Psicofarmaci tra i giovani: l’allarme sull’uso senza controllo è raddoppiato

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  • Nel 2024, circa 510.000 adolescenti hanno usato psicofarmaci senza prescrizione.
  • Tra i 15 e i 18 anni, il consumo è più che doppio tra le studentesse.
  • Il 62% degli studenti (1.530.000 ragazzi) ha giocato d'azzardo almeno una volta.
  • Oltre 290.000 studenti hanno atteggiamenti rischiosi legati ai videogiochi.
  • Più di 320.000 studenti hanno un uso problematico di internet.

Il preoccupante incremento del consumo di psicofarmaci tra i giovani italiani

I dati recentemente riportati nella Relazione annuale 2025 al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, redatta dal Dipartimento per le politiche contro la droga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, offrono uno spaccato complesso e inquietante riguardo all’uso delle sostanze psicoattive da parte dei giovani nel nostro Paese. Seppure ci siano segni debolmente incoraggianti con cali nell’assunzione di alcune droghe proibite, è d’altro canto fortemente preoccupante il crescente utilizzo incontrollato degli psicofarmaci privi della necessaria supervisione medica. Tale fenomenologia appare principalmente rivolta verso il gentil sesso ed evoca seri interrogativi sulla stabilità mentale dei nostri ragazzi nonché sulle interrelazioni cognitive e comportamentali emergenti da questo contesto.

Durante l’anno 2024 lo Studio ESPAD®Italia, svolto su un ampio campione composto da ben 20.201 studenti tra i quindici e i diciannove anni d’età, ha messo in luce che all’incirca 510.000 adolescenti hanno utilizzato psicofarmaci non prescritti almeno una volta nel corso della loro vita. Un dato ancor più inquietante si registra nella fascia d’età tra i 15 e i 18 anni non ancora compiuti, dove si stima che 180.000 ragazzi abbiano assunto tali sostanze nell’ultimo anno. Questa cifra, che rappresenta il 12% del totale di questa coorte, è più che doppia tra le studentesse, delineando una chiara disparità di genere nel ricorso a queste sostanze. L’incremento è costante dal 2021, raggiungendo nel 2024 i valori più elevati mai registrati, e si inserisce in un contesto più ampio di crescente disagio psicologico diffuso nella popolazione giovanile.

Statistiche sul consumo di sostanze tra i giovani

Sostanza % di utilizzo nel 2024 Note
Cannabis 21% Diminuito rispetto al 22% nel 2023, ma resta la più consumata
Psicofarmaci senza prescrizione 12% tra i 15-18 anni 180. 000 giovani nel corso dell’anno
Cocaina 1.8% In calo rispetto agli anni precedenti
NPS (Nuove Sostanze Psicoattive) 5.8% Persistente minaccia, con 79 nuove sostanze segnalate

L’uso di psicofarmaci senza controllo medico non rappresenta l’unica sfida. Sebbene il consumo di cannabinoidi sia lievemente diminuito (dal 22% al 21%), la cannabis rimane la sostanza più diffusa, con circa 52 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti e una preoccupante quadruplicazione della concentrazione di THC nell’hashish tra il 2016 e il 2024 (dal 7% al 29%). Anche le Nuove Sostanze Psicoattive (NPS), pur registrando una leggera contrazione nell’uso giovanile, costituiscono una minaccia persistente a causa della loro variabilità e delle difficoltà di monitoraggio. Nel 2024, sono state identificate 79 nuove NPS, inclusa la “cocaina rosa” (una combinazione di MDMA e ketamina), che illustrano la costante evoluzione del mercato illegale.

Il lato oscuro dell’automedicazione: motivazioni e rischi degli psicofarmaci non prescritti

Il versante inquietante dell’assunzione autonoma di farmaci: ragioni e pericoli connessi agli psicofarmaci utilizzati senza ricetta medica

L’incremento nell’impiego degli psicofarmaci tra i giovani senza supervisione medica non rappresenta un fenomeno isolato; piuttosto si colloca all’interno di un contesto sociale caratterizzato da significativi disagi psichici. Questi aspetti emergenti mostrano come la modernità sia incapace di rispondere efficacemente alle problematiche insite nel malessere giovanile. Le ragioni dietro al ricorso all’automedicazione da parte degli adolescenti risultano essere variegate e intricate: esse includono svariate pressioni sociali nonché difficoltà emotive unite a percezioni erronee sui potenziali vantaggi dei farmaci.

Un’analisi accurata mette in luce le diverse classi di psicofarmaci maggiormente impiegati autonomamente dai ragazzi: fra questi primeggiano quelli destinati al sonno o al relax, contabilizzando l’8,4% del totale; seguono farmaci assunti per favorire il buonumore (2,4%), quelli indirizzati alla gestione dell’attenzione e dell’iperattività (2,1%) ed infine vi è anche una porzione considerevole dedicata ai prodotti per la regolazione del peso corporeo (1,5%). Questa ultima categoria presenta uno spiccato divario secondo il genere d’appartenenza: infatti vi è un’impennata nell’utilizzo tre volte superiore nelle ragazze, rivelando così connessioni significative con le aspettative estetiche e la correlativa preoccupazione riguardante l’immagine fisica soprattutto nel settore femminile.

Questo ricorso a farmaci senza prescrizione si inserisce in un contesto di disagio più ampio. Lo studio Eurispes ha rilevato che nel biennio 2021-2022, circa il 6% della popolazione adulta italiana ha sofferto di sintomi depressivi, una percentuale che sale al 9% tra gli anziani, e addirittura al 30% tra quelli in difficoltà economiche. La correlazione tra età e difficoltà emotive è evidente: le generazioni più giovani sono quelle maggiormente colpite. Tra i 18 e i 24 anni, il 72,7% ha sperimentato sbalzi d’umore, il 71% sintomi depressivi e il 51,2% crisi di panico. Questi numeri non fanno che sottolineare la fragilità emotiva che caratterizza una parte significativa della popolazione giovanile. Gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità richiamano l’attenzione sulla complessità del fenomeno, evidenziando il rischio legato alle “nuove sostanze, che spesso sono presenti anche in prodotti da svapo o edibili”. Tra queste, i catinoni sintetici, che mimetizzano gli effetti di cocaina e anfetamine, e gli oppioidi sintetici o i nuovi derivati semisintetici della cannabis, disponibili sotto forma di caramelle o cioccolata, rendendoli più “appetibili” a un pubblico giovane e vulnerabile. La facile reperibilità, unita alla percezione errata di una minore pericolosità, contribuisce ad alimentare un ciclo di consumo che espone i ragazzi a rischi significativi per la loro salute a lungo termine.

Le ombre del “gioco” e dell’isolamento: dipendenze digitali e ludopatia tra i più giovani

La Relazione annuale 2025 presentata al Parlamento mette in luce una realtà inquietante oltre al crescente uso di psicofarmaci: l’escalation nelle difficoltà giovanili legate alle dipendenze digitali, assieme a quelle da gioco d’azzardo. Quest’evoluzione complessa sottolinea come le debolezze cognitive ed emotive dei più giovani possano sfociare in comportamenti autodistruttivi anche nei luoghi meno sospetti; questo rischio si intensifica ulteriormente grazie alle peculiarità della società odierna.

In particolar modo, il gioco d’azzardo fra i giovani sta assumendo proporzioni senza precedenti. Le stime indicano che approssimativamente un milione e 530mila ragazzi, corrispondente al 62% degli studenti, abbiano tentato la fortuna almeno una volta durante la loro vita. Ancora più preoccupanti sono i dati relativi agli ultimi dodici mesi: si calcola infatti che oltre un milione e 420mila ragazzi abbiano preso parte a questa pratica, riscontrando nel corso del 2024 un vero record per quanto riguarda tale dipendenza. Questa evoluzione suscita serie apprensioni, vista l’impatto devastante sotto gli aspetti economici, psichici e sociali associati alla ludopatia—soprattutto considerando la fragile età della maggior parte degli interessati e il loro naturale impulso verso l’esplorazione dell’ignoto. In modo parallelo al panorama videoludico, sebbene esso offra un ampio ventaglio di stimoli ludici e occasioni per il divertimento, non mancano problematiche rilevanti. Nello specifico del 2024, oltre 290mila giovani studenti sotto la maggiore età hanno evidenziato atteggiamenti rischiosi connessi all’impiego dei videogiochi. Tali atteggiamenti si manifestano frequentemente attraverso intense reazioni emotive, che si traducono in veri e propri attacchi d’astinenza quando questi ragazzi vengono esclusi dalla pratica del gioco. Ciò implica l’esistenza di una dipendenza che supera la mera dimensione ludica e si inserisce nelle complesse trame psicologiche e nei modelli comportamentali in modalità poco favorevole.

Un altro aspetto significativo da considerare è l’uso problematico della rete internet; nel corso del 2024 sono stati segnalati più di 320mila studenti con un utilizzo discutibile del web: questa cifra mette in luce come le interazioni relazionali e cognitive siano fortemente alterate dall’assidua esposizione ai contesti digitali. La pandemia da COVID-19 ha amplificato fenomeni quali isolamento sociale e relazionale tra i giovani, accentuando sentimenti di solitudine che spesso sfociano in disturbi dell’umore come depressione e ansia. La situazione attuale di vulnerabilità in cui si trovano molti giovani li espone notevolmente al richiamo del gioco d’azzardo, così come a un utilizzo indiscriminato della rete e dei videogiochi. Questi ultimi fenomeni possono funzionare come strumenti per allontanarsi da una realtà oppressiva o come risposte inadeguate alle lacune affettive e sociali avvertite dai ragazzi.

Le difficoltà familiari insieme alla precarietà economica creano spazi emotivi instabili che impattano negativamente sul benessere psicologico degli adolescenti. All’interno di simili situazioni critiche, il gioco d’azzardo, unitamente alle forme moderne di dipendenza digitale, si presenta quale tentativo maldestro – ma comprensibile – per affrontare stati ansiosi oppure per sfuggire alla monotonia quotidiana; questa scelta consente ai ragazzi una breve illusione di dominare circostanze disagiate senza risolvere le radici delle problematiche sottese.

Un percorso verso il benessere: prospettive e interventi per la salute mentale giovanile

Il quadro delineato dall’analisi del consumo di psicofarmaci e sostanze stupefacenti tra i giovani italiani evidenzia una vulnerabilità crescente, radicata in complesse dinamiche cognitive e comportamentali. È cruciale comprendere che il disagio espresso attraverso l’automedicazione o l’abuso di sostanze non è un semplice “problema di comportamento”, bensì una manifestazione tangibile di sofferenze interiori profonde, spesso legate a pressioni sociali, difficoltà relazionali e, non di rado, a esperienze che potremmo definire come micro-traumi o traumi cumulativi che alterano lo sviluppo psicologico.

In psicologia cognitiva, si osserva come schemi di pensiero disfunzionali, come la catastrofizzazione o la generalizzazione eccessiva, possano amplificare il percepito stress quotidiano. Un giovane che riceve un brutto voto a scuola potrebbe interpretarlo non come un singolo insuccesso, ma come la conferma della propria inadeguatezza generale, generando ansia e depressione. Quando si considera una scarsa abilità nel problem-solving oppure nella regolazione emotiva, condizioni comuni durante determinati momenti dello sviluppo personale possono portare all’adozione immediata e potenzialmente nociva dell’assunzione non autorizzata di farmaci psicoattivi; questa pratica potrebbe risultare attraente per chi è in cerca di un rapido sollievo dalla sofferenza emozionale.

Analizzando tale fenomeno attraverso la lente della psicologia comportamentale emerge chiaramente che questa abitudine rappresenta una forma sottile ma efficace di rinforzo negativo. Infatti, ingerendo queste sostanze ci si libera temporaneamente da stati affettivi sgradevoli – quali ansia e malinconia – aumentando così le probabilità che il soggetto replicherà questo comportamento in contesti futuri analoghi. Sebbene vantaggioso sul breve termine, questo meccanismo ostacola lo sviluppo dell’intelligenza emotiva necessaria per affrontare le sfide quotidiane con resilienza, finendo così per generare sia dipendenze farmacologiche che psicologiche. In aggiunta a tutto ciò, l’incessante interazione con i social media genera attese irrealistiche tramite un continuo confronto tra pari alimentato dalla sottile pressione alla performance, accentuando i sentimenti d’inadeguatezza nei giovani: essi tenteranno quindi sempre più spesso soluzioni immediate alle loro frustrazioni affettive.

È fondamentale che l’attenzione della società si sposti da una visione meramente repressiva del consumo di sostanze a un approccio integrato e preventivo, che ponga al centro la promozione della salute mentale giovanile. I dati ci parlano di giovani che faticano a gestire la complessità del loro mondo interiore ed esteriore. Una nozione avanzata da considerare è l’importanza della resilienza psicologica, non come semplice capacità di “resistere” agli eventi avversi, ma come processo attivo di riconsiderazione e ricostruzione del proprio significato personale in seguito a difficoltà. Interventi che promuovano la consapevolezza emotiva, lo sviluppo di abilità sociali e di problem-solving, unitamente a un senso di autoefficacia nei giovani, sono essenziali per costruire questa resilienza. La formazione di genitori, insegnanti e operatori sanitari è altrettanto cruciale per creare un network di supporto che possa intercettare il disagio precocemente e offrire percorsi di aiuto adeguati e non stigmatizzanti.

La riflessione personale che scaturisce da questo scenario è profonda: come possiamo, come individui e come collettività, contribuire a creare un ambiente in cui i giovani non sentano il bisogno di nascondere le proprie fragilità? Come possiamo insegnare loro che la vulnerabilità è parte integrante dell’esperienza umana e che esistono strumenti validi per affrontare il dolore, che non siano scorciatoie pericolose? È forse nel riscoprire la forza delle relazioni autentiche, nel promuovere un’educazione emotiva che vada oltre il puro nozionismo e nel valorizzare la capacità di chiedere aiuto, che risiede la chiave per proteggere le menti e i cuori delle future generazioni. Il benessere psicologico non è un lusso, ma un diritto, e costruirlo insieme è una responsabilità che non possiamo ignorare.

Glossario:
  • Catastrofizzazione: Tendenza a considerare una situazione peggiore di quanto sia realmente.
  • Generalizzazione eccessiva: Processo di trarre conclusioni generali da un singolo evento o da prove insufficienti.
  • Resilienza: La facoltà di riorganizzarsi e reagire positivamente anche nelle situazioni più difficili.

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