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Monte Cengio: perché si verificano così tanti incidenti?

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  • Il 4 ottobre 2025, una climber di 24 anni si è infortunata sulla Via Metamorfosi.
  • Nel luglio 2025, un alpinista di 65 anni è stato soccorso in elicottero.
  • La Via Metamorfosi, pur essendo di difficoltà V+ (obbligatorio IV+), richiede attrezzatura specifica.

Recenti incidenti sul Monte Cengio: un quadro allarmante

Il fine settimana scorso ha visto susseguirsi incidenti inquietanti sul Monte Cengio, mettendo sotto i riflettori la questione della sicurezza nelle pratiche alpinistiche e riaccendendo la discussione su ciò che motiva l’essere umano ad affrontare sfide così rischiose. Sabato 4 ottobre 2025 ha avuto luogo l’incidente che ha coinvolto una giovane alpinista ventiquattrenne proveniente da Schio; ella ha riportato ferite in seguito a una caduta durante la sua ascesa lungo la Via Metamorfosi. La climber era leader della cordata quando ha subito l’incidente a causa del distacco improvviso di un appiglio roccioso; purtroppo ciò le ha provocato traumi sia alla mano sia alla schiena. Fortunatamente è intervenuto con prontezza il soccorso alpino delle località Arsiero e Asiago insieme all’elicottero dell’emergenza veronese: tale intervento rapido è stato determinante nel trasferimento immediato della ragazza presso l’ospedale. Sebbene non siano state dichiarate gravi condizioni cliniche per lei, questo incidente rappresenta solo uno dei tanti eventi drammatici recentemente notati nel celebre territorio del Monte Cengio – celebre noto per i suoi percorsi attrezzati e incantevoli vie d’ascesa. [Eco Vicentino].

Non è la prima volta che la Via Metamorfosi, aperta nel 2024 da Mario Schiro, Elena Girardi e Fausto Carollo, si trova al centro di simili dinamiche. La via, pur essendo descritta come pulita e ben protetta con fix, con passi azzerabili e difficoltà massime di V+ (obbligatorio IV+), e quindi adatta anche a principianti, richiede comunque attrezzature specifiche come 8/10 rinvii e cordini per allungare. La sua esposizione a sud la rende percorribile in diverse fasce orarie, rimanendo in ombra dopo le 16:00, elemento che potrebbe influenzare le condizioni di arrampicata in base alla stagione.

Analizzando la sequenza degli eventi, è impossibile non menzionare altri tragici episodi che hanno segnato il Monte Cengio negli ultimi mesi e anni. Il 27 luglio 2025, un alpinista di 65 anni, residente a Vicenza, è stato soccorso in elicottero a seguito di una caduta lungo la via alpinistica La prima volta. L’incidente ha richiesto non solo l’intervento dell’elisoccorso, ma anche l’assistenza del Soccorso Alpino per i compagni di cordata, evidenziando le complessità logistiche e umane che ogni operazione di recupero comporta. Nel corso dello stesso mese si erano verificati seri incidenti sul Monte Cengio; in particolare, uno degli alpinisti coinvolti era “volato”, rendendo evidente l’urgenza di attuare misure consistenti per salvaguardare i compagni rimasti nel contesto dell’altezza impervia della montagna. La preoccupazione principale risiedeva nel possibile insorgere dello stress post-traumatico tra coloro che assistettero alla scena.

Queste circostanze drammatiche non costituiscono eccezioni isolate nel panorama dell’alpinismo. In data 29 giugno 2024, infatti, la notizia della morte prematura di un cinquantunenne è giunta dalla vetta stessa del Monte Cengio; si suppone che sia deceduto a causa di problematiche cardiache manifestatesi durante la sua ascesa lungo una via difficile: questo fatto ha fatto immediatamente intervenire il servizio emergenziale numero sessantotto presente in zona. Nell’ambito della stessa giornata, Sky TG24 aveva riportato l’improvvisa scomparsa altresì di due alpinisti: uno sulla celebre cima d’Asta mentre l’altro sul monte appena citato. Purtroppo, in questa occasione, i particolari relativi all’incidente col secondo soggetto hanno iniziato ad affiorare solo parzialmente. A tali episodi drammatici va sommata anche quella ricorrenza fatale avvenuta il ventiquattro settembre duemilasedici, in cui un alpinista milanese ha avuto una fine nel fratturarsi. L’insieme delle esperienze tragiche del passato in questo contesto continuo distruttivo è un tema ricorrente. Malgrado l’incantevole bellezza della natura incontaminata e l’ampia disponibilità di percorsi, il contesto montano rimane un luogo nel quale la necessità di vigilanza continua e una preparazione rigorosa risultano essenziali.

L’adrenalina e la montagna: comprendere le motivazioni psicologiche

Il fascino esercitato dalle alture del Monte Cengio si manifesta attraverso un ventaglio d’impegnative esperienze che oscillano fra l’agevole, nelle escursioni del lato settentrionale della montagna, fino a raggiungere gli impegnativi livelli dell’arrampicata. Sempre ricordando prove come l’6a+ obbligatorio o lo ** VII azzerabile* rispettivamente disponibili su diverse ascensioni, emerge così chiaramente il vincolo intrinseco esistente tra l’individuo e ogni forma sfidante. Talvolta questo culmina in un’ardente ricerca sia dell’adrenalina che di un senso profondo. Nelle numerose alternative presenti sul Monte Cengio – ciascuna distintiva non solo per gradevoli peculiarità ma anche variazioni nel livello di difficoltà da III fino a IX- (azzerabile) – ognuno trova occasioni per affrontare percorsi differenti. I sentieri si distinguono ulteriormente non solo per la durata necessaria all’avvicinamento o ritorno (variabili da soli due minuti a quaranta), ma anche per la loro estensione (compresa fra tre ed oltre nove tiri) assieme al particolare materiale richiesto all’arrampicatore: rinvii, cordini, friend, martello e chiodi – tutti elementi fondanti nella proposta unica d’emozione fornita dal luogo stesso; rivelando nei fatti delle fondamentali complesse relative alle motivazioni psicologiche  . [Mangan et al., 2024].

L’alpinismo, al di là dell’aspetto puramente fisico, si configura come un’attività intrinsecamente legata all’esperienza emotiva. La frase di Renato Casarotto, uno degli alpinisti citati nelle relazioni delle vie, che afferma di portare in montagna “me stesso, nel bene e nel male”, evidenzia una ricerca di completezza e autenticità, un confronto con i propri limiti e le proprie risorse. In quest’ottica, l’adrenalina, spesso considerata il motore principale delle attività ad alto rischio, diventa solo un catalizzatore di un processo più articolato. La gestione della paura, la *capacità di prendere decisioni rapide e lucide in situazioni estreme*, e la fiducia nelle proprie competenze – spesso messe alla prova da rocce ottime, ma anche da brevi tratti *erbosi* o *instabili* – sono tutti elementi che contribuiscono a forgiare una identità personale più robusta.

Le vie sul Monte Cengio offrono un terreno fertile per queste dinamiche. Alcuni itinerari sono ben protetti a fix, come la *Via Metamorfosi* o *Granatieri senza confini, che si prestano anche a un approccio meno esperto; altri, come la Via Bisata, presentano passaggi di elevatissima difficoltà* che richiedono un *grado minimo e una preparazione specifica. Vie come la Shine on you Crazy Diamond, una delle preferite dagli arrampicatori per la roccia ottima e i passaggi impegnativi, oppure *Vivere la vita, dedicata a Mauro Trevisiol e caratterizzata da un’arrampicata sostenuta, mostrano come l’alpinismo possa essere un veicolo di espressione individuale e collettiva, un percorso che porta a *superare se stessi. Anche le vie più “classiche”, come la Via Erica e Alice o la Via Loli*, pur essendo definite *piacevoli e facili*, presentano comunque dei passi impegnativi che le rendono non meno significative per chi vuole approcciarsi alla montagna. La natura spesso mista della chiodatura (chiodi normali, spit, fix) su molte pareti, come la *Via Macchia bianca* o la *Via Prima, suggerisce una tradizione alpinistica attenta alla conservazione del carattere selvaggio della montagna, ma anche alla sicurezza degli scalatori. La ricerca di significato, quindi, non si esaurisce nella semplice sfida fisica, ma si estende alla connessione con la natura, alla *memoria storica dei luoghi (considerando che il Monte Cengio è anche un’area sacra con sentieri che ripercorrono le tracce della Prima Guerra Mondiale), e alla creazione di un legame solidale con i compagni di cordata, tutti fattori che contribuiscono a una comprensione più completa e articolata del fenomeno alpinistico.

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Prevenzione e consapevolezza: un imperativo nell’alpinismo

Gli incidenti sul Monte Cengio, richiamando alla mente la frase di Renato Casarotto che spingeva a portare in montagna “me stesso, nel bene e nel male”, non solo mettono in luce l’ineludibile elemento di rischio* associato all’alpinismo, ma pongono anche l’accento sulla imperativa necessità di praticare questo sport con estrema consapevolezza e una preparazione adeguata*. Il Monte Cengio, con le sue diverse difficoltà, che vanno dal *facile per le escursioni (dislivello di 300 metri, 2 ore e mezza di tempo) al difficile per le vie alpinistiche (fino al *VII+ obbligatorio* o al IX- A1), richiede un’analisi approfondita delle strategie di prevenzione, tanto a livello tecnico quanto psicologico. La varietà delle vie, dalle più sportive e *sicure* (come la *Via Metamorfosi*, che è *protetta benissimo con fix* e adatta a principianti, o la via Quattro Gatti, con protezioni molto ravvicinate e roccia eccellente), alle più impegnative con chiodature miste (come la *Via Bisata* o la *Via Giancarlo Milan*, che richiedono *friends piccoli*, *martello* e chiodi), impone un’attenta valutazione del proprio livello di esperienza e delle proprie capacità. Il processo di prevenzione degli incidenti comincia ancor prima di indossare gli scarponi e afferrare le corde. È imperativo disporre di una sana educazione sportiva, che contempla non solo l’acquisizione dettagliata delle metodologie alpinistiche ma altresì l’utilizzo appropriato dell’attrezzatura e una profonda comprensione del contesto ambientale. I percorsi sul Monte Cengio presentano un’ampia gamma d’esposizione (sud ed est) e mostrano diverse condizioni superficiali della roccia che variano da “ottima” a “discreta“, includendo aree caratterizzate da vegetazione erbosa o punti particolarmente instabili. Questa varietà impone un’attenta lettura del terreno montuoso ed esige una seria autocritica riguardo alle capacità personali. Vie come ‘Via Fiori della Cicuta‘, i cui passaggi critici possono arrivare fino a “VII” ed “VIII“, di altre come ‘Mai Strachi‘, chiariscono quanto sia essenziale considerare attentamente ogni livello di difficoltà – anche quelli apparentemente meno gravosi come il “5C obbligatorio“.

In aggiunta alla necessaria preparazione tecnica, è cruciale lavorare sulla consapevolezza personale riguardante le dinamiche psicologiche interne. Ciò significa affrontarsi tempestivamente con ‘stati emotivi’ quali “gestione dello stress” e mantenere una salutare comunicazione. Qui sta un punto focale, deve avere importanza fortissima. Sull’incantevole cornice del Monte Cengio si svolge un’alternanza di percorsi d’alpinismo che possono essere completati in tempi variabili: da un minimo di tre ore fino a una mezza giornata. Queste vie offrono l’opportunità di testare le proprie capacità anche in circostanze difficili simili agli incidenti occorsi recentemente ad alcuni alpinisti. Attraverso interviste con specialisti della psicologia sportiva insieme a professionisti del settore alpino come esperti arrampicatori e soccorritori dei monti, si mettono in luce aspetti fondamentali legati alla psicologia cognitiva e comportamentale. Il significato della preparazione mentale emerge con pari peso rispetto a quella fisica; talvolta addirittura maggiore importanza risulta assunta dalla prima. Fondamentale appare inoltre la presenza delle guide alpine o degli accompagnatori esperti — pensiamo alle guide dell’Altopiano — specialmente nei confronti dei neofiti intenti a intraprendere questi viaggi o nell’affrontare sentieri particolarmente ardui. L’intento primario non consiste nel dissipare ogni forma di rischio — intrinseco all’attività stessa del praticante arrampicatore — ma piuttosto nel mirarlo verso il basso: sarà così possibile procedere nella pratica sportiva con una mentalità matura, responsabile e enormemente consapevole.

L’Alpinismo e la ricerca del profondo

L’alpinismo, in particolare sulle pareti del Monte Cengio, si configura come un’attività che trascende la mera dimensione sportiva per abbracciare una profonda ricerca del . Citando ancora una volta l’essenza di Renato Casarotto – “In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male” – si evince come questa disciplina, al pari di altre attività ad alto rischio, sia un campo fertile per l’esplorazione delle dinamiche psicologiche più intime [Mangan et al., 2024]. Attraverso il prisma della psicologia cognitiva, emerge come l’alpinismo generi dinamiche complesse nel processo decisionale sotto stress. La competenza nell’identificare e decifrare con precisione gli stimoli dell’ambiente circostante—quali il tipo di roccia o le mutevoli condizioni atmosferiche—nonché nella valutazione delle probabilità connesse ad azioni specifiche costituisce un aspetto cruciale dell’attività alpinistica. In questa pratica avventurosa si mettono alla prova abilità fondamentali quali l’attenzione selettiva, la memoria operativa e il problem-solving: tutte componenti che favoriscono un miglioramento nella struttura cerebrale attraverso esperienze arricchenti che si riflettono positivamente su vari aspetti esistenziali. Nonostante ciò, tali situazioni ad alta intensità possono rivelarsi fertile terreno per lo sviluppo dei cosiddetti bias cognitivi; fenomeni come un ottimismo ingenerato dalla sicurezza apparente o da una convinzione esagerata nelle proprie doti possono condurre a una sottovalutazione dei veri pericoli insiti nell’attività escursionistica—fattori che talvolta sfociano in eventi accidentali.

A uno stadio più elaborato d’indagine, la psicologia comportamentale rivela come le esperienze vissute nei contesti montani plasmanti—caratterizzate da intense reazioni fisiologiche ed emotive quali adrenalina travolgente oppure gioia incontenibile post-conquista—possano influenzare profondamente i comportamenti futuri del soggetto coinvolto nell’attività alpinistica. La fenomenologia del rinforzo intermittente, manifestata attraverso i successi conseguiti e il superamento delle difficoltà affrontate dagli alpinisti, possiede il potenziale per instaurare una vera e propria dipendenza comportamentale nei confronti dell’attività stessa. Tale meccanismo si presenta come uno strumento efficace nel perseguire obiettivi audaci oltre a contribuire alla crescita personale. Tuttavia, è opportuno notare che esso diviene anche fonte di rischio in assenza della necessaria auto-regolazione profonda insieme a una sana consapevolezza interiore. La reiterazione dei modelli vincenti nelle azioni condotte non deve avvenire senza il costante monitoraggio critico né l’adeguato ascolto dei riscontri esterni; in mancanza di questi elementi c’è il serio rischio di una rigidità comportamentale indesiderabile che potrebbe rivelarsi letale in contesti volatili come quello montano. Pensiamo ai rischi associati alla predisposizione all’uso delle medesime vie o delle stesse tecniche d’arrampicata senza tener conto delle circostanze mutate o degli avvertimenti relativi ai rischiosi sviluppi vicini. Esaminando più dettagliatamente l’avventura sull’incantevole Monte Cengio è possibile individuare un interessante laboratorio dove investigare sul comportamento umano nel suo continuo svolgersi. La ricerca di adrenalina, la gestione della paura e la ricerca di significato non sono meri istinti primari, ma il risultato di intricate interazioni tra processi cognitivi, risposte emotive e pattern comportamentali. Riflettere su questi aspetti non significa demonizzare l’alpinismo o chi lo pratica, ma piuttosto promuovere una pratica sportiva più consapevole e integrata, dove il confronto con la montagna diventa un’opportunità di profonda auto-conoscenza e di crescita personale, nel rispetto dei propri limiti e della natura stessa. Ogni salita, ogni passo, ogni decisione diventa così un tassello nella costruzione di un più autentico e resiliente.

Glossario:
  • Accidents in North American Climbing (ANAC): Report annuale pubblicato dall’American Alpine Club che raccoglie dati sugli incidenti e sugli infortuni in arrampicata negli Stati Uniti e in Canada.
  • Flow: Stato di completa immersione e concentrazione in un’attività, caratterizzato da un equilibrio tra abilità e sfida.
  • Self-efficacy: Si tratta della convinzione riguardante la capacità di pianificare e realizzare azioni necessarie per ottenere risultati particolari; questa viene identificata come uno dei principali indicatori delle performance in ambito sportivo.
  • Mindfulness: Essa è l’arte di coltivare un’attenzione focalizzata e consapevole sull’adesso, priva di ogni forma di valutazione critica.

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