Salute mentale: come proteggere i nostri adolescenti dall’ansia?

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  • 1 su 7 adolescenti (10-19 anni) in Italia soffre di disturbi mentali.
  • L'indice di salute mentale è ancora precario a 71,8 nel 2024.
  • Quasi il 50% delle affezioni mentali adulte inizia prima dei 18 anni.

Nel contesto attuale caratterizzato da rapidi cambiamenti sociali ed ecologici, la condizione della salute mentale tra le nuove generazioni emerge come una questione di notevole delicatezza e deterioramento. Le recenti ricerche pubblicate dall’UNICEF Italia in concomitanza con la Giornata Mondiale della Salute Mentale evidenziano una situazione preoccupante: un adolescente su sette nella fascia d’età che va dai 10 ai 19 anni vive con un disturbo mentale accertato. [UNICEF]. Questa cifra non è un mero dato statistico, ma il riverbero di sofferenze silenziose che inficiano la capacità di apprendere, di relazionarsi e, in ultima analisi, di costruire un futuro.

A group of diverse teenagers sitting together in a school setting, engaging in a thoughtful discussion about mental health.

Il recente “Report Card 19 dell’UNICEF Innocenti” ha evidenziato che l’ 18% della popolazione minorile in Italia, pari a circa 1.800.000 individui, presenta problemi di salute mentale. In seguito alla pandemia, il benessere psicologico di giovani e adolescenti è diventato un argomento frequente nel dibattito pubblico. Un altro studio ha mostrato che l’indice di salute mentale è precipitato da 73,9 a 70,3 tra il 2020 e il 2021, e ora, nel 2024, è migliorato solamente a 71,8, mostrando ancora segni di precarietà [Open Polis]. In Italia, nonostante alcuni segnali incoraggianti riguardanti i suicidi giovanili, con il Paese che occupa l’ottava posizione su un totale di 36 nazioni dell’OCSE/UE relativamente alla salute mentale complessiva e registrando il sesto tasso più basso di suicidi tra gli adolescenti (su un campione di 42 Stati analizzati), permane una condizione preoccupante. Si stima infatti che quasi il cinquanta percento delle affezioni mentali riscontrate nell’età adulta trovi origine durante l’infanzia, persino prima del compimento del diciottesimo anno. Le patologie prevalenti sono soprattutto riconducibili a stati d’animo di ansia e depressione, responsabili approssimativamente del quaranta percento delle diagnosi totali. Questi dati mettono in luce come fenomeni quali l’iper-competizione scolastica o sociale, la frenetica ricerca della prestazione ottimale e l’accettazione della standardizzazione nei percorsi personali siano spesso trascurati nella loro dimensione temporale.

Nel contesto internazionale attuale si accentuano ulteriormente queste vulnerabilità sociali. Innumerevoli bambini e nuclei familiari vivono immersi in situazioni emergenziali legate a conflitti armati o eventi climatici estremamente avversi, generando così un’enorme sofferenza collettiva. Si calcola che oltre 473 milioni di minori nel mondo – ossia uno su sei – abitino in aree interessate da conflitti bellici; tale condizione incide profondamente sul loro sviluppo personale, sull’accesso all’istruzione adeguata e sulla possibilità di instaurare relazioni sane ed equilibrate. L’UNICEF, tramite il suo Presidente Nicola Graziano, ribadisce con forza che “la salute mentale è un diritto” e che la sua prevenzione, promozione e cura rappresenta una priorità assoluta nei paesi in cui l’organizzazione opera.

A fronte di tale complessità, l’UNICEF Italia ha promosso diverse iniziative e raccomandazioni. Tra queste, l’appello a un significativo aumento degli investimenti a lungo termine nei servizi di Salute Mentale e Benessere Psicosociale, riconoscendo che la spesa pubblica italiana in questo settore è tra le più basse d’Europa. Si sollecita l’istituzione di un sistema uniforme e integrato di assistenza neuropsichiatrica infantile e adolescenziale, supportato da risorse adeguate, e lo sviluppo di un monitoraggio efficace della salute mentale dei giovani. Un’attenzione particolare è rivolta alla riduzione della prescrizione di farmaci per disturbi come l’ADD/ADHD, privilegiando una valutazione individuale del “superiore interesse del minorenne”. Fondamentale, inoltre, è la promozione di interventi a sostegno della genitorialità consapevole, in particolare nei contesti più vulnerabili, e la garanzia che tutti i giovani abbiano accesso a un supporto di salute mentale nelle scuole e nelle comunità, abbattendo lo stigma e consolidando i servizi di prevenzione psicologica.

Recenti studi mostramo che il 49.4% dei giovani italiani tra i 18 e i 25 anni ha affermato di avere sofferto di ansia e depressione.

In questo scenario, emerge l’eco-ansia, la preoccupazione per i cambiamenti climatici che affligge il 70,3% dei giovani italiani tra i 14 e i 19 anni, un’ulteriore sfida per il benessere psicologico delle nuove generazioni [UNICEF]. La Fondazione Progetto Itaca sottolinea l’importanza centrale dell’individuo attraverso metodi all’avanguardia come le Job Station, concepite per facilitare l’inclusione professionale delle persone affette da disagio psichico. Inoltre, offre sostegno alle famiglie mediante specifici programmi. Queste iniziative dimostrano che l’ascolto, la formazione e il lavoro possono convertire il dolore in un valore significativo.

L’eredità invisibile: traumi transgenerazionali e fragilità contemporanee

Oltre alle sfide dirette che minano la salute mentale dei giovani italiani, esiste un’ombra più antica, spesso meno visibile, ma profondamente radicata: il trauma transgenerazionale. Questa nozione psicologica, sempre più riconosciuta, suggerisce che le esperienze traumatiche non elaborate dalle generazioni precedenti — legate ad eventi storici come le guerre, a condizioni di povertà persistente nel dopoguerra, o all’influenza pervasiva della criminalità organizzata in specifiche regioni del nostro paese — possano plasmare la psiche e il comportamento delle nuove generazioni. In Italia, dati rilevanti sul legame tra povertà minorile e criminalità organizzata, ad esempio, trovano conferma in documenti come l’Atlante dell’Infanzia a Rischio del 2015, che sottolinea come le condizioni di deprivazione possano rendere i giovani manovalanza della criminalità organizzata. Tale fenomeno, per sua natura violento, genera distorsioni sociali che si protraggono nel tempo.

An artistic representation of mental health awareness, depicting various symbols like open books, hearts, and thought clouds.

La psicologia transgenerazionale esplora proprio come queste ferite del passato possano incidere sulla vita presente. Non si tratta solo di fenomeni biologici, come le modificazioni epigenetiche indotte dal trauma che alterano l’espressione genica e la risposta allo stress nei discendenti, ma anche di modelli comportamentali e dinamiche familiari disfunzionali. Come emerso da recenti studi, i figli di prigionieri di guerra e i discendenti di sopravvissuti all’Olocausto mostrano cambiamenti epigenetici legati ai livelli di cortisolo, l’ormone dello stress [Atlas].

Definizione di Trauma Transgenerazionale: Il trauma trasmesso di generazione in generazione può manifestarsi in sintomi emotivi e comportamentali nelle generazioni successive, anche se le esperienze traumatiche originali non sono state condivise o riconosciute.

L’impatto di tali fenomeni è tangibile, soprattutto nelle aree dove la criminalità organizzata ha storicamente sfruttato le condizioni di povertà e vulnerabilità. Le organizzazioni criminali sono attori chiave nel promuovere e sostenere crisi umanitarie, traendo profitto dalla violenza e dalle distorsioni sociali. In Italia, la portata di questo fenomeno è fonte di crescente preoccupazione, come evidenziato in analisi internazionali. La povertà e la disuguaglianza diventano “armi” della mafia, che recluta la sua manovalanza tra gli “invisibili”, la classe più indigente. Questo contesto di deprivazione e violenza cronica non solo genera un impatto diretto sui giovani coinvolti, ma può innescare un ciclo di trauma transgenerazionale, trasmettendo paure, sfiducia e schemi comportamentali disfunzionali che si riverberano nelle generazioni successive.

La terapia transgenerazionale, come quella offerta da diversi studi di psicologia in Italia, propone un approccio integrato per affrontare queste tematiche irrisolte. Utilizzando strumenti come il genosociogramma, una rappresentazione dell’albero genealogico che include eventi significativi e traumi, i terapeuti aiutano i pazienti a identificare i modelli che si ripetono nel sistema familiare (ad esempio, malattie, fallimenti economici, difficoltà relazionali). L’obiettivo è interrompere la trasmissione di questa “eredità psicologica negativa”, liberando la persona che soffre e prevenendo ricadute sulle generazioni future. Questo percorso di consapevolezza e di elaborazione del passato può portare a un significativo miglioramento della salute emotiva e corporea, aumentando la resilienza e la sicurezza personale.

Cosa ne pensi?
  • 🚀 Ottimo articolo! Mi fa ben sperare vedere che se ne parli......
  • 😓 Purtroppo l'articolo non considera abbastanza le cause sociali......
  • 🤔 Interessante la prospettiva del trauma transgenerazionale... ma come si applica......

Strategie e proposte per un futuro resiliente

Di fronte all’intreccio complesso tra attuali fragilità psicologiche giovanili e le radici profonde dei traumi transgenerazionali, emerge l’imperativo di adottare strategie a lungo termine, multi-settoriali e basate su principi di inclusività e rispetto dei diritti umani. L’UNICEF Italia, in un’ottica di prevenzione e promozione del benessere, ha formulato proposte concrete, le cui ricadute benefiche si estenderebbero oltre la singola generazione, impattando positivamente sulla trasmissione di schemi di resilienza. Un punto cruciale è l’aumento significativo degli investimenti nei servizi di Salute Mentale e Benessere Psicosociale. È inaccettabile che in Italia la spesa pubblica per questo settore sia tra le più basse d’Europa, considerando che “quasi la metà dei problemi di salute mentale si manifesta entro i 18 anni”. La creazione di un sistema uniforme e integrato di assistenza neuropsichiatrica infantile e adolescenziale, dotato di sufficienti risorse umane, tecniche e finanziarie, non è più procrastinabile. Tale sistema non solo dovrebbe garantire l’accesso ai servizi, ma anche implementare un efficace monitoraggio della salute mentale dei bambini e degli adolescenti, in modo da intercettare precocemente il disagio.

Statistiche chiave:
  • 40% dei disturbi mentali diagnosticati negli adolescenti sono costituiti da ansia e depressione.
  • Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra 15 e 19 anni.

È fondamentale anche un’attenzione particolare alla prescrizione di farmaci per i minorenni affetti da disturbi come l’ADD/ADHD. Le diagnosi devono essere accuratamente esaminate e la somministrazione di farmaci dovrebbe rappresentare l’ultima istanza, preceduta da una valutazione individuale che ponga al centro il “superiore interesse del minorenne”. Questo approccio, più attento e meno medicalizzato, si inserisce in una visione che privilegia il benessere olistico.

Accanto a questi interventi, l’UNICEF sottolinea l’importanza di promuovere su tutto il territorio nazionale azioni a sostegno della genitorialità consapevole. Particolare attenzione deve essere rivolta ai contesti più vulnerabili, dove la povertà e l’esposizione a dinamiche di criminalità organizzata possono amplificare gli effetti dei traumi transgenerazionali. I genitori devono essere adeguatamente informati sia sugli effetti collaterali dei farmaci che sulla medicina alternativa, per poter prendere decisioni informate e supportare al meglio i propri figli. In questo scenario, il supporto psicologico nei contesti educativi e comunitari si rivela essenziale, permettendo a tutti i bambini e adolescenti di beneficiarne “senza alcuna discriminazione”.

Non meno importante è la lotta allo stigma legato alla salute mentale attraverso la promozione di un dibattito pubblico aperto e informato. Riconoscere il disagio psicologico come parte integrante della salute dell’individuo e come un diritto fondamentale è il primo passo per scardinare pregiudizi e favorire la ricerca di aiuto. Iniziative come la pubblicazione “Parliamo di Salute Mentale e Benessere Psicosociale” e il fumetto di “Mangiasogni” dell’UNICEF, insieme al “decalogo dei 21 segnali che dovresti prenderti cura della tua salute psicologica e mentale”, sono strumenti preziosi in questa direzione.

A serene outdoor scene where a diverse group of young people is involved in a calming activity, such as yoga or meditation, in a park.

Infine, l’attenzione deve estendersi ai gruppi più vulnerabili, come i minori stranieri non accompagnati e i giovani migranti e rifugiati. L’UNICEF, in collaborazione con FEDERPED, CNOAS e CNOP, ha sviluppato corsi di e-learning e kit di espressione e innovazione per adolescenti, volti a migliorare il loro benessere e la loro integrazione. La mappatura delle buone pratiche e la creazione di una Comunità di Pratiche (CoP) sul benessere psicosociale e la salute mentale dei giovani migranti e rifugiati si inseriscono in questo sforzo di fornire risposte mirate e innovative.

Oltre la superficie: connessioni profonde in un panorama in evoluzione

Attraverso questo articolato percorso dedicato alle intricate questioni legate alla salute mentale dei giovani e al peso persistente delle esperienze traumatiche trasmesse nel tempo, emergiamo in una realtà emotiva e sociale estremamente complessa. La disciplina psicologica nei suoi molteplici volti – dalla cognizione ai comportamenti osservabili fino agli approcci psicoanalitici e alle dinamiche relazionali – ci fornisce gli strumenti necessari per interpretare tale scenario. Esplorando i meccanismi sottesi alle problematiche psichiche emergenti tra i più giovani, possiamo rifarci al concetto di condizionamento operante. In contesti familiari nei quali regna sovrana l’assenza di comunicazione riguardo al dolore – contrassegnati dal predominio dell’inibizione delle emozioni complicate mediante indifferenza o giudizio -, il giovane interiorizzerà progressivamente l’idea errata che manifestare sofferenza sia sconsigliabile o addirittura punitivo. Tale apprendistato inconscio può condurre all’auto-repressione dei sentimenti; così costruisce delle barriere emotive via via più solide nel tempo che sarà poi arduo disintegrare. Si tratta quindi di un processo subdolo e invisibile presente nel tessuto della quotidianità individuale: rende ardua la possibilità di riconoscere se stessi nella ricerca di supporto rispetto al disagio provato.

Andando oltre, una nozione avanzata, quella della memoria implicita e traumatica, ci offre uno strumento potente per analizzare il trauma transgenerazionale. I traumi gravi – come quelli della guerra, della povertà estrema o della violenza legata alla criminalità organizzata – non sono solo eventi registrati consapevolmente nella nostra mente, ma lasciano un’impronta nella memoria implicita, manifestandosi attraverso sintomi fisici, stati d’animo ricorrenti, ansie immotivate o schemi relazionali disfunzionali. Questa “eredità” non verbale può essere trasmessa attraverso i geni, mediante modificazioni epigenetiche, oltre che attraverso il clima emotivo familiare e le narrazioni non dette [Atlas].
In conclusione, rendere visibile l’invisibile e dare voce al silenzio è essenziale per una guarigione che si estende oltre il singolo individuo, abbracciando intere generazioni. È fondamentale sviluppare approcci terapeutici che non si limitino alla biografia individuale, ma che affrontino il romanzo familiare, consentendo la rottura del ciclo intergenerazionale di sofferenza.

Glossario:
  • Trauma transgenerazionale: trasmissione del trauma da una generazione all’altra, che influisce su comportamenti e stati emotivi.
  • Condizionamento operante: tecnica di apprendimento che utilizza ricompense e punizioni per influenzare comportamenti.

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