Lavoratori a rischio: come la psicologia salva la vita in azienda

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  • Il 70% degli edili sottovaluta la propria vulnerabilità, un pericoloso ottimismo irrealistico.
  • La gamification motiva i lavoratori a una cultura della sicurezza duratura.
  • Lavoratori con infortuni hanno probabilità 2-3 volte maggiori di ricadute senza supporto psicologico.

L’interpretazione del rischio negli spazi lavorativi caratterizzati da elevata pericolosità: una prospettiva psicologica

La sicurezza sul luogo di lavoro, in particolare in contesti ad alto rischio come la manutenzione in scarpate, si configura non solo come una questione di normative e procedure tecniche, ma anche come un complesso intreccio di dinamiche psicologiche e comportamentali. La percezione del pericolo da parte degli operai, infatti, è un fattore cruciale che può influenzare in modo significativo l’adozione di comportamenti sicuri o, al contrario, l’assunzione di rischi non necessari. Nonostante la presenza di protocolli stringenti e la disponibilità di dispositivi di protezione individuale, si osservano ancora incidenti e infortuni che talvolta affondano le loro radici in una sottostima del rischio o in una fiducia eccessiva nelle proprie capacità.

safety workers

Uno degli elementi cardine in questa analisi è la comprensione dei bias cognitivi. Questi sono schemi di pensiero sistematici che possono portare a deviazioni dal ragionamento razionale e, in ambito lavorativo, possono indurre a valutare erroneamente una situazione pericolosa. Tra i numerosi bias, l’ottimismo irrealistico gioca un ruolo preponderante. Questo bias porta gli individui a credere di essere meno a rischio rispetto agli altri, una sorta di “immunità” percepita che può spingere a trascurare le precauzioni. Ad esempio, è comune osservare operai con anni di esperienza sviluppare una sorta di familiarità con il pericolo, che li porta a considerare il rischio come “gestibile” o “superato” grazie alla loro abilità. Tale percezione, sebbene comprensibile da un punto di vista umano, è scientificamente infondata e può avere conseguenze disastrose. Un altro bias rilevante è l’euristica della disponibilità, dove le persone tendono a giudicare la probabilità di un evento in base alla facilità con cui esempi o casi simili vengono alla mente. Se un operaio non ha assistito o non ha avuto esperienza diretta di un grave incidente sul proprio luogo di lavoro, potrebbe erroneamente percepire quel rischio come meno probabile o meno grave. Questa distorsione della realtà è particolarmente problematica in settori dove gli incidenti, pur rari, possono avere esiti letali. Nuove ricerche hanno evidenziato come una percentuale vicina al 70% degli operai nel settore edile percepisca un livello di vulnerabilità inferiore rispetto a quello delle loro controparti. Questa visione è riconducibile a una forma di ottimismo irrealistico. Per controbilanciare tale fenomeno, è essenziale implementare misure preventive più severe e programmi formativi specifici incentrati sulla consapevolezza riguardo ai bias cognitivi, elementi che possono notevolmente aumentare la cultura della sicurezza all’interno delle varie strutture organizzative. [ Safety Inc ]. Oltre ai bias cognitivi esistenti nei contesti professionali ad elevato rischio emerge prepotentemente l’effetto Dunning-Kruger, un aspetto psicologico degno di nota per il suo carattere subdolo. Tale effetto illustra come gli individui che vantano scarse esperienze tendano spesso ad avere una visione gonfiata delle proprie abilità; al contrario, coloro che possiedono maggiore expertise possono arrivare addirittura a sminuire i propri meriti. Ad esempio, operai poco esperti ma solo superficialmente informati sulle pratiche operative sono inclini a considerarsi dotati di competenze superiori rispetto alla realtà dei fatti; ciò li porta frequentemente a ignorare avvisi utili o a rifiutarsi di chiedere supporto in situazioni problematiche. D’altro canto, professionisti altamente qualificati con anni d’esperienza alle spalle manifestano un comportamento opposto: evidenziando il grado elevato di complessità presente in diversi ambiti lavorativi, hanno maggiore attitudine nel riconoscere le limitazioni delle loro stesse conoscenze e abilità. Quella disuguaglianza nella valutazione sia dell’abilità personale sia del potenziale rischio sottolinea ulteriormente l’importanza dell’istruzione continua ben strutturata; questa deve trascendere la mera disseminazione d’informazioni tecniche per focalizzarsi anche sull’elevamento della consapevolezza metacognitiva degli operatori coinvolti. Le pressioni sociali rappresentano un’altra variabile significativa che influenza il comportamento degli operai. In molti contesti lavorativi, esiste una “culture della produttività” che può involontariamente scoraggiare pause, l’uso di attrezzature di sicurezza che rallentano il lavoro o la segnalazione di condizioni pericolose. La paura di apparire meno efficienti, di essere tacciati di lentezza o, peggio, di mettere a rischio la propria posizione lavorativa, può spingere gli operai a ignorare i protocolli di sicurezza. È fondamentale che le aziende promuovano una cultura della sicurezza che metta la vita e l’integrità fisica dei lavoratori al primo posto, incentivando la segnalazione di pericoli e premiando il rispetto delle norme, piuttosto che la velocità a discapito della sicurezza. Ciò implica un impegno costante della dirigenza e dei preposti a farsi promotori attivi di questa cultura, non solo a parole, ma con azioni concrete e misurabili.

Strategie di prevenzione innovative tra psicologia comportamentale e sicurezza sul lavoro

La comprensione delle dinamiche psicologiche che influenzano la percezione del rischio è il punto di partenza per lo sviluppo di strategie di prevenzione efficaci e innovative. L’approccio tradizionale, basato principalmente su norme, sanzioni e formazione teorica, pur essendo fondamentale, si rivela spesso insufficiente di fronte alla complessità dei comportamenti umani. Per questo motivo, la psicologia comportamentale offre strumenti e metodologie promettenti per promuovere una maggiore consapevolezza e sicurezza sul lavoro.

Uno di questi strumenti è il nudging, una tecnica che consiste nell’influenzare le scelte individuali in modo prevedibile senza limitare le opzioni disponibili o alterare in modo significativo gli incentivi economici. Nel contesto della sicurezza sul lavoro, il nudging può essere applicato per rendere più “facile” o “desiderabile” l’adozione di comportamenti sicuri. Ad esempio, la disposizione strategica degli equipaggiamenti di protezione individuale rendendoli facilmente accessibili e visibili, o l’utilizzo di cartelli informativi con un linguaggio visivo chiaro e diretto che evidenzi i benefici immediati della sicurezza piuttosto che solo i rischi astratti, sono esempi di nudging. Un’altra applicazione potrebbe essere l’implementazione di “promemoria comportamentali” che appaiono in momenti critici del processo lavorativo, come un messaggio sullo schermo di un macchinario che ricorda di verificare l’allacciamento delle cinture di sicurezza prima dell’avvio. La semplicità e l’immediatezza di queste “spinte gentili” possono avere un impatto significativo, specialmente quando si tratta di comportamenti automatici o di routine che gli operai svolgono quotidianamente.

Warkity Safety Training

La gamification rappresenta un’altra strategia innovativa che sfrutta meccanismi tipici dei giochi per coinvolgere e motivare gli individui verso l’adozione di comportamenti sicuri. L’introduzione di elementi come punti, badge, classifiche o sfide può trasformare le attività legate alla sicurezza da mero obbligo a un’esperienza più interattiva e gratificante. Ad esempio, un programma di gamification potrebbe premiare gli operai che segnalano proattivamente potenziali pericoli, che partecipano a simulazioni di emergenza con punteggi elevati, o che raggiungono determinati traguardi di ore lavorate senza infortuni. L’obiettivo primario si estende oltre il mero incentivo verso comportamenti virtuosi; aspira anche a consolidare una solida cultura della sicurezza. Tale intento implica generare un senso di competizione sana unitamente all’appartenenza a un gruppo dedito al progresso incessante. Un sistema innovativo basato sulla gamification ha il potenziale per amplificare il livello d’interazione emotiva e cognitiva dei lavoratori rispetto alle procedure adottate, risultando in una diminuzione significativa degli incidenti sul posto di lavoro insieme a una maggiore consapevolezza collettiva. La dimensione ludica – se sapientemente armonizzata con l’importanza intrinseca dei temi legati alla sicurezza – è in grado di trasformare l’esperienza formativa in qualcosa di attraente anziché gravosa. Una strategia globale dedicata alla prevenzione degli infortuni professionali esige un dialogo costante e costruttivo tra figure professionali diverse. Gli specialisti nella safety aziendale dovrebbero unirsi strettamente agli psicologi del lavoro; questi ultimi apportano una visione differente sui fattori motivazionali nonché sulle dinamiche sociali che guidano i comportamenti umani nei contesti lavorativi.

L’impatto dei traumi psicologici e della salute mentale sull’ambiente lavorativo

La rilevanza del benessere psicologico e della gestione dei traumi negli ambienti lavorativi ad alto rischio è un tema che sta guadagnando sempre più attenzione nel panorama della medicina correlata alla salute mentale moderna. L’esposizione prolungata a situazioni potenzialmente pericolose, unitamente alla pressione e allo stress intrinseco a determinate professioni, può avere un impatto profondo sulla salute mentale degli operai, influenzando direttamente le loro capacità decisionali e la percezione del rischio. Non affrontare adeguatamente questi aspetti significa ignorare una delle cause sottostanti di errori umani e incidenti, aggravando il ciclo di rischio e trauma. I traumi psicologici, anche quelli “minori” o non direttamente legati a eventi catastrofici, possono accumularsi nel tempo e manifestarsi sotto diverse forme, come ansia, disturbi del sonno, irritabilità o difficoltà di concentrazione. Un operaio che ha vissuto un evento traumatico, anche se apparentemente superato, potrebbe sviluppare una maggiore vigilanza o, al contrario, una sorta di desensibilizzazione al pericolo, entrambe condizioni che possono compromettere la sicurezza. A titolo esemplificativo, è stato dimostrato da studi come i lavoratori che segnalano infortuni durante l’attività lavorativa presentino una possibilità doppia o tripla di sperimentare un procrastinamento nel reinserimento professionale o la manifestazione di ulteriori infortuni, qualora non ricevano il necessario intervento psicologico. [ Canada Safety Training ].

La salute mentale non è un’entità statica, ma un continuum che può essere influenzato da fattori interni ed esterni. Stress cronico, burn-out, o problemi personali non risolti possono ridurre drasticamente la capacità di un individuo di elaborare informazioni complesse, di mantenere la concentrazione e di reagire prontamente a situazioni impreviste, tutte abilità essenziali in un contesto ad alto rischio. È per questo che le aziende dovrebbero implementare programmi di supporto psicologico, consulenze accessibili e percorsi di gestione dello stress, non solo come un benefit per i propri dipendenti, ma come un investimento diretto nella prevenzione e nella sicurezza.

Un aspetto cruciale in questo contesto è la stigmatizzazione della salute mentale. Molti operai, specialmente in settori tradizionalmente caratterizzati da una cultura “machista” o da un’enfasi sulla forza fisica e la resilienza, potrebbero essere restii a chiedere aiuto per problemi di salute mentale per paura di essere giudicati deboli o di compromettere la propria reputazione professionale. Il fenomeno della barriera culturale si configura come un notevole impedimento nell’accesso ai servizi di assistenza, con ripercussioni potenzialmente deleterie sulle condizioni psicologiche degli individui coinvolti. Compito primario delle organizzazioni è quello di instaurare una cultura in cui affrontare tematiche riguardanti la salute mentale venga considerato normale; in tal contesto, ricorrere a cure deve essere interpretato non come atto debole ma piuttosto come manifestazione distintiva della forza interiore. Risultano pertanto indispensabili iniziative interne dedicate alla sensibilizzazione, racconti autentici da parte dei leader pronti a condividere i loro percorsi verso il benessere psichico e una garanzia totale relativa alla privacy degli utenti che si avvalgono dei servizi psicologici – elementi cruciali per sradicare lo stigma esistente.

Parallelamente, l’ambito della medicina correlata alla salute mentale presenta modalità diagnostiche e terapeutiche in continua evoluzione, sempre più raffinate nella gestione dei disturbi associati a stress post-traumatico o ad eventi difficili da elaborare. Il progresso scientifico nel settore della psicologia cognitivo-comportamentale ha confermato l’efficacia comprovata dell’adozione terapeutica della terapia cognitivo-comportamentale (CBT), così come dell’eye movement desensitization and reprocessing (EMDR), utili nell’elaborazione delle conseguenze scaturenti da traumi vissuti. La combinazione di tali metodologie in un programma di benessere aziendale offre ai lavoratori mezzi tangibili per affrontare le sfide più complesse, controllare l’ansia e ristabilire una percezione solida della sicurezza personale.

Riflessioni sulla resilienza e il benessere nei contesti critici

La varietà dei fattori determinanti nella sicurezza degli ambienti lavorativi considerati ad alto rischio sollecita una meditazione approfondita riguardo al significato della resilienza e del benessere psicologico. È indiscutibile che l’applicazione delle normative vigenti insieme alla somministrazione di formazione specifica rivestano importanza cruciale; tuttavia, queste pratiche da sole non bastano a garantire adeguate condizioni di sicurezza per i lavoratori. L’aspetto umano – con le sue dinamiche cognitive ed emozionali – implica la necessità di perseguire un intervento olistico e prolungato.

Un concetto fondamentale nell’ambito della psicologia cognitiva che risuona con questa problematica è quello dell’attenzione selettiva. In circostanze caratterizzate da elevati livelli d’ansia o all’interno di scenari ricchi di rischi potenziali, il nostro focus percettivo tende inevitabilmente ad assottigliarsi: vi è infatti una maggiore tendenza verso quegli stimoli identificabili come minacce immediate. Tale fenomeno potrebbe facilitare risposte rapide, ma comporta anche il rischio significativo d’omissione rispetto ai particolari rilevanti nel contesto circostante, i quali potrebbero indicare ulteriori insidie. Per esempio, uno studente impegnato in analisi su rumorosità anomala potrebbe trascurare un utensile scivolato al suolo. Nel panorama più complesso della psicologia comportamentale emerge il concetto di modeling, particolarmente pertinente in tema di sicurezza. Questa nozione implica l’apprendimento da parte degli individui tramite l’osservazione del comportamento altrui, soprattutto da parte di autorità riconosciute e professionisti esperti. Quando le figure di leader oppure coloro che hanno maggiore esperienza adottano prassi virtuose seguendo scrupolosamente le normative stabilite, si genera una valorizzazione positiva tra gli altri membri del gruppo. Viceversa, nel caso in cui siano accettate condotte rischiose oppure persino supportate implicitamente dagli ambienti lavorativi, si instaurano così delle dinamiche negative che compromettono ogni iniziativa preventiva.

Questa situazione solleva una questione imprescindibile per ciascuno: fino a che punto abbiamo coscienza dei nostri bias cognitivi assieme alle risposte emotive che scaturiscono davanti ad eventi complessi oppure potenzialmente insidiosi nelle varie sfere dell’esistenza quotidiana? Siamo in grado di identificare quei momenti nei quali le nostre competenze possono condurci a minimizzare il reale pericolo o, oppressi dalla congiuntura sociale, agiamo perseguendo decisioni notoriamente poco prudenti? La sicurezza non è solo una lista di regole da seguire, ma un impegno costante verso la nostra crescita personale e collettiva, verso una maggiore consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda. È un invito a sviluppare non solo competenze tecniche, ma anche una profonda intelligenza emotiva e una proattività nel proteggere non solo noi stessi, ma anche coloro che lavorano al nostro fianco. Solo così possiamo sperare di creare ambienti di lavoro non solo efficienti, ma veramente sicuri e salubri per tutti.

Glossario:

  • CBT (Terapia Cognitivo-Comportamentale): approccio terapeutico focalizzato sul cambiamento dei pensieri e schemi di comportamento disfunzionali.
  • EMDR (Desensibilizzazione e Riprocessamento tramite i Movimenti Oculari): terapia utilizzata per trattare il trauma attraverso la stimolazione bilaterale.
  • Bias Cognitivo: inclinazione sistematica a deviare dalla razionalità nel pensiero e nel giudizio.

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