- Dal 2025, 17 soldati israeliani si sono suicidati a causa del trauma.
- Oltre 1.100 soldati dell'idf dimessi per ptsd dallo scoppio della guerra.
- 18.500 nuovi feriti dell'esercito hanno raggiunto il dipartimento di riabilitazione.
L’ombra del PTSD sui sol<a class="crl" href="https://www.respira.re/salute-mentale/allarme-trauma-ondata-di-stress-post-traumatico-tra-i-soldati-israeliani/”>dati israeliani: tra suicidi e dimissioni
L’orrenda brutalità del conflitto israelo-palestinese sta creando un’onda d’urto sotterranea ma profondamente distruttiva sul piano psichico delle forze armate israeliane; si osserva così una crescita marcata nei casi afferenti al disturbo da stress post-traumatico (PTSD), insieme a una preoccupazione crescente per l’aumento dei tassi suicidari. Con l’inizio delle ostilità fra Israele e Hamas nell’ottobre del 2023, il Ministero della Sicurezza dello Stato di Israele ha accertato gravi perdite nelle sue fila tanto sul fronte umano quanto su quello psicologico. Secondo quanto riportato dal giornale Yedioth Ahronoth, più di diecimila militari hanno mostrato reazioni emotive turbolente legate al PTSD; attualmente risultano registrati circa 3.769 individui impegnati in percorsi terapeutici sotto l’egida del Ministero degli Affari Militari. Si proietta che nel giro dei prossimi trenta mesi la cifra totale riguardante i militari colpiti da invalidità potrebbe avvicinarsi ai cento mila unità: tra questi ultimi è previsto che almeno il cinquanta percento avrà a che fare con problemi psichiatrici maggiori o minori. Una statistica inquietante fa riferimento al fenomeno suicidario: dal biennio compreso fra il 2025 fino a oggi già diciassette soldati hanno posto fine alla propria esistenza volontariamente; complessivamente dalla comparsa delle tensioni belliche si registra una cifra totale pari a cinquant quattro morti per autodistruzione. Questo include un soldato suicidatosi a Salfit il 28 giugno e altri tre in un arco di dieci giorni nel luglio scorso.
Questo incremento delle vittime non combattenti evidenzia una crisi profonda, con oltre 1.100 soldati dell’IDF esonerati dal servizio a causa del PTSD dallo scoppio della guerra. Non si tratta solo di soldati in prima linea: “Più di 12.000 soldati in servizio attivo e di riserva hanno lasciato il servizio a causa dell’impatto psicologico della guerra e hanno anche smesso di lavorare nella loro vita privata”, ha riferito una fonte del Ministero degli Affari Militari. Gli esperti evidenziano che, sebbene durante il combattimento i soldati godano di una relativa “immunità psicologica”, al ritorno alla vita normale i ricordi riaffiorano, scatenando crisi psicologiche ritardate. Questa realtà, così pervasiva e drammatica, si unisce a un contesto psicologico già messo a dura prova da un conflitto che si protrae da decenni.

Il peso invisibile: l’impatto transgenerazionale del trauma
Il trauma della guerra non si limita a colpire direttamente i soldati coinvolti, ma si estende come un’onda invisibile attraverso le generazioni, generando quello che in psicologia è noto come trauma transgenerazionale. Nel contesto israeliano, questo fenomeno assume una complessità particolare, poiché il conflitto attuale si innesta su una storia già profondamente segnata da eventi traumatici come la Shoah, che costituisce non solo un evento fondativo della memoria collettiva ma anche un elemento identitario e politico cruciale.
Recenti studi hanno evidenziato che tracce psichiche e biologiche di traumi profondi possono persistere attraverso almeno tre generazioni. Ad esempio, un lavoro recente di Gampel (2020) ha esplorato come gli effetti del trauma possano avere un impatto significativo sulle generazioni successive, lasciando impronte psicologiche senza che i discendenti ne abbiano consapevolezza.
Le sfide della riabilitazione e il bisogno di supporto
L’aumento dei casi di PTSD e il drammatico numero di suicidi tra i soldati israeliani, uniti all’eredità invisibile del trauma transgenerazionale, pongono sfide significative per la riabilitazione psicologica e il supporto alle famiglie. Secondo quanto riportato da Mosaico-cem.it, gli operatori sanitari, gli educatori e i soccorritori sono a loro volta coinvolti in una “guerra che non hanno scelto”, affrontando le conseguenze psicologiche del conflitto. I dati del Ministero degli Affari Militari indicano che 18.500 nuovi feriti dell’esercito e delle forze di sicurezza hanno già raggiunto il dipartimento di riabilitazione, aggiungendosi alle decine di migliaia già in cura. Questo numero è destinato a crescere, con previsioni che stimano un aumento significativo nel 2025.
Il ponte tra passato e futuro: elaborare per non ripetere
Nella psicologia cognitiva e comportamentale, un concetto fondamentale è quello di elaborazione del trauma. Si riferisce a quel processo mentale e affettivo attraverso cui un individuo (o un gruppo) integra un’esperienza traumatica nella propria narrazione di vita, riducendone il potere distruttivo e il rischio di ripetizione inconscia. Quando un trauma non viene adeguatamente elaborato, le memorie dolorose possono rimanere “bloccate” in una sorta di capsula psichica, riemergendo in modo intrusivo (come flashback o incubi) o influenzando il comportamento attraverso evitamenti, iper-vigilanza o risposte irrazionali di rabbia e paura.
Un concetto avanzato, particolarmente rilevante in questo contesto, è quello di coazione a ripetere. Introdotto da Freud, descrive la tendenza inconscia a riproporre situazioni dolorose e traumatiche, non per masochismo, ma nel tentativo – fallimentare – di padroneggiarle o elaborarle. Nel caso di traumi collettivi e transgenerazionali, questa coazione può manifestarsi a livello sociale, portando intere comunità a riprodurre dinamiche di conflitto, dominio o auto-vittimizzazione. È come se il “fantasma” del trauma non elaborato spingesse a riprodurre copioni storici, spesso invertendo i ruoli di vittima e carnefice.
La riflessione personale che si impone è profonda. Questa dinamica, che è al centro del conflitto israelo-palestinese, ci chiede di guardare oltre la cronaca degli eventi e di interrogarci sulle radici psichiche e storiche della violenza. Come possiamo, individualmente e collettivamente, impegnarci in un’autentica elaborazione del lutto, riconoscere la complessità delle ferite e spezzare la catena di coazione a ripetere che attanaglia non solo le singole vite ma intere nazioni? La sfida è quella di costruire un futuro in cui la memoria non diventi uno strumento di giustificazione di nuove oppressioni, ma un ponte per la comprensione, l’empatia e la costruzione di una pace che non sia effimera tregua, ma profonda riconciliazione.
- PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, condizione psicologica che può manifestarsi dopo aver subito un evento traumatico.
- Trauma Transgenerazionale: Trasmissione degli effetti psicologici di traumi subiti da una generazione all’altra.
- IDF: Forze di Difesa Israeliane, l’esercito dello Stato di Israele.
- Hamas: Organizzazione politica e militante palestinese.
- Meta-dati: Informazioni aggiuntive sui dati, importanti per analizzare la ricerca di informazioni.