- L'oms indica che il 15% dei lavoratori soffre di disturbi mentali.
- Ogni anno si perdono 12 miliardi di giornate lavorative per depressione e ansia.
- calo dell'indice di salute mentale giovanile: da 73.9 (2020) a 69.5 (2023).
Il fenomeno comunemente etichettato come “sindrome da rientro” o “post-vacation blues” è molto più di una semplice malinconia passeggera legata alla fine delle ferie. Sebbene non sia riconosciuta come una patologia clinica vera e propria, essa rappresenta una risposta psicofisica transitoria che si manifesta con un insieme di sintomi che vanno dall’ansia e l’umore deflesso alla malinconia, irritabilità, mal di testa e persino calo dell’attenzione e apatia. Questa condizione, che può insorgere da poche ore a pochi giorni dopo il ritorno alla routine, suggerisce una fragilità di fondo nell’adattamento dell’individuo alle sfide della quotidianità moderna.
Tradizionalmente, le vacanze offrono un periodo di stacco che dovrebbe ricaricare e migliorare il benessere generale. Tuttavia, il ritorno repentino ai ritmi frenetici del lavoro e della vita sociale, spesso connotati da stress e iper-impegno, può scatenare un impatto negativo significativo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evidenziato come le condizioni lavorative stressanti e precarie, unitamente a pregiudizi, discriminazioni e molestie, costituiscano gravi rischi per la salute mentale. Di fatti, il 15% della popolazione mondiale che lavora è affetto da un disturbo mentale, e si stima che entro il 2030, i disturbi mentali supereranno le patologie cardiovascolari come causa principale di disagio globale. Questo scenario drammatico rivela come la “sindrome da rientro” possa essere la punta dell’iceberg di problematiche più profonde, legate a un ambiente sociale e lavorativo sempre più logorante. La perdita di significato, l’incertezza economica e la precarizzazione del lavoro, unite all’isolamento sociale e all’onnipresente competitività, contribuiscono a un senso di vuoto e angoscia diffuso, specialmente tra i giovani. Questi fattori non solo esacerbano i sintomi della “malinconia da rientro”, ma suggeriscono una più ampia crisi esistenziale, trasformando un semplice disagio post-vacanza in un significativo indicatore di malessere sociale e individuale.

Precarietà, stress e la crisi della salute mentale nel mondo del lavoro
La correlazione tra la precarietà lavorativa, lo stress e la salute mentale è oggi un tema di cruciale rilevanza, con implicazioni profonde per la società contemporanea. L’OMS ha enfatizzato che un “lavoro dignitoso” è essenziale per la salute mentale, e al contrario, ambienti lavorativi scadenti, caratterizzati da discriminazioni e un carico eccessivo, pongono gravi rischi. In Italia, la Società Italiana di Psichiatria (SIP) ha lanciato un allarme: la depressione e i disturbi mentali stanno raggiungendo numeri “da pandemia”. Si stima che ogni anno a livello globale si perdano circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione e ansia, con un costo pari a 1 trilione di dollari annui in termini di perdita di produttività.
Questa crisi è ulteriormente aggravata dalla precarietà professionale, che incide in modo significativo sul benessere psicologico. Il lavoro precario, i salari bassi e l’assenza di orari definiti, tipici di molti settori, inclusi quello artistico, lasciano i lavoratori in uno stato di costante incertezza. Stando a quanto riportato in un documento ufficiale dell’amministrazione spagnola, si riscontra una correlazione diretta tra precarietà occupazionale e incremento dei disturbi psicologici; emerge infatti un rischio notevolmente maggiore di incorrere in episodi depressivi all’interno delle realtà professionali instabili. Inoltre è allarmante osservare che circa il 40% degli individui italiani nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni riconosce gravi difficoltà legate alla propria sanità mentale: sentimenti d’ansia intensa, episodi da burnout e frustrazione caratterizzano fortemente le loro esperienze quotidiane. Queste problematiche non solo compromettono l’equilibrio economico generale ma intaccano anche le speranze riguardo al futuro, oltreché le capacità progettuali nel lungo periodo – elementi chiave per mantenere uno stato psicologico sano. Sebbene l’era digitale possa portare vantaggi significativi, si presentano contestualmente nuove sfide che richiedono attenzione rivolta verso gli effetti sulla sanità mentale degli impiegati; sussistono sempre nuovi rischi psicosociali destinati ad emergere incessantemente. In tale contesto va segnalato l’appuntamento annuale dedicato alla salute e alla sicurezza nei luoghi lavorativi promosso dall’ILO, che sottolinea l’urgenza nell’affrontare queste criticità.
In questo scenario complesso, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato chiaramente come la cura della nostra salute mentale costituisca uno snodo cruciale dentro cui si iscrive integralmente la qualità generale del nostro benessere; essa viene descritta non solo come necessaria bensì indispensabile affinché ciascuno possa vivere senza affanni o squilibri. Il Presidente mette altresì in rilievo quanto siano deleteri i detrattori sociali, alimentando bias informativi diffusi, molto spesso causa principale delle resistenze all’accesso ai servizi clinici specializzati. Le persone affette da disturbi mentali significativi si trovano frequentemente escluse dalla sfera lavorativa o impegnate in occupazioni precarie e scarsamente remunerative, caratterizzate dalla mancanza delle necessarie garanzie. Ciò contribuisce a perpetuare una spirale negativa fatta di emarginazione e sofferenza psicologica. Negli ultimi anni si è assistito a una preoccupante contrazione dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) italiani: il numero degli stessi è sceso da 183 nel 2015 a 139 nel 2023, mentre si prevede l’insorgenza di un deficit pari a mille psichiatri nell’arco dell’anno successivo. Questa situazione sta costringendo molti pazienti a fronteggiare l’assenza delle cure necessarie. Pertanto, appare imperativo che le istituzioni implementino strategie mirate all’inserimento professionale per gli individui affetti da problematiche legate alla salute mentale; allo stesso modo, è essenziale offrire sostegno ai dipendenti che fanno ritorno al lavoro dopo periodi d’assenza provocati dai suddetti disturbi, generando così ambienti lavorativi più salubri e inclusivi.
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L’erosione dei valori e il senso di vuoto nella società contemporanea
La società contemporanea si trova ad affrontare una profonda crisi di valori e una crescente perdita di significato, fenomeni che contribuiscono in modo significativo al malessere individuale e sociale. Negli ultimi decenni, una serie di trasformazioni sociali, economiche e culturali ha profondamente alterato il nostro modo di vivere e relazionarci con il mondo. La cultura dell’ansia ha preso piede, alimentata da aspettative sociali che ci spingono a misurare il nostro valore sulla base di parametri esterni.
- Crisi dei valori: crisi nella quale i valori tradizionali perdono significato, causando disorientamento e disagio sociale.
- Ansia: stato emotivo di preoccupazione e tensione, spesso accompagnato da sintomi fisici.
Al centro di questa crisi vi è un’allarmante erosione dei pilastri valoriali che un tempo fungevano da fondamenta per le comunità. L’interconnessione globale e la velocità dei cambiamenti tecnologici hanno trasformato radicalmente le interazioni umane e la percezione di sé. La modernità ha promesso di liberarci dai vincoli del passato, ma ciò ha lasciato un vuoto di significato e identità, e il risultato è un senso di disorientamento. La competizione sfrenata e l’individualismo hanno distrutto il senso di comunità, spingendo le persone a percepire l’altro come un rivale piuttosto che come un compagno.
Il “senso di vuoto” è diventato una condizione comune, un’angoscia esistenziale che attanaglia l’individuo, distolto dalla superficialità della dimensione mondana e confrontato con il dolore della solitudine. Questa “nevrosi da perdita di senso”, come definita da Frankl, si manifesta in situazioni dove la ricerca di un significato più profondo è ostacolata da un ambiente che enfatizza la competizione e l’alienazione, piuttosto che la solidarietà e l’autenticità. Il processo di individuazione, cruciale per lo sviluppo psicologico, fatica a trovare spazio in una società post-moderna che spesso ignora la relazione diretta tra l’individualità e l’ambiente circostante.
Un futuro di benessere: oltre lo stress e la perdita di significato
Per affrontare le sfide della salute mentale nella società contemporanea, è essenziale adottare un approccio olistico e integrato che trascenda la mera gestione dei sintomi. La “sindrome da rientro”, così come l’aumento dei disturbi mentali legati al lavoro, alla precarietà e alla perdita di significato, non sono fenomeni isolati, ma manifestazioni di una più ampia crisi che richiede una riflessione profonda e azioni concrete.
Dal punto di vista della psicologia cognitiva, la ristrutturazione cognitiva può essere un potente strumento per affrontare il “post-vacation blues” e altri disagi esistenziali. Spesso, il ritorno alla routine è accompagnato da pensieri automatici negativi come “non sarò mai felice come in vacanza” o “il lavoro è un peso insormontabile”. Identificare e mettere in discussione questi pensieri, sostituendoli con valutazioni più realistiche e strategie di coping attive, può trasformare la percezione della realtà. Ad esempio, invece di concentrarsi sulla perdita della libertà delle vacanze, si può riflettere sulle opportunità di crescita professionale o sui legami sociali che il lavoro offre. A uno stadio superiore dell’intervento terapeutico, si evidenzia l’importanza della terapia cognitivo-comportamentale (TCC) associata alla mindfulness, che si presenta come un’ottima risorsa. Attraverso tale pratica, gli individui imparano a vivere intensamente l’istante presente e ad abbracciare i loro pensieri e sentimenti senza alcun pregiudizio. Quest’approccio emerge come particolarmente efficace per coloro che sperimentano ansia da reinserimento o avvertono sensazioni di vacuità interiore. L’esercizio della consapevolezza respiratoria oppure dell’osservazione serena dei propri pensieri offre strumenti preziosi per disconnettersi dal ciclo infelice del rimuginio, facilitando così una nuova connessione col momento attuale.
Unendo insieme TCC e pratiche mindful essenzialmente mirate all’autoregolazione emozionale, questa modalità terapeutica orienta le persone nella riconoscibilità degli elementi propulsori dello stress stesso; al contempo sviluppa strategie comportamentali ottimizzate: tali interventi includono organizzazioni significative nei momenti post-lavorativi o tecniche idonee alla gestione temporale onde evitare un surplus irritante di impegni quotidiani. Pertanto, la messa in luce del malessere interiore – spessissimo ancorato alla concezione della vita priva di significato – torna ad affiorare proprio grazie allo scouting personale dell’autenticità verso ciò che realmente conta nel viaggio individuale verso il compimento personale.
Anno | Indice di Salute Mentale (14-19 anni) |
---|---|
2020 | 73.9 |
2021 | 70.3 |
2022 | 71.0 |
2023 | 69.5 |
Nell’aprile 2024, è stato riportato che l’indice di salute mentale tra i giovani ha subito un calo significativo, passando da 73.9 nel 2020 a 69.5 nel 2023.
Il recupero di valori autentici e la ricostruzione di comunità solide e di supporto sono essenziali per contrastare questa deriva e favorire il benessere individuale e collettivo. In tale contesto, anche le malattie neurodegenerative, spesso anticipate da prodromi comportamentali, evidenziano la necessità di un’organizzazione territoriale efficace che riconosca e supporti il diritto alla salute mentale in tutte le sue sfaccettature. L’attenzione alle fragilità di chi soffre di disagi legati a queste patologie è fondamentale per non lasciare nessuno privo di assistenza e cure.

