Salute mentale: come la negligenza istituzionale aggrava il trauma

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  • Il 56% degli italiani ha sperimentato stress mentale almeno una volta nel 2023.
  • Nel 2023, i trattamenti sanitari obbligatori sono stati il 5,7% delle degenze psichiatriche.
  • Il trauma secondario nasce dalla disattesa di supporto e comprensione.

L’ombra della negligenza: quando l’istituzione acuisce il trauma

La ricerca d’aiuto nel contesto dei servizi per la salute mentale può facilmente trasformarsi per l’individuo in una vera e propria odissea, caratterizzata da nuove forme di sofferenza anziché dalla promettente guarigione attesa. La somma dell’inquietudine originaria con le frustrazioni generate da possibili negligenze delle istituzioni sanitarie complica significativamente la situazione clinica del paziente; emergono così nuovi drammatici scenari da affrontare. Non ci riferiamo solamente agli episodi isolati legati all’errore umano nelle strutture pubbliche impegnate nella cura della salute mentale operanti sotto le AUSL: è l’intero sistema ad essere chiamato in causa per le sue ripercussioni psicologiche a lungo termine. Coloro che avvertono indifferenza o danno dopo avere riposto fiducia nell’assistenza sanitaria che doveva tutelarli sollevano domande fondamentali riguardanti responsabilità ed etica professionale nell’ambito sanitario stesso. Questa problematica supera i limiti dell’errata diagnosi clinica poiché rivela l’incapacità complessiva nel fornire una cura empatica e adeguata riconoscenza del dolore altrui. Storie personali legate alla mancanza d’assistenza appropriata così come situazioni riguardanti errori diagnostici possono dar vita a esperienze traumatiche durature definite come traumi secondari, incrementando fortemente la fragilità già esistente nel soggetto vulnerabile – dal quale scaturiscono ulteriormente sentimenti intensificati d’impotenza e disperazione. Questa problematica trascende il mero punto di vista del paziente; si tratta piuttosto di un tema ben consolidato nella psicotraumatologia conosciuto sotto il termine traumatizzazione vicaria, o ancora stress traumatico secondario. Esso si presenta attraverso diverse forme quali l’esaurimento emotivo, l’ansia intensa e i disturbi del sonno accompagnati da manifestazioni fisiche come la stanchezza cronica.

In individui già vulnerabili, questa esperienza ha la potenzialità d’interferire profondamente col senso stesso della sicurezza personale e dell’attesa stabilità della vita quotidiana; ciò li conduce a considerare inesistenti spazi veramente protetti. In questo scenario cruciale per la salute mentale, diventa essenziale che i servizi offerti non siano solo funzionali alla terapia ma debbano mostrare caratteri distintivi quali la resilienza. Essi devono porre attenzione al rischio potenziale rappresentato dalla ri-traumatizzazione indiretta mediante ascolto attento ed empatico verso gli utenti, anche nei frangenti in cui le loro aspettative risultino disattese. Una risposta inadeguata alle lamentele ricevute oppure la carenza di elementi compensativi significativi possono tramutare esperienze sgradevoli in una vera e propria crisi profonda nei confronti della fiducia, sia rispetto alle istituzioni stesse sia sulla concreta opportunità d’avvio a processi terapeutici efficaci.

Nel 2023, l’Italia ha realizzato un’indagine per comprendere lo stato della salute mentale nel Paese. Secondo il “Mind Health Report”, il 56% degli italiani ha sperimentato stress mentale almeno una volta, e il 48% si è sentito solo, un dato allarmante che pone il nostro Paese tra i più colpiti a livello globale. Le donne risultano essere maggiormente coinvolte, mostrando un maggiore livello di disagio rispetto agli uomini, e i giovani tra i 18 e i 34 anni sono i più vulnerabili, con un incremento dei sintomi depressivi[Fonte].

Meccanismi del trauma secondario e della negligenza istituzionale

A somber  and empathetic illustration representing the theme of  mental health struggles, showing a person  sitting alone in a room filled with shadows,  depicting feelings of isolation and emotional pain.

Il trauma secondario in ambito sanitario, specialmente nel settore della salute mentale, emerge con forza quando la persona che cerca aiuto sperimenta un ulteriore danno, non direttamente dalla patologia stessa, ma dall’interazione con il sistema di cura. Le dinamiche psicologiche che lo sottendono sono complesse e si basano su diversi fattori. Innanzitutto, l’aspettativa di ricevere supporto e comprensione viene disattesa, generando una sensazione di abbandono e tradimento. Questa rottura della fiducia è particolarmente devastante per chi si trova già in uno stato di vulnerabilità psichica. La negligenza istituzionale, in tal senso, non si manifesta solo attraverso errori attivi, ma anche nella passiva mancanza di empatia, nella minimizzazione del dolore espresso o nell’assenza di meccanismi efficaci per affrontare e risolvere le problematiche sollevate dai pazienti.

Fattori di rischio per il trauma secondario:
  • Esperienze avverse durante l’infanzia
  • Trascuratezza emotiva
  • Comportamenti stigmatizzanti da parte del personale sanitario
  • Rigidità delle procedure istituzionali

L’impatto di tale negligenza sul processo di guarigione è significativo. Il recupero da un trauma, sia esso primario o secondario, richiede un ambiente che favorisca la sicurezza psicologica e il riconoscimento dell’esperienza vissuta. Quando invece l’istituzione sanitaria non valida il dolore del paziente, o peggio, lo ignora, si crea un muro che impedisce l’elaborazione del trauma e ne ritarda la risoluzione. Gli utenti dei servizi di salute mentale sono spesso già esposti a eventi potenzialmente traumatici; l’aggiunta di un trauma istituzionale può cristallizzare le reazioni negative e strutturarle in sintomi cronici, come difficoltà nel controllo delle emozioni, irritabilità, rabbia improvvisa, depressione e ansia.

An abstract visual representation of trauma and healing in mental health, featuring interconnected roots and branches that symbolize the complexities of emotional experiences. The image illustrates a blend of dark and light colors, showing the journey from suffering to recovery, with elements that convey resilience and support.

Il concetto di “Trauma-Informed Care” (cura informata sul trauma) assume in questo contesto un’importanza capitale. Questo approccio dovrebbe guidare le politiche e le pratiche dei servizi di salute mentale, assicurando che gli operatori siano consapevoli dell’ampia prevalenza del trauma e dei suoi impatti, e agiscano in modo da non ri-traumatizzare o negare le esperienze traumatiche. Una cura non informata sul trauma può inavvertitamente causare ulteriore stress e sofferenza. Per esempio, l’assenza di procedure chiare e trasparenti per la gestione dei reclami può essere percepita come una forma di negligenza, comunicando al paziente che la sua voce non è importante o che la sua sofferenza non è credibile. Questo alimenta un circolo vizioso di sfiducia e frustrazione.

“Il trauma è come una radice nascosta: non la vediamo, ma condiziona la crescita dell’intera pianta.” – Dott.ssa Sonia Andreose, medico psichiatra[Fatebenefratelli]

L’empatia e la validazione emotiva giocano un ruolo fondamentale. Il riconoscimento del difficile vissuto da parte dei pazienti rappresenta non solo un segno d’umanità, ma anche una dimensione fondamentale per il loro benessere. Quando ci si dedica ad ascoltare le storie individuali e si ripone fiducia nelle loro esperienze, questo gesto ha un immenso potenziale terapeutico. Invece, trascurare o ridimensionare queste realtà può amplificare ulteriormente le sofferenze già presenti e ostacolare gravemente l’accesso a forme efficaci di supporto. Nelle situazioni in cui i soggetti si percepiscono come intrappolati in una rete che manca d’umanità, l’assenza dell’ascolto attento porta spesso a effetti devastanti sull’intera traiettoria della guarigione.

Procedure di reclamo e tutela dei diritti dei pazienti psichiatrici in Italia

A thoughtful portrayal of an engaged mental health professional comforting a patient in a therapeutic setting, capturing a warm and inviting  atmosphere, highlighting the importance of empathy and understanding in mental health care.

La possibilità per i pazienti e le loro famiglie di esprimere reclami e denunciare presunte negligenze è un pilastro fondamentale per la trasparenza e la qualità dei servizi sanitari. Le AUSL mettono a disposizione canali per la raccolta di reclami, osservazioni, lamentele e segnalazioni, generalmente attraverso gli Uffici Relazioni con il Pubblico (URP). Questi uffici sono concepiti per essere il primo punto di contatto per i cittadini che intendono far valere i propri diritti o evidenziare disfunzioni. Ad esempio, l’AUSL di Bologna fornisce contatti telefonici e indirizzi email specifici per l’URP Dipartimento Salute Mentale, dove gli operatori dovrebbero trattare immediatamente le segnalazioni risolvibili o raccogliere il reclamo per una gestione secondo il regolamento aziendale. Similarmente, l’AUSL di Modena e l’AUSL di Reggio Emilia assicurano la tutela dei cittadini che presentano segnalazioni, inclusi reclami, suggerimenti o elogi. Anche l’AUSL Romagna richiede la compilazione di un modulo specifico per ogni tipo di segnalazione.

Tuttavia, la semplice esistenza di questi canali non sempre garantisce l’efficacia e la tempestività delle risposte, né una piena soddisfazione per il paziente. I reclami, infatti, attivano un percorso formale di valutazione che dovrebbe condurre a una risposta scritta al cittadino e, in alcuni casi, a un percorso di mediazione. Manuali d’uso per gli operatori degli URP, come quello della Regione Emilia-Romagna, descrivono il processo di gestione dei reclami. Le procedure interne sono dettagliate e includono la definizione delle responsabilità e delle modalità di raccolta e gestione delle segnalazioni, anche con richieste di risarcimento danni.

Dati recenti sui trattamenti sanitari obbligatori:

Malgrado tali procedure siano in atto, le difficoltà nel garantire accessibili cure e sostegno alla salute mentale rimangono palpabili in Italia. L’uguaglianza nell’accessibilità ai servizi per la salute mentale è considerata un diritto civile; tuttavia molte persone continuano ad affrontare sfide significative nel conseguirla. Nonostante l’aumento della richiesta di supporto psicologico, le opportunità d’accesso sono irregolari ed esiste il concreto rischio di assistere alla formazione di un sistema dualistico nella qualità delle prestazioni offerte. È essenziale che gli enti responsabili della salute mentale forniscano strumenti diagnostici e terapeutici fondati su prove concrete; inoltre, è necessario garantire che questa rete complessa formata da centri dedicati ai percorsi terapeutici sia realmente fruibile da tutti i cittadini insieme ai propri nuclei familiari.

Il tema della tutela dei diritti degli individui con disturbi psichiatrici abbraccia una questione ben più vasta rispetto all’accettazione delle sole segnalazioni riguardanti malcontenti individuali nella cura ricevuta. Ogni persona afflitta da condizioni psicopatologiche detiene il pieno diritto d’esprimere consapevolmente consensi o opposizioni rispetto alle terapie proposte; tale prerogativa sussiste fatte salve alcune eccezioni determinate dalla normativa vigente. Esistono servizi di tutela legale per le persone vittime di truffe, ingiustizie o discriminazioni dovute alla loro condizione. Il diritto a essere curato a spese del Servizio Sanitario Nazionale è universale, e organismi come il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) hanno affrontato gli aspetti etici, professionali e sociali della salute mentale, ponendo l’attenzione sull’equo trattamento e l’accesso alle cure. Il CNB ha anche sottolineato la necessità di sostegno e aiuto per le famiglie dei pazienti psichiatrici, spesso lasciate sole di fronte a sfide complesse. La proposta di istituire un “garante del paziente psichiatrico”, come previsto in alcune iniziative legislative, evidenzia la persistente esigenza di rappresentanza istituzionale per i diritti di queste persone vulnerabili.

Riflessioni e percorsi di resilienza nella salute mentale contemporanea

In Italia, nonostante i passi avanti nel campo della salute mentale siano tangibili, permangono difficoltà sostanziali. Tra queste spiccano gli errori e le mancanze sistematiche che possono provocare traumi secondari ai pazienti. Comprendere questa dinamica è cruciale: la psiche umana reagisce a esperienze negative con meccanismi protettivi che spesso conducono a una fissazione del dolore stesso; tale processo complica ulteriormente la ricerca del benessere.

Secondo i principi della psicologia cognitiva, è evidente come le percezioni e interpretazioni degli eventi, sviluppate da ciascun individuo, possano avere un impatto profondo sulle emozioni manifestate e sui comportamenti tenuti. Qualora un paziente percepisca l’assenza d’ascolto o senta un trattamento ingiusto da parte dell’ente preposto alla sua assistenza sanitaria, l’auto-narrativa si trova modificata radicalmente; emergono quindi schemi di pensiero negativi, accompagnati da una crescente diffidenza nei confronti delle istituzioni stesse. È fondamentale riconoscere non soltanto gli eventi in sé ma anche la maniera in cui il cervello interpreta ed assegna significato a tali esperienze passate; questo influisce inevitabilmente sulle risposte emotive successive.

Approfondendo con una nozione più avanzata di psicologia comportamentale, possiamo considerare l’impatto del “rinforzo negativo” e del “condizionamento” in contesti di negligenza istituzionale. Quando un paziente cerca aiuto e riceve in cambio frustrazione o ritardi, tale esperienza può agire come un rinforzo negativo che scoraggia future ricerche di aiuto. I suoi comportamenti di ricerca di supporto, che prima erano orientati alla speranza, vengono associati a risultati spiacevoli, portando a una riduzione della propensione a fidarsi e a interagire con il sistema sanitario. Questo genera un circolo vizioso: chi avrebbe più bisogno di assistenza si ritira, isolandosi e acuendo il proprio disagio.

Glossario:

  • Trauma secondario: Un trauma che avviene quando qualcuno vive un’esperienza di danno emotivo o psicologico come risultato di esperienze traumatiche altrui.
  • Traumatizzazione vicaria: L’idea che le persone che assistono o ascoltano le esperienze traumatiche di altri possono sviluppare sintomi simili a quelli del trauma iniziale. Le istituzioni sanitarie devono essere in grado di riconoscere questi comportamenti ripetitivi e sviluppare strategie atte a interrompere tali cicli disfunzionali, assicurando esperienze positive alle persone coinvolte mentre ricostituiscono la fiducia tramite risposte immediate, empatiche ed efficaci.

Da questa analisi nasce una riflessione intensa: fino a che punto siamo pronti, come comunità sociale, ad andare oltre l’aspetto patologico per considerare l’individuo nella sua globalità? Ogni persona ha le proprie fragilità e il legittimo diritto alla cura dignitosa. La strada verso la guarigione dopo aver subito traumi — specie quando amplificati dall’incontro sfavorevole con i sistemi istituzionali — è complessa e ricca di ostacoli. È necessario approntare non solo interventi clinici appropriati, ma anche un sincero riconoscimento del danno vissuto, così come una valida conferma della sofferenza provata attraverso opportunità solide di supporto al fine di superare i limiti dell’assistenza medica tradizionale. Ci dobbiamo chiedere: creiamo realmente uno spazio dove possa fiorire la speranza insieme alla fiducia oppure contribuiamo involontariamente alla formazione di nuove barriere?

Quando gli individui cercano aiuto presso i servizi dedicati alla salute mentale, portano con sé storie personali distinte; è nostro dovere assicurarci che queste narrazioni non vengano ulteriormente minate dagli errori umani o dalla stagnazione delle istituzioni competenti. È attraverso questo approccio che sarà possibile dar vita a un sistema sanitario effettivamente volto al benessere complessivo dell’individuo. Questo dovrà saper trattare non soltanto le patologie fisiche, ma anche risolvere quelle <<ferite>> emotive generate da indifferenza e carenza di umanità.


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