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Sindrome della rassegnazione: perché colpisce soprattutto i bambini rifugiati in Svezia?

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  • La sindrome colpisce prevalentemente bambini tra gli 8 e i 15 anni.
  • Riconosciuta ufficialmente dal 1° gennaio 2014 dal Consiglio svedese.
  • Nei casi gravi, si raggiunge uno stato di torpore che dura mesi o anni.

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Un’analisi approfondita di un disturbo complesso

La Sindrome della Rassegnazione, una condizione psicologica debilitante che conduce a una marcata riduzione della coscienza, ha destato crescente attenzione negli ultimi decenni. Originariamente osservata in Svezia negli anni ’90, questa sindrome colpisce prevalentemente bambini e adolescenti, in particolare quelli provenienti da contesti di migrazione e richiedenti asilo. La fascia d’età più vulnerabile sembra essere quella tra gli 8 e i 15 anni, con un’età media di insorgenza di 11,5 anni. Il trauma legato alle violenze nei paesi d’origine, alle difficoltà del processo migratorio e all’incertezza del futuro si configura come il principale fattore scatenante.

Sebbene la dottoressa Anna-Lisa Annell avesse descritto una condizione simile già nel 1958, la sindrome della rassegnazione è stata ufficialmente riconosciuta solo a partire dal 1° gennaio 2014 dal Consiglio nazionale svedese per la salute e il benessere. Un aspetto peculiare è la concentrazione dei casi in Svezia, con segnalazioni limitate in altri paesi europei. Tuttavia, recenti rapporti dall’Australia indicano la presenza di sintomi simili in bambini rifugiati, sollevando interrogativi sulla reale diffusione geografica di questa sindrome. È interessante notare come manifestazioni analoghe siano state riscontrate in giovani deportati nei campi di concentramento nazisti, suggerendo una possibile connessione con esperienze traumatiche estreme.

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Eziologia e Sintomatologia: Un quadro clinico complesso

I minori affetti dalla sindrome della rassegnazione sono spesso testimoni di violenze atroci nei loro paesi d’origine. Una volta migrati, continuano a convivere con ansie e paure legate all’abbandono della propria terra, alla permanenza in centri di detenzione, alla perdita di figure di riferimento e al rischio di vedersi negata la richiesta d’asilo. Questa costante incertezza genera insicurezza, ansia, confusione e, infine, rassegnazione. *La rinuncia al coinvolgimento attivo nel mondo esterno si manifesta come una forma di autodifesa inconscia, un mezzo per sfuggire a una condizione mentale insostenibile. La presenza di disturbi mentali in famiglia e la mancanza di un adeguato supporto sociale e psicologico possono ulteriormente aggravare la condizione.

La sindrome si manifesta inizialmente con sintomi di ansia e depressione, caratterizzati da apatia e letargia. Progressivamente, i bambini diventano irritabili, si isolano e mostrano riluttanza a partecipare alle attività quotidiane. Oppongono resistenza a qualsiasi tentativo di aiuto, cessano di deambulare, di parlare e di nutrirsi, cadendo in uno stato di debolezza, incontinenza e insensibilità agli stimoli esterni. Nei casi più gravi, si raggiunge uno stato di profondo torpore e incoscienza che può protrarsi per mesi o addirittura anni. In base alla reattività agli stimoli, i sintomi possono essere classificati in due gradi: il grado 1, in cui i bambini mostrano qualche risposta agli stimoli, e il grado 2, in cui si verifica una completa assenza di reazione. Talvolta, si possono presentare anche accelerazione del battito cardiaco, innalzamento della temperatura corporea, copiosa sudorazione e respiro affannoso. La remissione della sindrome avviene gradualmente, con il ripristino delle funzioni cognitive e motorie.

Diagnosi e Trattamento: Un approccio multidisciplinare

La diagnosi della sindrome della rassegnazione richiede un’attenta valutazione clinica e l’esclusione di altre patologie mediche o psichiatriche. L’iter diagnostico prevede solitamente uno screening tossicologico, un’intervista anamnestica con l’ausilio di un interprete e, in alcuni casi, una risonanza magnetica. È fondamentale escludere condizioni come il disturbo da stress post-traumatico, la depressione grave con catatonia e il disturbo di conversione/dissociazione.
Il trattamento della sindrome della rassegnazione si basa su un approccio multidisciplinare che coinvolge medici, psicologi, assistenti sociali e altri professionisti. Nella fase acuta, è essenziale garantire il supporto vitale, fornendo nutrizione artificiale, reidratazione endovenosa e monitoraggio delle funzioni corporee. Parallelamente, è fondamentale avviare un percorso psicoterapeutico individuale e familiare, volto a rielaborare le emozioni negative associate all’esperienza traumatica e a favorire l’integrazione nel nuovo ambiente. Il supporto sociale, sia per il bambino che per la sua famiglia, riveste un ruolo cruciale. Non esistono trattamenti farmacologici specifici per la sindrome della rassegnazione, ma in alcuni casi possono essere prescritti farmaci per gestire i sintomi associati, come l’ansia e la depressione.

Oltre la Rassegnazione: Un futuro di speranza e resilienza

La sindrome della rassegnazione rappresenta una sfida complessa per il sistema sanitario e per la società nel suo complesso. È fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica su questa condizione e promuovere interventi precoci e mirati per prevenire e curare la sindrome. L’accoglienza, l’integrazione e il supporto psicologico sono elementi chiave per aiutare i bambini e gli adolescenti a superare il trauma e a costruire un futuro di speranza e resilienza. La concessione del permesso di soggiorno, pur non essendo una panacea, può rappresentare un importante passo verso la stabilizzazione della situazione familiare e il ripristino della fiducia nel futuro.

La sindrome della rassegnazione ci ricorda la fragilità dell’infanzia di fronte a eventi traumatici e la necessità di proteggere e sostenere i bambini e gli adolescenti che vivono in condizioni di vulnerabilità.

Un concetto base di psicologia cognitiva applicabile a questo tema è quello di “schema”. Uno schema è una struttura mentale che organizza la conoscenza e le aspettative di un individuo riguardo al mondo. Nel caso dei bambini affetti dalla sindrome della rassegnazione, gli eventi traumatici vissuti possono alterare profondamente i loro schemi, portandoli a percepire il mondo come un luogo pericoloso e imprevedibile.

Un concetto più avanzato è quello di “codifica predittiva”, una teoria che suggerisce che il cervello costruisce modelli del mondo e cerca di prevedere gli eventi futuri. Quando le aspettative non corrispondono alla realtà, si genera un errore che il cervello cerca di correggere. Nella sindrome della rassegnazione, la mancata corrispondenza tra le aspettative di sicurezza e accoglienza e la realtà traumatica può portare a un blocco del sistema di codifica predittiva, con conseguente ritiro dal mondo.*

Riflettiamo su come le nostre azioni e le nostre politiche possono influenzare la salute mentale dei bambini rifugiati e su come possiamo creare un ambiente più accogliente e supportivo per loro. La sindrome della rassegnazione è un campanello d’allarme che ci invita a prenderci cura dei più vulnerabili e a costruire un futuro in cui tutti i bambini possano avere la possibilità di realizzare il loro pieno potenziale.


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