Trauma vicario: come proteggere la tua empatia e la tua salute mentale

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  • Il trauma vicario colpisce oltre il 50% degli operatori sanitari.
  • Studio in Cina: infermieri non a contatto con pazienti Covid hanno mostrato più traumatizzazione.
  • La formazione in resilienza e mindfulness migliora il benessere.
  • L'esposizione prolungata altera la percezione: pensieri ossessivi e flashback.
  • La revisione di 27 studi evidenzia l'efficacia di mindfulness e attività artistiche.

Il trauma vicario: una condizione spesso sottovalutata

Il trauma vicario, noto anche come compassion fatigue o “costo del prendersi cura”, emerge come una condizione psicologica di significativo impatto, in particolare tra coloro che operano in professioni di aiuto o in ambienti ad alta intensità emotiva. Questo fenomeno si manifesta quando un individuo sviluppa una sintomatologia traumatica non per esperienza diretta di un evento doloroso, bensì attraverso l’esposizione prolungata e l’identificazione empatica con la sofferenza altrui.

La sua concettualizzazione, formalizzata dalle psicologhe cliniche Laurie Anne Pearlman e Karen Saakvitne nel 1995, affonda le radici in studi precedenti sulla compassion fatigue di Charles Figley (1995) e sulla Constructivist Self Development Theory (CSDT) di McCann e Pearlman (1990). La CSDT, in particolare, evidenzia come l’esposizione continua a racconti traumatici possa alterare profondamente la percezione del mondo, del sé e degli altri in un professionista, compromettendone la salute mentale e la capacità di funzionamento.

Questo non è un semplice stress, ma una vera e propria trasformazione negativa delle convinzioni e dei valori personali, un’intensificazione delle emozioni negative come paura, rabbia e disperazione, che diventano simili a quelle espresse dalle vittime dirette del trauma. L’operatore, perdendo la capacità di fungere da “contenitore” per il dolore altrui, ne viene inghiottito, sperimentando isolamento relazionale e persino crisi spirituali.

La rilevanza del trauma vicario è stata tristemente amplificata da eventi globali recenti, come la pandemia di Coronavirus. Uno studio condotto in Cina, in particolare presso l’Ospedale di Nanjing, ha rivelato dati sorprendenti. Comparando infermieri in prima linea con quelli non direttamente coinvolti nel contatto con pazienti Covid, si è osservato che questi ultimi mostravano livelli più alti di traumatizzazione vicaria.

Questo suggerisce che l’empatia verso i colleghi in prima linea, unita alla preoccupazione per la situazione complessiva, possa aver amplificato la sofferenza indiretta. Il peso psicologico del trauma vicario nei professionisti della salute rappresenta una questione di rilevante importanza, meritevole di essere esplorata più a fondo. Infatti, uno studio recente ha rivelato che oltre il 50% degli operatori è affetto da burnout e compassion fatigue, con livelli estremamente preoccupanti che toccano l’80% fra gli infermieri. [Hakanen e Shimazu, 2023]

Studio recente: Una ricerca ha dimostrato che la formazione in tecniche di resilienza e mindfulness ha migliorato il benessere psicologico degli operatori sanitari durante la pandemia.

Sintomatologia e vulnerabilità: il peso dell’empatia

Il trauma vicario porta con sé una gamma intricata di sintomi che si distribuiscono su vari livelli: psicologico, emotivo, cognitivo, così come anche fisico e sociale. Dal punto di vista psicologico possiamo osservare la presenza costante di pensieri ossessivi accompagnati da immagini intrusive, collegati agli eventi traumatici cui si è esposti attraverso racconti altrui; è qui che sorgono i temuti flashback connessi a intense reazioni affettive verso stimoli evocativi dell’evento stesso. Questo sfocia sovente in alterazioni negative nella percezione personale e generale della realtà esterna.

Le conseguenze cognitivamente avvertite comprendono difficoltà nel mantenere alta la concentrazione unitamente a una sensibile diminuzione dell’autoefficacia nelle decisioni quotidiane. A livello emozionale il vissuto risulta caratterizzato da episodi rilevanti di ansia estrema insieme a sentimenti spiccati d’infelicità, depressione cronicizzata ed esplosività nell’ira. Spesso ci si trova ad affrontare inquietudini interiorizzate simili a quel genere di Error!senso degli errori previsti, dalla connessione umana all’autocomprensione, inimicabilmente assottigliata.

Ne emerge chiaramente la possibilità che queste tensioni emotive possano culminare anch’esse nello sviluppo di modalità disfunzionali sul piano comportamentale, tra cui abusi occulti, fabbricati propri/negativamente tramite alcool/droghe o, nei frangenti peggiori, diramarsi sino all’autolesionismo compulsivo.

Il corpo manifesta il trauma vicario attraverso sintomi fisici quali affaticamento cronico, mal di testa, insonnia, disturbi gastrointestinali e un indebolimento del sistema immunitario, che rende l’individuo più suscettibile alle malattie. Disturbi come la tachicardia, la sudorazione e le difficoltà respiratorie possono emergere, mimando gli effetti di uno stress acuto.

Comportamentalmente, si possono notare cambiamenti nell’appetito e, come già menzionato, l’abuso di sostanze come meccanismo di coping negativo. A livello relazionale, si verifica spesso una difficoltà nel mantenere rapporti personali, portando a chiusura e isolamento sociale.

I professionisti della salute mentale, a causa del loro coinvolgimento empatico e del confronto quotidiano con storie di sofferenza intensa, sono particolarmente vulnerabili. Fattori come turni di lavoro lunghi, orari notturni e la mancanza di un adeguato supporto organizzativo, inclusi programmi di prevenzione e supporto psicologico, aggravano ulteriormente la loro esposizione. Persone nel mondo professionale caratterizzate da una minore anzianità, insieme a coloro che hanno difficoltà nell’equilibrare le sfere lavorativa e personale, risultano essere più esposte a rischi.

Dalle cause ai percorsi di recupero: una prospettiva olistica

Le radici del fenomeno noto come trauma vicario sono fortemente ancorate all’esposizione continuativa alle esperienze traumatiche degli altri. Questo tipo d’impatto è particolarmente rilevante per chi lavora nelle cosiddette professioni d’aiuto, quali psicologi, psicoterapeuti e assistenti sociali; tuttavia, il campo della vulnerabilità si estende ben oltre queste figure professionali. La proliferazione incessante delle narrazioni dolorose tramite media tradizionali o piattaforme social ha reso possibile che anche individui non direttamente coinvolti possano subire gli effetti del trauma vicario: chiunque può sviluppare questa condizione, mentre coloro che hanno già vissuto traumi personali risultano essere maggiormente suscettibili a tale esperienza a causa della loro accentuata empatia verso il dolore degli altri.

Il valore dell’empatia, pur essendo indiscutibile nel tessuto umano delle relazioni interpersonali ed aiutative, diventa rischioso quando è privo del necessario distacco emotivo. Ancor più preoccupante è il quadro definito dalla concomitanza con precedenti disturbi dell’umore. Situazioni caratterizzate da “stress cronico”, aggravano ulteriormente tale vulnerabilità mentale. Infine, l’ambiente lavorativo emerge quale elemento centrale in questo contesto; fattori quali carichi lavorativi insostenibili,

aspettative poco realistiche insieme alla mancanza di risorse dignitose e alla presenza assente di programmi preventivi aziendali intensificano notevolmente la tensione emozionale percepita dagli individui impegnati nei settori colpiti.

Fattori di Rischio Descrizione
Turni di lavoro prolungati Il lavoro a lungo termine senza adeguate pause aumenta lo stress e la fatica empatica.
Esperienza professionale limitata I professionisti meno esperti possono sentirsi sopraffatti dalle emozioni altrui.
Scarso supporto organizzativo La mancanza di programmi di supporto riduce le possibilità di recupero dai traumi.

Il meccanismo neuropsicologico alla base del trauma vicario coinvolge le aree cerebrali deputate alla percezione empatica, come la corteccia cingolata anteriore e l’insula. Studi di neuroimaging dimostrano che l’ascolto di storie traumatiche può attivare queste regioni, scatenando reazioni nel corpo simili a quelle provocate da un trauma diretto.

Per trattare il trauma vicario, si ricorre a terapie simili a quelle utilizzate per il disturbo post-traumatico da stress, tra cui la desensibilizzazione sistematica e la rielaborazione attraverso i movimenti oculari (EMDR). Una revisione di 27 studi pubblicati tra il 2008 e il 2019 ha evidenziato l’efficacia di interventi come la psicoeducazione, le tecniche di mindfulness (meditazione, yoga) e attività artistiche e ricreative per ridurre i sintomi dello stress traumatico secondario, della compassion fatigue e del burnout.

Interventi Efficaci Descrizione
Psicoeducazione Formazione che aumenta la consapevolezza e la comprensione del trauma vicario.
Mindfulness Pratiche di meditazione che aiutano a gestire lo stress e migliorare il benessere mentale.
Attività ricreative Attività artistiche e di svago che promuovono la salute mentale e il relax.

È importante sottolineare che, sebbene simili, il “trauma secondario” si riferisce a sintomi traumatici che emergono dopo un’unica esposizione al trauma altrui, mentre il trauma vicario si sviluppa gradualmente nel tempo.

Oltre la diagnosi: prevenzione e cura nel panorama della salute mentale

Il riconoscimento e la prevenzione del trauma vicario sono elementi cruciali nel panorama attuale della salute mentale, che si focalizza sempre più sulla resilienza e sul benessere olistico. Comprendere la natura di questa condizione non significa solo individuare i sintomi, ma anche sviluppare strategie efficaci per mitigarne l’impatto sui professionisti e sulla società in generale.

Strategie di prevenzione: È fondamentale integrare pratiche di autocura e formazione nella psicologia dell’emergenza per garantire una vita lavorativa sana.

La differenza tra trauma vicario e burnout, per esempio, è significativa: mentre il burnout è una reazione a lungo termine allo stress lavorativo cronico che può colpire chiunque in una relazione d’aiuto, il trauma vicario è specificamente legato all’esposizione al dolore e alla sofferenza altrui, con una trasformazione profonda degli schemi cognitivi e dei sistemi di credenze personali.

È in questo contesto che il concetto di autocura assume un’importanza capitale. Per i professionisti della salute mentale, l’adozione di pratiche di autocura, la partecipazione a sessioni di supervisione regolare e la capacità di prendersi pause necessarie per ricaricarsi emotivamente sono fondamentali per prevenire l’esaurimento delle risorse.

Raccomandazioni:
  • Formazione continua su stress e trauma vicario.
  • Supporti psicologici regolari per gli operatori in prima linea.
  • Programmi di benessere aziendale, inclusa la consapevolezza.

La creazione di programmi di benessere aziendale, la psicoeducazione, e la formazione nell’ambito della psicologia dell’emergenza rappresentano strumenti validi per supportare chi opera in contesti ad alto rischio.

Imparare a stabilire limiti sani, dedicarsi ad attività ricreative e riconoscere i propri bisogni sono passaggi essenziali per mantenere un equilibrio. La mancanza di sostegno psicologico adeguato o l’insufficienza di programmi dedicati all’interno delle strutture operative, specialmente nei contesti d’emergenza, rappresentano fattori critici nel potenziamento del rischio per lo sviluppo dei cosiddetti traumi vicari.

Da una prospettiva della psicologia cognitiva e comportamentale risulta notevole osservare come una costante esposizione a narrazioni cariche di trauma sia capace di stimolare i neuroni specchio, generando così nel cervello un’imitazione pressoché diretta delle sofferenze altrui. Tale concetto fondamentale facilita la nostra comprensione riguardo all’intensità dell’immedesimarsi nelle esperienze degli altri; esso si configura come un processo neurobiologico altamente connettivo.

Ulteriormente approfondendo la questione attraverso il prisma della teoria polivagale, si evince che gli operatori professionali coinvolti nell’assistenza possano subire reazioni quali stati d’ipervigilanza o occuparsi anche di fenomeni legati alla dissociazione. Queste risposte conseguenti allo stress traumatico secondario determinano significative alterazioni nella regolamentazione emotiva e fisiologica degli individui interessati; ciò sottolinea l’urgenza di interventi specifici volti al ripristino della sicurezza personale nonché della capacità individuale e interpersonale nella co-regolazione.

La riflessione personale che scaturisce da queste considerazioni ci spinge a interrogarci: quanto siamo consapevoli del peso invisibile che portiamo quando ci esponiamo alla sofferenza altrui, sia come professionisti che come semplici cittadini? E come possiamo tutti noi contribuire a costruire una società più resiliente, non solo fornendo aiuto, ma anche proteggendo chi questo aiuto lo offre, in un circolo virtuoso di cura e reciproco sostegno?

Glossario:
  • Compassion Fatigue: esaurimento emotivo e professionale derivante dall’esposizione continua alla sofferenza degli altri.
  • Burnout: sindrome di esaurimento causata da stress lavorativo prolungato.
  • Psychoeducation: formazione psicologica per sensibilizzare e informare su temi di salute mentale.

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