Trauma svelato: quando il PTSD umano risuona nell’anima equina

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  • Circa il 7% dei veterani di guerra sviluppa PTSD.
  • Un terzo dei pazienti con PTSD abbandona prematuramente il trattamento.
  • I cavalli mostrano una diminuzione della frequenza cardiaca in compagnia di persone con PTSD.
  • La FISE si occupa attivamente dell'argomento empatia interspecifica dal 2005.
  • Ex-militari che si prendono cura dei cavalli attenuano i sintomi del PTSD.

L’epidemia silenziosa: il PTSD e i suoi paralleli interspecie

Nel contesto attuale della salute mentale si evidenzia una questione che acquista sempre maggiore significato: il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). Tipicamente legato a eventi estremamente traumatici vissuti dall’essere umano — quali guerre, disastri naturali o gravi episodi violenti — questo disturbo sta iniziando a manifestarsi anche nel regno animale. Recenti studi stanno facendo emergere la presenza e le dinamiche del PTSD negli animali, soprattutto nei cavalli; ciò apre nuove prospettive per la comprensione nonché per l’approccio terapeutico verso questa patologia intrinsecamente complessa. È preoccupante constatare come circa il 7% dei veterani militari possa contrarre disturbi psicologici o psichiatrici collegati al loro passato; sorprendentemente, un terzo degli individui coinvolti interrompe prematuramente le cure tradizionali prima del loro completamento. Questi dati indicano chiaramente quanto sia imperativo investire nella ricerca di strategie terapeutiche innovative per affinare la nostra comprensione riguardo al fenomeno del trauma stesso.

Statistica PTSD:
  • Incidenza tra veterani di guerra: Circa il 7% sviluppa PTSD.
  • Abbandono delle terapie: Un terzo dei pazienti non completa il trattamento.

La complessità del PTSD risiede nella sua natura multiforme. Nell’uomo, un’esperienza traumatica agisce come uno spartiacque, creando un “prima” e un “dopo” indelebili. La sindrome è spesso definita una “patologia della memoria”, in cui il ricordo traumatico rimane monolitico e attivo, manifestandosi attraverso disregolazione emotiva, fobia degli stati mentali correlati all’evento e, in alcuni casi, sintomi dissociativi. Gli strumenti clinici tradizionali, come l’EMDR, affrontano il problema aggirando il ricordo diretto attraverso un approccio bottom-up, concentrandosi sulle ripercussioni somatiche piuttosto che sulla memoria esplicita.

Parallelamente, gli studi sugli animali stanno rivelando come il trauma influenzi anche le loro vite. La questione riguardante i cavalli ha rivelato come questi animali siano capaci di percepire e rispondere ai traumi psicologici degli esseri umani. Un’indagine preliminare guidata da Katrina Merkies presso l’Università di Guelph ha messo sotto osservazione le dinamiche tra otto individui — quattro affetti da PTSD e quattro considerati neurotipici (questi ultimi istruiti per imitare i comportamenti dei primi) — insieme ad alcuni equini. Tra gli aspetti esaminati vi erano salivazione, battiti cardiaci ed altri movimenti corporei, inclusa la postura della testa e delle orecchie; ciò includeva anche suoni emessi dai soggetti coinvolti. I risultati hanno rivelato dati stupefacenti: i cavalli tendevano ad adottare andamenti più rallentati nonché a mostrarsi meno vociferanti mentre manifestavano una diminuzione della loro frequenza cardiaca in compagnia degli esseri umani piuttosto che isolati. È interessante notare come la posizione della testa dei cavalli risultasse alzata nella presenza delle persone segnate dal trauma anziché nei casi opposti; inoltre emergeva un avvicinamento tempestivo verso coloro con PTSD qualificati nell’interagire con gli stessi equini. Questo suggerisce una profonda capacità di percezione emotiva interspecie, che va oltre la semplice interazione comportamentale.

Effetti del PTSD negli animali: Uno studio ha rivelato che i cavalli possono percepire l’umore e il trauma degli esseri umani.

Di fronte a queste scoperte, la riflessione etica diventa impellente. La ricerca sui “modelli animali” del PTSD, che spesso implica la traumatizzazione artificiale degli animali (attraverso shock termici, deprivazione sociale o violenza fisica), solleva questioni complesse. Se da un lato questi studi possono offrire preziose intuizioni sui meccanismi neurobiologici del trauma, dall’altro ci confrontiamo con la brutalità intrinseca di tali metodi. La necessità di campioni numerosi per la ricerca quantitativa spinge i ricercatori a “produrre” animali traumatizzati, evidenziando un dilemma etico significativo.

Cosa ne pensi?
  • Che articolo illuminante! 🐴 Finalmente si riconosce l'empatia interspecie......
  • PTSD nei cavalli? 🤔 Non sono del tutto convinto di questa equivalenza......
  • E se il trauma umano fosse amplificato dalla vicinanza animale? 💔 Uno sguardo diverso......

Meccanismi neurobiologici del trauma: dal topo al cavallo

La comprensione dei meccanismi neurobiologici che sottostanno al trauma è un campo di ricerca in rapida evoluzione, con implicazioni significative per entrambe le specie, umana e animale. La letteratura scientifica esplora da tempo i paralleli tra le risposte post-traumatiche osservate nell’uomo e quelle negli animali, nel tentativo di decodificare il PTSD da una prospettiva più “naturalistica”. Questo approccio è supportato dall’idea che alcuni meccanismi neurobiologici siano sostanzialmente sovrapponibili tra specie con sistemi nervosi sufficientemente evoluti, producendo reazioni istintuali e pre-razionali, spesso etologiche, in entrambe.

Nel contesto della ricerca sul trauma animale, i cavalli rappresentano un caso di studio particolarmente interessante, non solo per la loro capacità di percepire il trauma altrui ma anche per la loro potenziale esposizione a eventi traumatici. Quali sono gli effetti del trauma sul cervello del cavallo? Lo stress e il trauma possono indurre iperattività dell’amigdala, una regione cerebrale cruciale per l’elaborazione delle emozioni, in particolare della paura. Questa iperattività può manifestarsi con reattività esagerata, ansia e difficoltà di apprendimento, analogamente a quanto si osserva negli esseri umani affetti da PTSD.

Nuove scoperte sui meccanismi del PTSD negli animali sono state recentemente pubblicate su Translational Psychiatry, suggerendo che ci sono cambiamenti nella trasmissione delle informazioni nel cervello che potrebbero essere coinvolti nello sviluppo del disturbo.

La ricerca scientifica, che abbraccia campi come l’etologia animale, l’etologia umana e la neurobiologia, si addentra nel funzionamento dettagliato del sistema nervoso di un animale traumatizzato. L’obiettivo è duplice: da un lato, comprendere le specifiche risposte animali; dall’altro, trarre lumi su ciò che accade nell’uomo. Studi sui “modelli animali” del PTSD, sebbene eticamente controversi, tentano di replicare eventi traumatici in laboratorio per osservare sintomi come l’evitamento di trigger (stimoli che ricordano il trauma) e inferire “cognizioni negative” attraverso test di motivazione e preferenza sociale. Il livello di arousal (attivazione neurofisiologica) viene monitorato con vari strumenti, e la diagnosi di PTSD richiede un lasso di tempo significativo per escludere condizioni di stress acuto e contestuale.

Un esempio significativo di questo parallelismo è l’interpretazione dello stress post-traumatico come una forma estrema di condizionamento. Seguendo il paradigma della risposta condizionata alla paura, il PTSD verrebbe considerato un apprendimento pavloviano distorto e grave, una forma di “apprendimento a prova singola” come teorizzato da Stephen Porges. Questa visione, sebbene non universalmente accettata, suggerisce che l’evento traumatico imprima una memoria così forte e duratura da modellare la vita dell’individuo in molteplici modi.

Tuttavia, emergono differenze cruciali tra la risposta animale e quella umana al trauma. Si è osservato che gli animali, a differenza degli uomini, sembrano possedere meccanismi naturali di dissipazione corporea del trauma, riuscendo a fuoriuscire dallo stress post-traumatico in tempi più brevi. Il concetto di “abreazione”, inteso come l’evacuazione corporea di un malessere psicologico, è stato osservato negli animali, sebbene sia più appropriato utilizzare il termine “dissipazione” per descrivere questo fenomeno non potendo accedere alla loro comunicazione diretta sulla mente. Queste scoperte suggeriscono che la prolungata persistenza del PTSD nell’uomo potrebbe essere legata all’assenza di tali meccanismi naturali di dissipazione o alla presenza di strutture cognitive “ingombranti” che ostacolano l’elaborazione del ricordo traumatico. La comprensione di queste dinamiche offre una strada per sviluppare strategie terapeutiche innovative nell’uomo, ispirate alla resilienza del mondo animale.

L’empatia interspecie e la guarigione dal trauma

In un’epoca in cui la complessità dei traumi psicologici si manifesta con crescente evidenza, emerge una via inaspettata e profondamente umana (e animale) verso la guarigione: l’empatia interspecie. La relazione tra esseri umani e cavalli, in particolare, si sta affermando come un catalizzatore potente nel processo di superamento dello stress post-traumatico, evidenziando una connessione che va oltre la semplice interazione e tocca le profondità della neurobiologia e delle dinamiche emotive.

Già negli anni ’90, la scoperta dei “neuroni specchio” da parte di un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, inizialmente studiati nelle scimmie, ha fornito la base neurobiologica dell’empatia, aprendo la strada all’indagine sull’empatia interspecifica. Nel 2000, le ricerche in questo campo si sono estese agli animali, e dal 2005, la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE) ha iniziato a occuparsi attivamente dell’argomento. Studi successivi, come quelli di Dalla Costa e colleghi dell’Università di Milano nel 2014, hanno codificato l’interpretazione delle espressioni facciali del cavallo, mentre Smith e colleghi nel 2016 hanno dimostrato la capacità dei cavalli di distinguere le espressioni emotive del volto umano. Queste scoperte hanno gettato le basi per comprendere come i cavalli possano percepire e rispondere ai traumi psicologici umani.

La “pet therapy” con i cavalli, o terapie ippoassistite, ha dimostrato un’efficacia notevole nella gestione dei disturbi da stress, inclusi i traumi di guerra. Un progetto italiano, “Veterani è in sella”, è il primo in Europa dedicato ai militari tornati da missioni operative con disturbi e disabilità, offrendo loro un percorso di guarigione attraverso l’interazione con i cavalli. Similmente, in Ucraina, i cavalli sono impiegati per “guarire” i soldati dai traumi della guerra, evidenziando il valore terapeutico di questa connessione in contesti di conflitto.

Un recente studio pubblicato su Frontiers in Psychiatry ha evidenziato come gli ex-militari che si prendono cura regolarmente dei cavalli sperimentino una significativa attenuazione dei sintomi del PTSD, inclusi flashback e incubi, oltre a un miglioramento complessivo delle prospettive di salute mentale.

Uno studio pubblicato su Frontiers in Psychiatry, condotto dalla Rutgers Graduate School of Applied and Professional Psychology, ha evidenziato come gli ex-militari che si prendono cura regolarmente dei cavalli sperimentino una significativa attenuazione dei sintomi del PTSD, inclusi flashback e incubi, oltre a un miglioramento complessivo delle prospettive di salute mentale. L’attenzione richiesta per il benessere del cavallo aiuta i veterani a liberarsi dell’ipervigilanza tipica del PTSD. La dottoressa Andrea Quinn, vicedirectrice del Center for Psychological Services della Rutgers, ha sottolineato l’importanza dei compiti semplici e concentrati svolti con i cavalli, come spazzolarli o guidarli, che aiutano a sviluppare una preziosa abilità di “concentrazione sul momento”, rendendo i sintomi del PTSD più gestibili. I ricercatori hanno inoltre registrato un abbassamento della produzione dell’ormone dello stress nei veterani partecipanti al programma equino, un fenomeno non osservato nel gruppo di controllo.

I cani da servizio stanno mostrando nuove abilità nel riconoscere e prevedere i sintomi del PTSD, utilizzando il loro olfatto per rilevare cambiamenti nei composti organici volatili emessi dalle persone affette.

Un aspetto affascinante di questa interazione è la “co-regolazione”, in cui i ritmi corporei dei veterani tendono a sincronizzarsi con quelli dei cavalli. Questo allineamento fisiologico contribuisce significativamente ai benefici terapeutici. I cavalli, con la loro natura non giudicante e la loro capacità di percepire le emozioni umane (anche se dissimulate), agiscono come uno “specchio” che permette agli individui di essere compresi e accettati, superando le barriere comunicative e le difese psicologiche. L’approccio empatico e paziente è fondamentale per stabilire la fiducia e promuovere la guarigione, rendendo la terapia equina un potente strumento per lo sviluppo della consapevolezza di sé, dell’autostima e delle abilità relazionali e comunicative.

Oltre la superficie: il cavallo come Specchio della Psiche

Nel viaggio attraverso il complesso universo del trauma e della guarigione, emerge una profonda risonanza tra la psiche umana e il mondo animale, particolarmente incarnata nella figura del cavallo. L’efficacia delle terapie ippoassistite non si limita a osservazioni empiriche, ma affonda le radici in dinamiche psicologiche e neurobiologiche che ridefiniscono il nostro approccio alla salute mentale. I cavalli, con la loro intrinseca sensibilità e la capacità di rispondere in modo autentico alle emozioni umane, agiscono come agenti terapeutici unici, offrendo una prospettiva singolare sulla resilienza e sulla consapevolezza di sé.

Benefici della mediazione animale: La relazione con i cavalli è efficace nel trattamento di disturbi psichiatrici complessi e sta emergendo come una valida alternativa terapeutica.

La psicologia cognitiva ci insegna come i nostri schemi di pensiero influenzino profondamente le nostre emozioni e comportamenti. Nel contesto del trauma, questi schemi possono diventare rigidi e disfunzionali, perpetuando il ciclo della sofferenza. L’interazione con il cavallo può creare un ambiente non giudicante in cui gli schemi cognitivi disadattivi possono essere sfidati. Il cavallo, reagendo al nostro stato emotivo e non alle nostre narrazioni razionalizzate, obbliga a un confronto diretto con le proprie emozioni. Questa interazione istantanea e genuina può indurre una “ristrutturazione cognitiva” in tempo reale, dove il feedback non verbale dell’animale diventa uno stimolo per rivedere le proprie percezioni e auto-narrazioni.

Dal punto di vista della psicologia comportamentale, l’apprendimento è il meccanismo chiave attraverso cui si sviluppano e si modificano i comportamenti. Il PTSD, come abbiamo visto, può essere interpretato come una forma di condizionamento esasperato e disfunzionale. L’interazione con il cavallo introduce un nuovo set di rinforzi e risposte. I piccoli successi ottenuti nell’accudimento, nella comunicazione non verbale o nella guida del cavallo agiscono come “rinforzi positivi” concreti e immediati, che possono spezzare il ciclo dei comportamenti di evitamento e di iper-arousal. Questo apprendimento esperienziale, corporeo e relazionale, è profondamente diverso da quello verbale associato alle terapie tradizionali e può bypassare le difese cognitive, favorendo una riprogrammazione comportamentale più profonda e duratura.

Una nozione avanzata, ma cruciale, nel campo dei traumi e della psicologia neurobiologica è il concetto di “polivagale”. Questa teoria, sviluppata da Stephen Porges, suggerisce che il sistema nervoso autonomo, responsabile delle nostre risposte fisiologiche allo stress, non si limiti a due stati (simpatico per “lotta o fuga” e parasimpatico per “riposo e digestione”), ma includa una gerarchia di risposte regolate dal nervo vago. La “co-regolazione” osservata tra veterani e cavalli, con la sincronizzazione dei ritmi corporei e l’abbassamento degli ormoni dello stress, può essere meglio compresa attraverso la lente della teoria polivagale. La presenza di un cavallo calmo e responsivo può attivare il “sistema ventrale vagale” nell’essere umano, promuovendo uno stato di sicurezza sociale, connessione e rilassamento. Questo stato, fondamentale per la guarigione dal trauma, contrasta le risposte di immobilizzazione (freezing) o di iper-arousal (dorsale vagale e simpatico) tipiche del PTSD. Il cavallo, con la sua grande presenza e la sua sensibilità ai segnali del sistema nervoso autonomo umano, può agire come un potente co-regolatore neurofisiologico, facilitando il ritorno a uno stato di equilibrio e sicurezza interna che è precondizione per l’elaborazione del trauma.

La terapia equina risulta così essere una pratica efficace, riducendo i sintomi del PTSD in maniera clinicamente significativa e migliorando la qualità della vita dei partecipanti.

Questa risonanza tra uomini e cavalli ci spinge a riflettere sulla profonda interconnessione tra tutte le forme di vita e sul valore intrinseco delle relazioni interspecie. Ci invita a considerare il cavallo non solo come strumento terapeutico, ma come un maestro silenzioso che, attraverso la sua autenticità e la sua capacità di “vedere” oltre le nostre difese, ci offre una via unica per ricongiungerci con la nostra essenza più vera e per trovare nuove strade verso la guarigione e il benessere. La loro empatia, il loro ritmo e la loro capacità di dissipare il trauma in modo naturale possono essere preziosi insegnamenti per noi, esseri umani spesso bloccati nelle spire di ricordi persistenti e nelle difese che ostacolano il fluire della vita.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, condizione psicologica che può svilupparsi após l’esposizione a eventi traumatici.
  • EMDR: Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari, metodo terapeutico per il trattamento del PTSD.
  • Pet Therapy: Terapia assistita con animali, utilizzata per supportare la salute mentale e fisica dei pazienti.
  • Polivagale: Teoria psicologica che esplora le risposte del sistema nervoso autonomo negli esseri umani.

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