Trauma narrativo: come riscrivere la tua storia per guarire?

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  • Il PTSD colpisce dall'1% al 9% della popolazione generale.
  • Strategie di coping disfunzionali, come l'evitamento, peggiorano la situazione.
  • La Terapia dell'Esposizione Narrativa (NET) reintegra le esperienze traumatiche.

Il verbo “ricordare”, dal latino recordare, “rinnovare nel cuore”, porta in sé l’eco della concezione aristotelica della memoria, radicando i processi mnemonici non solo nel cervello ma anche nel cuore, sede delle emozioni. Questa visione suggerisce come il ricordo sia un atto di costruzione, mediato dal sentire, ben lontano dalla mera registrazione e rievocazione di dati. La mente umana è costantemente impegnata in questo sforzo di edificare e preservare contenuti che si rivelano utili per navigare la complessità del quotidiano: decidere, risolvere problemi, comprendere il linguaggio. Tuttavia, non tutti i ricordi svaniscono quando la loro utilità si esaurisce. Alcuni, legati a eventi dolorosi e dirompenti, si cristallizzano, reiterandosi in modo disfunzionale e diventando autentiche ferite psicofisiche. È qui che emerge la nozione di “trauma narrativo”, ovvero il modo in cui un individuo interiorizza e racconta a se stesso e agli altri un’esperienza traumatica, influenzando profondamente la struttura della propria identità e la percezione del sé.

La memorizzazione è un processo intriso di complessità, scaturito dall’interazione tra fattori percettivi, linguistici ed emotivi, strutturato in tre fasi distinte: codifica, ritenzione e recupero. La codifica non è una registrazione passiva ma una rielaborazione attiva del contenuto, che seleziona gli aspetti ritenuti significativi. La ritenzione è il lasso di tempo in cui il contenuto permane nella mente prima della sua riattivazione, il recupero, sia essa verbale o applicativa. Esiste una forma particolare di memoria, quella autobiografica, che riguarda le esperienze e le conoscenze legate alla propria storia di vita. Studi recenti evidenziano come il nostro passato sia in realtà una costruzione, un’interpretazione, piuttosto che una fedele riproduzione degli eventi. Un esempio lampante di questo processo costruttivo sono le “memorie lampo” (flashbulb memories), ricordi vividi e dettagliati associati a eventi emotivamente carichi, siano essi pubblici e traumatici come l’attentato alle Torri Gemelle, o privati. La persistenza di questi ricordi, spesso ricchi di particolari come il momento, il luogo e le emozioni vissute, non è solo dovuta all’impatto iniziale, ma è costantemente alimentata dalla riflessione, dalla discussione e dalla rivisitazione dell’evento. Le neuroscienze parlano di plasticità neurale per descrivere questa capacità del cervello di creare e rafforzare connessioni in base all’esperienza, mantenendo attivi i circuiti neuronali associati ai ricordi significativi.

Il processo di costruzione narrativa dell’identità, influenzato dalla memoria autobiografica, è particolarmente vulnerabile quando l’individuo è esposto a traumi psicologici. Queste esperienze, spesso radicate nell’infanzia, possono lasciare cicatrici profonde che si riflettono nell’età adulta. La parola “trauma” stessa, dal greco “ferita”, evoca una lacerazione. Un abbandono, un atto violento, un lutto insostenibile alterano radicalmente la percezione del mondo, trasformandolo da luogo giusto e sicuro a un ambiente minaccioso e privo di significato. Sebbene l’essere umano possieda una naturale capacità di resilienza, talvolta l’elaborazione spontanea di un trauma fallisce, portando allo sviluppo del Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD). Il PTSD, un fenomeno in preoccupante crescita a causa del moltiplicarsi di eventi socio-politici destabilizzanti e calamità naturali, imprigiona l’individuo in un passato che continua a invadere il presente con incubi, flashback, immagini intrusive, suoni e odori legati all’evento traumatico.

Statistiche recenti indicano che la prevalenza del PTSD nella popolazione generale oscilla dall’1% al 9%, ma può raggiungere il 50-60% in specifici sottogruppi esposti a traumi gravi, come in contesti di violenza organizzata o calamità naturali. [Epidemiologia degli eventi traumatici e del Disturbo post-traumatico]

Strategie di coping e il loro impatto sulla narrazione del SÉ

Di fronte a un trauma e al rischio di sviluppare PTSD, l’individuo mette in atto diverse strategie di coping, ovvero meccanismi di difesa per affrontare la sofferenza. Una delle reazioni più comuni, e paradossalmente disfunzionali, è il tentativo di dimenticare, di rimuovere il ricordo traumatico. Come suggeriva Michel de Montaigne, “Niente fissa una cosa così intensamente nella memoria come il desiderio di dimenticarla”. Più si cerca di scacciare un ricordo, più esso si radica, diventando un chiodo fisso nella mente. Questa lotta interna si traduce spesso in comportamenti di evitamento: si evitano luoghi, persone, situazioni che possano in qualche modo richiamare l’evento traumatico. L’esito è una progressiva restrizione della propria esistenza, un isolamento crescente che non solo non riduce la paura, ma mina la fiducia nelle proprie capacità di affrontare la vita e limita l’autonomia.

Un’altra strategia di gestione del trauma, almeno inizialmente efficace, è il ricorso all’aiuto degli altri. Richiedere compagnia in luoghi percepiti come pericolosi, cercare continue rassicurazioni o semplicemente trovare ascolto sono meccanismi comprensibili. Tuttavia, delegare eccessivamente la gestione degli effetti del trauma ad altri può portare a una spirale di dipendenza, riducendo ulteriormente l’autonomia dell’individuo e peggiorando la situazione. Queste strategie, pur comprensibili nel contesto della sofferenza, contribuiscono a mantenere viva la narrazione disfunzionale del trauma, confermando l’individuo nella sua identità di vittima limitata e impotente.

Definizione di Trauma Narrativo: Il trauma narrativo è il modo attraverso cui un individuo interiorizza e racconta a se stesso e agli altri un’esperienza traumatica. Questa narrazione può influenzare profondamente la struttura della propria identità e la percezione del sé.

Parallelamente, la costruzione dell’identità narrativa diviene centrale nel comprendere come il passato traumatico plasmi il presente. La concezione dell’identità viene intesa non come una realtà fissa ma piuttosto come un dynamismo del processo interpretativo individuale. Secondo la teoria elaborata da autori del calibro di Paul Ricoeur ed Alasdair MacIntyre, ciò implica che ciascun individuo costruisce la propria comprensione attraverso le narrazioni personali derivanti dall’esperienza vissuta. Tali storie sono fondamentali poiché conferiscono stabilità e apportano senso all’esistenza umana, collegando le esperienze passate al presente per orientare lo sguardo verso il futuro. Nella sua analisi approfondita, Ricoeur evidenzia quest’identità quale espressione di una tensione equilibrante tra due poli: da un lato vi è l’ipse, rappresentante della trasformazione temporale del sé; dall’altro vi è l’idem, simbolo delle costanti intrinseche all’individuo. Questa dialettica si mantiene grazie alla funzione narrativa che permette agli individui di riunire i pezzi della propria storia personale, rendendo possibile una visione cosciente degli obiettivi futuri. Tuttavia, eventi traumatici possono stravolgere tale tessuto narrativo, causando fratture nella memoria; pertanto, chi ne subisce gli effetti si trova a confrontarsi con una trama autobiografica caratterizzata dalla dispersione del significato emotivo anziché da uno sviluppo armonioso identitario determinato dal trauma subito.

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  • ✨ Ottimo articolo! Mi ha fatto riflettere su come......
  • 🤔 Interessante l'approccio, ma mi chiedo se sia......
  • 💔 Parlare di 'riscrivere la storia' mi sembra riduttivo... ...

La terapia narrativa: riscrivere la storia per guarire

Le terapie a orientamento narrativo emergono come un approccio particolarmente indicato per l’elaborazione degli eventi traumatici. L’obiettivo non è rimuovere il trauma, ma aiutarlo a dargli un nuovo significato. Attraverso la rilettura dell’episodio in un contesto terapeutico sicuro e di fiducia, si lavora per ricostruire una visione più positiva di sé e del mondo. Il terapeuta crea un ambiente accogliente e privo di giudizio, essenziale per permettere la condivisione della storia e delle emozioni legate al trauma. Questa atmosfera di fiducia è il terreno fertile su cui può germogliare la guarigione.

I colloqui iniziali sono cruciali. La persona traumatizzata vive spesso un senso di urgenza e un disperato bisogno di aiuto, ma al contempo fatica a innescare un cambiamento. Il terapeuta deve saper trasmettere empatia e al contempo presentarsi come un professionista competente, capace di fornire gli strumenti necessari per l’elaborazione. La costruzione di un’alleanza terapeutica solida è fondamentale per la riuscita del percorso, che spesso include la tecnica del “romanzo del trauma” o Terapia dell’Esposizione Narrativa (NET).

La Terapia dell’Esposizione Narrativa (NET) è un approccio breve sviluppato per il trattamento del PTSD, in particolare tra le vittime di violenza organizzata, grazie alla sua capacità di integrare le esperienze traumatiche in una narrazione coerente della vita. [Ipsico]

Il romanzo del trauma: una tecnica per ricollocare il passato

La Terapia dell’Esposizione Narrativa (NET), utilizzata nel trattamento del PTSD e dei traumi multipli, in particolare quelli legati a violenze organizzate e sistematiche, si basa sulla narrazione dettagliata degli eventi traumatici. Un elemento cruciale è chiedere al paziente di mettere per iscritto quotidianamente tutti i ricordi legati al trauma: immagini, percezioni, sensazioni fisiche, emozioni, pensieri. Questo processo, che inizialmente può essere estremamente doloroso, mira a esternalizzare i ricordi intrusivi e a favorire un effetto di “abituazione”: cercando attivamente i ricordi che prima venivano subiti passivamente, il potenziale traumatico del racconto diminuisce. Redigere il “romanzo del trauma” consente un progressivo distacco dalla paura, dal dolore e dalla rabbia associati all’evento, permettendo una sua ricollocazione nel passato. La consegna degli scritti al terapeuta al termine dell’esercizio assume anche un valore simbolico, un rito di passaggio nella liberazione dal passato.

Parallelamente al romanzo del trauma, viene spesso prescritta la “tecnica della congiura del silenzio”, chiedendo alla persona di smettere di parlare del trauma nella vita di tutti i giorni. Questo sposta la pressione del malessere negli scritti, liberando le relazioni interpersonali dal peso del passato. L’esperienza dei pazienti che seguono questa prescrizione mostra spesso un rapido decremento degli incubi, dei flash e degli incubi, e un progressivo ritorno alla propria vita, interrompendo gli evitamenti e ritrovando la fiducia nelle proprie risorse. La terapia narrativa, in questo senso, trasforma la ferita in una cicatrice, permettendo alla persona di riappropriarsi della propria naturale resilienza.

Considerare storie personali come quella di Miley Cyrus o Eleonora Pedron alla luce del concetto di trauma narrativo può offrire spunti interessanti. Senza addentrarci in analisi cliniche non pertinenti, è innegabile che le loro esperienze di vita, caratterizzate da eventi significativi, abbiano plasmato le loro narrazioni personali. Miley Cyrus – il cui nome anagrafico è Destiny Hope Cyrus – è cresciuta sotto l’occhio attento dei riflettori sin dalla tenera età. Il suo percorso da simbolo della Disney a personalità complessa frequentemente oggetto di controversie segna distintivamente la sua carriera pubblica. Le sue vicissitudini sono continuamente rivisitate dai media così come dal pubblico stesso, contribuendo alla formazione della sua auto-percezione nel corso degli anni. In modo parallelo si situa la storia di Eleonora Pedron: essa ha vissuto tragedie familiari impossibili da concepire durante i suoi primi anni; a soli nove anni subì il lutto per la perdita della sorella in un incidente drammatico e dieci anni più tardi dovette confrontarsi con la morte del padre avvenuta anch’essa accidentalmente. Recentemente, infatti, si è iscritta all’università con l’obiettivo di conseguire una laurea in Psicologia ed ha redatto una tesi che esplora le ferite lasciate dalla propria esperienza personale: tale scelta testimonia indubbiamente uno sforzo profondo per comprendere queste dolorose vicende ed attribuirvi nuovo senso. Questi tragitti narrativi possiedono una ricca varietà ma soprattutto rivelano come il racconto individuale sia ben più che un mero catalogo biografico: esso diviene uno strumento dinamico capace d’influenzare attivamente sia il nostro presente sia quello che ci aspetta nel futuro.

Oltre la cicatrice: il futuro possibile della narrazione del trauma

Una nozione fondamentale della psicologia cognitiva e comportamentale applicata al trauma è che le nostre reazioni emotive e comportamenti sono spesso una risposta non tanto all’evento oggettivo, ma alla nostra personale interpretazione di esso. Detto in modo semplice, non è l’evento in sé a causare la sofferenza duratura, ma il significato che gli attribuiamo e la storia che costruiamo intorno ad esso. Questa è una nozione base, quasi intuitiva se ci si pensa bene, ma potentissima nella sua implicazione: se la nostra sofferenza deriva dalla storia che raccontiamo, forse possiamo cambiare la storia.

A un livello più avanzato, si può considerare il concetto di “impingement” esplorato da Russel Meares, ossia l’impatto invadente che le esperienze traumatiche hanno sulla narrazione del sé. Il trauma non è un semplice capitolo doloroso nella vita, ma può diventare un filtro attraverso cui si vede e si interpreta ogni altra esperienza, distorto la propria identità e la propria relazione con il mondo. La terapia narrativa, e in particolare tecniche come la NET, lavorano per decongestionare questo “impingement”, per separare l’evento traumatico dalla totalità dell’identità, restituendo alla persona la possibilità di narrarsi in modi più complessi e ricchi, che includano anche le esperienze belle, le risorse e i successi, non lasciando che il trauma definisca integralmente chi si è.

Forse, riflettere sulla propria storia, sulle narrazioni che usiamo per descrivere noi stessi e le esperienze che ci hanno segnato, è il primo passo. Siamo gli autori delle nostre vite, anche se a volte la trama sembra predeterminata dagli eventi. Ma anche nei momenti più bui, esiste sempre la possibilità di inserire un nuovo paragrafo, di cambiare il punto di vista, di cercare quel filo conduttore che, pur riconoscendo la ferita, ci mostri ancora capaci di tessere un futuro ricco di nuove possibilità. La storia non finisce con il trauma; continua, e siamo noi a decidere come scriverla.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo Post Traumatico da Stress, una condizione psichica che può svilupparsi dopo aver vissuto o assistito a un evento traumatico.
  • Plasticità neurale: si riferisce alla dote innata del cervello di adattarsi e trasformarsi a seguito delle esperienze vissute.
  • Terapia narrativa: è un metodo terapeutico basato sull’uso della narrazione personale per affrontare e rielaborare traumi passati.

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