Guerra e psiche: come il trauma si trasmette tra le generazioni

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  • Il 16 luglio 2025 evento sui traumi bellici a Russi (RA).
  • Il PTSD causa flashback, incubi e difficoltà d’attenzione.
  • I traumi intergenerazionali portano ansia e depressione nei discendenti.
  • La guerra psicologica erode la mente con propaganda e manipolazioni.
  • La trasformazione post-traumatica porta a crescita personale e resilienza.

Il trauma bellico si estende ben oltre i campi di battaglia, lasciando cicatrici invisibili ma indelebili nella mente umana. Un evento di rilievo, intitolato “Ferite invisibili: la battaglia della mente tra PTSD, traumi intergenerazionali e guerra psicologica”, si terrà il 16 luglio 2025 alle 20:45 presso la Biblioteca comunale di Russi, in provincia di Ravenna. L’incontro, promosso da Anpi Russi e dall’Associazione Senior River, con il patrocinio del Comune di Russi, si propone di esplorare l’impatto devastante dei conflitti armati sulla psiche, attraverso le lenti delle neuroscienze, della psicologia e con il supporto di filmati d’epoca.

L’evento vedrà la partecipazione della Dottoressa Maristella Orsini, una psicologa clinica con una profonda conoscenza dei traumi psicologici connessi ai conflitti armati, al Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) e al modo in cui il trauma si trasmette tra le generazioni. Questa iniziativa nasce dal desiderio di porre l’attenzione sulle conseguenze mentali e psicologiche dei conflitti, un aspetto spesso trascurato nella narrazione storica.

PTSD e traumi intergenerazionali: un’eredità dolorosa

Il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) rappresenta una grave condizione in grado di manifestarsi in individui che hanno sperimentato o testimoniato situazioni traumatiche: battaglie armate, calamità naturali oppure attacchi violenti. Tra le manifestazioni più comuni vi sono i flashback, gli incubi notturni, l’ansia, episodi depressivi, ipervigilanza aumentata ed evidenti difficoltà nella capacità d’attenzione.
Tuttavia, i danni collaterali dovuti ai conflitti bellici non riguardano esclusivamente coloro che ne sono stati protagonisti diretti. Il fenomeno dei traumi intergenerazionali riflette come il peso dell’esperienza traumatica possa essere trasferito alle generazioni future con effetti rilevanti sul loro equilibrio psichico; così i discendenti degli individui coinvolti in guerre potrebbero faticare con problematiche quali ansia persistente, depressione ed esiti negativi nelle relazioni sociali.

Un ulteriore aspetto preoccupante è quello legato alla “guerra psicologica”, intesa come strategia subdola volta ad erodere le fondamenta mentali dell’avversario tramite operazioni di propaganda ingannevole, unitamente ad altre pratiche manipolatorie. Tale tipologia di conflitto può produrre conseguenze durevoli nella psiche delle vittime, costruendo ancor più la formazione generale di stati d’ansia sistematica, bassezza carismatica e fragilità sociale impotente, dentro squadre mediante atmosfere inquietanti permeate dalla paura incessante, dalla sfiducia protratta nel tempo oltre alla disperazione avvolgente.

Cosa ne pensi?
  • Finalmente un evento che guarda oltre la battaglia...👏...
  • Mi chiedo se la "guerra psicologica" sia solo un modo per......
  • Il trauma intergenerazionale: un'eredità invisibile che plasma... 💔...

L’urgenza di comprendere e prendersi cura

Afferrare pienamente le ripercussioni psicologiche della guerra è essenziale per concedere spazio a chi porta dentro di sé sofferenze invisibili, riconoscere il dolore che si trasmette attraverso le generazioni e promuovere una cultura orientata alla guarigione e alla consapevolezza. L’incontro del 16 luglio rappresenta un’occasione inestimabile per approfondire questo argomento complesso e delicato, utilizzando un linguaggio accessibile ma scientificamente rigoroso.

Come ha sottolineato Richard F. Mollica, psichiatra di Harvard esperto nella cura dei traumi di guerra, “le ferite della violenza di massa sono enormi e il loro impatto sulla salute fisica e mentale di chi è sopravvissuto a un trauma può durare per tutta la vita”. Mollica ha dedicato la sua vita a curare queste ferite invisibili, portando assistenza a vittime di guerre e violenze in tutto il mondo.
La sua esperienza ha dimostrato che, nonostante la gravità dei traumi, è possibile ritrovare la gioia di vivere e la speranza nel futuro attraverso un lavoro paziente di accoglienza, ascolto ed empatia. Il profondo ascolto delle narrazioni riguardanti il trauma costituisce un aspetto fondamentale per garantire un trattamento efficace della salute mentale.

Guarire le ferite invisibili: un impegno collettivo

La guarigione dalle ferite invisibili della guerra è un processo complesso e lungo, che richiede un impegno collettivo da parte di individui, comunità e istituzioni. È necessario creare ambienti sicuri e protetti, dove le persone traumatizzate possano sentirsi ascoltate, comprese e supportate. È importante promuovere la consapevolezza sui traumi psicologici legati alla guerra e combattere lo stigma che spesso circonda le persone che soffrono di PTSD o altri disturbi mentali. È necessario investire in servizi di salute mentale accessibili e di qualità, in grado di offrire cure efficaci e personalizzate.

Parafrasando le parole di Papa Francesco, un primo passo imprescindibile per sanare i tormenti dell’esistenza umana consiste nel porgere orecchio alle pene altrui. L’ascolto profondo e l’empatia sono strumenti potenti per costruire ponti di comprensione e solidarietà, e per aiutare le persone traumatizzate a ritrovare la dignità e la speranza.

Un orizzonte di speranza: resilienza e trasformazione post-traumatica

In questo viaggio attraverso le ombre della guerra e i suoi impatti sulla psiche umana, è fondamentale riconoscere la straordinaria capacità di resilienza che risiede in ognuno di noi. La resilienza, in psicologia, non è semplicemente la capacità di “rimbalzare” dopo un evento traumatico, ma piuttosto un processo attivo di adattamento e crescita di fronte all’avversità.

Una nozione base di psicologia cognitiva ci insegna che i nostri pensieri influenzano le nostre emozioni e i nostri comportamenti. Di fronte a un trauma, è facile cadere in schemi di pensiero negativi e auto-sabotanti. Tuttavia, attraverso la terapia e il supporto sociale, è possibile imparare a identificare e modificare questi schemi, sviluppando una prospettiva più positiva e costruttiva.

Un concetto più avanzato, la trasformazione post-traumatica, ci rivela che, paradossalmente, un’esperienza traumatica può portare a una crescita personale significativa. Alcune persone, dopo aver affrontato un trauma, sviluppano una maggiore consapevolezza di sé, una maggiore empatia verso gli altri, un senso di scopo più definito e una maggiore apprezzamento per la vita. Il percorso verso la trasformazione post-traumatica non si svolge senza sforzo; esso esige una dedizione consapevole al superamento delle esperienze traumatiche e alla scoperta di nuove forme di significato. Questa metamorfosi rivela quanto sia straordinaria l’abilità umana nel convertire il dolore in energia positiva, riuscendo a scorgere uno spiraglio di luce anche nei recessi più oscuri dell’esistenza. È fondamentale riflettere su come possiamo giocare un ruolo attivo nella creazione di una società improntata all’ empatia e alla compassione, dove le cicatrici invisibili lasciate dai conflitti siano non solo riconosciute ma anche curate e reinterpretate come fondamenti per un futuro che prometta speranza.


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