- Negli ultimi anni, è raddoppiato il consumo di psicofarmaci in età pediatrica (fino ai 17 anni).
- In Trentino, si è registrato un incremento del 13,4% nell'ultimo anno.
- La durata media dei trattamenti farmacologici è di 1-2 anni.
L’incremento dell’uso di psicofarmaci, specialmente tra i giovani, è un fenomeno che desta crescente preoccupazione nel panorama della salute mentale. Negli ultimi anni, si è assistito a un raddoppio dei consumi di questi farmaci in età pediatrica, fino ai 17 anni, sollevando interrogativi sulla natura della sofferenza giovanile e sull’efficacia delle risposte terapeutiche adottate. Questo aumento, evidenziato da report come quello dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), indica una tendenza all’utilizzo di farmaci per affrontare disagi emotivi e psicologici, con un incremento del 13,4% in Trentino solo nell’ultimo anno.
La psicologa Roberta Bommassar, ex presidente dell’Ordine degli psicologi di Trento, sottolinea come la società contemporanea, orientata all’eliminazione del dolore, possa spingere verso soluzioni farmacologiche immediate, trascurando le cause profonde del malessere. I giovani, in particolare, vivono in un contesto di costante confronto e pressione per la performance, che può generare un profondo senso di inadeguatezza.

Psicofarmaci: Un’Arma a Doppio Taglio? Benefici e Rischi
Gli psicofarmaci rappresentano un valido aiuto in molte condizioni di disagio psichico ed emotivo, ma il loro utilizzo è spesso accompagnato da diffidenza e stigma sociale. È fondamentale comprendere il loro meccanismo d’azione e il loro impiego corretto per operare scelte consapevoli. Questi farmaci agiscono a livello del sistema nervoso centrale, modulando il rilascio dei neurotrasmettitori, i segnali chimici che regolano le emozioni. In questo modo, possono contribuire a riportare in un contesto fisiologico stati emotivi come ansia, tristezza, rabbia e aggressività, spesso espressi in modo esagerato.
Esistono diverse classi di psicofarmaci, ciascuna con specifiche indicazioni terapeutiche:
Antidepressivi: utilizzati per disturbi d’ansia e dell’umore, come la depressione. Tra questi, gli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) sono tra i più prescritti. Ansiolitici: come le benzodiazepine, sono impiegati per curare stati d’ansia e indurre il sonno.
Stabilizzatori del tono dell’umore: indicati per il disturbo bipolare e disturbi della personalità con aggressività e impulsività.
Antipsicotici: impiegati nel trattamento della schizofrenia e delle fasi maniacali associate ai disturbi bipolari.
L’obiettivo principale degli psicofarmaci è migliorare la qualità di vita del paziente, riducendo i sintomi e consentendo di riprendere le attività quotidiane. Tuttavia, è importante sottolineare che questi farmaci non affrontano le cause profonde del disturbo, ma agiscono sulla sintomatologia.
La durata del trattamento con psicofarmaci varia notevolmente in base alla natura specifica del disturbo, alla severità dei sintomi manifestati e all’anamnesi clinica del paziente. In generale, la maggior parte dei trattamenti farmacologici in psichiatria ha una durata media di 1-2 anni, durante i quali il farmaco può essere gradualmente sospeso sotto controllo medico.
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Quando è Necessario Ricorrere agli Psicofarmaci?
L’impiego di psicofarmaci deve essere considerato in situazioni specifiche, in cui i sintomi psicologici o psichiatrici sono talmente intensi da compromettere significativamente la qualità di vita del paziente. In questi casi, il trattamento farmacologico può essere essenziale per stabilizzare la situazione, alleviare i sintomi più gravi e creare le condizioni per intraprendere un percorso terapeutico efficace.
Alcune delle condizioni in cui l’uso di psicofarmaci diventa necessario includono:
Sintomi gravi o invalidanti che compromettono il funzionamento quotidiano.
Inaccessibilità alla psicoterapia a causa della gravità dei sintomi.
Presenza di pensieri suicidari o autolesivi.
Disturbi psicotici o maniacali.
Disturbi resistenti alla sola psicoterapia.
Comorbilità fisiche o neurologiche che aggravano i sintomi.
Fallimento della psicoterapia come unico intervento.
Disturbi neuropsichiatrici specifici, come l’ADHD o il Disturbo Ossessivo-Compulsivo grave.
È fondamentale affidarsi a un professionista psichiatra per una valutazione accurata e una prescrizione appropriata. Lo psichiatra lavora in collaborazione con il paziente per comprendere la natura dei suoi disturbi e definire un piano di trattamento personalizzato.
Psicofarmaci: Tra Pregiudizi e Realtà
Nonostante i benefici che possono derivare dall’uso di psicofarmaci, persistono ancora molti pregiudizi e timori legati a questi farmaci. Spesso, queste medicine sono erroneamente percepite come sostanze che alterano e danneggiano la funzione cerebrale, senza affrontare le radici dei problemi. Tuttavia, è importante ricordare che l’ansia, la depressione e le psicosi sono malattie del cervello, un organo del corpo umano come tutti gli altri, che può e deve essere curato con farmaci specifici ed efficaci.
È fondamentale sfatare il mito che i farmaci “naturali” siano più sicuri ed efficaci di quelli prodotti dalle industrie farmaceutiche. Sia i farmaci “naturali” che quelli “artificiali” sono prodotti chimici, composti da molecole con un’attività biologica. La differenza risiede solo nel laboratorio di produzione: la natura nel primo caso, un’industria farmaceutica nel secondo.
Verso un Approccio Integrato e Consapevole alla Salute Mentale
L’aumento dell’uso di psicofarmaci, soprattutto tra i giovani, ci invita a riflettere sulla complessità della sofferenza psichica e sulla necessità di un approccio terapeutico integrato e consapevole. È fondamentale superare i pregiudizi e gli stigmi legati ai farmaci, riconoscendo il loro ruolo potenziale nel migliorare la qualità di vita dei pazienti. Tuttavia, è altrettanto importante non considerare gli psicofarmaci come l’unica soluzione, ma come uno strumento da utilizzare in sinergia con la psicoterapia e altri interventi psicosociali.
*La psicoterapia, in particolare, offre un ambiente protetto e guidato dove esplorare a fondo le proprie emozioni, comprendere le dinamiche alla base del disagio e sviluppare strumenti personali per affrontare e trasformare le difficoltà. È un processo di riabilitazione psicologica che permette di tornare a camminare con le proprie gambe, mentre gli psicofarmaci possono aiutare a compiere il primo passo.
Un concetto base di psicologia cognitiva applicabile a questo tema è la ristrutturazione cognitiva, una tecnica che aiuta a identificare e modificare i pensieri negativi e disfunzionali che contribuiscono al malessere emotivo. Un concetto più avanzato è la terapia metacognitiva*, che si concentra sulla consapevolezza dei propri processi di pensiero e sulla capacità di regolarli, riducendo l’impatto dei pensieri negativi sulla vita quotidiana.
Ti invito a riflettere su come la società contemporanea influenza la tua percezione della sofferenza e delle possibili soluzioni. Sei incline a cercare soluzioni rapide e immediate, o sei disposto a intraprendere un percorso più lungo e complesso per affrontare le cause profonde del tuo malessere? Ricorda che il benessere mentale è un diritto inalienabile e un valore cruciale, e prendersene cura richiede un approccio aperto e privo di giudizi, in cui ogni strumento, sia farmacologico che terapeutico, è visto come parte integrante di un percorso unico verso la guarigione.








