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Il Fratta rivela un dramma: Abdellah, atleta annegato, tra mistero e silenzio

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  • Il corpo di Abdellah Aboulaala, 35 anni, trovato annegato nel fiume Fratta.
  • Nessun trauma apparente, ma si ipotizza un «morte equivoca».
  • Quasi l'80% dei suicidi in Italia coinvolge uomini.
  • Uomini: 11,8 decessi per suicidio ogni 100.000 persone.
  • Donne: solo 3 decessi per suicidio ogni 100.000 persone.

Le acque tranquille del fiume Fratta, a Merlara, hanno restituito un mistero avvolto nel silenzio. Giovedì sera, il corpo senza vita di Abdellah Aboulaala, un uomo di 35 anni con una passione per la corsa e una forma fisica invidiabile, è stato ritrovato annegato. La notizia ha scosso la comunità locale, lasciando un vuoto incolmabile e sollevando interrogativi inquietanti. Abdellah era un podista amatoriale di ottimo livello, partecipava regolarmente a gare e mezze maratone, dimostrando una dedizione e una preparazione atletica che sembravano incompatibili con un incidente banale.

La sua vita, vista dall’esterno, appariva fatta di disciplina, impegno sportivo e una rete di conoscenze costruita proprio grazie alla sua passione per la corsa. Un esame preliminare non ha rivelato alcunché di inusuale: non si sono riscontrati traumi né chiari segnali di violenza. Questo dato iniziale, se da un lato esclude l’ipotesi di violenza esterna, dall’altro infittisce il mistero sulla dinamica dell’accaduto. A cosa potrebbe essere attribuito l’annegamento di un atleta esperto e generalmente in buona salute? È plausibile pensare che possa essersi verificato un tragico malore nei pressi delle rive o magari una disavventura legata a una caduta accidentale. Le notizie diffuse tra la comunità marocchina del defunto Abdellah mettono in risalto il doppio dolore dei familiari, impossibilitati ad accettare quanto avvenuto.

Attualmente il corpo riposa presso l’obitorio dell’ospedale di Schiavonia ed è sotto la supervisione delle autorità competenti. Non appena verrà rilasciato il nulla osta necessario, saranno organizzati i funerali secondo la tradizione islamica. Resta forte la sensazione d’incertezza riguardo alla morte inspiegabile; infatti, l’autopsia imminente solleverà interrogativi oltre quelli prettamente fisici.

L’autopsia psicologica: uno sguardo nell’interiorità perduta

L’applicazione dell’autopsia psicologica è prevista proprio in quelle situazioni in cui le indagini forensi tradizionali non bastano a stabilire con certezza la causa e la dinamica della morte. Si parla di «morte equivoca», una locuzione che descrive perfettamente il caso di Abdellah. L’assenza di segni di aggressione rende l’omicidio un’ipotesi meno probabile sul piano investigativo tradizionale, ma non la esclude del tutto in assenza di ulteriori elementi. Resta da capire se si sia trattato di un tragico incidente, come un malore o una caduta, o se dietro l’annegamento si nasconda un gesto volontario.

Cos’è l’autopsia psicologica?

L’autopsia psicologica è una perizia post-mortem utilizzata nei casi di morte equivoca. Essa consiste nella ricostruzione retrospettiva della vita della vittima al fine di individuare aspetti che ne rivelino le intenzioni rispetto alla propria morte, indizi sulla tipologia del decesso e sull’eventuale grado di partecipazione alle dinamiche dello stesso. [Fondazione Veronesi]

La procedura di autopsia psicologica, validata dal Ministero della Salute e dall’Istituto di Medicina Legale, è un protocollo rigoroso e scientifico. Implica la raccolta di testimonianze da persone attendibili, come familiari, amici, colleghi, ma anche da chi ha avuto contatti con il defunto per ragioni professionali, come medici o terapeuti. Vengono esaminati in modo approfondito elementi che possono rivelare lo stato d’animo della persona, i suoi pensieri, le sue preoccupazioni. Ci si concentra su eventuali segnali premonitori risalenti anche a due anni prima, come commenti pessimistici sul futuro o abbandono di attività significative.

Nel contesto italiano, l’autopsia psicologica è uno strumento sempre più utilizzato, non solo nei casi di morte sospetta ma anche nell’ambito dell’omicidio per comprendere il ruolo della vittima. La sua scientificità è riconosciuta, anche se il suo utilizzo richiede professionalità e competenza specifiche. Un’autopsia psicologica non fornisce certezze assolute, ma offre elementi preziosi per orientare le indagini e per comprendere meglio la complessità della mente umana, soprattutto quando si trova ad affrontare momenti di profonda crisi.

Autopsia psicologica: «È uno strumento che permette di circoscrivere se il decesso di una persona è avvenuto per un evento naturale o per incidente, suicidario o omicidiario». [Forensic News] La vicenda di Abdellah rappresenta un esempio emblematico della sottile distinzione tra apparente solidità fisica e vulnerabilità psicologica. Quest’uomo, con una dedizione viscerale alla corsa e al pugilato e dotato di una forma fisica esemplare, potrebbe celare debolezze non percepibili a uno sguardo superficiale. In tale ottica, l’importanza dell’autopsia psicologica si fa palpabile: essa cerca di scoprire le profondità dell’anima umana, andando oltre ciò che si presenta all’esterno, per far emergere possibili conflitti interiori che hanno potuto condurre al drammatico epilogo della sua storia.

Cosa ne pensi?
  • Che tragedia! 😔 Un atleta nel pieno della vita......
  • Un suicidio? Forse è ora di smettere di......
  • Forse l'autopsia psicologica può svelare un'inattesa......

Il peso del silenzio: il suicidio maschile e lo stigma

La situazione relativa ad Abdellah potrebbe evolvere verso una direzione sinistra se le analisi psicologiche post-mortem suggerissero la via del suicidio. Ci troviamo dinanzi a un tema critico e frequentemente trascurato: il fenomeno del suicidio maschile. I numeri sono eloquenti ed evidenziano una realtà preoccupante che non possiamo affatto tralasciare. In Italia e in molte altre nazioni occidentali, si osserva un’incidenza nettamente maggiore del suicidio tra gli uomini rispetto alle donne. Le ultime informazioni rivelano che quasi l’80 % degli eventi letali legati al suicidio coinvolge individui di sesso maschile; i dati indicano infatti un’incidenza di 11,8 decessi ogni 100 000 persone nell’universo maschile contro solo 3 persone su 100 000 nel gentil sesso. [Epicentro]

Suicidio maschile in Italia: «Il 78,8 % dei morti per suicidio sono uomini». [Fondazione Veronesi] L’differenziale maschile nei casi di suicidio, intrinsecamente complicato, si origina da una molteplicità d’interazioni psico-sociali oltre che culturali. Un aspetto preponderante è rappresentato dalle immense difficoltà che affrontano gli individui maschili sin dalla giovane età nell’svelare le proprie emozioni, così come nel ricercare aiuto quando necessitano di supporto emotivo. Le convenzioni legate al genere tendono frequentemente ad equiparare la vulnerabilità con segni evidenti d’indebolimento personale; questo porta i giovani uomini ad incasellarsi in ruoli fittizi dove predominano forze esteriori anziché l’autenticità emotiva. La sedimentazione psichica avvenuta durante l’infanzia rende ardua per loro la possibilità d’individuare tempestivamente le manifestazioni del malessere interiore e cercare il sostegno adeguato nelle situazioni critiche.

A ciò si aggiunge lo stigma sociale persistente legato all’argomento della salute mentale quale elemento essenziale dell’equazione complessa. Nonostante stia aumentando gradualmente il grado di sensibilizzazione sulla questione, continua ad esistere una certa resistenza nel dibattere apertamente circa disagi emotivi ed difficoltà psicologiche, soprattutto tra il pubblico maschile. La dichiarazione del proprio stato depressivo, di esperienza ansiosa o più generalmente riguardo patologie mentali, può risultare agli occhi della società sinonimo inequivocabile d’insuccesso o addirittura costituire una vergogna irreparabile sull’autovalutazione individuale.

Inoltre, le modalità scelte per il suicidio tendono ad essere più letali negli uomini, il che spiega in parte il tasso di mortalità più elevato. Questi fattori, combinati, creano un circolo vizioso che rende il suicidio maschile un problema di salute pubblica che richiede un’attenzione specifica e mirata. Il caso di Abdellah, un atleta apparentemente forte e in salute, ci ricorda con tragica evidenza che il disagio interiore può colpire chiunque, indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale o dallo stile di vita.

Genere Tasso di mortalità per suicidio (per 100 000 abitanti)
Uomini 11,8
Donne 3,0

Riflessioni sul silenzio e sulla richiesta d’aiuto

Il mistero che avvolge la morte di Abdellah Aboulaala nel fiume Fratta ci spinge a riflettere su temi profondi e universali, che vanno ben oltre i confini di questo specifico caso. Ci interroga sul silenzio, quello che spesso circonda il dolore interiore, e sulla capacità, o meglio sulla difficoltà, di chiedere aiuto.

Dal punto di vista della psicologia cognitiva, i nostri schemi mentali e le nostre credenze giocano un ruolo fondamentale in come percepiamo noi stessi e il mondo che ci circonda. Schemi negativi, spesso radicati fin dall’infanzia, possono portarci a credere di non essere degni di amore o di aiuto, rendendo estremamente arduo rompere il muro del silenzio e cercare supporto. La psicologia comportamentale, d’altro canto, ci insegna che i nostri comportamenti sono spesso il risultato di condizionamenti e apprendimenti. Se fin da piccoli ci è stato insegnato che «gli uomini non piangono» o che «devi cavartela da solo», è probabile che da adulti avremo difficoltà a esprimere la nostra vulnerabilità.

I traumi, esperienze avverse che possono lasciare cicatrici profonde sulla nostra psiche, sono un altro elemento da considerare. Riconoscere l’impatto dei traumi sulla nostra vita è il primo passo per iniziare un percorso di guarigione. La salute mentale non è l’assenza di malattia, ma uno stato di benessere in cui riusciamo a realizzare il nostro potenziale, ad affrontare lo stress della vita, a lavorare in modo produttivo e a contribuire alla nostra comunità.

Glossario:

  • Autopsia psicologica: perizia post-mortem usata per analizzare le circostanze e le motivazioni che hanno portato alla morte.
  • Morte equivoca: caso di morte non chiaramente definita, richiedente indagini speciali.
  • Segnali premonitori: comportamenti o comunicazioni che possono indicare difficoltà emotive imminenti.

In un’ottica più avanzata di psicologia cognitiva, potremmo considerare il concetto di disregolazione emotiva. Si tratta della difficoltà a gestire e modulare le proprie emozioni in modo efficace. Individui con disregolazione emotiva possono vivere le emozioni in modo più intenso e durare più a lungo, e avere difficoltà a tornare a uno stato emotivo baseline. Questo può portare a comportamenti disfunzionali nel tentativo di alleviare l’intensità emotiva, inclusi, nei casi più gravi, comportamenti autolesivi o suicidari. Il riconoscimento e il trattamento della disregolazione emotiva, spesso con approcci terapeutici specifici, sono fondamentali per migliorare la salute mentale e ridurre il rischio di crisi.

Questo caso ci invita a una riflessione personale. Siamo attenti ai segnali che le persone intorno a noi, specialmente gli uomini, ci inviano? Siamo in grado di riconoscere le sottili manifestazioni di disagio che si nascondono dietro una facciata di normalità o persino di forza? Chiedere aiuto non deve essere interpretato come segno di fragilità; al contrario, rappresenta una dimostrazione audace e carica di ottimismo. Questo gesto si configura come il primo passo verso un possibile recupero. All’interno di tale quadro, risulta imprescindibile l’adozione di misure preventive. L’implementazione di spazi specificamente progettati per la prevenzione del suicidio riveste un’importanza cruciale nel tentativo di affrontare questa crisi spesso trascurata, mirando a garantire che ciascuna esistenza venga valorizzata e che ogni narrazione venga attentamente ascoltata.


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