- Tredici Pietro rivela l'uso di un «mischione» di psicofarmaci, all'insaputa della famiglia.
- Il 40% dei giovani tra i 18 e i 25 anni soffre di ansia post pandemia.
- Nel 2024, oltre 16 milioni di italiani hanno riferito disturbi psicologici.
Il cammino di Tredici Pietro: tra l’ombra paterna e la scoperta di sé
Il panorama mediatico si illumina di una nuova, coraggiosa confessione: quella di Pietro Morandi, noto nell’universo rap come Tredici Pietro, figlio del celebre Gianni Morandi. La sua opera più recente, l’album intitolato “Non guardare giù”, lanciato il 4 aprile 2025, appare non solo come un’esplorazione sonora che spazia dalla trap al rap old school, dall’acustico al drum&bass, ma soprattutto come un diario intimo, un viaggio tortuoso attraverso le spire del disagio personale. Nato il 9 agosto 1997, Tredici Pietro si è posto dinnanzi al pubblico con una sincerità disarmante, rivelando un periodo oscuro della sua vita segnato da comportamenti autolesionistici e l’uso di psicofarmaci, per sua stessa ammissione un “mischione” di sostanze, mai stupefacenti come la cocaina, ma piuttosto un cocktail di medicinali. Questa rivelazione, giunta addirittura all’insaputa della sua stessa famiglia, pone l’accento su una tematica sempre più presente nel dibattito pubblico: la salute mentale tra i giovani, specialmente in contesti dove la fama e le aspettative esterne possono esercitare una pressione schiacciante.
Il suo percorso, come un filo intessuto tra le note musicali, si snoda attraverso la difficile gestione di un’eredità artistica ingombrante. “Senza mio padre non avrei imparato il valore dei soldi”, recita un verso di “Verità”, brano proposto per Sanremo 2025, evidenziando una gratitudine velata da una lotta identitaria. Il trasferimento da Bologna a Milano, in un’epoca recente, si è rivelato un banco di prova cruciale, dove il giovane artista si è trovato smarrito nella metropoli, un luogo dove la superficialità e l’ostentazione sembrano regnare sovrane. La fine di una relazione e la pressione incessante di un’industria discografica affamata di novità hanno condotto Tredici Pietro “in tilt”, come egli stesso ha descritto, innescando una spirale di autodistruzione. Il ricovero del 2023, di cui l’artista preferisce non svelare i dettagli specifici, ha rappresentato il punto di svolta, la scintilla che ha acceso la consapevolezza e lo ha spinto verso un percorso di analisi, un cammino sotterraneo, parallelo alla sua vita pubblica, per affrontare i propri demoni interiori.
Oltre il 90% degli italiani sotto i 50 anni ha affrontato problemi di salute mentale almeno una volta. (Fonte: MINDEX 2025)
L’ombra del “figlio d’arte”: pressione, dipendenza e riscatto
Il peso dell’essere “figlio di” si manifesta in Tredici Pietro come un’ombra junghiana, un’archetipica figura paterna che, se da un lato offre “una fortuna”, dall’altro rappresenta “una grossa ombra dalla quale è difficile uscire. È dappertutto”. Questa dualità, insita nel concetto di “nepo-baby”, ovvero la prole di celebrità che si affaccia nel medesimo campo professionale, rivela una complessa sfida psicologica. Mentre alcuni percorsi possono apparire facilitati, l’aspettativa e il continuo paragone con un genitore di successo creano un terreno fertile per ansie e insicurezze.
- Il 40% dei giovani tra i 18 e i 25 anni ha dichiarato di aver sofferto di ansia e depressione post pandemia.(Fonte: Unicusano 2024)
- Il 54% ha vissuto episodi di stress tali da compromettere le attività quotidiane.(Fonte: Ipsos 2024)
La sua confessione sull’autolesionismo, un comportamento che consiste nel causarsi intenzionalmente un danno fisico, e sull’abuso di psicofarmaci (un “mischione di psicofarmaci e medicinali”) non è solo la testimonianza di un individuo, ma rispecchia un fenomeno purtroppo diffuso tra i giovani che lottano con la percezione di inadeguatezza e la ricerca di un’identità autonoma. Nel contesto milanese, percepito come una “città dei cattivi” dove “si è sempre fattissimi” e “bisogna essere fighi a tutti i costi”, Tredici Pietro ha perso il suo nord, ritrovandosi in una “depressione di fondo” alimentata dall’incertezza e dall’idolatria del “dio denaro”. Questo ambiente ha amplificato la sua fragilità, spingendolo ad adottare “valori che non sono i miei”.
La sua musica è diventata un veicolo per esorcizzare questo dolore. Brani come “Morire” (“Tutto il tempo su quelle panchine, incertezze mi hanno fatto fallire. Insicurezze mi hanno fatto fumare e prendere discese che poi sono risalite”), contenuti nell’album “Solito posto, soliti guai”, e poi nel nuovo album “Non guardare giù”, esplorano le sue paure più profonde, offrendo uno spaccato crudo sulla lotta contro la depressione e l’ansia. Il rapper ha descritto il rap come il suo “rifugio”, un “modo per non andare troppo lontano”, quasi una forma di autoterapia. Questa scelta di esplorare temi così intimi in musica ha toccato profondamente i suoi fan, fungendo da specchio per molti giovani che si ritrovano nelle sue parole. La decisione di intraprendere un percorso terapeutico, rigorosamente “all’oscuro dei genitori”, evidenzia un bisogno di indipendenza nel processo di guarigione, un desiderio di non caricare altri con le proprie responsabilità. Tale scelta, sebbene comprensibile nel suo contesto, offre spunti di riflessione sulla consapevolezza e la gestione delle proprie sofferenze senza necessariamente coinvolgere immediatamente la rete familiare.
Il rapporto con il padre e la ricerca di autonomia artistica
Il rapporto tra Tredici Pietro e il padre Gianni Morandi è un fil rouge che attraversa la sua produzione artistica e la sua vita personale. La celebre frase “Senza mio padre non avrei imparato il valore dei soldi” o “È da quando ho 13 anni che mi devo guadagnare le cose”, presente nel brano “Verità”, dipinge un quadro complesso di gratitudine, ma anche di distanza. Pietro ha sempre cercato di affermare la propria identità artistica lontano dall’ombra paterna, scegliendo il rap come genere d’espressione, in contrasto con il pop melodico di Morandi padre.
Questa scelta è stata, in parte, una strategia per “entrare dalla porta retro senza avere paragoni”, una via per non cadere nella “sindrome da impostore”. Il fatto che i suoi genitori abbiano appreso della sua battaglia con la salute mentale attraverso le interviste rilasciate per l’uscita dell’album sottolinea la discrezione, o forse la difficoltà di comunicazione, che ha caratterizzato il loro legame su certi argomenti. “Non siamo di grandi parole a casa mia”, ha ammesso Pietro, rivelando che il padre ha espresso il suo apprezzamento per il disco con una sintetica ma significativa frase: “Il disco gli è piaciuto”.
Questa dinamica familiare, sebbene comune a molti, assume una risonanza particolare quando uno dei protagonisti è una figura pubblica di tale calibro. L’artista ha sempre ribadito di non voler sfruttare la popolarità del padre; al contrario, ha cercato di farsi strada con la propria voce, accettando il fardello ma cercando di trasformarlo in stimolo. Una riflessione interessante emerge anche dal suo proposito di partecipare a Sanremo, una manifestazione carica di aspettative: “A Carlo Conti aveva proposto il brano ‘Verità’, ma non è andato”.
Gianni Morandi ha avuto un’influenza dominante, con Pietro che afferma di aver imparato valori fondamentali, come quello dei soldi e della perseveranza. Tuttavia, il giovane artista cerca sempre di tracciare il suo percorso distintivo.
(Fonte: Libero, analisi della carriera di Tredici Pietro)
La sua prospettiva sul Festival di Sanremo è emblematica di questo approccio: pur non escludendo una partecipazione futura con un brano che lo rispecchi, ha manifestato il timore di apparire “raccomandato”, soprattutto considerando la frequente presenza di Morandi sul palco dell’Ariston. Questo desiderio di autenticità e di meritocrazia è un punto fermo nella sua carriera, un principio guida che lo spinge a un continuo lavoro di introspezione e auto-miglioramento, supportato anche dalla terapia che gli ha permesso di “essere me stesso”.
La salute mentale nel panorama contemporaneo: un invito alla consapevolezza
La storia di Tredici Pietro si inserisce in una cornice culturale sempre più focalizzata sulla salute mentale, soprattutto fra i giovani adulti. Ciò che egli ha rivelato non è semplicemente un segno distintivo del suo personale coraggio; piuttosto funge da forte spinta alla riflessione collettiva, stimolando una discussione approfondita su come le attese sociali opprimenti e il peso dei traumi irrisolti possano alimentare atteggiamenti disfunzionali.
Secondo gli studi nell’ambito della psicologia cognitiva e comportamentale, il fenomeno dell’autolesionismo viene frequentemente visto come una strategia inadatta per affrontare le difficili esperienze emotive: esso emerge quale tentativo estremo di controllare emozioni tumultuose che sembrano sfuggire al dominio razionale. L’assenza di senso compiuto nella vita quotidiana coincide con stati d’animo quali ansia profonda o depressione – condizioni delineate dalle parole dello stesso Pietro – tutti elementi prevalenti nei contesti contemporanei secondo ricerche recenti riguardanti la salute psico-emotiva e le anomalie lavorative; essa mette ulteriormente in evidenza quanto sia urgente prestare attenzione a questi argomenti vitali all’interno della nostra realtà odierna contraddistinta da ritmi frenetici ed esigenze crescenti.
Nel 2024, oltre 16 milioni di italiani riferiscono disturbi psicologici, con un incremento del 6% rispetto al 2022; il 10% degli individui lamenta episodi di ansia e depressione.
(Fonte: Ministero della Salute, e analisi Unicusano)
A livello più avanzato, il caso di Tredici Pietro può essere analizzato attraverso la lente della teoria dell’attaccamento e dell’influenza delle figure genitoriali sull’autostima e sulla formazione dell’identità. Un’ombra paterna “dappertutto” e la difficoltà di comunicazione possono creare un “disagio psicologico” che impedisce lo sviluppo di un sé autonomo e resiliente. L’assenza di un dialogo aperto sulle proprie difficoltà finché non raggiungono un punto di crisi (“all’oscuro della famiglia”) evidenzia una possibile mancanza di strumenti per una regolazione emotiva sana e un ambiente di condivisione sicura.
L’album “Non guardare giù” diventa così un invito non solo a lui stesso, ma a tutti a non “guardare giù”, a non fermarsi a dare peso a ciò che non ha senso, a non bloccarsi di fronte alle incertezze della vita. È un monito a cercare “musica di valore”, nel senso più ampio del termine: la musica come terapia, la verità come liberazione, la fragilità come forza. In un’epoca dove l’immagine e l’apparenza sembrano dominare, la testimonianza di Tredici Pietro ci ricorda che la vera resilienza risiede nella capacità di affrontare le proprie vulnerabilità, di chiedere aiuto e intraprendere un percorso di auto-scoperta.
- salute mentale: condizione psicologica che influisce sul modo in cui una persona pensa, sente e si comporta.
- nepo-baby: termine che indica i figli di celebrità che accedono a carriere in ambiti simili a quelli dei genitori.
- mischione di sostanze: uso di diversi farmaci o psicofarmaci, spesso usato in contesti di disagio o autolesionismo.