Santuari a rischio: quando la fede attenua la percezione del pericolo

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  • Nel 2023, si sono verificati 166.525 incidenti stradali in Italia con lesioni.
  • Il Ministero della Cultura ha stanziato 129,3 milioni di euro per la sicurezza di 167 luoghi di culto.
  • La Sardegna ha il tasso di mortalità stradale più alto: 7 morti ogni 100.000 abitanti.

L’incidente recente che ha colpito un ragazzo di tredici anni sul viale adiacente a un santuario nella città di Treviglio – accaduto all’incirca undici mesi orsono – torna prepotentemente sotto i riflettori ponendo interrogativi critici riguardo alla sicurezza intorno ai luoghi religiosi. In particolare in quei contesti frequentati intensamente sia dai pedoni sia dai veicoli. L’episodio in questione ha richiesto l’intervento immediato dell’elisoccorso proveniente da Bergamo per trasportare il giovane ferito e rivela le fragilità insite nei suddetti spazi dove credenze profonde si intrecciano talora con situazioni rischiose, comportando gravi conseguenze.

Le problematiche sollevate non appaiono come eventi sporadici; bensì vi è una cascata d’analogie nel verificarsi di simili incidenti – pur variando nei risultati ed estratti particolari. Un esempio è rappresentato dal caso tragico in cui era coinvolto un bimbo d’età pari a nove anni: anche lui travolto da una vettura con lo sviluppo finale fatale avvenuto soltanto dopo alcuni giorni trascorsi in ospedale. Tale evento ha portato all’attivazione delle indagini giuridiche finalizzate a chiarire presunti reati come l’omicidio stradale riguardanti ben due individui implicati nella vicenda. Un altro caso che risale a otto mesi fa riguarda un bambino di nove anni ricoverato in codice rosso con ferite al volto e alla testa, in circostanze che hanno richiesto approfondimenti investigativi per delineare la precisa dinamica della caduta in bicicletta.

Dati recenti sugli incidenti stradali: Nel 2023, l’Italia ha registrato un totale di 166.525 incidenti stradali con lesioni, con 3.039 morti e 224.634 feriti. Rispetto all’anno precedente, i feriti sono aumentati dello 0,5%. La Sardegna ha il tasso di mortalità stradale più alto: 7 morti ogni 100.000 abitanti.

La _fragilità della vita_ emerge con forza in questi eventi, richiamando l’attenzione sulla necessità di approfondire le _interazioni tra l’individuo e l’ambiente_ circostante, in particolare laddove la _componente emotiva e spirituale_ riveste un ruolo predominante.

Il resoconto della cronaca offre una panoramica complessa sebbene involuta riguardante episodi singolari che rimandano a valori ricorrenti da esplorare attentamente. Tali elementi trascendono non soltanto una semplice errata attenzione o eventi fortuiti; essi sono intrinsecamente legati a meccanismi psichici e comportamentali degni di analisi metodica.

L’atmosfera unica dei santuari potrebbe esercitare una forte influenza sulla percezione del rischio nonché sulle condotte degli individui presenti—sia adulti sia bambini—nel corso delle loro permanenze temporanee o durante soste. L’afflusso costante di pellegrini insieme alle caratteristiche strutturali degli spazi circostanti ha origini storiche risalenti a periodi nei quali le preoccupazioni riguardanti la sicurezza stradale erano notevolmente diverse.

La distrazione oppure l’attenuazione della vigilanza dovuta al contesto sacro crea un amalgama significante capace di innalzare il potenziale verificarsi d’incidenti sfavorevoli.

L’apparente reiterazione d’accadimenti similari diffusi su ampia scala geografica timbra chiaramente l’urgenza d’affrontare questa tematica attraverso ottiche ben più articolate, prendendo seriamente atto non solo delle prescrizioni legate all’infrastruttura fisica ma altresì avvalendosi dell’analisi approfondita delle variabili umane e psicologiche coinvolte nel fenomeno. Esaminando questi eventi, malgrado la loro gravità singolare, ci si imbatte in un’importante opportunità per meditare sulle nostre imperfezioni umane all’interno di determinati ambienti. Questo porta a considerare l’urg-enza di implementare misure preventive che siano non solo efficaci, ma anche profonde nella loro consapevolezza. Tali azioni sono fondamentali per attenuare i pericoli associati ai luoghi che evocano forti emozioni o legami affettivi.

La percezione del rischio tra fede e neuroscienze

Il modo in cui percepiamo il rischio è un processo complesso, influenzato da una _molteplicità di fattori_ che trascendono la mera _valutazione razionale_. In contesti caratterizzati da una forte _componente emotiva_, come i luoghi di culto, questa _percezione_ può subire delle _alterazioni significative_. Le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato come il nostro cervello tenda a _elaborare il rischio_ non solo attraverso _calcoli logici_ eseguiti dalla corteccia prefrontale, un’area a _alto dispendio energetico_, ma anche ricorrendo a _processi automatici_ e _scorciatoie cognitive_.

Questo _pensiero automatico_, descritto dal Premio Nobel Daniel Kahneman, porta a una _percezione psicologica_ del rischio che può essere _distante_ e _distorta_ rispetto al suo _valore oggettivo e matematico_. Ad esempio, è stato osservato come il cervello tenda a _ignorare i rischi molto bassi_, quasi considerandoli nulli, mentre _sovrastima i rischi medi_, trattandoli come elevati.

Fattori che influenzano la percezione del rischio: Variano da emozioni, età, sesso, esperienze e fattori culturali. Persone con esperienze pregresse di incidenti possono percepire diversi gradi di rischio.

Questa _divergenza_ tra rischio “sentito” e rischio “reale” è ulteriormente _amplificata_ da fattori situazionali, tra cui spicca il _contesto emotivo_. La _fede_, in particolare, può _influenzare_ la percezione del rischio in modi _sottili e complessi_. Sebbene non esistano studi diretti che analizzino l’impatto specifico della fede sulla percezione del rischio di incidenti in contesti come i santuari, le ricerche sulle _interazioni tra neuroscienze e religione_ suggeriscono _percorsi di indagine interessanti_.

La _dimensione spirituale_ coinvolge aree cerebrali associate alle _emozioni, all’empatia e alla cognizione sociale_, e l’esperienza di fede può _modulare le risposte_ a stimoli esterni. In un ambiente come quello di un santuario, dove l’attenzione può essere _polarizzata_ verso aspetti _spirituali e introspettivi_, è plausibile ipotizzare che la _vigilanza_ verso i _rischi ambientali_ possa essere _attenuata_. Il fenomeno noto come biforcazione tunnelistica, ampiamente riconosciuto nell’ambito della psicologia relativa all’attenzione umana, sembra rivestire un ruolo significativo poiché induce una concentrazione ristretta su specifici stimoli, trascurando altri aspetti importanti relativi alla sicurezza. Fattori quali la suscettibilità ambientale, le forti emozioni suscitate dall’istante attuale e la partecipazione condivisa ad eventi collettivi sono alcuni degli ingredienti fondamentali che caratterizzano situazioni ritualistiche o cultuali; questi possono facilitare il sorgere di uno stato mentale nel quale si verifica una diminuzione dell’analisi logica riguardo ai potenziali rischi.
Non si tratta necessariamente di sottovalutare i rischi deliberatamente; più correttamente possiamo affermare che ciò comporta una modalità distinta con cui i processi cognitivi e neurologici li elaborano. Ad esempio, lo studio della distortion perception relativa ai rischi finanziari ha messo in evidenza come aspetti biologici—quali il tasso glicemico—tendano a influenzarci rendendoci più ottimisti o pessimisti nelle nostre valutazioni economiche. Anche se può apparire imprudente tracciare confronti diretti tra questa tematica ed eventi avversativi occorsi nei luoghi sacri, ciò pone egualmente l’accento sull’urgenza d’includere diverse caratteristiche variabili—in particolare le dimensioni fisiche ed emotive—nell’esame della realtà percepita dei pericoli presenti. L’analisi di tali meccanismi risulta cruciale al fine di concepire delle misure preventive davvero d’appeal strategico. Queste misure devono necessariamente andare oltre un mero trasferimento di informazioni, poiché è essenziale considerare la soggettività intrinseca dell’essere umano, il quale non agisce sempre secondo un’impostazione razionale quando si tratta di valutare e reagire alle minacce.

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  • 🙏 Un articolo che fa riflettere sull'importanza della sicurezza......
  • 🤔 Possibile che la fede possa annebbiare la nostra percezione del pericolo......
  • 🤯 Interessante come le neuroscienze spiegano la distorsione del rischio......

Protocolli di sicurezza nei santuari: tra norma e realtà

La gestione della sicurezza nei luoghi di culto, e in particolare nei santuari che attraggono ingenti flussi di visitatori e pellegrini, rappresenta una _sfida complessa_ che interseca _aspetti normativi, strutturali e comportamentali_. Sebbene non esista un protocollo di sicurezza unificato e specifico per tutti i santuari in Italia, la _tematica della sicurezza_ è affrontata nell’ambito più ampio della _sicurezza del patrimonio culturale_ e della _gestione dei rischi associati alla frequentazione di luoghi pubblici_.

Il Ministero della Cultura ha recentemente assegnato 129,3 milioni di euro per l’adeguamento e la messa in sicurezza sismica di 167 luoghi di culto, evidenziando un incremento significativo degli interventi per garantire la sicurezza di questi spazi.

Regione Luogo di culto Importo finanziato
Abruzzo Chiesa della Madonna del Buon Consiglio 600.
Calabria Campanile della Chiesa del Rosario 700.000 €
Campania Chiesa Sant’Angelo de Munculanis 400.000 €
Lazio Basilica San Giovanni Battista dei Fiorentini 1.600.000 €

La _pesta suina africana_ ha portato, in un contesto differente ma con analogie nella gestione di aree circoscritte e a rischio, all’adozione di _misure di sorveglianza_ nei “santuari” (riferito in questo caso ai santuari degli animali liberati) con _regolamentazioni_ precise sulla movimentazione e gli ingressi, sottolineando come la gestione della sicurezza in luoghi definiti possa richiedere _protocolli specifici e rigorosi_.

Traslando il concetto ai santuari religiosi, emerge la necessità di _valutare_ e, se necessario, _implementare_ _protocolli_ che vadano oltre le _generiche norme_ di sicurezza stradale e di comportamento nei luoghi pubblici, tenendo conto delle _peculiari dinamiche_ che si instaurano in questi contesti.

La presenza di infrastrutture che non sempre sono _adeguate_ a sostenere l’attuale _intensità del traffico_ veicolare e pedonale, unitamente alla _natura stessa_ dell’esperienza del pellegrinaggio o della visita a un luogo sacro, che può indurre una riduzione della _vigilanza_ e un aumento della _distrazione_, richiedono _un appro-ccio proattivo_. I protocolli di sicurezza dovrebbero, idealmente, _includere_ non solo indicazioni sulle _infrastrutture_ (segnaletica, illuminazione, percorsi separati per pedoni e ciclisti dove possibile) e sulla _gestione dei flussi_, ma anche _campagne di sensibilizzazione_ mirate a _informare_ adulti e bambini sui rischi specifici e _promuovere comportamenti più sicuri_.

Nota Importante: La responsabilità in questo ambito è _condivisa_ tra le _istituzioni_, gli _organi di gestione dei santuari_ e i _singoli individui_. La definizione e l’_applicazione rigorosa_ di _protocolli_ _adeguati_ alle _specificità_ di ogni singolo santuario è _cruciale_ per _mitigare_ i rischi e _garantire_ che la _ricerca spirituale_ non debba mai essere _compromessa_ da _incidenti prevenibili_.

Oltre la norma: una visione olistica della sicurezza

Se è vero che la normazione e l’adeguamento infrastrutturale rappresentano pilastri fondamentali per la sicurezza nei luoghi di culto, è altrettanto vero che l’efficacia di tali misure è _intimamente legata_ alla loro _interazione_ con il “fattore umano”. Le neuroscienze, come accennato in precedenza, ci offrono _insights preziosi_ sul _modo in cui il cervello elabora informazioni, prende decisioni e percepisce il rischio_. Comprendere che la percezione del rischio non è unicamente un processo razionale, ma è _profondamente influenzata_ da _emozioni, stati d’animo e dal contesto ambientale_, ci porta ad una _visione più olistica_ della sicurezza.

In un ambiente come quello di un santuario, dove le _emozioni_ e la _dimensione spirituale_ sono _preponderanti_, la semplice apposizione di un cartello stradale o l’introduzione di un limite di velocità potrebbero non essere sufficienti a _garantire comportamenti sicuri_. È qui che _intervengono_ i principi della _psicologia comportamentale_ e le _applicazioni pratiche_ delle neuroscienze, come il “nudging” o “spinta gentile”. Il fenomeno del nudging trae origine dall’intuizione che modesti aggiustamenti nel contesto circostante o nella modalità con cui vengono presentate le informazioni possano agevolmente incidere sulle decisioni personali orientandole verso un comportamento desiderato. Si pensi ad esempio all’opportunità di ripensare alla collocazione fisica degli spazi dedicati ai ciclisti rendendoli meno accessibili ai veicoli oppure impiegando una segnaletica che catturi maggiormente l’attenzione grazie al suo impatto visivo e emotivo al fine di evidenziare situazioni rischiose.

Inoltre, le indagini condotte nel settore della sicurezza lavorativa evidenziano quanto sia determinante comprendere i meccanismi insiti nei processi decisionali e come questi siano influenzati da fattori emotivi, rivelandosi essenziale in un percorso formativo volto a minimizzare il rischio d’incidenti. Persone affette da distorsioni percettive legate al rischio – spesso dovute a difficoltà neurologiche – manifestano propensioni verso comportamenti a rischio e avventurosi. Questo confronto offre spunti significativi riguardo all’urgenza di tener conto della diversità individuale nell’approccio alla valutazione dei rischi, persino in assenza manifesta di malattia.

In contesti ad _alta densità emotiva_, la _percezione soggettiva del rischio_ può essere _momentaneamente alterata_, richiedendo _interventi mirati_ che agiscano su _livelli più profondi_ della _cognizione e del comportamento_. La _promozione di una cultura della sicurezza_ nei santuari non può quindi limitarsi all’aspetto _normativo e infrastrutturale_. Deve _includere un’educazione_ alla _consapevolezza dei rischi_, _particularmente_ rivolta ai _visitatori più giovani_, che sono _per loro natura_ più _vulnerabili_.

L’esperienza del “Cammino di Santiago”, che attira milioni di pellegrini da tutto il mondo, pur non essendo un santuario “classico” ma una _complesso sistema_ di percorsi, ha dovuto _sviluppare strategie_ per la _sicurezza dei camminatori_, affrontando sfide che vanno dalla _pericoli fisici_ del percorso alla _gestione delle emergenze_. Questi _esempi_, sebbene _diversi_ nel _contesto_, _sottolineano_ l’_importanza di una visione olistica_ della sicurezza che _integri_ l’aspetto _strutturale_ con la _comprensione profonda_ dei _fattori umani_ in gioco.

La _sicurezza_ nei santuari non è un _obiettivo statico_, ma un _processo continuo_ che richiede _monitoraggio, valutazione e adattamento_ alle _mutevoli esigenze_ dei _visitatori_ e alle _sfide poste dall’ambiente circostante_. Richiede un _dialogo costante_ tra _esperti di sicurezza, psicologi, neuroscienziati e le comunità dei santuari stessi_, per _sviluppare strategie preventive_ che siano realmente _efficaci_ e _rispettose_ della _specificità_ di questi _luoghi unici_.

La psicologia cognitiva ci insegna che la nostra attenzione è una risorsa limitata e che in ambienti ricchi di stimoli, come un santuario, il cervello può faticare a elaborare simultaneamente tutte le informazioni sensoriali rilevanti. Questo fenomeno, noto come “carico cognitivo”, può portare a una minore vigilanza verso i pericoli inattesi. In termini più avanzati, possiamo parlare dell’influenza del “bias attentivo”, ovvero la tendenza del nostro cervello a direzionare l’attenzione in modo preferenziale verso determinati stimoli (nel caso di un santuario, potenzialmente quelli legati alla sfera emotiva o spirituale) a discapito di altri (come i pericoli ambientali). Prendere in considerazione questa riflessione può illuminare le ragioni per cui ci troviamo spesso ad affrontare situazioni dove la nostra apparentemente consapevolezza dei rischi si traduce in comportamenti ben lontani dall’essere cauti. La questione non si limita a una semplice mancanza di attenzione; essa investe il modo in cui i nostri processori cerebrali elaborano e gestiscono un flusso incessante d’informazioni. In talune circostanze specifiche, questi meccanismi selettivi tendono a favorire elementi ritenuti cruciali al momento presente anziché quelli decisamente più prudenti o sicuri da perseguire.


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