Neuropsicologia: svelati i segreti del linguaggio e della denominazione degli oggetti

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  • Nel 1744, Giambattista Vico osservò un paziente che dimenticava i nomi ma ricordava i verbi.
  • Ricerca MIT: nel cervello esistono cellule specifiche che si attivano per categorie semantiche, distinguendo suoni e significati.
  • Afasia: deficit lessicale che evidenzia come accesso alla forma fonologica e sistema semantico siano reti interconnesse.
  • Tribù Pirahã: mancanza di sistema numerico oltre «pochi» e «tanti» limita le abilità cognitive.
  • Pensare in una lingua straniera può portare ad una maggiore disinibizione morale.
  • Nel 1861, Broca scoprì l'area legata alla produzione del linguaggio (afemia, poi afasia).
  • Poliglotti: PET rivela che la lingua madre attiva vastamente le aree peri-silviane dell'emisfero sinistro.

Le basi neuropsicologiche del linguaggio e la denominazione degli oggetti

Il modo in cui il cervello umano assegna etichette agli oggetti rimane avvolto nel mistero: si tratta infatti di una procedura che all’apparenza sembra semplice ma si rivela estremamente intricata nella realtà dei fatti. L’atto stesso della denominazione, essenziale per riferirsi a concetti astratti così come a persone e luoghi attraverso le parole conosciute, svela uno dei tratti cognitivi più avanzati della specie umana. Nella storica osservazione compiuta da Giambattista Vico nel lontano 1744 emergeva già il caso notevole di una persona colpita da apoplessia; questa dimenticava nomi mentre manteneva chiara memoria dei verbi. Un primo passo verso l’indagine odierna mostra chiaramente come oggi non consideriamo più il linguaggio A NELLA SUA INTEGRALITÀ MA lo analizziamo nei dettagli—per mezzo degli strumenti forniti dalle neuroscienze—giungendo alla conclusione che questo fenomeno deve essere visto quale composizione articolata espressione derivante da diversi elementi elaborati dai distintivi compartimenti cerebrali. Come tale, nella sfera della produzione linguistica che può configurarsi tramite segnali sonori o grafici rappresentativi. A causa dell’attento lavoro svolto dagli esperti nell’ambito della neuropsicologia, SIA EMERSA LA CAPACITÀ DI RICONOSCERE GLI OGGETTI PRESENTATI OPPURE DI DESCRIVERLI, GRAZIE ALLA CONSAPEVOLEZZA PIÙ AMPIA RELATIVA ALL’INTERO PROCESSO LINGUISTICO INDIVIDUALE E COLLETTIVO.

Nuove scoperte:
La ricerca dell’MIT ha rivelato che nel cervello esistono cellule specifiche che si attivano in risposta a categorie semantiche, distinguendo tra suoni e significati delle parole. Ogni cervello utilizza categorie standard per classificare i termini, evidenziando un’organizzazione neuronale complessa e sofisticata.
Riferimento:
“Understanding Language: A Closer Look at Memory,” MIT Study, Nature.

Gli studi contemporanei, avvalendosi di tecniche di neuroimaging avanzate come la tomografia a emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno permesso di superare le limitazioni della correlazione anatomo-clinica post-mortem, offrendo una visione dinamica dell’attività cerebrale in soggetti sani. Questi strumenti rivelano come diverse regioni della corteccia cerebrale si attivino in specifici compiti linguistici, confermando in molti casi le ipotesi derivate dall’osservazione di pazienti con lesioni cerebrali.

Attività Cerebrale Tipo di Oggetto Area Cerebrale Attivata
Denominazione di Persone Persone Polo Temporale Bilaterale
Denominazione di Animali Animali Regione Temporale Inferiore Sinistra
Denominazione di Manufatti Manufatti Zona Posterior Temporale

La denominazione di oggetti, in particolare, è risultata legata all’attivazione di specifiche aree temporali marginali, non strettamente classificate come aree linguistiche classiche, ma fondamentali per l’accesso lessicale e semantico. Questo suggerisce una organizzazione categoriale del lessico a livello cerebrale, dove diversi tipi di oggetti attivano circuiti neurali leggermente distinti.

Un esempio emblematico di come la denominazione sia un processo multifattoriale è l’anomia, un disturbo lessicale frequente nelle afasie, che può manifestarsi come sintomo iniziale o deficit residuo. Raramente casuali, le parafasie (sostituzioni di parole o suoni) riflettono le relazioni di significato o suono con la parola bersaglio, fornendo indizi preziosi sulla localizzazione del “blocco” nel sistema di elaborazione del linguaggio.

Nota di Interesse:
Gli studi condotti su pazienti afasici hanno evidenziato dissociazioni tra comprensione e denominazione, dimostrando che il processo di accesso alla forma fonologica e il sistema semantico sono reti interconnesse ma potenzialmente vulnerabili in modo indipendente.

Per esempio, un paziente può comprendere la parola “cane” ma non riuscire a denominare la figura di un cane, oppure può indicare un “gatto” in risposta alla parola “cane”, rivelando un deficit semantico. Questi risultati sottolineano come la neuropsicologia, attraverso l’analisi dettagliata dei deficit linguistici, non solo validi i modelli teorici, ma contribuisca attivamente a costruire una più profonda comprensione dell’architettura funzionale del linguaggio e della sua rappresentazione nel cervello.

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Cosa ne pensi?
  • 🧠✨ Articolo illuminante! La neuropsicologia svela come il linguaggio......
  • 🤔 Interessante l'influenza del genere grammaticale, ma non esageriamo......
  • 🤯 E se il linguaggio fosse un software che il cervello......

L’influenza del linguaggio sulla percezione e cognizione

Il dibattito sull’interazione tra linguaggio e pensiero, e in particolare su come la lingua madre plasmi la nostra percezione della realtà, è un campo di studio sempre più fertile per le neuroscienze. L’idea che la struttura grammaticale e sintattica di una lingua possa influenzare profondamente il modo in cui i parlanti pensano e percepiscono il mondo non è più un mero pregiudizio, ma una questione supportata da crescenti prove.

Prove recenti:
Gli esperimenti hanno dimostrato che soggetti di lingua spagnola o francese tendono ad associare voci maschili o femminili a oggetti in base al loro genere grammaticale nella propria lingua, suggerendo che il linguaggio influisce sulla percezione degli oggetti.

Questo concetto, splendidamente espresso dalla nozione che “le parole per dirlo” siano intrinsecamente legate alla nostra capacità di affrontare e nominare concetti complessi come paure e nevrosi, trova eco nelle moderne ricerche neuroscientifiche. Un esempio suggestivo della connessione tra linguaggio e pensiero riguarda il genere grammaticale. Lingue come l’italiano, lo spagnolo o il francese, che attribuiscono un genere (maschile o femminile) agli oggetti, sembrano condizionare il modo in cui i parlanti pensano a tali oggetti.
Ma le implicazioni non si limitano al genere. La presenza o assenza di categorie numeriche, ad esempio, può modellare capacità cognitive fondamentali. La tribù amazzonica dei Pirahã, che non possiede un sistema numerico al di là di “pochi” e “tanti”, dimostra come la lingua possa limitare o espandere specifiche abilità cognitive. Allo stesso modo, la mancanza di una forma verbale per il futuro in alcune lingue, come il cinese, è stata correlata a comportamenti economici più prudenti e a una tendenza al risparmio maggiore rispetto a chi parla lingue con una declinazione temporale più esplicita per il futuro.

Lingua Caratteristica Linguistica Effetto Cognitivo
Cinese Assenza di forma per il futuro Comportamenti economici più prudenti
Pirahã Mancanza di sistema numerico complesso Limitazione nelle abilità di conteggio e categorizzazione
Italiano Genere grammaticale Influenza sul modo di percepire oggetti

Questo tipo di correlazioni, sebbene complesse e potenzialmente influenzate da molteplici fattori culturali, suggeriscono un legame intrinseco tra la struttura linguistica e i processi decisionali.

Un altro aspetto affascinante riguarda le differenze nella percezione morale quando si pensa in una seconda lingua. Alcuni studi indicano che pensare in una lingua straniera può portare a una maggiore disinibizione morale. Questo fenomeno contribuisce a spiegare alcune credenze popolari sulla maggiore “libertà” di individui che parlano lingue diverse, ma allo stesso tempo evidenzia una minore risonanza emotiva associata all’uso di una lingua non madre. Sebbene il calore della lingua materna rimanga insostituibile, la flessibilità cognitiva offerta dal pluri-linguismo svela i meccanismi sottostanti l’elaborazione del pensiero.

“Il linguaggio non è solo un semplice strumento di comunicazione, ma emerge come un vero e proprio architetto della nostra realtà interna.”

Queste scoperte non solo mettono in discussione la concezione chomskiana di una grammatica universale immutabile, ma offrono anche una base empirica per riflettere sull’impatto del “politically correct” e delle scelte lessicali nella costruzione di una mentalità più aperta e tollerante.

Modelli neurologici e organizzazione del lessico

La comprensione dell’organizzazione neurale del linguaggio ha compiuto passi da gigante grazie all’analisi dei modelli neurologici storici e alla loro evoluzione critica. Dalle prime intuizioni frenologiche di F. J. Gall, che postulavano una base neurologica per le attività cognitive, si è passati ai modelli localizzazionisti che hanno rivoluzionato la neuropsicologia.

Contributo di P.-P. Broca: Nel 1861, Broca scoprì la sua area legata alla produzione del linguaggio (afemia, poi afasia) e K. Wernicke nel 1874, identificò l’area deputata alla comprensione (afasia sensoriale).

Wernicke confutò l’idea di un centro unico del linguaggio, proponendo un’architettura in cui centri distinti, ma connessi dal fascicolo arcuato interno, gestiscono produzione e comprensione. Questa visione è stata ulteriormente raffinata da L. Lichtheim nel 1885, che introdusse il “centro dei concetti”, fornendo un quadro più completo dell’elaborazione linguistica che includeva la trasformazione degli stimoli uditivi in unità linguistiche e l’attribuzione di significato alle parole.

Tuttavia, i modelli classici non esaurivano la complessità del linguaggio. Una critica fondamentale riguardava la mancata considerazione del processo di denominazione e la mancanza di una base anatomica per il centro dei concetti. N. Geschwind, uno dei più illustri neo-associazionisti moderni, propose negli anni ’60 che la denominazione dipendesse dalla formazione di associazioni stabili tra diverse modalità corticali (visive, uditive, somestesiche) convergenti nel giro angolare, un vero e proprio “super-area di associazione”.

Scoperta pubblicata su Nature: I modelli neurologici odierni, con l’ausilio di tecniche di neuroimaging, mostrano ora che l’elaborazione del linguaggio coinvolge aree estese nel cervello, dimostrando una connessione interdisciplinare tra neurologia e linguistica.

Più recentemente, H. Damasio e collaboratori (1996) hanno proposto una visione più distribuita dei concetti. Essi non sarebbero immagazzinati in un unico centro, ma in modo frammentario in zone distinte della corteccia peri-silviana sensoriale e motoria. La rappresentazione di una parola emergerebbe dall’attivazione di aggregati neuronali distribuiti in base alle diverse modalità sensoriali associate alla parola stessa. L’unione di questi elementi costituisce il significato completo, mediato da “zone di convergenza” organizzate gerarchicamente.

Tipo di Nome Area Corticale Associata
Nominalità Propria Punta del lobo temporale
Nomi di Animali Regione temporale inferiore
Oggetti Inanimati Regione temporale infero-posteriore

Per i nomi concreti, Damasio individua specifiche regioni temporali sinistre: la punta del lobo temporale per i nomi propri, la regione temporale inferiore per i nomi di animali e la regione temporale infero-posteriore per gli oggetti inanimati. L’area di Wernicke, in questa prospettiva, non perderebbe la sua centralità, ma sarebbe vista come un “collo di bottiglia” necessario per accedere a un sistema distribuito di connessioni dove sono contenute le relazioni suono-significato.

Prospettive future: linguaggio, memoria e consapevolezza

La comprensione del linguaggio e della sua interazione con altre funzioni cognitive, come la memoria e la consapevolezza, è un campo in costante evoluzione. Le capacità linguistiche dell’emisfero destro, tradizionalmente considerato “non dominante” per il linguaggio, hanno ricevuto crescente attenzione. Studi su pazienti sottoposti a emisferectomia sinistra in età infantile o a sezione del corpo calloso hanno rivelato che l’emisfero destro, sebbene non in grado di produrre linguaggio orale, può sviluppare una discreta capacità di scrittura e, soprattutto, di comprensione di parole scritte, in particolare quelle con un alto contenuto immaginativo.

Implicazioni per la ricerca:
Queste osservazioni aprono a una visione più complessa della lateralizzazione cerebrale, dove le funzioni linguistiche non sono rigidamente confinate a un solo emisfero.

Parallelamente, lo studio dell’apprendimento delle lingue nei poliglotti offre intuizioni preziose sull’organizzazione neuronale del linguaggio. L’afasia nei poliglotti può manifestarsi in modi diversi, talvolta colpendo selettivamente una sola lingua o mostrando recuperi differenti (paralleli, differenziali, successivi, antagonisti o misti). Le tecniche di PET hanno rivelato che l’ascolto della lingua materna attiva vastamente le aree peri-silviane dell’emisfero sinistro, il lobo temporale destro e il cingolo posteriore, mentre le lingue apprese o sconosciute mostrano attivazioni più ristrette. Questo suggerisce che la minore attivazione cerebrale durante l’ascolto di lingue diverse da quella natale potrebbe essere correlata a una minore plasticità neuronale, influenzando la capacità di apprendimento perfetto.

“La nostra comprensione e conoscenza del mondo è in realtà in qualche modo incorporata nei sistemi percettivi.”

In un contesto più ampio, questi studi sulla neuropsicologia del linguaggio e della denominazione degli oggetti ci invitano a riflettere sulla natura stessa della conoscenza e della coscienza. Se il linguaggio modella la nostra percezione e comprensione del mondo, come dimostrato dall’influenza del genere grammaticale o dei sistemi numerici sulla cognizione, ciò implica che la nostra “realtà” non è una costruzione puramente oggettiva. È invece filtrate e strutturata dalle categorie linguistiche che acquisiamo.

A livello di psicologia cognitiva, una nozione base è che il linguaggio non è solo un mezzo per esprimere i nostri pensieri, ma anche uno strumento che li forma. Le parole che usiamo influenzano il modo in cui categorizziamo, ricordiamo e ragioniamo sul mondo. È un circolo virtuoso (o vizioso), dove il pensiero genera il linguaggio e il linguaggio, a sua volta, rafforza e modella il pensiero.

Conseguenze per la salute mentale:
Un dialogo interno fluido e positivo può avere un impatto positivo sulla salute mentale. La ri-etichettatura verbale degli eventi e delle emozioni può favorire un cambiamento nel nostro stato emotivo e cognitivo. Le recenti scoperte nel campo della salute mentale e delle neuroscienze evidenziano come il dialogo interno, ovvero la modalità con cui ci esprimiamo interiormente, possa esercitare un’influenza significativa sulla qualità del nostro benessere psicologico. In particolare, coloro che si trovano ad affrontare disturbi d’ansia o depressione tendono ad alimentare un dialogo interiore permeato da espressioni negative e autocritiche. Tale processo di rielaborazione linguistica non si limita a una dimensione superficiale; al contrario, esso modifica profondamente le reti neurali implicate nella nostra percezione del mondo esterno e nelle nostre reazioni emotive. Ciò porta alla luce l’importanza cruciale del linguaggio nel delineare la nostra architettura psico-emotiva.

Da tali riflessioni emerge dunque una visione del linguaggio non solo come semplice strumento comunicativo, ma piuttosto come architetto silenzioso della nostra realtà interiore. Ogni singola parola proferita o ricevuta, ogni classificazione attribuita a un’esperienza o emozione, gioca un ruolo determinante nel plasmare l’articolata rete semantica presente all’interno della nostra mente. Quale impatto ha questo sulla nostra saggezza quotidiana? Ci suggerisce di essere più consapevoli delle parole che scegliamo, sia in pubblico sia in privato, perché esse non sono solo veicoli di informazione; sono mattoni e malta nella costruzione della nostra esperienza e del nostro benessere mentale. La lingua che parliamo non è solo ereditata, è incessantemente forgiata da noi e ci forma a sua volta, rendendoci, in parte, esseri linguistici.

Glossario:
  • Neuroimaging: Tecniche di imaging che visualizzano l’attività cerebrale, come PET e fMRI.
  • Afasia: Disturbo del linguaggio dovuto a lesioni cerebrali.
  • Modelli Localizzazionisti: Approcci che correlano aree specifiche del cervello a funzioni cognitive specifiche.

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