- Il 16% dei bambini in terapia intensiva pediatrica ha problemi neurologici acuti.
- Traumi infantili possono ridurre il volume dell'ippocampo dal 2016.
- L'amigdala iperattiva è legata a stress e ansia dal 2002.
- La corteccia cingolata anteriore compromessa influenza il controllo degli impulsi.
La vicenda del bambino di nove mesi ricoverato in condizioni critiche all’Ospedale Santobono di Napoli ha acceso i riflettori su un tema di drammatica attualità: le lesioni cerebrali e i traumi multipli nei neonati. Il piccolo, giunto in eliambulanza il giovedì pomeriggio in condizioni disperate, presentava un quadro clinico allarmante con fratture in diverse parti del corpo e un grave danno neurologico. I sanitari hanno evidenziato come le lesioni scheletriche, tra cui tre costole fratturate e una al femore, apparissero riconducibili a eventi traumatici distinti nel tempo. Questa ipotesi, unita al danno cerebrale acuto, ha portato a considerare l’eventualità di una “sindrome da scuotimento”, una forma di abuso infantile che si verifica quando un neonato viene scosso violentemente. Le conseguenze di tale violenza possono essere devastanti, causando emorragie cerebrali, danni neuronali permanenti e, nei casi più gravi, persino la morte.

La sospensione della responsabilità genitoriale per la madre del bambino da parte del giudice evidenzia la serietà del sospetto e l’avvio di indagini per far luce sull’accaduto. La comunità medica sottolinea la complessità del quadro clinico e la necessità di ulteriori accertamenti diagnostici per comprendere appieno l’estensione e la natura dei danni. Il bambino è stato sottoposto a interventi chirurgici volti a ridurre l’edema cerebrale e rimane sotto stretta osservazione. L’inchiesta della Procura di Lagonegro sta cercando di ricostruire la dinamica degli eventi e il contesto familiare del piccolo, che viveva con la madre.
Vengono esaminati anche eventuali precedenti ricoveri, come quello del 28 maggio, e vengono ascoltate diverse figure vicine al nucleo familiare. Questo tragico episodio ricorda quanto i bambini, soprattutto nei primi mesi di vita, siano vulnerabili e necessitino di protezione e cure amorevoli. Le ferite osservate sul bambino pongono domande angoscianti riguardo alla sicurezza e al benessere dei più giovani all’interno degli ambienti familiari, sottolineando l’urgenza di riconoscere in modo proattivo gli indizi che possano indicare situazioni di abuso o maltrattamento.
L’impatto neurobiologico del trauma infantile
Il trauma psicologico, sperimentato nei primi anni della vita, influisce in modo significativo sullo sviluppo neuronale e sulla sfera delle capacità cognitive. Attraverso studi avvalendosi della risonanza magnetica funzionale (fMRI), si è messo in luce come le esperienze traumatiche infantili possano modificare tanto la conformazione quanto il funzionamento di specifiche aree cerebrali vitali per la gestione delle emozioni e l’esecuzione delle funzioni cognitive elevate. In particolare, l’ippocampo – compartimento chiave per i processi di memoria e apprendimento – potrebbe manifestare una diminuzione del proprio volume negli individui giovani che sono stati sottoposti a traumi, come riportato da indagini effettuate nel 2016 [State of Mind].
L’amigdala, coinvolta nell’elaborazione e nell’integrazione delle informazioni emotive e nella risposta al pericolo, può diventare iperattiva in seguito a traumi precoci. Questa ipereccitabilità può compromettere la capacità di gestire le emozioni e di adattarsi a situazioni stressanti. Ricerche attraverso la PET (2002) hanno correlato un’amigdala iperattiva con l’esperienza di stress e la presenza di sintomi ansioso-depressivi nei bambini che avevano subito abusi. Non solo l’amigdala, ma anche la corteccia prefrontale, essenziale per la pianificazione, il controllo cognitivo e la modulazione delle emozioni, subisce modifiche. Studi condotti nel 2011 e nel 2014 con l’MRI hanno rivelato una riduzione del volume di alcune aree prefrontali in adolescenti che avevano subito abusi fisici o psicologici.
Struttura Cerebrale | Funzione | Impatto del Trauma |
---|---|---|
Ippocampo | Memoria e apprendimento | Riduzione del volume, difficoltà nella memoria |
Amigdala | Regolazione delle emozioni | Ipereccitabilità, difficoltà nella gestione emotiva |
Corteccia prefrontale | Pianificazione e controllo cognitivo | Riduzione del volume e della funzionalità |

Le funzioni metacognitive, ovvero la capacità di monitorare e controllare i propri processi cognitivi e affettivi, sono anch’esse compromesse dal trauma infantile. La letteratura scientifica evidenzia una ridotta capacità di autoregolazione in bambini traumatizzati, manifestata in comportamenti impulsivi e difficoltà nell’adattamento sociale. La fMRI ha mostrato una ridotta connettività tra le aree prefrontali e le regioni limbiche in bambini con esperienze avverse, suggerendo un’alterata autoregolazione emotiva. La teoria della mente, ovvero la capacità di comprendere gli stati mentali altrui, può essere influenzata negativamente dal trauma precoce.
“Il trauma psicologico in età precoce può avere effetti duraturi sul benessere psicologico e fisico, riducendo la capacità di gestire le emozioni.” – [Psicologia Pediatrica]
Altre strutture corticali e subcorticali, come la corteccia cingolata anteriore e lo striato ventrale, svolgono un ruolo cruciale nella regolazione emotiva e nella motivazione. La corteccia cingolata anteriore, che integra stimoli sensoriali e risposte emotive, può presentare un’attività significativamente compromessa nei soggetti infantili che hanno subito traumi, influenzando negativamente la capacità di gestire le emozioni e il controllo degli impulsi.
- Speriamo che Pietro possa ricevere tutto l'amore di cui ha bisogno... ❤️...
- È inaccettabile che esistano persone capaci di tali atrocità... 😡...
- Forse dovremmo concentrarci di più sul supporto alle famiglie... 🤔...
Memoria, trauma e ricordo represso: un legame complesso
La neurobiologia definisce il ricordo come la “memoria”, un magazzino di informazioni acquisite tramite esperienze sensoriali e processi di apprendimento. L’engramma rappresenta il substrato biologico di un singolo evento mnemonico: una specifica configurazione di attività neuronale. La componente emotiva gioca un ruolo cruciale nella formazione della memoria; esperienze cariche di emotività, positive o negative, tendono a fissarsi in modo più stabile, richiedendo meno ripetizioni per essere consolidate.
Il concetto di “ricordo represso”, pur avendo radici nella psicoanalisi freudiana che lo associa a un meccanismo di difesa per proteggere l’individuo da eventi traumatici, trova riscontri complessi (e dibattuti) in ambito neurobiologico. La possibilità di “rimuovere” volontariamente un ricordo è oggetto di studio e recenti ricerche stanno indagando i meccanismi neurali sottostanti. Tuttavia, la connessione diretta tra il concetto freudiano di repressione e specifici processi neurali rimane una questione aperta.
Riflessioni sulla vulnerabilità e la resilienza
La psicologia cognitiva ci insegna che la memoria non è una registrazione fedele della realtà, ma un processo ricostruttivo. Quando un evento traumatico colpisce un cervello in via di sviluppo, particolarmente nei primi anni di vita, le conseguenze possono essere amplificate. Il cervello impara ad adattarsi a un ambiente percepito come minaccioso, potenziando i circuiti legati alla risposta allo stress.

Comprendere la neurobiologia del trauma e del ricordo represso non significa annullare la complessità dell’esperienza umana, ma offre una lente in più per guardare alla sofferenza e per individuare percorsi di cura che integrino la conoscenza scientifica con l’umanità e l’ascolto empatico. La storia del piccolo Pietro, simbolo di tante vittime innocenti, ci interpella profondamente e ci ricorda la responsabilità collettiva di proteggere i più vulnerabili e di creare un ambiente sicuro e amorevole per tutti i bambini.
- Sindrome da scuotimento: forma di maltrattamento fisico che consiste nello scuotere energicamente un bambino, provocando potenziali traumi cerebrali.
- Plasticità cerebrale: capacità del cervello di riorganizzarsi e modificarsi in risposta a esperienze nuove.
Author: Anna Rita Verardo
Publisher: Fioriti Editore
Year: 2020
La vita, in tutta la sua fragilità, ci pone di fronte a sfide immense, e la vicenda del piccolo Pietro è una di quelle che ci scuotono nel profondo. Vedere la sofferenza di un bambino così piccolo ci fa riflettere sulla precarietà dell’esistenza e sull’ombra cupa che può calare sulle vite più innocenti.
La neurobiologia ci offre uno spaccato affascinante e inquietante su come le esperienze traumatiche, soprattutto nei primi anni di vita, possano lasciare un’impronta indelebile nel nostro cervello, alterando le sue intricate architetture e compromettendo il suo fine funzionamento. La nozione di ricordo represso, radicata nella psicoanalisi, si intreccia con la ricerca neurobiologica in un dialogo complesso e ancora in evoluzione. L’idea che eventi traumatici possano essere spinti ai margini della coscienza, pur continuando a influenzare il nostro comportamento, apre scenari affascinanti e, a volte, dolorosi.
La neurobiologia dei ricordi repressi e dei falsi ricordi è un campo di ricerca in continua evoluzione, che cerca di svelare come il cervello elabora e conserva le esperienze, specialmente quelle traumatiche.