Incendi in Grecia: come si cura il trauma collettivo?

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  • Nell'estate passata, oltre 42.000 ettari sono stati devastati in Grecia.
  • A Chio, quasi 7.000 ettari incendiati, compromettendo coltivazioni e imprese locali.
  • Il 55% delle aree colpite rientra nei territori protetti da Natura 2000.

Le cicatrici bruciate dell’identità greca: un trauma collettivo persistente

Le estati greche, un tempo sinonimo di sole radioso e paesaggi idilliaci, sono diventate un incubo ricorrente, scandito dal flagello degli incendi boschivi. Questi disastri ambientali, sempre più frequenti e distruttivi, hanno lasciato dietro di sé non solo paesaggi carbonizzati, ma anche profonde cicatrici psicologiche nell’animo di individui e intere comunità. L’impatto va ben oltre la perdita materiale, toccando le corde più intime dell’identità culturale e storica di una nazione. La Grecia vive una tragedia nazionale con conseguenze a lungo termine per la natura e per la sua gente.


La distruzione degli uliveti, delle foreste e dei pascoli non è meramente una perdita ecologica; è un attacco ai simboli stessi che definiscono l’esistenza greca. Fin dall’antichità, l’ulivo ha rappresentato saggezza, pace e resilienza, un legame indissolubile tra passato e presente. La sua scomparsa, anche in parte, recide un filo conduttore che unisce generazioni, cancellando la memoria collettiva custodita in questi archivi viventi. Il ripristino dei territori non può prescindere dalla ricostruzione di questo patrimonio identitario. Il trauma è sia personale che collettivo, una ferita invisibile che le comunità continuano a portare con sé ben oltre lo svanire del fumo. Secondo alcune analisi approfondite, si tratta di un trauma che “altera il modo in cui la società percepisce se stessa e il suo futuro”[Fonte]. I dati recenti delineano uno scenario drammatico: nell’estate passata oltre 42.000 ettari hanno subito devastazione in Grecia, rappresentando una cifra notevolmente superiore alla media registrata negli ultimi due decenni. A Chio si segnalano quasi 7.000 ettari incendiati, compromettendo coltivazioni e piccole imprese locali; l’Epiro registra oltre 2.600 ettari perduti insieme alla vita di numerosi animali domestici! Nella sola Attica, durante un mese d’agosto, gli incendi hanno ridotto al lastrico ben 8.594 ettari, contribuendo così a sottrarre al territorio circa il 26% della sua estensione complessiva, mentre il 37% dei boschi è andato irrimediabilmente perduto nel corso dell’ultimo ottennio. Tuttavia, dietro queste statistiche impietose emergono drammatiche narrazioni personali; basti pensare all’anziano vittima del fuoco nella propria dimora a Keratea, divenuto emblema del rifiuto sociale verso i più deboli. La calamità non ha risparmiato neppure i centri abitati: le fiamme si sono propagate fino ai pressi della città portuale Patrasso — ormai distante solo tre chilometri dal suo fulcro urbano — provocando ansia e panico tra i cittadini colpiti. Inoltre, vale la pena notare che oltre il 55% delle zone interessate dalle fiamme rientra nei territori protetti da Natura 2000; questo comporta danni significativi alla biodiversità locale e conseguenze severe per gli habitat naturali compromessi nel lungo periodo. Il deterioramento della qualità dell’aria conduce a una concomitante diminuzione dello standard generale della vita degli abitanti ellenici. In questa atmosfera segnata dalla perdita e dall’impoverimento emotivo si alimenta continuamente un ciclo di stress post-traumatico ed emerge uno scompenso profondo nell’identità collettiva.

Non si tratta affatto di situazioni sporadiche; questi fenomeni rientrano piuttosto in un sistema ciclico senza fine apparente, il quale trasforma radicalmente le consuetudini quotidiane degli individui. Le perdite vanno ben oltre l’aspetto ecologico o materiale: esse suscitano infatti uno straordinario trauma collettivo, innestandosi nella coscienza sociale e distorcendo l’immagine auto-rappresentativa che una comunità possiede riguardo al proprio avvenire. Situazioni passate – quali gli incendi devastatori del 2009 in Australia o quelli tragici verificatisi a Mati nel 2018 – testimoniano chiaramente come chi è rimasto vivo deve confrontarsi con forme tanto acute quanto persistenti d’ansia post-traumatica e con una sensazione d’intossicamento dei legami sociali essenziali per ogni comunità vivente. La lotta delle famiglie per ottenere giustizia dopo le oltre cento vite spazzate via dalla negligenza a Mati ha condotto a sentenze nei confronti dei colpevoli; tuttavia tali decisioni giudiziarie sono state percepite come insoddisfacenti da molti cittadini indignati e determinati nella loro esigenza di richiamare alla responsabilità quanti furono coinvolti nei tragici eventi. La salute mentale subisce un impatto notevole, caratterizzato dalla presenza di sintomi correlati al disturbo da stress post-traumatico. In situazioni particolari, come quella dei rifugiati a Lesbo, emergono anche pensieri suicidi che mettono in luce una particolare fragilità psicologica all’interno di specifiche comunità.

La gestione fallimentare e le negligenze sistemiche

La tragedia degli incendi in Grecia è aggravata da fallimenti sistemici nella prevenzione e nella gestione degli stessi. Per lungo tempo, gli esperti hanno denunciato l’inadeguatezza del modello antincendio greco, che ha concentrato le risorse eccessivamente sulla soppressione, trascurando la prevenzione. Le reti elettriche scarsamente mantenute sono spesso la causa di nuovi focolai, anno dopo anno, e la consapevolezza pubblica e l’informazione in materia di incendi boschivi risultano scarse.

La Corte dei Conti europea ha posto l’accento sulla contraddizione tra gli impegni finanziari e l’effettivo assorbimento dei fondi. Sebbene la Grecia abbia stanziato 837 milioni di euro per misure antincendio, l’utilizzo dei fondi UE disponibili rimane “estremamente basso”. Questo si accompagna a un monitoraggio insufficiente delle spese europee e all’uso di mappe obsolete, che ostacolano una risposta efficace. L’investimento massiccio nella protezione civile, pari a 2,5 miliardi di euro solo quest’anno, si è rivelato insufficiente. Gli esperti sostengono che quasi tutti i paesi si concentrano sulla lotta agli incendi, ma questo è l’approccio sbagliato. Sarebbe più efficace cercare di rimodellare i paesaggi, concentrandosi sulla prevenzione strutturale.

Un sistema di allerta aggiornato: Recentemente, le autorità greche hanno introdotto il sistema di allerta di emergenza 112 aggiornato, un passo avanti significativo nell’intento di migliorare la sicurezza pubblica e la risposta alle crisi. Questo sistema rinnovato offre geolocalizzazione avanzata, videochiamate, avvisi silenziosi per situazioni critiche, funzioni di accessibilità per le persone con disabilità e opzioni di comunicazione offline.

Inoltre, una nuova piattaforma informativa fornisce aggiornamenti in tempo reale sulle condizioni meteorologiche, sulla posizione dei veicoli e sulle risorse aeree antincendio, facilitando un coordinamento più rapido tra i servizi di emergenza. Nonostante l’importanza vitale di questi avanzamenti tecnologici, gli specialisti evidenziano l’urgenza di un radicale mutamento nelle politiche dedicate alla conservazione del paesaggio. Sebbene la ristrutturazione della protezione civile insieme alla riforestazione, ancorata alle ultime scoperte scientifiche, costituiscano segnali positivi, è imprescindibile una loro implementazione efficace per tutelare sia il patrimonio culturale che le vite degli individui. Il percorso da seguire si presenta complesso e prolungato; esso necessita non soltanto di misure tecniche specifiche, ma altresì di un sostanziale cambiamento culturale riguardo alla percezione dei rischi e alle modalità operative nella gestione territoriale.

Strategie di coping e resilienza comunitaria

In un contesto così drammatico, diventa fondamentale considerare come le comunità toccate dagli incendi riescano a mostrare una sorprendente resilienza. Il trauma collettivo, malgrado il suo impatto devastante, possiede infatti il potere di creare legami forti tra gli individui coinvolti; questo fenomeno spesso sprona a sviluppare reti sociali e attivismi locali. Le lezioni apprese da realtà straniere quali l’Australia e i vari eventi in Spagna, dove sofferenze comuni hanno alimentato azioni concrete nel sociale, evidenziano chiaramente come il processo di guarigione vada ben oltre le mere pratiche legate alla ricostruzione fisica degli spazi colpiti. Risulta imperativo commemorare ciò che è stato perso tramite monumenti dedicati alle vittime e al patrimonio naturale compromesso; tale azione contribuisce non solo a onorare i defunti ma anche a promuovere sentimenti solidali fra i sopravvissuti e ispirarli verso vere pratiche preventive nel futuro. A tal proposito è indispensabile garantire da parte delle istituzioni un alto grado di trasparenza unitamente a una chiara assunzione della loro responsabilità: solo in questo modo si potrà riallacciare quel legame fiduciario essenziale affinché il dolore comune possa trasformarsi positivamente in capacità resiliente piuttosto che permanere come una ferita mai sanata.

Per prevenire simili disastri futuri è fondamentale sviluppare strategie basate su politiche inclusive accompagnate da incentivazioni precise rispondenti ai fabbisogni economici e sociali dei cittadini residenti nelle aree vulnerabili al rischio incendi. Gli incendi estremi, sebbene spesso innescati dall’azione umana, possono essere gestiti attraverso una pianificazione del territorio che crei paesaggi resilienti. Questo implica un “mosaico” di specie vegetali e usi del suolo adattati al contesto, ma anche un territorio vissuto, curato e gestito in modo da rallentare l’avanzata del fuoco e facilitare i soccorsi. La riduzione del materiale combustibile, una cura fondamentale del territorio spesso trascurata in aree spopolate e povere di servizi, è indispensabile. L’espansione urbana disordinata, che erode il confine tra foreste e aree abitate (la cosiddetta Wildland Urban Interface, WUI), aumenta il rischio sia per gli inneschi che per la vita umana, rendendo quasi inefficaci le misure antincendio in caso di fuochi estremi.

Per rendere un paesaggio più resistente agli incendi è necessario il coinvolgimento attivo delle comunità locali, che devono trarre un beneficio, anche economico e sociale, da queste pratiche. Strumenti economici come sussidi diretti, pagamenti per i servizi ambientali (PES), certificazioni di prodotto e assicurazioni agevolate possono incentivare comportamenti virtuosi. Nell’ambito europeo, si osserva una prevalenza dei sussidi economici tradizionali, evidenziata dai casi della Galizia. Qui, i finanziamenti pubblici vengono utilizzati per rivitalizzare l’agricoltura nei pressi delle aree urbane; tale iniziativa dà origine a fasce di vegetazione coltivata che fungono da interruzioni nella continuità delle fonti combustibili, contribuendo così a rallentare la propagazione degli incendi. In seconda posizione troviamo i PES, che offrono un compenso ai gestori territoriali impegnati in pratiche preventive ben definite come la rimozione della lettiera forestale o il mantenimento di un pascolo sotto controllo; queste operazioni hanno l’effetto collaterale positivo di abbattere quantità significative di materiale infiammabile. Inoltre, programmi innovativi quali RAPCA in Andalusia integrano nell’attività gestionale dei vastissimi terreni ad alta vulnerabilità i pastori locali: ciò evidenzia chiaramente la validità della pratica del pascolo mirato.

Oltre la cenere: costruire un futuro resiliente attraverso la comprensione psicologica

La Grecia deve intraprendere un cammino verso un avvenire privo della crisi psicologica causata dagli incendi. Questo richiede un approccio completo capace di trascendere la semplice gestione degli incendi stessi. È cruciale abbracciare una visione olistica, integrando fattori legati alle dinamiche psichiche individuali e sociali assieme agli elementi ecologici ed economici.

Nel campo della psicologia cognitiva si osserva chiaramente come eventi traumatici significativi—quali sono gli incendi devastatori—possano indurre modelli mentali alterati accompagnati da ricordi invasivi; ciò comporta che le persone interessate rivivono costantemente l’esperienza traumatica. Tali modelli possono esprimersi attraverso stati d’ansia persistente, episodi depressivi e difficoltà nel sonno; tutti questi fattori influenzano seriamente la predisposizione degli individui a trattare nuovi dati e interagire efficacemente con l’ambiente circostante. L’afflusso continuo di notizie sugli incendi oppure l’esposizione visiva ad immagini collegate possono risvegliare tali circuiti neurali già compromessi, perpetuando lo stato d’inquietudine e rendendo complesso il recupero dall’evento traumatico subito. Dal punto di vista della psicologia comportamentale, le persone tendono ad adottare strategie di evitamento per sfuggire al dolore psicologico, il che può includere l’isolamento sociale o la negazione della gravità del problema. Tuttavia, queste strategie, nel lungo termine, sono controproducenti e ostacolano il processo di guarigione, impedendo l’elaborazione del trauma e il rafforzamento delle connessioni sociali.

Crescita post-traumatica: Una nozione avanzata in medicina della salute mentale, applicabile al contesto greco, è la “crescita post-traumatica” (Post-Traumatic Growth – PTG). Questa non è la semplice resilienza, ma un processo attraverso il quale gli individui non solo tornano al loro stato pre-traumatico, ma emergono dall’esperienza con una maggiore consapevolezza di sé, relazioni più profonde, un senso rinnovato di scopo e una rivalutazione delle priorità nella vita.

Implica che il trauma, pur essendo devastante, può diventare un catalizzatore per un cambiamento positivo e una crescita personale e collettiva. Per quanto concerne il contesto greco, si delineano opportunità concrete per lo sviluppo di una maggiore sensibilità ecologica insieme a una mobilitazione collettiva orientata verso modelli sostenibili. Questa evoluzione potrebbe derivare dall’assimilazione della lezione secondo cui le esperienze traumatiche potrebbero sfociare in processi rigenerativi nei quali non si recupera soltanto ciò che è andato perso fisicamente; piuttosto ci si muove anche verso un’affermazione dei propri valori fondamentali e identitari. Comunità provate da enormi tragedie possono apprendere a convertire il loro lutto condiviso tramite forme attive di partecipazione civile, trasformando tale sofferenza in una spinta propulsiva per prevenire futuri disastri ed edificare società più robuste dal punto di vista sia pratico sia emotivo. La verità centrale consiste nell’orientare emozioni complesse come rabbia o tristezza verso cambiamenti incisivi, comprendendo come l’atto terapeutico richieda non solo la rimessa in sesto delle strutture fisiche, ma anche uno sforzo sostanziale per rinsaldare i legami sociali e psichici.

Inoltre, sarà cruciale porsi domande introspective riguardo all’insegnamento proveniente dall’esperienza greca: siamo davvero pronti ad andare oltre le necessità urgenti del presente? Siamo capaci di abbracciare strategie preventive sia sul piano dell’ambiente che su quello psicologico? Siamo pronti a riconoscere che il prezzo della negligenza non si misura solo in ettari bruciati e perdite economiche, ma in cicatrici invisibili che segnano intere generazioni? La trasformazione del trauma collettivo in resilienza è un compito arduo, ma non impossibile, che richiede un impegno costante, trasparenza da parte delle istituzioni e una rinnovata fede nella capacità umana di ricostruire e rigenerare, anche di fronte alla desolazione più profonda. La Grecia ci mostra che gli incendi non sono solo un problema ambientale, ma una crisi che scuote le fondamenta stesse della nostra salute mentale e del nostro benessere collettivo.



Glossario:
  • PTG: Crescita Post-Traumatica, processo nel quale le persone possono sviluppare una maggiore forza personale e relazioni più profonde dopo un evento traumatico.
  • Natura 2000: R

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