- La dissociazione traumatica è una strategia difensiva che allenta i legami con le sensazioni corporee durante un’esperienza opprimente.
- Studi del 2018 associano la dissociazione traumatica a sintomi complessi, come fuga dissociativa e amnesia.
- Gli oppioidi endogeni possono indurre distacco e riduzione del dolore, impedendo l'elaborazione della memoria traumatica.
- La dissociazione è una disintegrazione della coscienza che frantuma l'integrità del sé.
- L'amnesia dissociativa comporta smarrimento mnemonico dopo eventi traumatici.
- EMDR e CBT sono terapie efficaci, come descritto nell'approccio progressivo di González e Mosquera.
- Nel trauma, la psiche costruisce muraglie eteree; la psicoterapia aiuta a smantellarle.
Il corpo silente: dissociazione traumatica e la disparità fra le ferite corporee e il peso emotivo delle situazioni traumatiche
Le conseguenze traumatiche derivanti da eventi come gli incidenti stradali evidenziano frequentemente una notevole disparità fra la severità delle ferite fisiche e il peso dell’impatto psichico avvertito dalle vittime. Di recente, ha attirato nuovamente l’attenzione il caso relativo a investimenti automobilistici caratterizzati da lesioni minime; tale vicenda ha rimesso in primo piano il concetto della dissociazione traumatica. Si tratta essenzialmente di una strategia difensiva mediante la quale il soggetto allenta i legami con le sensazioni corporee e con l’ambiente circostante nel corso di un’esperienza altamente opprimente. Sebbene questa disconnessione possa apparire come una forma iniziale d’autoprotezione, essa ha anche il potenziale per provocare cicatrici emotive profonde, spesso invisibili ma equamente necessitanti attenzione terapeutica comparabile – o addirittura superiore – a quella destinata agli infortuni fisici manifestabili. La psicologia contemporanea sta mostrando crescente consapevolezza riguardo al fatto che anche senza segni evidenti d’infortunio somatico si possa sperimentare grande angoscia psichica; ciò sottolinea l’importanza cruciale di un intervento globale nella gestione delle esperienze post-traumatiche. L’arco narrativo attorno al personaggio chiamato Sophie – proveniente da una serie televisiva del 2013 – illumina perfettamente questo tema: intrappolata in uno stato dissociativo, le consentiva di illusoriamente giustificarsi all’idea di essere indipendente dalle cure terapeutiche necessarie per affrontare problematiche reali nascoste sotto uno strato superficiale d’autosufficienza e negazione.
- Dissociazione traumatica: meccanismo di difesa che comporta un distacco della mente dalla realtà durante esperienze opprimenti.
- PTSD (Disturbo da Stress Post-Traumatico): condizione psicologica insorte dopo un’esperienza traumatica che include sintomi come flashback, ansia e moderata difficoltà a relazionarsi.
Il trauma, definito da Sigmund Freud già nel 1896 come un evento capace di generare un’eccitazione psichica superiore alla capacità di elaborazione del soggetto, disorganizza la mente di chi lo vive, potendo ingenerare il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) o, per l’appunto, fenomeni dissociativi. Questi processi mentali si manifestano quando la capacità della mente di integrare ricordi, percezioni e comportamenti viene meno a causa dello stress acuto. Le persone coinvolte in incidenti stradali, ad esempio, possono distanziarsi dalle emozioni provate, agendo come se l’accaduto non le avesse minimamente toccate, sopraffatte da un dolore troppo intenso per essere gestito consapevolmente. Questa “schermatura invisibile” può presentarsi in diverse forme, condizionando in maniera pervasiva la vita dell’individuo. La dissociazione non è una semplice rimozione, ma una vera e propria frammentazione della coscienza, un’incapsulazione e un isolamento di esperienze dal flusso della consapevolezza che possono persistere ben oltre l’evento scatenante.
La neurobiologia del trauma e il ruolo dei neurotrasmettitori
La comprensione della dissociazione traumatica è profondamente legata alla sua neurobiologia, un campo di studio che sta rivelando come il cervello risponda a eventi stressanti estremi. Durante un trauma, il rilascio di neurotrasmettitori specifici gioca un ruolo cruciale nel modellare l’esperienza e l’elaborazione della memoria. Le catecolamine, come adrenalina e noradrenalina, vengono rilasciate in situazioni di stress per preparare il corpo alla “lotta o fuga”.
Neurotrasmettitore | Funzione | Impatto nel trauma |
---|---|---|
Adrenalina | Preparazione alla reazione ‘lotta o fuga’ | Aumento dell’iperattivazione e del ricordo traumatico |
Noradrenalina | Regolazione dell’attenzione e della risposta emotiva | Disregolazione e reazione amplificata al trauma |
Serotonina | Regolazione dell’umore e della risposta allo stress | Evidenziato nel PTSD come disfunzione psicologica |
Ruth Lanius, una figura di spicco nella ricerca neuroscientifica del trauma, suggerisce che gli oppioidi endogeni, sostanze chimiche prodotte dal corpo, abbiano un ruolo fondamentale nelle risposte dissociative. Questi oppioidi possono indurre un senso di distacco, intorpidimento e riduzione del dolore, agendo come una sorta di anestetico naturale. Questa risposta, sebbene possa essere cruciale per la sopravvivenza immediata a un evento soverchiante, può anche impedire l’elaborazione adattiva della memoria traumatica, interferendo con la sua integrazione nel quadro narrativo della propria vita. La ricerca attuale, come evidenziato nel lavoro di Lanius e Frewen, “La cura del sé traumatizzato” (2018), integra le scoperte nelle neuroscienze dell’attaccamento, del trauma e degli affetti, fornendo nuove prospettive per interventi clinici mirati.
La dissociazione, dal punto di vista neurobiologico, non è semplicemente una difesa psicologica, ma una disintegrazione della coscienza e dell’intersoggettività, un evento che frantuma l’integrità del sé. Il contesto attuale è capace di generare falsificazioni retrospettive, compromettere la predisposizione a immaginare un avvenire sereno e ostacolare una narrazione personale coerente da parte dell’individuo. La comprensione neurobiologica del PTSD mette in luce disfunzionalità in settori cruciali del cervello, come il talamo, le vie sensoriali e l’ippocampo. Questi cambiamenti rendono complessa l’assimilazione delle esperienze traumatiche, alimentando così fenomeni dissociativi e il perdurare di sintomi legati al trauma vissuto.
Tipi di dissociazione e approcci terapeutici efficaci
La dissociazione presenta una gamma di manifestazioni che sono sia varie che intrinsecamente complesse. Tra le più rilevanti possiamo annoverare l’amnesia dissociativa, la depersonalizzazione e la derealizzazione. Nel caso dell’amnesia dissociativa, si verifica un significativo smarrimento mnemonico dopo eventi carichi di trauma o stress intenso; ciò comporta per l’individuo un’impossibilità di rievocare aspetti fondamentali legati a tali eventi o addirittura ampie porzioni della sua vita passata. Per quanto riguarda la depersonalizzazione, essa è definita come una percezione alienante del sé, dove ci si sente estranei al proprio vivere quotidiano: gli atti e i pensieri sembrano estraniarsi quasi venendo osservati da lontano.
D’altra parte vi è anche la derealizzazione; questo stato esperienziale produce una marcata sensazione di incongruenza tra l’individuo e il contesto che lo circonda—il mondo appare offuscato o alterato nella sua essenza stessa.
Questi sintomi tendono a coesistere frequentemente e hanno il potenziale per evolversi verso forme patologiche superiori come nel caso del Disturbo Dissociativo dell’Identità (DDI), riconoscibile attraverso quella peculiare caratteristica nota come frammentazione dell’identità.
Il trattamento della dissociazione traumatica richiede un approccio multifase, come descritto nella Teoria della Dissociazione Strutturale. La terapia mira a ridurre questa dissociazione strutturale, aiutando le persone a sviluppare gradualmente un’integrazione delle diverse parti di sé.
Tra le terapie più efficaci troviamo l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) e la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) focalizzata sul trauma. L’EMDR, attraverso specifici movimenti oculari o altre stimolazioni bilaterali, facilita l’elaborazione dei ricordi traumatici, riducendo l’impatto emotivo degli eventi passati. Questo approccio è stato mostrato efficace anche con pazienti dissociativi, come descritto nell’approccio progressivo di Anabel González e Dolores Mosquera. La CBT focalizzata sul trauma, invece, aiuta i pazienti a identificare e modificare i pensieri disfunzionali e i comportamenti maladattativi legati al trauma, fornendo strategie per affrontare le memorie traumatiche e sviluppare nuove abilità di coping.
Tipo di terapia | Descrizione | Applicazione |
---|---|---|
EMDR | Uso di movimenti oculari o stimolazione bilaterale per elaborare i ricordi traumatici. | Particolarmente utile in caso di pazienti dissociativi (Jim Knipe, 2017). |
CBT | Terapia che modifica pensieri disfunzionali e comportamenti maladattativi legati al trauma. | Sviluppo di nuove strategia di coping e affrontare le memorie traumatiche. |
Terapia sensomotoria | Focalizzazione sulle memorie corporee delle esperienze traumatiche. | Inclusione delle memorie più precoci nel trattamento. |
Nel contesto della rielaborazione dei ricordi traumatici, l’ipnosi clinica emerge quale strumento significativo che consente ai pazienti di preservare il proprio benessere sia fisico che psicologico durante l’elaborazione di contenuti difficili. In aggiunta a ciò, approcci innovativi come il Deep Brain Reorienting (DBR), concepito da Frank Corrigan, mirano a operare su un livello più profondo rispetto alle memorie legate al trauma stesso, aprendo la strada a nuove modalità d’intervento. Questi tipi di terapie sono spesso combinati tra loro e richiedono una calibratura attenta affinché possano affrontare la complessità insita nel trauma relazionale infantile e le relative implicazioni sull’attaccamento disorganizzato; quest’ultimo è stato analizzato da Mary Main come una strategia estrema volta a evitare la sofferenza emotiva.
Oltre la superficie: la resilienza e l’integrazione
La dimensione dell’afflizione sorda è spesso trascurata da chi osserva dall’esterno; infatti è notevole come una sofferenza priva di segni esterni possa risultare tanto profonda. Analogamente a un corso d’acqua invisibile sotto il terreno, il trauma inespresso scorre furtivamente, minando le basi del benessere personale mentre altera radicalmente l’autopercezione così come quella nei confronti della realtà circostante. È evidente come anche eventi traumatici apparentemente benigni come gli incidenti stradali possano provocare complesse reazioni neurobiologiche e psicologiche difficili da percepire ad occhio nudo. La dissociazione rappresenta questa antica arte della mente capace di distaccarsi dalla realtà immediata; si configura pertanto quale strategia evolutiva deputata alla salvaguardia individuale. Essa ci consente non solo di affrontare situazioni orrende senza avvertirne tutte le conseguenze emotive più devastanti, bensì anche implica sacrifici significativi: ciò conduce alla frattura identitaria, alla sensazione d’irrealtà ed infine all’obnubilamento delle memorie.
Riflettete sulla stupefacente ma intricata abilità umana: nel giro d’un attimo, la nostra psiche può costruire muraglie eteree in difesa contro sofferenze schiaccianti. Considerate ora chi vive questo cammino difficile: colui che ha innalzato tali barriere dovrà lentamente apprendere l’arte dello smantellamento delle stesse. Passo dopo passo, rimettere insieme ciò che si era frantumato risulta essere fondamentale. Questo è il cuore della psicoterapia del trauma. La saggezza pratica ci dice che l’ascolto è la prima forma di cura, un ponte che collega mondi interiori frammentati.