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Corea del Sud: boom del bullismo nel mondo del lavoro, ecco cosa sta succedendo

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  • Tra il 2022 e il 2024, 16.607 incontri terapeutici per bullismo.
  • Nel 2023, le consultazioni sono aumentate del 56,4% rispetto al 2022.
  • Nel settembre 2023, approvate nuove leggi a tutela degli insegnanti dal bullismo.

Il fenomeno preoccupante del bullismo nella dimensione professionale coreana: una sospensione riflessiva sul benessere psicologico

La Corea del Sud affronta una crescente emergenza sottovalutata: bullismo negli ambienti professionali. Le recenti evidenze fornite dall’Agenzia coreana per la sicurezza e la salute sul lavoro (Kosha) mostrano uno scenario allarmante riguardante l’aumento drammatico delle richieste d’aiuto psicologico collegate a tali esperienze avverse. Tra il biennio 2022-2024 sono stati registrati ben 16.607 incontri terapeutici, con tendenze in ascesa impressionanti ogni anno che passa. Specificamente nel corso dell’anno attuale (2023), le consultazioni hanno segnato una crescita notevole pari al 56,4% rispetto all’anno precedente (2022), mentre se si considera una proiezione sulla crescita annua già fissata dal secondo semestre ricaviamo anche ulteriormente un incremento pari al 22,2% confrontando i risultati fino ad oggi appena esposti – evidenziando così l’entità sconcertante dell’argomento in discussione. È fondamentale sottolineare come questi valori non siano puramente numerici; racchiudono invece drammi personali legati alla mancanza d’integrità morale e alla precarietà psichica.

I poli istituzionali della Kosha erano nati originariamente nella città di Daegu nel lontano 2018, lasciandosi alle spalle ventitré installazioni lungo tutta la parte sudcoreana, dediti a offrire assistenza gratuita destinata ai lavoratori vulnerabili contro qualsiasi forma traumatizzante subita. È opportuno considerare che gli incidenti mortali o molto gravi nelle situazioni lavorative continuano a costituire l’origine principale delle richieste d’aiuto – contandosi ben 3.214 sessioni nella sola annata corrente, cifra che equivale a quasi il cinquanta percento del complessivo annuo – ma le problematiche riguardanti il bullismo e le due forme più insidiose di molestie (di tipo sessuale) hanno assunto il ruolo secondario più rilevante: si registrano così 2.311 episodi complessivi. Questa informazione diventa ancor più inquietante se paragonata ai precedenti dati del 2019., quando i fattori segnalati furono appena 1.[] ed ovviamente ricca affermazione rispetto al passato quel criterio meritocratico che non può mancare nei luoghi comuni della professione.[34] Il totale cresciuto per notizie formalizzate dal governo attesta questo andirivieni verso incitamenti dolorosi – dai circoli autoritari sui luoghi nella zona professionale dell’onore, accrescendo numericamente; risultavano otto volte agli opposti controlli avviati alla preoccupazione generale + miliardi avviene; infine compaiono oltre nell’orizzonte collettivo attività veri/giuridico-lavorativa, chiarendo dinamiche complesse davvero degradanti sempre vincente appieno alle catastrofi socializzabili, incluso quella stagionale iterativa.

Di fronte al palcoscenico così composto quanto fragile dove la discriminazione variegata ci rinvia crescentemente da chi stava ai margini gruppali decontestualizzati situatamente fino ai cosiddetti apparenti ‘civili tristi’, restituendoci uno spaccato allarmante odierno mentre l’anta-rum convenzionale contrastuale caricava già segnali contrassegnanti alla cortina dolosa entrata in moto o resistenza smorzata. Anche il contesto scolastico risulta coinvolto, con fenomeni di bullismo che hanno assunto dimensioni tali da indurre gli enti preposti a varare provvedimenti significativi. Tra queste iniziative vi è l’implementazione di restrizioni nei test d’ammissione universitaria per coloro che possiedono storie pregresse legate al bullismo, in un’azione volta a frenare la diffusione di questo comportamento problematico. L’allargamento della questione evidenzia una debolezza fondamentale delle interazioni sociali e professionali, impellente nell’esigenza d’essere analizzata meticolosamente e affrontata attraverso approcci plurimi.

Le radici culturali e psicologiche del bullismo

Per afferrare completamente l’ampiezza del bullismo lavorativo nel contesto sudcoreano è fondamentale esaminare le sue basi ancestrali, che si intrecciano intricatamente con aspetti culturali ed esercizi normativi presenti nella nazione. Nonostante sia celebre per il suo rapidissimo progresso sia economico che tecnologico, la Corea del Sud presenta al contempo una struttura sociale marcatamente competitiva ed articolata gerarchicamente. All’interno di tale quadro sociale risulta comune considerare il successo professionale come l’unico criterio rilevante per misurare il valore personale degli individui; ciò genera pressioni immense che obbligano ad eccellere ed adeguarsi alle attese collettive. Tali sollecitazioni rischiano agevolmente di tramutarsi in condizioni lavorative deleterie dove imperversano rivalità feroci mentre i legami umani si offuscano a causa delle complesse dinamiche dominanti.

In questo ambito segnato da rigidità strutturale – caratteristiche distintive della maggior parte delle imprese coreane – emergono favorevoli opportunità all’emergere della violenza psicologica sul lavoro: infatti, la deferenza verso figure autoritarie e il rispetto dell’anzianità sono pilastri imprescindibili nella loro cultura aziendale; pur offrendo ordine funzionale alla comunità lavorativa, queste qualità tendono anche a disincentivare i subalterni dall’esternare abusi o contestarli apertamente quando si trovino ad affrontarli direttamente. Il timore dell’arretramento professionale, della perdita del posto di lavoro o dell’eventualità di inficiare i propri progressi professionali induce spesso le vittime a tollerare passivamente le vessazioni subite. Questa modalità silenziosa contribuisce ulteriormente ad aggravare lo stato d’ansia psicologica degli individui coinvolti. Il mancato confronto con gli aggressori consente agli stessi di continuare indisturbati nelle loro condotte intimidatorie, mentre persiste un contesto culturale immutato che consente simili comportamenti.

Altrettanto degno d’importanza è l’accentuata attenzione verso omogeneità e conformità sociale. All’interno di comunità che esaltano coesione e unità sopra ogni cosa, chi esce dagli schemi prestabiliti oppure viene considerato fragile rischia seriamente di essere catalogato come bersaglio predestinato. Si osserva tale dinamica nei luoghi scolastici, dove episodi di bullismo emergono sovente legati alle diversità fisiche o comportamentali; uno schema analogo si osserva nei contesti aziendali, per cui particolarismi personali possono risultare vulnerabili agli attacchi discriminatori dei colleghi. La forte pressione per presentarsi sempre sotto una “luce perfetta” (in merito al tema del lookism, frequentemente citato in analisi sui media coreani) implica non solo dover soddisfare criteri estetici, ma include anche aspettative su capacità gestionali dello stress ed elevatissimi livelli produttivi da raggiungere costantemente. Chi non riesce a tenere il passo o mostra segni di cedimento può essere emarginato e bullizzato. Queste dinamiche sono inestricabilmente connesse con la psicologia comportamentale, dove le norme sociali e culturali modellano le interazioni individuali, creando spesso contesti in cui l’aggressività e la sottomissione diventano risposte apprese e consolidate.

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  • L'articolo mette in luce una problematica grave e inaccettabile: il bullismo sul lavoro in Corea del Sud... 😞...
  • Invece di concentrarci solo sulla Corea del Sud, dovremmo chiederci se questo problema non sia una spia di qualcosa di più grande... 🤔...

Le implicazioni sulla salute mentale e le risposte legali

Il fenomeno del bullismo nell’ambiente lavorativo si configura come qualcosa di ben oltre un semplice inconveniente; si rivela essere una causa scatenante di seri traumi psicologici, spesso con conseguenze durevoli. Coloro che subiscono tali vessazioni tendono a manifestare sintomi quali ansia, depressione ed episodi riconducibili a disturbi da stress post-traumatico (PTSD), accompagnati frequentemente da insonnia e una decisa riduzione dell’autostima. Gli effetti traumatici inflitti possono generare danni incalcolabili sia nella sfera privata sia in quella professionale degli individui coinvolti; l’inevitabile deterioramento della produttività può culminare in assenteismi significativi o addirittura in situazioni estreme come il suicidio. Dati recenti raccolti dalla Kosha mettono in luce il preoccupante incremento delle consultazioni relative a colleghe e colleghi afflitti dal pensiero suicidario, dalle esperienze dolorose di incidenti seri o episodi legati al bullismo stesso, nonché alle molestie sessuali: tutto ciò mette in risalto l’entità del disagio psichico permeante fra i lavoratori sudcoreani. Si tratta indubbiamente di una sofferenza condivisa che richiede attenzione immediata da parte della comunità sociale.

In ambito legislativo, purtroppo la Corea del Sud ha avviato tentativi per affrontare tale problematica, ma i risultati ottenuti restano parzialmente insoddisfacenti. Sin dal 2004 è stato implementato un regolamento volto alla prevenzione delle dinamiche violente sul luogo di lavoro; tuttavia, l’efficacia concreta della norma appare limitata se consideriamo la persistente ed inquietante diffusione del fenomeno stesso. Più recentemente, il governo ha approvato nuove leggi nel settembre 2023, volte a tutelare in particolare gli insegnanti, una categoria professionale che in Corea del Sud è stata particolarmente colpita da abusi e “bullismo” da parte di genitori e studenti. Queste nuove normative riconoscono anche aiuti economici ai docenti che devono affrontare cause legali legate alla loro condotta lavorativa e cercano di porre fine alle sospensioni automatiche in caso di accuse di abusi sui minori, una misura che in passato aveva reso gli insegnanti particolarmente vulnerabili.

Le recenti modifiche legislative e l’aumento dei servizi di supporto, come quelli offerti dalla Kosha, sono certamente passi lodevoli. Tuttavia, la persistenza e l’aggravarsi del problema suggeriscono che le misure attuali non sono ancora sufficienti a eradicare il bullismo dalle sue radici. È necessaria una revisione più profonda delle norme culturali e organizzative che lo alimentano. Questo include non solo un’applicazione più stringente delle leggi e una maggiore consapevolezza delle vittime riguardo ai loro diritti, ma anche un cambiamento culturale all’interno delle aziende e delle istituzioni, che promuova un ambiente di lavoro più inclusivo, rispettoso e meno gerarchico. Questo approccio multifattoriale è cruciale per affrontare un problema che incide profondamente sulla salute mentale di migliaia di individui.

Leggi Recenti in Corea del Sud:
Nel settembre 2023, l’Assemblea nazionale della Corea del Sud ha approvato quattro nuove leggi per tutelare gli insegnanti dal bullismo e dalle pressioni legate allo stress lavorativo. Queste norme sono frutto di ripetute manifestazioni di protesta che hanno messo in evidenza la necessità di una maggiore protezione per il personale educativo, colpito da carichi eccessivi e violenze verbali dei genitori.

Riflessioni sulla resilienza e il benessere psicologico in un contesto in evoluzione

Il bullismo professionale costituisce oggi un fenomeno evidente in Corea del Sud e solleva interrogativi cruciali sulle interazioni umane e le conseguenze psichiche nell’attualità. Attraverso il prisma della psicologia cognitiva, tale comportamento risulta essere una distorsione percettiva delle relazioni tra individui. Coloro che subiscono tali abusi reiterati sono spinti verso modelli mentali deteriorati che compromettono la loro autopercezione e l’interpretazione dell’ambiente circostante e delle prospettive future. Quella definita come “lente distorta” ha la potenzialità di generare differenti bias cognitivi, comprendenti ad esempio l’attribuzione errata (la tendenza a incolparsi per situazioni altrui) o il pensiero catastrofico (predisposizione ad aspettarsi esiti avversi), complicando ulteriormente il processo di recupero dalla sofferenza emotiva vissuta nel tempo. In questa accezione, il trauma non è semplicemente un episodio singolo; esso permea profondamente la mente individuale ridefinendone strutturalmente le basi psicologiche. L’allostasi è la capacità del corpo e della mente di adattarsi ai cambiamenti e allo stress per mantenere la stabilità. Quando però lo stress è cronico e ripetuto, come nel caso del bullismo persistente, il sistema allostatico si sovraccarica, portando a un “carico allostatico” elevato. Questo sovraccarico non solo esaurisce le risorse psicologiche, ma può anche avere effetti negativi sul piano fisiologico, manifestandosi in problemi di salute fisica correlati allo stress cronico. La persistenza del bullismo sul luogo di lavoro in Corea del Sud, nonostante gli sforzi legislativi, suggerisce che ci troviamo di fronte a un sistema sociale e lavorativo che, pur generatore di successo, comporta un altissimo costo psicosomatico per gli individui. È come se il sistema nervoso stesso fosse costantemente in modalità di “allarme”, incapace di trovare un adeguato riposo anche al di fuori dell’ambiente lavorativo. Questo stress cronico rende difficile la ripresa e l’elaborazione del trauma, perpetuando un ciclo di fragilità e vulnerabilità.

  • Il bullismo è un fenomeno in crescita in Corea del Sud, con una serie di studi che confermano un aumento delle segnalazioni.
  • Le nuove leggi varate nel 2023 mirano a migliorare la protezione degli insegnanti dai bullismi e dalle pressioni lavorative.
  • Le conseguenze del bullismo sul lavoro possono risultare devastanti per la salute mentale, contribuendo a un aumentato rischio di suicidi tra i giovani adulti.
Statistiche sul bullismo in Corea del Sud:
– Nel 2023, 6.757 consulenze per traumi legati al bullismo sono state segnalate, con un incremento del 56,4% rispetto al 2022. – I casi di bullismo documentati sono passati da 8.961 nel 2022 a 12.253 nel 2024, un aumento del 37,3%.

Questa situazione ci spinge a interrogarci: fino a che punto una società può spingere i suoi membri alla performance e alla conformità prima che il sistema collassi sotto il peso del disagio psicologico? La resilienza umana è straordinaria, ma non infinita. È tempo di riconoscere che un benessere economico basato sulla sofferenza individuale è insostenibile. La sfida per la Corea del Sud, e per tutte le società che condividono modelli simili, è quella di trovare un equilibrio tra ambizione e umanità, tra produttività e protezione della salute mentale. Solo così si potrà costruire un futuro in cui il successo non sia più misurato unicamente in termini di PIL o di innovazione tecnologica, ma anche dalla capacità di garantire a ogni individuo un ambiente di lavoro e di vita dove la dignità e la salute psicologica siano valori irrinunciabili.

Glossario:
  • Allostasi: è il processo mediante il quale l’organismo mantiene la stabilità interna adattandosi ai cambiamenti esterni.
  • PTSD: disturbo da stress post-traumatico, condizione mentale causata da esperienze traumatiche.
  • Kosha: Agenzia coreana per la sicurezza e la salute sul lavoro.

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