- L'autopsia esclude l'annegamento: trauma cranico e lesioni da elica.
- Indagato un amico estone di 29 anni per omicidio nautico.
- Analisi del gommone con luminol per tracce biologiche.
- Autopsia psicologica: strumento per discriminare tra omicidio e suicidio.
Svolta nell’indagine sulla tragedia del Trasimeno: non è annegamento, si apre l’ipotesi di omicidio nautico
Un cambiamento significativo ha caratterizzato le indagini relative alla terribile vicenda che ha colpito il lago Trasimeno. Le autorità hanno chiaramente escluso la possibilità che la causa sia da attribuire a un annegamento. L’attenzione ora si rivolge verso nuove e inquietanti piste investigative: sorge infatti l’ipotesi dell’omicidio nautico.
Una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso l’opinione pubblica, la tragedia del lago Trasimeno, sembra aver preso una direzione inaspettata. Inizialmente considerata una fatalità, la morte di Anton Lyubeev, un turista estone di 27 anni, caduto nelle acque il 19 settembre scorso, rivela dettagli inquietanti emersi dall’autopsia. Il medico legale ha escluso l’annegamento come causa primaria del decesso, focalizzando l’attenzione su gravi traumi compatibili con un impatto violento e lesioni da elica.

Ciò che in un primo momento pareva una disgrazia avvenuta in acqua, assume ora un aspetto ben più serio e allarmante, quello di un potenziale reato colposo con esito fatale. L’autopsia ha portato a una svolta drammatica nell’inchiesta: non è morto per annegamento. Il referto autoptico evidenzia:
- Un trauma cranico violento, che potrebbe essersi verificato quando Anton avrebbe perso l’equilibrio, finendo con la testa contro la chiglia o un bordo rigido del natante.
- Lesioni al collo e al busto, compatibili con il contatto con pale dell’elica, che lasciano intendere un coinvolgimento diretto del motore del gommone.
- Assenza di un quadro limpido che confermi l’annegamento come causa principale del decesso, rendendo necessario l’approfondimento con esami istologici e tossicologici.
Questa scoperta ha indotto la Procura di Perugia a riaprire il caso sotto l’ipotesi di omicidio nautico, un’accusa che coinvolge direttamente un un amico della vittima, un estone di 29 anni, che era alla guida del gommone al momento dell’incidente.
Escluso, dunque, l’annegamento dal primo piano dell’ipotesi probabile ed aperto un varco giudiziario che investe responsabilità sul comportamento umano, sulle scelte sul gommone, sull’uso dell’elica. Se le prove dovessero confermare l’ipotesi di omicidio nautico, questo caso andrebbe ben oltre le acque del Trasimeno, segnando profondamente le cronache legali relative alla navigazione lacustre.

Il gommone è stato immediatamente posto sotto sequestro e sottoposto ad analisi approfondite da parte dei carabinieri del Raggruppamento scientifico. Scafo ed elica sono stati esaminati per rilevare eventuali tracce di DNA della vittima o altre impronte utili alle indagini. L’utilizzo del luminol ha permesso di individuare tracce biologiche invisibili a occhio nudo, che potrebbero rivelarsi cruciali per la ricostruzione degli eventi.

Gli investigatori stanno cercando di definire la dinamica esatta dell’incidente, considerando la direzione, la velocità, le manovre effettuate dal mezzo e lo stato delle dotazioni di sicurezza. L’obiettivo della Procura è quello di “aprire l’inchiesta a 360 gradi”, analizzando ogni possibile scenario per escludere ipotesi alternative, comprese eventuali condotte volontarie o omissioni gravi da parte del conducente.
Tra i presenti sul natante al momento della tragedia, l’unico formalmente coinvolto dall’indagine è l’amico estone di 29 anni, il quale ha visto iscritta a suo carico l’ipotesi di omicidio nautico. Una terza persona era a bordo: una ragazza saudita, conosciuta dai due durante un viaggio precedente, non risulta attualmente indagata né formalmente coinvolta, e il suo ruolo è considerato marginale nell’attuale assetto accusatorio. L’ipotesi prevalente è che Anton, posizionato a prua, abbia perso l’equilibrio, battuto la testa e sia caduto in acqua, venendo presumibilmente travolto dall’imbarcazione. L’analisi delle lesioni evidenziate offre indicazioni chiare: non è soltanto l’immersione ad aver causato i danni osservati. È evidente una interazione diretta con il gommone stesso e la lama dell’elica.
Ci si può riflettere su episodi analoghi come quello riguardante Hongyu Tu | [Il Sole 24 Ore] e l’indagine avviata, le prossime mosse cruciali per l’inchiesta includono:
- Gli esami istologici e tossicologici: potrebbero stabilire se Anton fosse sotto l’effetto di sostanze o se già debilitato.
- La correlazione tra traumi e tempi di impatto: sarà fondamentale verificare se le lesioni compatibili con l’elica siano state successive alla caduta.
- Le tracce biologiche sul gommone: il raffronto del DNA prelevato da scafo ed elica con quello di Anton potrà confermare o escludere il passaggio sul natante post mortem.
- L’audizione dei testimoni e delle persone a bordo: la ricostruzione dei loro movimenti potrà corroborare o contraddire la versione del conducente.
- La sicurezza dell’imbarcazione: eventuali omissioni potrebbero aggravare la posizione dell’indagato.

L’autopsia psicologica come strumento investigativo: il caso Liliana Resinovich e altri precedenti
Il concetto di autopsia psicologica riveste una valenza considerevole quando si parla di indagini investigative, specialmente alla luce del drammatico episodio riguardante Liliana Resinovich. In questo frangente, è essenziale scoprire le sfaccettature psichiche e relazionali della vittima per svelare le motivazioni sottese agli sviluppi tragici avvenuti. Strettamente collegati a questo caso vi sono anche diversi episodi storici precedenti che evidenziano quanto questa tecnica possa essere decisiva nell’affrontare i meccanismi intricati dell’animo umano durante situazioni critiche.
Nel panorama delle indagini forensi, l’introduzione di strumenti come l’autopsia psicologica sta guadagnando terreno, specialmente in contesti dove le cause di morte rimangono ambigue tra omicidio e suicidio. Questa tecnica, originariamente sviluppata negli Stati Uniti negli anni ’70 per prevenire i suicidi, si è evoluta per fornire nuovi elementi probatori in casi complessi. Secondo quanto riportato nel settore, l’autopsia psicologica è uno strumento poco o per nulla usato in Italia, e non si sa a volte nemmeno cosa sia e come si applichi.
Questa pratica forense è definita come:
“la ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa, finalizzata a rinvenire tutti quegli aspetti che ne possano rivelare le intenzioni rispetto alla propria morte”
Essa è quindi utilizzata per discriminare tra omicidio, morte accidentale o suicidio.
Un esempio emblematico è quello di Liliana Resinovich, la cui morte, avvenuta quasi due anni fa, è ancora avvolta nel mistero. Dopo un’autopsia tradizionale, l’ipotesi di un’autopsia psicologica è stata proposta per approfondire il comportamento della vittima nelle sue ultime settimane di vita. Massimo Picozzi, psichiatra e criminologo, ha sostenuto questa metodologia, sottolineando come essa possa offrire nuove prospettive per comprendere le dinamiche sottostanti al decesso.
La rilevanza di questa metodologia è stata evidenziata in diversi contesti investigativi. Ad esempio, il “Polo Universitario Penitenziario” dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro ha organizzato un seminario sul tema “Psicologia della testimonianza – L’autopsia psicologica”. Analogamente, la criminologa Roberta Bruzzone ha analizzato numerosi casi di omicidio, dove l’autopsia psicologica potrebbe aver fornito elementi di comprensione.
Il peso dei fattori di rischio silenti e la necessità di un approccio integrato
Le tragedie recenti, come quella del Trasimeno, evidenziano quanto sia complesso delineare le cause di eventi fatali, soprattutto quando la verità si cela tra dettagli inquietanti e implicazioni psicologiche profonde.
I fattori di rischio silenti, come il trauma infantile, lo stress cronico, e le condizioni socio-economiche, possono compromettere il benessere mentale. I meccanismi cognitivi, come la distorsione cognitiva, sono alla base della vulnerabilità.
La salute mentale è quindi un concetto fluido, non è semplicemente l’assenza di disturbi. Un approccio integrato, che valorizzi sia l’analisi scientifica che la sensibilità umana, è la chiave per comprendere e, sperabilmente, prevenire future tragedie.
Glossario:
- Distorsione cognitiva: errore sistematico nel modo in cui si percepisce la realtà, spesso legato alle emozioni.
- Fattori di rischio silenti: condizioni che aumentano il rischio di sviluppare disturbi mentali, spesso non immediatamente visibili.
- Autopsia psicologica: metodo investigativo per analizzare le dinamiche psichiche di un individuo prima della morte.
Note:
1. Fonti: Il Sole 24 Ore, Simonaruffini.it, chiaraventuri.it