanalisi e neuroscienze: nuove frontiere per comprendere il trauma

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  • Studio del gruppo SPI: pluralismo esplicativo tra psicoanalisi e neuroscienze.
  • Studio del 2013: bambini traumatizzati interpretano erroneamente le emozioni.
  • Dissociazione: strategia di difesa per eludere l'angoscia di annientamento del .

Oggi, 21 agosto 2025, alle ore 15:31, ci troviamo di fronte a un panorama in rapida evoluzione nel campo della psicologia e della salute mentale. L’integrazione tra psicoanalisi e neuroscienze sta aprendo nuove prospettive sulla comprensione del trauma, delle difese psichiche e della relazione mente-corpo. Questo articolo esplora le ultime ricerche e i dibattiti in corso, offrendo una panoramica dettagliata delle implicazioni per la pratica clinica e la formazione.

Trauma e Difese: Un Dialogo Interdisciplinare

Il punto di partenza di questa indagine è il lavoro del gruppo “Psicoanalisi e Neuroscienze” della Società Psicoanalitica Italiana (SPI), coordinato da Giorgio Mattana. Questo gruppo interdisciplinare, composto da filosofi della mente, neuroscienziati e psicoanalisti, si propone di esplorare il rapporto tra le due discipline, mantenendo una posizione di pluralismo esplicativo. Ciò significa che le spiegazioni delle neuroscienze e della psicoanalisi sono considerate valide su piani diversi e coesistenti, senza che una debba necessariamente ridurre o sostituire l’altra.
Un elemento scatenante di questa riflessione è stato lo studio “Impact of civil war on emotion recognition: the denial of sadness in Sierra Leone” (Umiltà et al., 2013), che ha evidenziato come bambini e adolescenti vittime di maltrattamenti in contesti di guerra tendano a categorizzare erroneamente alcune espressioni facciali, interpretandole in modo sbilanciato verso emozioni negative. Questo dato neuroscientifico ha sollecitato diverse interpretazioni in termini di trauma e difesa, aprendo un fertile terreno di confronto tra psicoanalisi e neuroscienze.

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Il Corpo e le Difese: Una Prospettiva Neurofisiologica

Vittorio Gallese, neuroscienziato di spicco, sottolinea la necessità di un approccio critico alle neuroscienze, riconoscendo che la prospettiva in terza persona offerta dalla neurofisiologia risulta incompleta senza l’approfondimento psicoanalitico dell’esperienza in prima persona delle conseguenze del trauma. Gallese evidenzia come le difese corporee disfunzionali, osservabili a livello neurofisiologico, richiedano un’analisi psicoanalitica per comprendere appieno il vissuto soggettivo del paziente.

Secondo Amedeo Falci e Gabriella Giustino, la sintomatologia manifestata dai soggetti traumatizzati potrebbe essere spiegata da un processo dissociativo, in armonia con le più recenti teorie psicoanalitiche riguardanti le strategie di difesa dal trauma. La dissociazione, in tal senso, rappresenterebbe un meccanismo volto a eludere l’angoscia di annientamento del Sé, innescata da una risposta carente, invadente o ostile da parte dell’altro.

Maria Ponsi, attingendo alla celebre “confusione delle lingue” di Ferenczi, illustra come l’atto di identificarsi con l’aggressore possa essere interpretato come una primitiva forma di imitazione. Questa si manifesta quando un bambino si trova in una situazione di pericolo estremo, privo di qualsiasi possibilità di protezione o fuga, e aderisce inconsciamente al suo aggressore, assimilandone le caratteristiche attraverso una sorta di mimetismo.

Neurobiologia dell’Attaccamento e Trasformazione Terapeutica

Anatolia Salone sottolinea la centralità della relazione per lo sviluppo psichico e come gli aspetti neuroendocrini correlati agli stili di attaccamento contribuiscano all’organizzazione delle strutture cerebrali. Comprendere i fattori di vulnerabilità e resilienza nei soggetti traumatizzati potrebbe essere facilitato dall’integrazione delle loro storie di vita con un’analisi approfondita dei loro modelli di attaccamento.
Cristiana Pirrongelli, facendo riferimento agli studi di Stephen Porges sulla teoria polivagale, suggerisce di rivolgere l’attenzione alla dinamica vagale dell’analista in seduta. L’attivazione del vago ventrale, che predispone alla massima calma e apertura verso l’altro, è fondamentale per evitare disconoscimenti della propria ansia che possano pregiudicare l’offerta di un adeguato holding al paziente.
Nelle sue considerazioni conclusive, Rosa Spagnolo mette in luce come l’avanzamento delle neuroscienze abbia imposto una revisione del modello fisiologico della mente e abbia enfatizzato l’importanza cruciale del neurosviluppo nella sua strutturazione. Il gruppo di lavoro proseguirà la sua attività con l’obiettivo di mantenere vivo il dialogo e il confronto pluralistico, riconoscendo la specificità della psicoanalisi non solo come approccio terapeutico, ma anche come peculiare metodologia di indagine e conoscenza.

Verso un Nuovo Paradigma: Integrazione e Complessità

La Rivista di Psicoanalisi 2023/3 ha dedicato un numero monografico al tema “Psicoanalisi e Neuroscienze”, raccogliendo i risultati degli sforzi di molti psicoanalisti della SPI e di studiosi interessati al confronto tra le due discipline. Temi come la coscienza, l’inconscio, i sogni, il Sé, la memoria, le difese, la dissociazione e il trauma sono stati affrontati in una prospettiva interdisciplinare, evidenziando la vivacità culturale della Società Psicoanalitica Italiana.

Luigi Janiri, Renata Nacinovich e Pierluigi Politi, in un articolo sulla formazione psicoanalitica in medicina, sottolineano la difficoltà di presentare l’attualità della psicoanalisi nelle facoltà di medicina, a causa delle risorse limitate e della complessità dei concetti psicodinamici. Ciononostante, mettono in risalto l’importanza critica della presenza di psicoanalisti attivamente coinvolti nelle istituzioni sanitarie universitarie per garantire la diffusione della sensibilità psicoanalitica nel contesto nazionale.

La Resilienza dell’Anima: Un Ponte tra Mente e Cervello

In conclusione, l’integrazione tra psicoanalisi e neuroscienze rappresenta una sfida complessa ma promettente per la comprensione del trauma e delle difese psichiche. Questo dialogo interdisciplinare ci invita a superare le rigide divisioni tra mente e cervello, riconoscendo la complessità e la ricchezza dell’esperienza umana.

Dal punto di vista della psicologia cognitiva, una nozione base fondamentale è che i nostri pensieri, emozioni e comportamenti sono interconnessi e influenzati dalle nostre esperienze passate, in particolare quelle traumatiche. Questo significa che il modo in cui interpretiamo il mondo e reagiamo agli eventi è plasmato dalle nostre memorie e dalle nostre difese psichiche.

Una nozione più avanzata è quella della plasticità neuronale, che ci dice che il nostro cervello è in grado di modificarsi e adattarsi nel corso della vita, anche dopo un trauma. Questo significa che, con il giusto supporto terapeutico e un ambiente relazionale sicuro, è possibile rielaborare le esperienze traumatiche e sviluppare nuove strategie di coping.

Ti invito a riflettere su come le tue esperienze passate, in particolare quelle più difficili, abbiano influenzato il tuo modo di pensare, sentire e agire. Quali sono le tue difese psichiche? Come ti proteggi dal dolore e dalla sofferenza? E cosa potresti fare per aprirti a nuove possibilità di crescita e di guarigione?


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