- Il ciclista Luciano D'Adamo ha perso 39 anni di ricordi dopo l'incidente.
- Il neurologo Quaranta ipotizza un'amnesia dissociativa.
- L'EMDR e la Mindfulness sono terapie efficaci.
- Frederik Wandahl ha subito un vuoto di memoria al Giro d'Ungheria.
- Studi mostrano tassi di abbandono inferiori con la Mindfulness.
Un caso atipico all’attenzione della neuropsicologia La vicenda riguardante Luciano D’Adamo, un ciclista originario di Treviso colpito da un grave incidente stradale che gli ha provocato una peculiare forma di amnesia post-traumatica, attira notevole curiosità nel contesto della neuropsicologia e delle neuroscienze cognitive. L’incidente stesso—durante il quale l’atleta è stato investito riportando danni al torace e alla spalla-ha scatenato la perdita totale dei suoi ricordi su un arco temporale sorprendentemente esteso: 39 anni. Tale situazione viene considerata atipica, tanto che il neurologo Davide Quaranta sottolinea la necessità di condurre studi dettagliati per riconsiderare le frontiere del consolidamento della memoria.
In genere, le forme di amnesia collegate a traumi cerebrali si limitano a periodi relativamente brevi-coprendo memorie da pochi istanti prima dell’evento traumatico fino ad alcune settimane o addirittura mesi precedenti. Ciò accade perché il meccanismo della memoria, inizialmente tende a conservare le esperienze più recenti in modo transitorio; dopodiché queste memorie vengono consolidate e immagazzinate nella corteccia cerebrale dall’ippocampo mediante specifiche dinamiche processuali. La perdita di memoria in questi casi si verifica prima che il ricordo sia stato completamente consolidato.
Ciò che distingue il caso del ciclista trevigiano è la straordinaria lunghezza del periodo coperto dall’amnesia retrograda. L’amnesia retrograda, a differenza di quella anterograda che impedisce la memorizzazione di nuove informazioni, impedisce l’accesso a ricordi preesistenti all’evento scatenante. In un trauma cranico, la perdita di memoria temporanea per gli istanti precedenti l’incidente è piuttosto comune, ma una perdita di ricordi che si protrae per quasi quarant’anni è un’eccezione notevole e richiede un’indagine dettagliata per comprendere a fondo i meccanismi coinvolti nella stabilizzazione del ricordo e nella sua resistenza all’impatto traumatico.
Trauma fisico e amnesia dissociativa: un legame possibile?
Al di là del diretto danno cerebrale, un trauma fisico come quello subito in un incidente può avere anche un profondo impatto psicologico. Il professor Quaranta solleva l’ipotesi che, in individui con una predisposizione preesistente a eventi dissociativi, un trauma fisico importante possa favorire l’insorgenza di un’amnesia retrograda di natura dissociativa.
L’amnesia dissociativa si distingue dall’amnesia legata a lesioni neurologiche dirette. In questo caso, la persona non riesce ad accedere a ricordi di periodi più o meno lunghi della propria vita, spesso associati a eventi rilevanti, a causa di meccanismi psicologici piuttosto che di un danno cerebrale organico. È importante sottolineare che, sebbene l’incidente del ciclista sia stato caratterizzato da un trauma fisico, la durata eccezionale dell’amnesia suggerisce la necessità di considerare anche la componente dissociativa, seppur come ipotesi al momento.
Sebbene un vuoto di memoria di 39 anni sia, come notato, un caso estremamente raro, perdite di memoria a breve termine in seguito a traumi fisici come una caduta o una botta alla testa sono più comuni. Questo tipo di amnesia, spesso legata a una concussione cerebrale (un gonfiore temporaneo del cervello senza danno cellulare permanente), è generalmente transitoria e risolvibile. In questi casi, il ricordo del momento esatto dell’incidente può non essere conservato perché le informazioni non hanno avuto il tempo di essere adeguatamente consolidate nei “server” della memoria.
Le conseguenze degli incidenti, specialmente nel mondo dello sport come il ciclismo, possono essere significative. Il caso di Frederik Wandahl, un altro ciclista che a seguito di un incidente al Giro d’Ungheria ha subito un vuoto totale di memoria dell’accaduto, evidenzia ulteriormente la vulnerabilità degli atleti a questo tipo di traumi mnemonici, anche in presenza di dispositivi di protezione come il caschetto.
- 🔍 Un caso affascinante che apre nuove prospettive sulla memoria......
- 🤔 Davvero inquietante pensare a come un trauma possa cancellare anni......
- 🚴♂️ Forse il corpo ricorda anche se la mente dimentica......
Rielaborazione del trauma e recupero mnemonico: il ruolo delle terapie
Recuperare i ricordi dopo un trauma e superare le conseguenze di un evento traumatico è un percorso complesso che spesso richiede l’intervento di terapie specifiche. L’amnesia post-traumatica, sia essa legata a un danno cerebrale o di natura dissociativa, può beneficiare di percorsi riabilitativi. Nel caso di amnesia legata a danno cerebrale, il recupero delle capacità di memoria può avvenire attraverso percorsi riabilitativi che, utilizzando tecniche della reminiscenza, mirano alla ricostruzione, almeno parziale, dei ricordi perduti. Quando il trauma ha innescato un disturbo come il PTSD o un’amnesia dissociativa, l’attenzione si sposta sulla rielaborazione dell’esperienza traumatica. Diverse terapie si sono dimostrate efficaci in questo senso. Tra queste, spiccano l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e le terapie basate sulla Mindfulness.
La Mindfulness è particolarmente utile nel trattamento del PTSD in quanto agisce su nuclei centrali del disturbo come l’evitamento, l’iperarousal e le emozioni negative. Rimanendo ancorati al “qui ed ora”, l’individuo impara a non reagire in modo automatico ai flashback o ai pensieri intrusivi. Pratiche strutturate di Mindfulness aiutano a regolare il sistema nervoso, riducendo l’iper-attivazione e stimolando la corteccia prefrontale, area deputata ai processi decisionali consapevoli.
Inoltre, la Mindfulness può aumentare l’accettazione dell’esperienza traumatica. La memoria traumatica viene osservata in modo non giudicante, permettendo di affrontare emozioni negative come il senso di colpa e la vergogna. L’approccio della Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT), che combina la Mindfulness con principi della terapia cognitivo comportamentale, è particolarmente efficace nell’alterazione di cognizioni e stati d’animo negativi legati al trauma, promuovendo la compassione verso se stessi e riducendo rabbia e vergogna. Studi comparativi hanno mostrato che i trattamenti basati sulla Mindfulness presentano tassi di abbandono significativamente più bassi rispetto ad approcci più tradizionali come la Cognitive Processing Therapy (CPT) e l’Exposure Therapy (PE), evidenziando una maggiore tolleranza da parte dei pazienti.
Per gli atleti, come i ciclisti, le terapie di rielaborazione del trauma e tecniche come la Mindfulness possono essere cruciali non solo per la salute mentale, ma anche per il recupero delle prestazioni. La Mindfulness nello sport aiuta gli atleti a mantenere l’attenzione sulle sensazioni corporee, a gestire lo stress e l’ansia, e a migliorare la concentrazione. Sebbene gli articoli disponibili non trattino specificamente il recupero della memoria procedurale (la memoria del “come si fa” un’abilità) tramite queste terapie nel contesto post-traumatico, è plausibile ipotizzare un beneficio indiretto. Superare il trauma emotivo e migliorare la consapevolezza corporea e mentale potrebbe facilitare il ritorno alle abilità motorie automatiche e consolidate, essenziali per un ciclista. L’esercizio fisico stesso, del resto, integrato a una psicoterapia, potrebbe velocizzare i tempi di recupero.
Implicazioni e prospettive future
L’eccezionale episodio che ha portato a una amnesia prolungata, conseguente a un determinato incidente fisico vissuto dal ciclista trevigiano, genera innovative linee d’indagine riguardo ai rapporti intrinseci fra dissociazione, memoria e trauma. È cruciale esaminare con rigore scientifico tali manifestazioni rare per ampliare le nostre comprensioni relative alle intricate dinamiche della memoria e alle loro fragilità.
Secondo la prospettiva offerta dalla psicologia cognitiva, la memoria si configura non come uno stoccaggio rigido di memorie passate bensì attraverso fasi attive di acquisizione, conservazione e recupero. Questi processi sono soggetti all’influenza considerevole dello stato sia emotivo che somatico degli individui durante gli eventi registrati. Un forte episodio traumatico ha il potenziale d’intaccare le modalità consuete con cui si elaborano le informazioni, costando così il giusto consolidamento dei ricordi e compromettendo l’accessibilità agli stessi; tale fenomenologia si riscontra frequentemente nelle amnesie causate da traumi. Tra l’altro, nelle amnesie dissociative, benché manchi una compromissione diretta del tessuto cerebrale, l’accessibilità ai vari ricordi può venire ostruita da meccanismi difensivi psicologici. Spesso questa disfunzione risulta essere una reazione protettiva a esperienze percepite come intollerabili.
Riflettere su questi casi ci spinge a considerare la fragilità della nostra identità, strettamente legata alla nostra rete di ricordi. Cosa significa “essere sé stessi” se una parte della propria storia personale viene improvvisamente cancellata? Allo stesso tempo, ci mostra la straordinaria capacità di resilienza del cervello e della psiche umana, che trovano vie alternative per funzionare e, talvolta, per ricostruire ciò che è andato perduto. La comprensione approfondita di questi fenomeni non è solo un arricchimento scientifico, ma un passo fondamentale per fornire supporto e speranza a chi si confronta con le conseguenze di un trauma sulla propria memoria e sulla propria vita.
- Approfondimento sul sistema reticolare ascendente (RAS) e la sua funzione mnemonica.
- Curriculum Vitae del neurologo Davide Quaranta, utile per approfondire il suo profilo.
- Definizione e caratteristiche dell'amnesia retrograda, rilevante per il caso del ciclista.
- Spiega il ruolo del sistema di attivazione reticolare nei traumi.