- La mappa cerebrale della mano resta invariata dopo l'amputazione.
- Scansioni fMRI mostrano attivazione cerebrale simile prima e dopo, fino a 5 anni.
- Nuove terapie mirano ai nervi periferici, non solo a «riparare» la mappa cerebrale.
Una rivoluzione nelle neuroscienze
Uno studio rivoluzionario pubblicato su Nature Neuroscience il 24 agosto 2025, alle ore 12:17, ha messo in discussione decenni di teorie consolidate sulla riorganizzazione del cervello a seguito di un’amputazione. Contrariamente a quanto si credeva, la ricerca ha dimostrato che la mappa cerebrale del corpo, in particolare quella relativa alla mano, rimane sorprendentemente stabile anche a distanza di anni dalla perdita dell’arto. Questa scoperta ha implicazioni profonde per la comprensione del dolore dell’arto fantasma, lo sviluppo di protesi più avanzate e le interfacce cervello-computer.
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Dettagli dello studio: una sfida alle convenzioni
Il team di ricerca, composto da scienziati dell’Università di Cambridge, dell’University College di Londra e dell’Università di Pittsburgh, ha seguito tre adulti che dovevano subire l’amputazione di una mano per motivi medici. Questi individui sono stati sottoposti a scansioni di risonanza magnetica funzionale (fMRI) prima dell’intervento chirurgico, e poi nuovamente a periodi prestabiliti successivi: a 3 mesi, 6 mesi, 18 mesi in un caso e 5 anni in un altro. Nelle sessioni di imaging, ai partecipanti è stato chiesto di azionare le dita prima dell’intervento, o di provare a muovere le dita fantasma dopo di esso. Al fine di effettuare un confronto, sono state esaminate anche le scansioni di 16 soggetti senza disabilità fisica e di 26 persone che avevano convissuto con un’amputazione per svariati decenni.
I dati raccolti hanno mostrato che le rappresentazioni corticali della mano mancante sono rimaste invariate. L’attivazione cerebrale associata ai tentativi di muovere le dita fantasma era quasi identica a quella riscontrata prima dell’amputazione, e questa persistenza si è mantenuta per anni. Questo dato è in netto contrasto con la teoria della plasticità cerebrale, secondo cui il cervello si riorganizza per compensare la perdita dell’arto, con le aree adiacenti che “prendono il sopravvento” sulla zona ora vuota.

Implicazioni per il trattamento del dolore dell’arto fantasma e le protesi
La scoperta che la mappa cerebrale della mano persiste dopo l’amputazione ha implicazioni significative per il trattamento del dolore dell’arto fantasma. Le terapie attuali, che mirano a “riparare” la mappa cerebrale, hanno avuto scarso successo. Tuttavia, se il problema non risiede nel cervello, ma nei nervi periferici che inviano segnali disturbati, allora si possono sviluppare approcci terapeutici più efficaci. Ad esempio, si potrebbe ripensare la chirurgia di amputazione, innestando i nervi in un nuovo muscolo o nella pelle, in modo che abbiano una nuova sede a cui attaccarsi.
Inoltre, la stabilità della mappa cerebrale apre nuove prospettive per lo sviluppo di protesi più avanzate e interfacce cervello-computer. Qualora il cervello non subisca una riorganizzazione dopo la perdita di un arto, il controllo neurologico degli arti robotici potrebbe rivelarsi meno complesso del previsto. Le tecnologie di interfaccia cervello-computer possono operare partendo dal presupposto che la mappa del corpo rimanga costante nel tempo, consentendo di ripristinare il movimento e la sensibilità in modo più efficace.
Il ruolo della neuroplasticità e le terapie innovative
Nonostante la stabilità della mappa cerebrale, la neuroplasticità gioca comunque un ruolo importante nel processo di adattamento all’amputazione. Studi hanno dimostrato che le cortecce somatosensoriali e motorie subiscono cambiamenti neuroplastici, con le aree corticali che rappresentano l’estremità amputata che vengono rilevate dalle zone di rappresentazione vicine. Tuttavia, questi cambiamenti non comportano una riorganizzazione completa della mappa cerebrale, ma piuttosto una modulazione dell’attività neurale esistente.
Diverse terapie innovative, come la Mirror Therapy, la Mental Imagery e i Phantom Exercises, mirano a sfruttare la neuroplasticità per ridurre il dolore dell’arto fantasma e migliorare la funzionalità delle protesi. Queste terapie si basano sull’idea di “ingannare” il cervello, facendogli credere che l’arto mancante sia ancora presente e funzionante. Ad esempio, la Mirror Therapy utilizza uno specchio per creare l’illusione di avere ancora l’arto amputato, mentre la Mental Imagery prevede di immaginare di muovere l’arto mancante.
Verso una nuova comprensione del cervello e dell’amputazione: implicazioni future
La scoperta che la mappa cerebrale del corpo rimane stabile dopo l’amputazione rappresenta un cambiamento di paradigma nel campo delle neuroscienze. Questa nuova comprensione del cervello e dell’amputazione apre la strada a trattamenti più efficaci per il dolore dell’arto fantasma, allo sviluppo di protesi più avanzate e al ripristino della sensibilità e del controllo motorio.
*È fondamentale continuare a investire nella ricerca per approfondire la conoscenza dei meccanismi neurali coinvolti nell’adattamento all’amputazione e per sviluppare terapie innovative che migliorino la qualità della vita delle persone che hanno subito la perdita di un arto.*