- Shane Tamura accusava la NFL di averlo condotto alla follia.
- 110 su 111 ex giocatori NFL avevano segni di CTE.
- Studio svedese: più Alzheimer nei calciatori professionisti.
## L’Ombra della CTE: Quando lo Sport Diventa un Campo di Battaglia Mentale
La tragedia che ha scosso New York il 28 luglio 2025, con la sparatoria nella sede della NFL, ha portato alla ribalta un tema delicato e spesso sottovalutato: i rischi neurologici legati agli sport di contatto, in particolare l’encefalopatia traumatica cronica (CTE). Shane Tamura, l’autore della strage, ha lasciato una lettera in cui accusava la NFL di averlo condotto alla follia a causa dei ripetuti traumi cranici subiti durante la sua carriera nel football. Questo evento drammatico riapre una ferita profonda nel mondo dello sport, sollevando interrogativi urgenti sulla sicurezza degli atleti e sulla responsabilità delle leghe sportive.
## Il Football Americano Sotto Accusa: Un Sistema che Sacrifica la Salute?
Le accuse di Tamura non sono un caso isolato. Da anni, la NFL è al centro di polemiche per la gestione dei traumi cranici. Il caso di Tua Tagovailoa, quarterback che ha subito diverse commozioni cerebrali in un breve periodo, ha acceso i riflettori sulla necessità di protocolli più rigidi e di una maggiore attenzione alla salute degli atleti. Ma il problema non riguarda solo il football americano. Anche altri sport di contatto, come il rugby e la boxe, sono sotto accusa per i rischi di CTE. Nel rugby, numerosi ex giocatori hanno intentato cause legali contro le federazioni, denunciando negligenza nella protezione della loro salute. Nella boxe, studi scientifici hanno evidenziato un declino cognitivo accelerato e problemi di memoria e attenzione nei pugili.

## Oltre il Campo: La Salute Mentale degli Atleti e le Ombre della CTE
La CTE è una malattia neurodegenerativa che può manifestarsi anche a distanza di anni dalla fine della carriera sportiva. Le manifestazioni sintomatiche comprendono disturbi dell’umore, difficoltà nelle funzioni cognitive e alterazioni nel comportamento. La diagnosi può essere confermata solo post mortem, attraverso l’analisi del tessuto cerebrale. Studi scientifici hanno dimostrato che la CTE è più diffusa tra gli atleti che hanno subito ripetuti traumi cranici. Un’indagine dell’Università di Boston, ad esempio, ha rilevato segni di CTE in 110 su 111 cervelli di ex giocatori professionisti di football americano. Anche nel calcio, sport considerato meno violento, sono state riscontrate correlazioni preoccupanti tra colpi di testa e malattie neurodegenerative. Uno studio svedese pubblicato su The Lancet Public Health nel 2023 ha evidenziato una maggiore incidenza di Alzheimer nei calciatori professionisti rispetto alla popolazione generale.
## Prevenzione e Consapevolezza: Un Nuovo Approccio allo Sport
Di fronte a queste evidenze, è necessario un cambio di paradigma nel mondo dello sport. La prevenzione e la consapevolezza devono diventare prioritarie. Le federazioni sportive devono investire nella ricerca scientifica, migliorare i protocolli per la gestione delle commozioni cerebrali e fornire assistenza psicologica agli atleti. È fondamentale educare allenatori, medici e atleti sui rischi dei traumi cranici e sull’importanza di un approccio prudente. Alcune leghe sportive hanno già introdotto misure per ridurre i rischi, come le sostituzioni extra in caso di sospetta commozione cerebrale nel calcio e il divieto di colpi di testa per i bambini sotto i 12 anni in Scozia. Tuttavia, è necessario fare di più. La salute degli atleti non può essere sacrificata sull’altare dello spettacolo.
## Un Imperativo Etico: Proteggere il Cervello, Salvaguardare il Futuro
Il caso di Shane Tamura è un monito tragico. Ci ricorda che lo sport, pur essendo una fonte di gioia e di benessere, può anche nascondere insidie pericolose. È un imperativo etico proteggere il cervello degli atleti, soprattutto in età evolutiva. Dobbiamo promuovere una cultura sportiva che valorizzi la salute mentale e fisica, che incoraggi la prevenzione e la consapevolezza, e che non tolleri la negligenza e l’omertà. Solo così potremo evitare che altre tragedie simili si ripetano.
Amici lettori, la vicenda che abbiamo analizzato ci pone di fronte a una realtà complessa e dolorosa. “La CTE non è solo una malattia fisica, ma anche una ferita profonda nell’anima di chi la subisce.” Sotto il profilo della psicologia cognitiva, è essenziale considerare come i ripetuti traumi al capo possano alterare i processi mentali, compromettendo la capacità di giudizio e il controllo degli impulsi. Un concetto avanzato in questo ambito è quello della “cognizione incarnata”, che mette in luce come le esperienze corporee, inclusi i traumi, possano modellare la nostra psiche e il nostro comportamento.
Riflettiamo su come l’insistente ricerca del successo e la mentalità del “giocare a ogni costo” possano contribuire a negare o minimizzare i sintomi della CTE, posticipando la diagnosi e l’intervento. La narrazione di Tamura ci spinge a una profonda meditazione sull’importanza della salute mentale e sulla necessità di un mutamento culturale nello sport professionistico.