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Lavoro nero e accoglienza: come Trieste affronta l’emergenza psicologica?

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  • Nel 2024, incremento del 172% dei controlli sul lavoro irregolare.
  • Nel 2024, 1.090 decessi sul lavoro, +4,7% rispetto al 2023.
  • 44% degli italiani si sente stressato al lavoro (Unobravo).
  • Nel 2024, +63,9% minori non accompagnati nei centri accoglienza.
  • Oltre 700 minori in strutture per adulti nel 2023.

L’ombra del “non regolarizzato”: un grave incidente sul lavoro a Trieste

Recentemente si è consumata una tragica vicenda, riguardante un incidente sul lavoro, capace di far rivivere alla comunità triestina i drammi legati al tema sociale profondamente radicato nel paese: il fenomeno del lavoro non regolarizzato. In tale occasione un operaio ha trovato una fine prematura mentre veniva investito da un treno Intercity proveniente da Roma diretto a Trieste nella stazione situata a San Giorgio di Piano nel Bolognese. Il nome della vittima era Attilio Franzini e all’età di 47 anni diviene così solo l’ennesima persona sacrificata sulla difficile via della sicurezza lavorativa e dei diritti degli operai messa in pericolo dalla ricerca sfrenata del profitto e dalle pratiche irregolari. Tale evento, avvenuto il 4 ottobre 2024, si colloca all’interno delle dinamiche nazionali nelle quali le esperienze terribili come quelle vissute nella località chiamata Brandizzo continuano ad apparire ciclicamente; perciò si intuisce chiaramente come tali insegnamenti spesso restino senza eco nei cuori dei decisori politici.

Il caso triestino non può considerarsi isolato: pochi giorni prima, precisamente il 23 ottobre 2024 a Roma, accadeva uno spiacevole episodio emblematico della persistenza della violenza e prevaricazione, spesso celate sotto le spoglie oscure delle relazioni professionali informali o abusive. Un operaio, a rischio della propria vita, è stato aggredito con un machete dal suo datore di lavoro. Il racconto della vittima, che si è sentito dire “Ti ammazzo, non devi venire più a casa mia e chiedermi i soldi”, è una drammatica testimonianza della vulnerabilità di chi lavora senza contratto. Questi lavoratori, privi di tutele e spesso in balia delle decisioni arbitrarie dei datori di lavoro, vivono una costante minaccia alla propria incolumità fisica e psicologica. L’aggressore, fortunatamente, è stato bloccato dai Carabinieri, ma l’evento ha messo in luce la gravità delle conseguenze che possono derivare dalla mancanza di regole e da un’assenza di protezione. Condanne e ricorsi, come quello respinto a un imprenditore edile coinvolto nella morte di Vincenzo Nardino l’11 agosto 2011, dimostrano che la giustizia, seppur lentamente, cerca di fare il suo corso, ma forse non è abbastanza per debellare un fenomeno così radicato.

L’anno 2024, in particolare, ha visto un aumento significativo dei controlli e dei casi di lavoro irregolare, con un incremento del 172% nelle scoperte. I Carabinieri per la Tutela del Lavoro hanno individuato oltre sedicimila lavoratori irregolari e sospeso più di 4000 attività. Questi numeri evidenziano un impegno crescente delle istituzioni, ma anche la persistenza e la diffusione del fenomeno del lavoro nero nel tessuto socio-economico italiano.

Statistiche recenti indicano che, nel 2024, il numero di denunce per infortuni sul lavoro ha visto una leggera diminuzione, ma le morti sul lavoro rimangono elevate, con 1.090 casi registrati, +4,7% rispetto al 2023. Questo dato è significativo considerando che la causa principale dei decessi sul lavoro è ancora legata ad incidenti in itinere, ovvero durante il tragitto casa-lavoro.

L’architettura invisibile del disagio: le conseguenze psicologiche del lavoro non regolarizzato

Il concetto di architettura invisibile del disagio, nel contesto della realtà contemporanea, si traduce in un fenomeno complesso che abbraccia gli effetti profondamente negativi dovuti al lavoro non regolarizzato. Le ripercussioni a livello psicologico, cui i soggetti sono sottoposti in tale ambito, possono rivelarsi estremamente preoccupanti. I lavoratori privi delle necessarie tutele sperimentano quotidianamente sentimenti di vulnerabilità e insicurezza; questo clima d’incertezza produce spesso stati d’ansia acuta ed episodi significativi di stress emotivo. È cruciale riconoscere tali problematiche affinché venga garantito un supporto adeguato per la salute mentale degli individui coinvolti.

Il lavoro non regolarizzato, spesso etichettato con la metafora del “lavoro in nero”, è assai più di una mera irregolarità burocratica o economica; è piuttosto una struttura architettonica invisibile che, giorno dopo giorno, erode le fondamenta del benessere psicologico individuale. In Paesi ad alto reddito come l’Italia, fino a tempi recenti, la lente d’osservazione si è focalizzata quasi esclusivamente sulle sue implicazioni economiche, trascurando il peso, ancor più gravoso e silenzioso, che ricade sulla psiche dei lavoratori.

Ma è tempo di illuminare queste crepe, di riconoscere come la precarietà, la mancanza di diritti e l’esposizione a rischi maggiori si traducano in una miriade di disturbi che vanno dall’ansia alla depressione, fino a toccare le sfere più complesse dello stress post-traumatico.

Ricerche recenti: Secondo un’analisi condotta su oltre 1.500 italiani da Unobravo, il 44% degli intervistati ha dichiarato di sentirsi stressato al lavoro, mentre quasi un italiano su tre (29%) ha riportato esperienze di burnout. L’assenza di riconoscimento professionale accompagnata da un sovraccarico lavorativo rappresenta uno degli aspetti più critici alla radice delle difficoltà attuali.

La connotazione essenziale del lavoro privo delle dovute regolamentazioni rende gli individui suscettibili a una sottile condizione d’insicurezza. Essi possono rapidamente diventare vittime oggetto sia degli effetti devastanti della dismissione arbitraria dalla propria posizione lavorativa. Che dell’applicazione abusiva e ingiusta dei criteri salariali; tutte questioni tipicamente estranee a un ambiente professionale correttamente disciplinato. I diritti elementari quali il “congedo malattia pagato”, le ferie annualmente concesse ed “l’assicurazione contro la disoccupazione”, sono i pilastri indispensabili per edificare una rete solidale rispettosa della dignità umana.

È opportuno enfatizzare che l’occupabilità rappresenta una significativa forma economica fondamentale per molte persone; inoltre, è stata costantemente evidenziata come fattore cruciale rispetto ai determinanti sociali. Capace quindi di rispecchiare su aspetti vitali della salute individuale – contribuendo così all’intensificarsi esponenziale delle disparità presenti nella nostra società.

Studi di riferimento, come quello di Benavides et al. del 2006, hanno già evidenziato questa correlazione, spingendo la comunità scientifica, negli ultimi decenni, a un’analisi più approfondita del legame tra le diverse tipologie di impiego e la salute.

Costruction worker looking at the camera

Il lavoro in nero è una realtà multidimensionale, scandita da una precarietà elevatissima, da una mancanza di sicurezza che accresce esponenzialmente la vulnerabilità dei lavoratori, da redditi esigui, da rapporti lavorativi arbitrari, dall’assenza di una rappresentanza sindacale efficace e, non da ultimo, dall’estrema difficoltà di costruire una carriera professionale. Questa costellazione di fattori, come sottolineato da Alfers & Rogan nel 2015, crea un ambiente fertile per la proliferazione di problematiche psicologiche.

La mancanza di sicurezza sociale, per esempio, restringe l’accesso ai servizi sanitari, e il lavoro non regolarizzato si associa a esiti sfavorevoli sia per la salute auto-percepita che per la salute mentale. Nel 2003 Van Ginneken aveva già messo in luce una significativa criticità, che colpisce un vasto numero di persone: dai giovani agli individui con scarsa formazione culturale e – aspetto rilevante – anche le donne.

Queste ultime si trovano frequentemente costrette a cercare occupazioni per ragioni familiari; infatti il lavoro non formalizzato diviene l’unica opportunità disponibile per entrare nel mondo del lavoro. Un dato importante emerso dagli studi condotti da Lopez-Ruiz nel 2017 è proprio questo. Di conseguenza ne derivano fenomeni avversi come stress intenso, ansia protratta e perfino episodi depressivi che caratterizzano un cammino segnato da vulnerabilità e assenza di riconoscimento sociale.

Fragilità e invisibilità: l’impatto negativo del sistema di accoglienza sulla salute psicologica degli individui più a rischio

Il sistema di accoglienza italiano, nel corso degli ultimi anni, ha subito una trasformazione radicale, una metamorfosi che l’ha allontanato da un modello ideale, orientato all’integrazione, per abbracciare una logica di gestione emergenziale delle crisi migratorie. Questa involuzione, ben documentata dal rapporto “Accoglienza al collasso. Centri d’Italia 2024” di ActionAid e Openpolis, ha rivelato una serie di criticità allarmanti, tra cui il sovraffollamento delle strutture, l’assenza di un monitoraggio istituzionale adeguato e una crescente marginalizzazione dei richiedenti asilo.

Nel 2024, il numero di minori non accompagnati nei centri di accoglienza è aumentato del 63,9%, evidenziando il disastroso stato dell’accoglienza per i più vulnerabili.

Questo mutato panorama normativo, delineato in particolare dal decreto legge 20/2023 – noto per le sue disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di contrasto all’immigrazione irregolare – ha avuto conseguenze drammatiche sulla qualità dell’accoglienza e, di riflesso, sulla salute mentale delle persone ospitate. Il decreto legge ha introdotto profondi tagli ai servizi dedicati al sostegno dei migranti. Tra le aree più colpite da tali modifiche figurano l’orientamento legale, l’assistenza psicologica, così come i CORSI DI LINGUA ITALIANA.

Questi interventi potrebbero apparire secondari ma sono in realtà autentici PILASTRI FONDAMENTALI. Essenziali nel promuovere processi d’integrazione efficaci e nel garantire stabilità psicologica a individui spesso segnati da esperienze traumatiche ed estraniante. La loro diminuzione complica notevolmente il percorso d’inserimento sociale, rendendo queste persone private delle risorse necessarie alla propria autonomia. Sorprendentemente, l’aumento generale dei costi operativi nelle strutture non si traduce in miglioramenti tangibili nella qualità della vita degli ospiti; al contrario, emerge una tale drammaticità da rivelare una DRASTICA RIDUZIONE DELLE RISORSE. Questo accade mentre simultaneamente crescono onerosamente le spese relative ad affitti, trasporti ed acquisti quotidiani.

La nuova strategia favorisce nettamente la CONCENTRAZIONE DEI MIGRANTI IN GRANDI STRUTTURE, risultato quest’ultimo capace solo d’intensificare le difficoltà integrative già presenti, ponendo i soggetti coinvolti sotto una crescente pressione che li espone ulteriormente al RISCHIO MAGGIORE DI ESCLUSIONE SOCIALE. La transizione dai centri temporanei verso programmi di inclusione ben definiti si complica notevolmente, creando barriere significative all’ingresso nel mercato del lavoro e nella formazione professionale.

Il peso invisibile: le ripercussioni sulla salute mentale dei minori e delle donne vittime di violenza

Il peso invisibile: le conseguenze sulla psiche di bambini e donne che hanno subito atti violenti

La situazione riguardante i minori stranieri non accompagnati (MSNA) si presenta ancor più allarmante nel 2023, caratterizzata da un significativo aumento del numero presente all’interno dei centri d’accoglienza. Collocare oltre 700 minori in strutture per adulti, infatti, costituisce una grave trasgressione dei diritti umani fondamentali; tale prassi compromette profondamente le condizioni psico-sociali dei giovani coinvolti. L’inserimento in ambienti inadeguati rispetto alla fase evolutiva rende difficile l’accesso a opportunità educative appropriate, esponendoli inoltre a rischi elevati quali l’isolamento sociale ed esperienze deviate.

Parallelamente, le women victims of violence and trafficking emergono come un ulteriore segmento vulnerabile della società contemporanea italiana. Queste donne giungono frequentemente sul suolo italiano portando con sé il peso delle sofferenze inflitte dal maltrattamento o dallo sfruttamento sistematico; tuttavia, le forme attuali di tutela risultano deficienti nel garantire la necessaria protezione per queste individui. L’insufficienza delle strutture dedicate al sostegno specialistico, assieme al calo delle risorse disponibili per servizi legali o psicologici preparatori alla reintegrazione sociale, comporta enormi ostacoli sul cammino verso la ripresa individuale;

infine, la carenza quantitativa e qualitativa nei centri antiviolenza limita ulteriormente l’accessibilità alle misure internazionali previste per garantirne sicurezza, sobbarcandole a un oneroso iter burocratico che si traduce spesso in interminabili tempi d’attesa. Senza l’accesso a opportunità fondamentali come la formazione, il lavoro e le cure sanitarie, coloro che risiedono nei centri temporanei e nei CAS si trovano intrappolati in una condizione di insicurezza. Questo scenario non rappresenta solamente un ostacolo all’integrazione dei migranti, bensì amplifica i rischi legati alla loro possibile marginalizzazione sociale e allo sfruttamento.

Tra le pieghe del benessere: una riflessione necessaria

Muovendosi lungo le complesse dinamiche tra psiche e contesto socio-economico, si rivela un panorama articolato che richiede un’analisi attenta. La disciplina della psicologia cognitiva investiga quei meccanismi mentali che permettono alla nostra mente di percepire, registrare e trattare informazioni; essa rappresenta uno strumento fondamentale per comprendere l’impatto delle condizioni lavorative illecite e dell’incertezza del sistema d’accoglienza sulla rappresentazione cognitiva della sicurezza. Tali fattori possono infatti indurre a valutare ogni segnale come una possibile minaccia, contribuendo all’insorgenza di stati d’ansia persistenti.

La presente distorsione cognitiva, se non viene identificata e affrontata adeguatamente, ha il rischio di radicarsi in schemi di pensieri disfunzionali molto complessi da superare. In tale ambito va considerata anche la medicina relativa alla salute mentale; essa evidenzia come queste circostanze critiche possano manifestarsi tramite sintomi fisici o somatici. Si crea pertanto un circolo vizioso in cui il dolore psichico si traduce inevitabilmente in sofferenza corporea e viceversa.

È quindi fondamentale interrogare le nostre politiche sociali e lavorative non solo per gli aspetti economici o logistici, ma per l’impatto indelebile che esse imprimono sulla salute mentale. Ogni individuo merita non solo un lavoro dignitoso e un’accoglienza umana, ma anche il riconoscimento del valore inestimabile del proprio benessere psicologico.

A tired man resting his forehead on his hand while working on a desktop

Glossario:

  • MSNA: Minori Stranieri Non Accompagnati, bambini migranti senza tutori legali.
  • Burnout: Condizione di esaurimento fisico ed emotivo legata al lavoro.
  • Decreto-Legge 20/2023: Normativa italiana per la gestione dei flussi migratori.

A lot of people sitting in what looks like a refugee camp sharing food and talking


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