Allarme: esplode l’uso di psicofarmaci, siamo una società sotto sedativi?

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  • Aumento esponenziale dei disturbi mentali negli ultimi 40 anni.
  • La pandemia ha amplificato la sofferenza psichica diffusa.
  • Nel 1951 scoperta efficacia clorpromazina nella gestione sintomi psicotici.
  • Psicofarmaci: 'lubrificanti' per efficienza e produttività neoliberista.

Una Società Sotto Psicofarmaci

L’attuale narrazione offre uno scenario preoccupante: la crescente diffusione degli psicofarmaci è divenuta consuetudine, un vero e proprio antidoto al peso imposto dal sistema capitalistico. Studenti giovani come Delaney sono sopraffatti dall’ossessione per le prestazioni accademiche e da un’immagine impeccabile sui social media; pertanto fanno ricorso all’Adderall per rimanere competitivi. D’altra parte, professionisti del calibro di Peter vivono in balia di ritmi lavorativi insostenibili e si avvalgono di sostanze chimiche per resistere alla feroce competizione presente nel loro campo. Tale fenomeno pone importanti questioni riguardo alla nostra percezione del lavoro stesso, dell’acquisizione del successo e dello stato della salute mentale in una società così frenetica.

L’Ascesa dei Disturbi Mentali e l’Illusione dello “Squilibrio Chimico”

Negli ultimi quarant’anni, i disturbi mentali comuni, come la depressione e l’ansia, hanno visto un aumento esponenziale. La pandemia ha poi amplificato questa tendenza, portando alla luce una sofferenza psichica diffusa e spesso ignorata. Il capitalismo, con la sua precarietà, la competizione incessante e l’obbligo di “essere la migliore versione di sé stessi”, sembra essere un fattore determinante in questo scenario.
La psichiatria, storicamente una delle discipline più oppressive create dal capitalismo, ha contribuito a diffondere l’idea che le malattie mentali siano causate da uno “squilibrio chimico”. Questa concezione, ormai radicata nel senso comune, riduce la complessità della sofferenza umana a una mera questione biologica, ignorando i fattori sociali, economici e ambientali che vi contribuiscono.

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Basaglia, l’Antipsichiatria e il Neoliberismo: Un’Eredità Complicata

La legge 180/1978, nota come Legge Basaglia, ha segnato un momento storico con la chiusura dei manicomi in Italia. Tuttavia, paradossalmente, l’uso di psicofarmaci è aumentato vertiginosamente negli anni successivi. C’è un collegamento tra questi due eventi? L’antipsichiatria ha involontariamente aperto la strada al trionfo degli stabilizzatori dell’umore?

Franco Basaglia, figura chiave dell’antipsichiatria, ha combattuto contro le condizioni disumane dei manicomi, paragonandoli ai lager nazisti. Ha promosso un approccio diverso alla salute mentale, aprendo i reparti, abbattendo i muri e restituendo dignità ai pazienti. Ma con l’avvento del neoliberismo, il discorso sulla salute mentale ha subito una trasformazione.
Il neoliberismo, con la sua enfasi sull’efficienza e la produttività, ha trovato negli psicofarmaci un alleato prezioso. Queste sostanze diventano i “lubrificanti” che permettono ai flussi di informazione, persone e capitali di muoversi senza intoppi. La medicalizzazione della vita umana viene normalizzata, e il benessere mentale diventa una funzione del consumismo.

Psicofarmacologia: Dalla Scoperta Fortuita alla Massificazione dei Consumi

La genesi della psicofarmacologia avviene nel lontano 1951, anno cruciale in cui viene rivelata l’efficacia terapeutica della clorpromazina nella gestione dei sintomi legati a disturbi psicotici. Negli anni che seguono questa fondamentale scoperta, assistiamo a una vera e propria rivoluzione nel panorama farmacologico che consente lo sviluppo ed eventuale immissione in commercio di numerosi medicamenti concepiti per trattare diversi problemi psichiatrici: dal litio utile contro le crisi maniaco-depressive agli ansiolitici fino ad arrivare agli antidepressivi.

L’intuizione riguardante la clorpromazina scaturisce da una casualità osservata dal chirurgo francese Henri Laborit. Durante delle sperimentazioni relative all’anestesia chirurgica mediante un nuovo mix farmacologico, egli nota sorprendentemente alcune sue proprietà neurolettiche. In seguito a queste informazioni condivise con il mondo medico, altro protagonista chiave diventa Pierre Deniker, il quale sperimenta la somministrazione del medicinale presso l’ospedale Sainte Anne parigino su pazienti affetti da patologie schizofreniche ottenendo risultati eccezionali.

Col passare degli anni successivi allo scoppio dell’entusiasmo iniziale nei confronti dei farmaci antipsicotici, i ricercatori iniziano a orientarsi verso lo studio e creazione di interventi farmacologici caratterizzati da elevata specificità terapeutica associati però anche a effetti collaterali minori rispetto alle generazioni precedenti. Purtroppo però questo stesso avanzamento scientifico coincide con una crescente commercializzazione del settore salute mentale; gli interessi economici inducendo così una diffusione indiscriminata dell’uso abituale degli stessi farmaci dando origine al fenomeno ormai conosciuto come “psicofarmacologia cosmetica”.

Oltre la Pillola: La Necessità di un Approccio Olistico alla Salute Mentale

La dipendenza dagli psicofarmaci è un sintomo di un problema più ampio: una società che non riesce a fornire risposte adeguate alla sofferenza psichica. La chiusura dei manicomi è stata una conquista importante, ma non è sufficiente. È necessario un cambiamento radicale nel modo in cui concepiamo la salute mentale, superando la visione riduzionista dello “squilibrio chimico” e affrontando le cause strutturali del disagio.

È fondamentale investire massicciamente nel sostegno alla salute mentale, garantendo a tutti l’accesso a terapie personalizzate e gratuite. Ma soprattutto, è necessario agire sulle basi profonde di questa sofferenza, promuovendo un modello sociale più giusto, equo e sostenibile. Solo così potremo liberare l’uomo dalle catene della malattia mentale e costruire una società in cui il benessere psichico sia una priorità per tutti.

Riscoprire l’Umano: Un Invito alla Riflessione

Cari lettori, è opportuno soffermarsi su uno dei concetti chiave della psicologia cognitiva: la distorsione cognitiva. Tale fenomeno si verifica quando il nostro modo di pensare viene alterato da situazioni stressanti o schemi mentali inadeguati; ciò può indurci a percepire la realtà in maniera negativa e imprecisa. Riguardo ai temi trattati in questo articolo, la suddetta distorsione può condurre alla convinzione erronea che l’unico rimedio alle sfide imposte dal capitalismo risieda nell’utilizzo di sostanze psicoattive farmacologiche; una visione che trascura alternative potenzialmente efficaci.

Spingiamoci ora verso nozioni più sofisticate. Il principio del condizionamento operante, derivante dalla psicologia comportamentale, rappresenta una forma complessa d’apprendimento basata sull’interazione fra azioni specifiche e i risultati conseguenti delle stesse. Quando gli psicofarmaci offrono immediato sollievo dai disagi emotivi o fisici avvertiti dall’individuo coinvolto nel processo decisionale clinico quotidiano, questa abitudine viene consolidata nel tempo; il risultato finale consiste quindi in una spirale continua caratterizzata dalla dipendenza.

Riflettete ora su voi stessi: quali sono quelle credenze errate che avete riguardo al raggiungimento del successo personale e professionale o alla vera essenza della felicità? Che comportamenti state rinforzando nella vostra vita quotidiana, sia in modo intenzionale che involontario, rischiando così di minacciare la vostra salute psicologica? È fondamentale avere presente che la presa di coscienza rappresenta il primo passo verso un miglioramento significativo. Non permettete alla pressione esterna di portarvi a optare per rimedi facili e inefficaci. Approfondite le vostre capacità interiori; contattate persone a voi vicine per ricevere supporto e non esitate a consultare esperti nel settore se ne sentite l’esigenza. La salute della vostra mente è una ricchezza inestimabile: evitate di darla via come se fosse merce comune.


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