- Il 70% degli israeliani affronta problemi di stress post-traumatico.
- 6.400 soldati israeliani necessitano di aiuto psichiatrico post 7 ottobre 2023.
- Il 21% dei militari in cura ha subito ferite craniche o PTSD.
La lunga scia di conflitti tra Israele e Palestina perdura ormai da decenni e continua a esercitare un impatto devastante sulla salute mentale delle comunità interessate. Gli sviluppi più recenti hanno particolarmente contribuito ad aggravare un quadro già critico; l’intensificarsi degli scontri successivi al 7 ottobre 2023 ha rivelato statistiche preoccupanti riguardo ai disturbi psichici presenti nella società israeliana. Le ultime valutazioni suggeriscono che fino al 70% degli abitanti del paese sta affrontando problematiche associate allo stress come risultato diretto di esperienze traumatiche continuative e dell’atmosfera generale d’insicurezza. Questo dato emerge in un momento in cui le operazioni militari più violente sono manifestate recentemente ed evidenzia l’urgenza assoluta di provvedimenti adeguati.
Non è soltanto negli ultimi tempi che il conflitto ha influenzato le dinamiche sanitarie regionali; indagini precedenti agli eventi drammatici del 7 ottobre avevano già messo in risalto la presenza rilevante di difficoltà legate alla salute mentale tra gli individui coinvolti. In particolare, si riscontrava una diffusa incidenza dei disturbi dell’umore e del disturbo post-traumatico da stress (PTSD), specialmente fra i giovani palestinesi residenti nella Striscia di Gaza. Le percentuali variabili, collocandosi tra un 40% e un 70%, in relazione al particolare disturbo considerato, illustrano chiaramente l’impatto accumulato da anni di aggressioni e limitazioni. [La salute mentale a Gaza]. La situazione non è esclusiva di Gaza; infatti, colpisce severamente anche la Cisgiordania. Qui, i vincoli imposti dall’occupazione hanno prodotto effetti devastanti sul benessere sia fisico che psicologico degli abitanti. Oltre 42.000 individui si sono visti obbligati a lasciare i propri domicili, trovandosi in una condizione di vulnerabilità estrema: mancano di una sistemazione adeguata e faticano a ottenere ciò che è fondamentale come cibo, acqua e servizi medici. [Medici Senza Frontiere].
- 40% dei giovani soffre di disturbi dell’umore
- 60%-70% soffre di PTSD
- 90% ha altri problemi legati allo stress
Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) emerge come una delle patologie più diffuse in contesti di conflitto prolungato. Coloro che hanno vissuto direttamente eventi traumatici, come gli attacchi del 7 ottobre, mostrano un’incidenza particolarmente elevata di PTSD. Sebbene non siano disponibili dati precisi sulla sua diffusione generale in Israele, è evidente che l’esposizione a violenza, perdite e insicurezza ha creato un terreno fertile per lo sviluppo di questa condizione. Oltre al PTSD, si osserva un aumento di casi di ansia, depressione e disturbi correlati all’abuso di sostanze, come evidenziato da alcuni studi sulle conseguenze psicologiche del Covid, situazioni di forte stress che hanno similitudini con l’impatto psicologico di un conflitto.
È importante sottolineare come l’esposizione al trauma non sia un evento isolato, ma spesso si tratti di un’esperienza continua e ripetuta. Un ragazzo di 15 anni a Gaza, ad esempio, potrebbe aver vissuto diverse guerre nel corso della sua giovane vita, accumulando traumi che lasciano segni profondi e duraturi. Questa esposizione cronica al conflitto rende la ripresa psicologica ancora più complessa e richiede strategie di intervento specifiche, che tengano conto della complessità del trauma e della realtà quotidiana di chi vive in zone di guerra. La salute mentale in tali contesti non è un lusso, ma una necessità fondamentale per la sopravvivenza e la costruzione di un futuro.

L’emergenza nelle forze armate e le sfide della riabilitazione
Il conflitto ha avuto ripercussioni drammatiche su diversi aspetti della società israeliana, ma le forze armate ne hanno subito una trasformazione particolarmente critica. Dal momento dell’inizio delle operazioni militari nella Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023, il Ministero della Difesa ha riportato allarmanti incrementi nel numero di soldati bisognosi di aiuto tramite il loro centro specializzato in riabilitazione psichiatrica. Si contano già circa 6.400 soldati, una cifra tre volte quella ottenuta nell’intero anno precedente: questo dato illustra senza dubbio lo stato critico dello stress e del trauma inflitti agli uomini sul campo, specie all’interno delle intricate dinamiche urbane dove avvengono gli scontri ravvicinati.
Dai dati raccolti risulta che ben 21% dei membri delle forze armate sotto trattamento abbiano subito ferite craniche o stiano affrontando disturbi dovuti a stress post-traumatico insieme ad altre problematiche psicologiche correlate al conflitto bellico stesso; situazioni come queste attestano quanto possa rivelarsi subdola l’esperienza traumatica associata alle operazioni belliche e dimostrano come nemmeno i soggetti più esperti possano uscirne completamente indenni. Proiezioni future delineano scenari ancora più preoccupanti per l’anno venturo: si prevedono migliaia d’individui appartenenti alla categoria dei veterani in cerca imperativa d’assistenza e recupero dal punto di vista psicologico e emotivo. L’attuale conflitto presenta un insieme di sfide specifiche, il quale impone ai soldati un notevole carico sul piano psicologico e necessità fondamentali nell’ambito dei servizi sanitari militari mai riscontrate prima d’ora.
Di fronte a tale crisi sanitaria imperante, la sanità militare israeliana si è riorganizzata per migliorare le proprie prestazioni. È stata inaugurata una nuova struttura focalizzata sulla salute mentale; questo centro comprende anche una clinica appositamente ideata per il trattamento del post-trauma, collaborando con esperti terapeutici civili. Fin dall’inizio del conflitto bellico, l’unità psichiatrica del Corpo dei Medici (IDF) ha sviluppato un reticolo strategico composto da professionisti dispiegabili nel teatro operativo per assicurare assistenza tempestiva agli uomini che hanno affrontato situazioni traumatiche critiche; numerosi specialisti sono stati quindi collocati direttamente nelle trincee lungo la Striscia di Gaza con lo scopo precipuo di fornire interventi psicologici immediati.
Il Tenente Colonnello medico Lucian Tatsa-Laur, capo dell’area psichiatrica all’interno delle IDF, ha evidenziato il grande impegno profuso fino ad oggi. Infatti, nella primissima settimana dello scoppio della guerra, poco più di 800 operatori del settore privato o pubblico dediti alla salute mentale (tra cui anche gli psicologi, i medici specialistici e gli assistenti sociali) sono stati convocati urgentemente per assolvere a funzioni legate alla cura delle reazioni originate dal contesto bellico particolarmente stressante. Questo impegno evidenzia la consapevolezza delle autorità militari riguardo all’importanza cruciale della salute mentale dei soldati per l’efficacia delle operazioni e per il loro benessere a lungo termine.
- 6.400 soldati trattati dal 7 ottobre al 2023
- 21% presenta disturbi da stress post-traumatico
- 18% dei soldati in cura soffre di problemi di salute mentale
Dati precedenti, risalenti a dicembre 2023, avevano già mostrato l’entità del problema. Allora, oltre 2.800 militari stavano ricevendo cure riabilitative di varia natura presso il Dipartimento di riabilitazione del Ministero della Difesa. Sebbene la maggior parte presentasse ferite lievi, il 18% soffriva di problemi di salute mentale e PTSD. Questi numeri erano già un campanello d’allarme sulla necessità di un supporto psicologico adeguato, anche in una fase iniziale del conflitto.
La sfida per il sistema sanitario militare è duplice: da un lato, gestire l’attuale ondata di casi legati al trauma del combattimento; dall’altro, prepararsi ad affrontare le conseguenze a lungo termine del conflitto, che inevitabilmente porteranno a un aumento dei disturbi psicologici tra i reduci. Si delinea così l’importanza della riabilitazione psichiatrica, che emerge quale componente essenziale nel processo di reintegrazione dei soldati nella società civile. Questa pratica è fondamentale non solo per favorire un ritorno sereno alla vita quotidiana, ma anche per salvaguardare il benessere di coloro che hanno servito la patria in situazioni critiche.
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Strategie di resilienza e supporto: la risposta del sistema sanitario
In risposta all’emergenza legata alla salute mentale generata dal conflitto in corso, l’intera comunità israeliana – non limitata ai soli membri delle forze armate – ha dato prova di una straordinaria resilienza. Sebbene gli eventi drammatici del 7 ottobre abbiano causato danni profondi ed emotivi duraturi nella società, molti cittadini hanno cercato ferventemente modalità per riappropriarsi della propria quotidianità. La presenza costante dei bambini nelle scuole o degli adulti nei cinema e nei teatri evidenzia uno spirito indomito: questo forte impulso verso una vita piena si manifesta nel tentativo insistente sia individuando momenti ordinari che opponendosi al terrore psicologico scatenato dalla situazione attuale. Proseguire nella routine quotidiana emerge quindi come ingrediente cruciale nel processo terapeutico per superare le esperienze traumatiche vissute.
D’altra parte, l’infrastruttura sanitaria israeliana – con particolare attenzione al settore psichiatrico – si è vista costretta a ristrutturarsi urgentemente affinché fosse possibile far fronte al crescente fabbisogno assistenziale. Strutture quali “Merhavim”, tra le principali istituzioni psichiatriche della nazione, già conosciute prima dell’emergenza sanitaria, sono ora focalizzate su un numero significativo di pazienti provenienti da vastissime aree territoriali; ancor più critico appare quindi l’intento recente volto all’implementazione specifica di unità specializzate riservate esclusivamente alle donne affette da disturbi complessi correlati allo stress post-traumatico. Il Professor Hilik Levkovitch, nella sua veste prestigiosa come presidente e direttore dell’istituzione sanitaria in questione, ha sottolineato lo sforzo straordinario offerto dal personale medico nell’affrontare tale crisi emergenziale.
Una delle tattiche primarie adottate consiste nella segmentazione del territorio nazionale in dodici aree distinte; ognuno degli ospedali assolve quindi a un compito mirato su una determinata zona geografica. Questa organizzazione ha facilitato tempi d’intervento estremamente rapidi e ha consentito ai professionisti sanitari di stabilire controlli efficaci nonché di dare sostegno a decine di migliaia d’individui costretti all’evacuazione dalle regioni confinanti. Inoltre, il livello eccellente del coordinamento interospedaliero nei contesti psichiatrici rappresenta un fattore fondamentale per garantire risposte efficienti a tali situazioni critiche.
Per quanto riguarda le metodologie terapeutiche implementate, hanno avuto come obiettivo principale quello di assistere coloro che hanno subito traumi profondi; particolare rilievo viene attribuito ai casi legati al PTSD, alla depressione e all’ansia generalizzata. È interessante notare inoltre un aggravarsi dei disturbi già esistenti tra i pazienti consultati. Gli ostaggi recentemente liberati ricevono programmi dedicati volti al recupero psicologico presso le strutture sanitarie locali. La considerazione attenta delle scelte individuali dei pazienti riguardo alla divulgazione delle loro esperienze traumatiche – specie quelle relative a episodi violenti come le aggressioni sessuali – si pone quale pietra miliare nel trattamento psicologico offerto.
Il fulcro dell’intervento resta sempre il benessere individuale, anziché rispondere a pressioni esterne legate alla divulgazione delle informazioni.
Una componente determinante nella ristrutturazione del servizio è consistita nel richiamo all’attività professionale da parte degli esperti della salute mentale andati in pensione; tale strategia ha come obiettivo quello di incrementare l’efficacia operativa del sistema durante l’emergenza sanitaria. Inoltre, si sta promuovendo l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche come la telemedicina, concepita per estendere i servizi sanitari a un numero maggiore possibile di soggetti; ciò permette non solo l’abbattimento delle barriere fisiche, ma anche l’assicurazione dell’assistenza nelle zone più isolate o meno accessibili.
Particolare attenzione viene posta sulla salute mentale dei bambini. Gli strascichi emotivi generati dall’ambiente conflittuale incidono pesantemente sul loro percorso evolutivo psicologico, rendendoli ansiosi e frustrati; questo porta frequentemente a problematiche quali insonnia. È fondamentale investire nella sfera psichica infantile se si desidera garantirne uno sviluppo ottimale nel futuro prossimo. Pur vivendo situazioni avverse, gli adulti impegnano ogni sforzo affinché possano mantenere abitudini quotidiane quanto più simili al normale: andare a scuola ed essere coinvolti in momenti ludici diventa essenziale pur comprendendo che il senso della malinconia rimarrà sempre presente accanto a loro.
Il ruolo della cultura e le prospettive future
La resilienza del popolo israeliano affonda le sue radici profonde nella storia e nella cultura. Esperienze storiche di persecuzione e sopravvivenza hanno plasmato una capacità di reazione collettiva di fronte alle avversità. La capacità di sostenersi a vicenda, di creare reti di supporto informale e di mantenere un forte senso di comunità sono elementi cruciali che contribuiscono alla resilienza psicologica individuale e collettiva. La cultura israeliana ed ebraica valorizza il vivere, la partecipazione alla vita sociale, il progresso, in netto contrasto con la crudeltà del terrorismo. Questa tensione tra il desiderio di normalità e la realtà del conflitto è una delle sfide psicologiche più significative.
Nonostante la resilienza, il sistema di salute mentale in Israele, anche prima degli eventi recenti, affrontava delle criticità. Richieste di dichiarazione dello “stato di emergenza” nel settore psichiatrico erano state avanzate già in precedenza, evidenziando la necessità di maggiori investimenti e risorse. L’attuale crisi ha accentuato tali problematiche, facendo emergere con urgenza l’esigenza primaria di potenziare sia le infrastrutture sia il personale, specialmente nell’ambito della salute mentale.
In Israele, affrontare la ricerca sulla salute mentale comporta diverse complessità. Il peculiare scenario socio-politico-culturale costituisce sia delle sfide che delle occasioni da sfruttare. L’analisi dell’effetto del trauma su una popolazione continuamente esposta ai conflitti può condurre all’acquisizione di nuove conoscenze ed elaborazione di interventi innovativi. Tuttavia, fattori pratici legati alle condizioni di sicurezza complicano ulteriormente gli studi longitudinali nonché l’accessibilità verso specifiche comunità.
Il Dipartimento per la riabilitazione presso il Ministero della Difesa osserva un incremento notevole nel numero dei militari sottoposti a trattamenti per questioni relative alla salute mentale o PTSD; pertanto mira a ottimizzare i percorsi riabilitativi offerti. Nonostante ciò, si trova nella difficile posizione di affrontare una considerevole quantità di lavoro necessario per gestire casi sempre più numerosi dentro a un contesto dove le risorse risultano insufficienti.
- PTSD
- Disturbo da stress post-traumatico, una condizione psicologica che può svilupparsi dopo aver subito un evento traumatico.
- Telemedicina
- Utilizzo della tecnologia per fornire assistenza sanitaria a distanza.
- Resilienza
- Capacità di affrontare e superare le difficoltà e i traumi.
Una nozione fondamentale di psicologia cognitiva che affiora con prepotenza in questo contesto è la rielaborazione dei traumi. Dopo un evento traumatico, la mente tende a riviverlo in modo frammentato e angosciante. La terapia, in particolare la psicoterapia basata sull’evidenza come la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) o la Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari (EMDR), mira ad aiutare l’individuo a integrare l’esperienza traumatica nella propria memoria episodica in modo più coerente e meno destabilizzante. È un processo lungo e spesso doloroso, ma essenziale per superare il PTSD e riacquistare un senso di sicurezza e controllo sulla propria vita. Approfondendo ulteriormente le tematiche legate alla salute psicologica, ci imbattiamo nella teoria polivagale, che fornisce una chiave interpretativa intrigante riguardo all’effetto del trauma sulle persone. Ideata dal dottor Stephen Porges, essa illumina i meccanismi attraverso cui il nostro sistema nervoso autonomo gestisce le risposte agli stimoli stressogeni e alle minacce esterne tramite l’attività del nervo vago. Quando si verifica un’esposizione prolungata a traumi consequenziali, è possibile che questo sistema entri in uno stato persistente di attivazione esagerata (modalità combatti o fuggi) oppure in una condizione di paralisi (stato di congelamento), danneggiando così la nostra abilità nel percepire un ambiente sicuro e nel mantenere legami affettivi con gli altri individui. Le pratiche terapeutiche informate da tale approccio—come quelle neurofisiologiche mirate al trattamento degli effetti traumatici—mirano ad alterare positivamente le funzioni del nostro sistema nervoso autonomo per riportare una sensazione interna di sicurezza oltre a promuovere una più efficace gestione delle emozioni.
Allargare lo sguardo sulla situazione sanitaria mentale sia in Israele che in Palestina suscita riflessioni profonde sulla vulnerabilità dell’anim
- Pagina di MSF che descrive il loro intervento in Palestina, inclusa Gaza e Cisgiordania.
- Sito ufficiale di Medici Senza Frontiere, per approfondire le operazioni in Cisgiordania.
- MSF: Aumentano i bisogni sanitari e psicologici a causa della violenza in Cisgiordania.
- Approfondimento sulla salute mentale a Gaza e le conseguenze psicologiche.