Precarietà giovanile: perché ansia e depressione sono in aumento in Italia?

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  • Disoccupazione giovanile supera il 20%, un grave problema strutturale.
  • 51,8% dei giovani (18-34 anni) mostra segni di ansia/depressione.
  • 32,7% degli under 34 guadagna meno di 1000€ al mese.

Il peso della precarietà: un’ombra sulla salute mentale giovanile in Italia

L’Italia si trova ad affrontare una sfida generazionale sempre più pressante: la correlazione tra la precarietà lavorativa, le crescenti disuguaglianze sociali e un allarmante deterioramento della salute mentale tra i giovani. Questo scenario, lontano dall’essere una novità, si è acuito negli ultimi anni, diventando una vera e propria emergenza che richiede un’analisi approfondita e risposte concrete. Le nuove generazioni, spesso definite “Gen-Z”, i nati tra la fine degli anni ’90 e il 2012, si trovano a navigare in un mare di incertezza, caratterizzato da un mercato del lavoro instabile, stipendi insufficienti e la percezione diffusa di un futuro precario. Secondo recenti studi, essere giovani in Italia è una sfida in salita, con difficoltà nel trovare lavoro e una salute mentale sempre più fragile. La generazione più istruita della storia italiana, cresciuta tra crisi economiche, climatiche e sanitarie, è ora costretta a confrontarsi con una realtà che spesso non premia il merito e l’impegno. Un’attenta analisi delle statistiche più aggiornate mette in luce come la disoccupazione giovanile continui a rappresentare un grave fenomeno strutturale nel nostro Paese, con percentuali che superano nettamente il 20%, registrando così una significativa preoccupazione nel mese di gennaio 2024. Il recente studio presentato nel Rapporto Censis, dedicato alla condizione sociale dell’Italia, rivela che oltre metà della popolazione giovanile (nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 34 anni), pari al51,8%, manifesta segni allarmanti come l’ansia e la depressione; inoltre, un altro dato inquietante è fornito dal qualitativo che richiama anche l’attenzione sul fatto che ben32,7% degli individui under 34.[Censis]. Ciò che destava maggiore inquietudine è il fatto sorprendente per cui una porzione considerevole dei giovani sotto ai trent’anni percepisce mensilmente meno di mille euro: tale somma si traduce in notevoli ostacoli nella costruzione non solo del presente ma anche nel delineare futuri prospettivi solidi. Le fragili condizioni economiche incontrate dai giovani non si limitano a comportare difficoltà materiali; esse influiscono significativamente sul loro benessere psicologico. Prevale infatti un clima d’ansia riguardante il futuro prossimo, accompagnato dallo stress collegato alla ricerca incessante della stabilità, oltre a sentimenti frustranti derivati dall’impossibilità percepita di vedere adeguatamente ripagati gli sforzi profusi.

Un dettagliato rapporto evidenzia come le persone giovani nell’intervallo d’età compreso tra quindici e trentaquattro anni siano alle prese con enormi sfide: in primis precarietà lavorativa, seguita da disagi mentali marcati insieme ad opportunità scarse. In Italia oltre settecentomila adolescenti stanno vivendo intensamente disturbi della salute mentale; ansia e depressione emergono come le problematiche prevalenti all’interno dello scenario attuale, rendendo evidente l’urgenza della situazione sanitaria emergente[Unicusano]. La Società Italiana di Psichiatria ha lanciato un allarme: depressione e disturbi mentali mostrano numeri da pandemia, sottolineando come precariato, stress e iper-lavoro aumentino significativamente i rischi.

La precarietà non è solo una condizione economica, ma si traduce in una fragilità esistenziale che mina la fiducia nel sistema e nelle proprie capacità. Questo senso di inadeguatezza e impotenza è alimentato dalla difficoltà di trovare un impiego stabile e dalla frequente transizione da un lavoro all’altro, una normalità per la generazione attuale. La situazione è ulteriormente complicata dalla constatazione che un giovane italiano su tre è un NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero non studia, non lavora e non è inserito in percorsi formativi, rappresentando il secondo tasso più alto in Europa, un segnale allarmante di profonde lacune nel sistema. Questi ragazzi, pur laureati e istruiti, spesso rifiutano il “mito” del lavoro tradizionale, ma si ritrovano comunque in una posizione di vulnerabilità psicologica ed economica, riflettendo una profonda disillusione verso un sistema che promette molto ma mantiene poco.

Immagine di un robot con ingranaggi, che simboleggia la precarietà lavorativa e il disagio psicologico giovanile in Italia.
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L’impatto psicologico della crisi economica e l’assenza di politiche mirate

I riflessi psicologici della crisi economica associata alle incessanti politiche austerità rappresentano una questione fondamentale e sempre più inquietante. La disoccupazione o l’insicurezza lavorativa comportano effetti diretti non soltanto a livello monetario; scatenano infatti uno stato profondo d’inquietudine psicologica, esprimendosi attraverso cambiamenti dell’umore, fluttuazioni emotive avverse e persino depressione accompagnata da sintomi fisici variabili. È chiaro che l’ambiente lavorativo caratterizzato da precarietà erode le basi finanziarie degli individui mentre mette a repentaglio il loro equilibrio psichico globale. Tale tendenza emerge chiaramente da diverse indagini che mostrano come il disagio psichico diminuisca con l’aumento dell’età anagrafica; pertanto sono principalmente le nuove generazioni a trovarsi nel mirino dei rischi aumentati per quanto riguarda la salute mentale. Il futuro incerto e una carenza acuta di opportunità pongono seri freni al benessere collettivo dei più giovani: Cagliari ne costituisce una prova tangibile poiché quasi nove adolescenti su dieci sono coinvolti in forme instabili d’occupazione professionale; ciò indica chiaramente la fragilità del mercato del lavoro locale insieme all’aumento della sofferenza psichica tra queste fasce demografiche.

La crescente prevalenza delle patologie mentali fra i giovani trascende ambiti circoscritti ed appare come una vera propria epidemia d’ansia. Negli ultimi quindici anni abbiamo assistito a un’escalation nei numeri riguardanti casi depressivi, disturbi d’ansia severi ed atti autolesionistici ai danni delle nuove generazioni nel contesto globale. In Italia si riscontra una situazione allarmante: circa il 40% dei giovani presenta sintomi di disagio mentale. È necessaria un’azione urgente per affrontare il deterioramento della salute mentale dei giovani in Italia.[Ministero della Salute]. Questa scarsa attenzione si traduce nella percezione, da parte dei giovani, di essere marginalizzati nei processi decisionali e trattati come una “voce fuori campo”. La questione della salute mentale, in particolare, viene spesso ignorata o sottovalutata. Solo di recente si è iniziato a riconoscere che il benessere psicologico non è una prerogativa esclusiva del settore sanitario, ma un bisogno complesso che coinvolge dimensioni sociali ed economiche.

L’accesso ai servizi di supporto psicologico rimane un ostacolo per molti giovani, a causa di barriere economiche, carenza di specialisti e di risorse. L’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, attraverso una consultazione pubblica, ha rivelato che il 51,4% degli studenti soffre in modo ricorrente di ansia o tristezza prolungata, eppure la scuola, che dovrebbe essere un ambiente di supporto, spesso non dispone degli strumenti adeguati. Un recente rapporto ha segnalato un aumento del 30% degli accessi ai servizi per disturbi mentali dopo la pandemia, evidenziando la crescente necessità di intervento[Sky TG24]. La presenza di una carenza strutturale provoca un clima di isolamento e disincanto, nel quale i giovani si ritrovano a vivere in una condizione di abbandono, con scarso accesso agli strumenti necessari per affrontare le difficoltà della vita quotidiana. Pertanto, è fondamentale intraprendere una nuova strada che elevi la salute mentale dei giovani a tema politico prioritario e concretizzi gli impegni assunti attraverso misure reali e investimenti diffusi.

Il contesto socio-economico come fattore scatenante del disagio

Il malessere psicologico che affligge i giovani italiani non è una manifestazione isolata; al contrario, costituisce un esito diretto della sovrapposizione di densi fatti socio-economici e influenze culturali accumulatisi nel tempo. Quest’ecosistema complesso ha visto un aggravamento dovuto alla pandemia globale. Gli studi evidenziano chiaramente come una condizione prevalente sia quella della solitudine e dell’isolamento sociale, fenomeno esacerbato durante i periodi di lockdown che ha privato numerosi adolescenti della possibilità d’instaurare relazioni durature e occasioni fondamentali per scambi interpersonali significativi. Inoltre, bisogna considerare le pregresse esperienze traumatiche, incluse situazioni quali abusi fisici o emotivi e il contesto domestico sfavorevole: tutte queste circostanze contribuiscono pesantemente allo sviluppo psichico del giovane individuo. Statistiche indicano che oltre tre quarti dei ragazzi posti in affidamenti alternativi abbiano affrontato traumi consistenti nella loro vita, con oltre il cinquanta percento soggetti ad atrocità legate alla trascuratezza familiare. La ricaduta su tali esperienze aumenta considerevolmente le probabilità del sorgere di disturbi mentali variopinti fra questi individui già colpiti dalla vulnerabilità.

In questo quadro anche le pressioni scolastiche e sociali subiscono un incremento significativo, generando così ambientazioni altamente competitive dove fiorisce l’ansia da prestazione insieme all’inquietudine legata a possibili insuccessi accademici. La scuola funge da ambito educativo essenziale ma spesso trascura la fornitura degli strumenti necessari al supporto psicologico degli studenti; ciò amplifica notevolmente le loro inquietudini interiori. In parallelo a questo aspetto si osserva come l’influenza dei social media, seppure consenta modalità innovative d’interazione sociale, riesca altresì a suscitare nelle persone sentimenti avvilenti quali inadeguatezza e isolamento sociopsicologico nonché una dipendenza nociva dall’opinione esterna. La problematica del cyberbullismo emerge drammaticamente con un’incidenza che supera il 15% negli adolescenti europei—un segnale allarmante rispetto alla sicurezza emotiva giovanile contemporanea. Inoltre, circa il 13,5% degli adolescenti presenta segni evidenti d’abuso nel rapporto con i social network: ansia sull’accessibilità ai contenuti digitalizzati insieme a indolenza manifestata nei rientri dalla rete rimarcano quest’inquietante realtà, soprattutto nel caso delle ragazze fra i tredici e i quindici anni; un dato sugli utilizzi frequenti – superiore ai due terzi della popolazione femminile giovanile – rivela chiaramente strategiche fughe verso mondi virtualmente edificanti volte ad eludere sensazioni negative accanto ad altre complesse dinamiche psicologiche.

L’impatto delle condizioni socioeconomiche difficili si rivela pertanto uno stimolo primario nella genesi del disagio psichico attuale. La povertà, la precarietà abitativa e la disoccupazione dei genitori espongono i giovani a uno stato costante di stress, con la consapevolezza che, in difficoltà economiche, dovranno affrontare molti ostacoli per “stare al passo” nella società. Questo impatta direttamente sulle aspirazioni, limitando le possibilità di crescita e autonomia. Oltre a questi fattori, lo stile di vita gioca un ruolo non trascurabile: cattiva alimentazione, carenza di sonno e mancanza di attività fisica possono aggravare sintomi preesistenti e contribuire al peggioramento del benessere psicologico. Il 60% degli studenti si dichiara “molto o abbastanza stressato” dalla scuola, una quota aumentata rispetto al 2017/18, con un picco tra le ragazze quindicenni, quasi l’80% delle quali si sente stressata dall’impegno scolastico[Asvis].

La complessità del problema richiede un approccio olistico e l’implementazione di un “mental health in all policies” (MHiAP), che integri la promozione della salute mentale in tutti i settori delle politiche pubbliche. L’OCSE stima un costo totale della salute mentale pari ad almeno il 4% del PIL nazionale, riaffermando l’urgenza di un intervento globale del governo. Come evidenziato dalla 2ª Conferenza Nazionale per la Salute Mentale in Italia nel giugno 2021, è fondamentale costruire un sistema integrato di supporto, con servizi socio-sanitari capillari sul territorio. Le organizzazioni della società civile, come Openpolis e Save the Children, stanno già fornendo contributi significativi attraverso ricerche e monitoraggi sull’indice di salute mentale e sugli effetti della pandemia, puntando l’attenzione sulle disuguaglianze e sui bisogni specifici di bambini e adolescenti.

Oltre la retorica: per un futuro di vero benessere psicologico

La narrazione sulla condizione giovanile è spesso permeata da una retorica emergenziale o, peggio, da una visione aneddotica che non rende giustizia alla complessità dei fenomeni in atto. È tempo di superare luoghi comuni e di affrontare la questione con dati concreti e un approccio innovativo. L’obiettivo non è solo curare i disturbi esistenti, ma costruire un futuro di vero benessere psicologico, agendo in modo proattivo sulla prevenzione e sul supporto. Questo significa riconoscere il benessere mentale non come un privilegio, ma come un diritto umano fondamentale, come ribadito dall’OMS e dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR). Ogni persona, indipendentemente dall’età, ha diritto a servizi di salute mentale accessibili, di qualità e che rispettino la dignità individuale.

L’integrazione di politiche di supporto psicosociale e psicologico nelle scuole, l’introduzione di adeguate politiche abitative per i più vulnerabili e la promozione di una migliore salute mentale nei luoghi di lavoro sono esempi concreti di come l’approccio MHiAP possa creare situazioni “win-win”. Le iniziative intraprese si rivelano fondamentali non soltanto per l’ottimizzazione del benessere individuale, bensì anche nel rafforzamento della produttività oltre alla coesione sociale. Il Dipartimento per le Politiche Giovanili, insieme al Servizio Civile Universale, ha identificato tramite il Piano Nazionale della Prevenzione l’investimento nella salute psico-emotiva dei giovani quale <<obiettivo chiave>>, sostenendo così un approccio che abbraccia tanto l’ambito sanitario quanto quello sociale. Ciò nonostante, le attuali statistiche mostrano numericamente circa 400 posti letto disponibili nei reparti dedicati alla neuropsichiatria infantile ed adolescenziale rispetto a un reale bisogno valutabile intorno ai 700 posti; queste cifre mettono in luce delle importanti lacune strutturali insieme a un’inquietante fusione tra assistenza agli adulti e quella riservata ai minorenni.

Affinché tali dinamiche possano essere gestite con successo ed affinché si possano convertire necessità espresse in interventi tangibili, è fondamentale realizzare una rete sociale robusta affiancata da servizi altamente efficaci. L’importanza strategica di questa rete si è palesata chiaramente durante il periodo pandemico, momento nel quale ha svolto un ruolo decisivo nell’alleviare le difficoltà vissute dai più giovani. La collaborazione sinergica tra scuola, organizzazioni sociali, servizi sanitari e sociali è l’unico modo per creare un ambiente protettivo e di supporto. L’istituzione di un sistema informativo nazionale univoco per la salute mentale dei minori è una premessa obbligata per monitorare fabbisogni e servizi a livello territoriale, alimentando un dibattito pubblico informato e sostenuto da dati solidi e trasparenti.

A livello di psicologia cognitiva, è fondamentale comprendere come la precarietà e l’incertezza generino schemi di pensiero negativi, i cosiddetti “bias cognitivi”, che portano i giovani a interpretare la realtà in modo pessimistico, amplificando l’ansia e la disperazione. Questo ciclo vizioso influisce sulla loro auto-efficacia e sulla motivazione a perseguire obiettivi a lungo termine. Sul fronte della psicologia comportamentale, l’esposizione cronica a situazioni stressanti e la mancanza di opportunità possono portare all’apprendimento di comportamenti disfunzionali, come l’isolamento sociale, l’abuso di sostanze o l’uso eccessivo dei social media come fuga dalla realtà. Diventa cruciale intervenire con strategie che promuovano l’apprendimento di nuove abilità di coping e la ristrutturazione cognitiva per spezzare questi circoli viziosi.

In un’ottica più avanzata di medicina correlata alla salute mentale e traumi, è importante considerare la teoria del carico allostatico. Questa teoria suggerisce che l’esposizione prolungata allo stress, come quello derivante dalla precarietà economica e sociale, porta a un accumulo di “usura” sui sistemi fisiologici del corpo. Non si tratta solo di uno stress psicologico momentaneo, ma di una modificazione profonda dei meccanismi di risposta allo stress, che alla lunga può compromettere la funzione immunitaria, cardiovascolare e neuroendocrina, aumentando il rischio di sviluppare non solo disturbi mentali ma anche patologie fisiche croniche.

Riflettiamo su quanto sia ingiusto che una generazione debba affrontare queste sfide con strumenti così limitati. La fiducia nel futuro, l’energia per costruire, la capacità di sognare sono beni preziosi che la precarietà e l’indifferenza delle politiche rischiano di erodere irreversibilmente. Non si tratta di “salvare i giovani”, ma di riconoscere il loro valore intrinseco come parte integrante e irrinunciabile del tessuto sociale. È giunto il momento di smettere di parlare e iniziare a fare, investendo non solo in fondi ma anche in empatia, ascolto e opportunità reali. Solo così potremo sperare di veder fiorire una nuova generazione, non più piegata dal peso dell’incertezza, ma forte e consapevole del proprio potenziale.

Glossario:

  • NEET: non è né in educazione, né in occupazione, né in formazione. Riguarda giovani che non partecipano a nessun tipo di lavoro o corsi di studio.
  • Testimonianza di autolesionismo: comportamenti autolesionistici che manifestano disagio psicologico e necessità di supporto.
  • Carico allostatico: accumulo di stress fisiologico in risposta a fattori ambientali cronici.

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