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Forze armate: perché così tanti suicidi tra i militari italiani?

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  • Nel 2024, si stimano circa 50 suicidi tra militari e forze dell'ordine.
  • Il livello di depressione è 5 volte superiore rispetto alla media.
  • Nel 2023 si sono registrati 39 episodi di suicidio nelle Forze Armate.

Il recente drammatico evento del suicidio di un militare a Squinzano, in provincia di Lecce, ritrovato impiccato nel giardino della sua abitazione, riporta dolorosamente in primo piano il tema, spesso sommerso e trattato con imbarazzo istituzionale, della salute mentale all’interno delle Forze Armate italiane. Un caporal maggiore capo di 51 anni, in servizio presso la caserma “Pinerolo” di Bari, una figura apparentemente riservata ed esperta, stimata dai colleghi, è l’ultima vittima di un malessere invisibile che colpisce chi indossa la divisa. Questo tragico episodio, avvenuto lo scorso 17 maggio, non è un caso isolato. Le stime fornite da diverse fonti indicano un numero che si aggira intorno ai 50 suicidi tra militari e forze dell’ordine solo nel 2024 [Laurus Robuffo]. Questo dato, allarmante, solleva interrogativi urgenti sull’efficacia dei sistemi di supporto psicologico esistenti e sulla necessità di un cambiamento di paradigma nell’approccio al benessere mentale del personale in divisa.

Lo stress post-traumatico, o PTSD, è una malattia silenziosa ma diffusa, soprattutto tra i soldati che rientrano da fronti operativi complessi, come ad esempio le missioni in Afghanistan e Iraq. Le ferite che non guariscono, come le descrive un reduce di Nassiriya, possono manifestarsi con attacchi di panico e un forte stress che, in alcuni casi, porta alla decisione estrema. Nonostante la sua prevalenza e le gravi conseguenze che comporta per la vita dei militari e delle loro famiglie, il disturbo è ancora poco noto e spesso non adeguatamente affrontato. Già nel 2016, l’Amministrazione Difesa aveva costituito un Comitato tecnico scientifico per studiare i disturbi legati allo stress da combattimento, riconoscendo che il DPTS è un problema anche italiano. Nel 2017, un seminario sullo stress post-traumatico per i militari italiani promosso dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito sottolineava l’importanza di affrontare la questione con maggiore attenzione. Tuttavia, a distanza di anni, la situazione sembra non aver registrato i progressi sperati. Molti militari lamentano la mancanza di assistenza psicologica adeguata, definendola un percorso a ostacoli, con strutture spesso insufficienti e professionisti non sempre accessibili in tempi utili. Il timore di essere etichettati come “non idonei” e le barriere culturali legate al chiedere aiuto contribuiscono a mantenere il problema nell’ombra.

Un focus sui numeri e sulle sfide del sistema di sostegno

La gravità del fenomeno dei suicidi all’interno delle Forze Armate e delle forze dell’ordine si rivela in modo inequivocabile attraverso i dati a disposizione. Nonostante il Ministero della Difesa segnali un tasso di suicidio nelle Forze Armate italiane pari a 4,5 ogni 100.000, significativamente più basso rispetto al dato nazionale che si attesta su 6,5 ogni 100.000, la cifra totale degli eventi tragici suscita comunque grande allerta. Nell’arco del solo anno 2023 sono stati registrati 39 episodi di suicidio, comprendendo fra questi anche i casi di cinque membri appartenenti all’Esercito. [Ministero della Difesa]. Per l’anno 2024, come precedentemente menzionato, si prevede un numero approssimativo di 50 casi. Questa cifra, benché soggetta a dibattito e fluttuante in base alle diverse fonti consultate, mette in luce una dinamica che deve essere attentamente osservata. È noto che il livello di depressione tra i membri delle forze dell’ordine è ritenuto cinque volte superiore rispetto alla media della popolazione. [Laurus Robuffo], un dato che sottolinea l’elevato carico psicologico a cui sono sottoposti gli operatori in divisa.

Il sistema di supporto psicologico nelle Forze Armate è formalmente previsto, ma la sua concreta applicazione incontra numerose difficoltà. Le strutture sanitarie militari, pur esistenti, spesso non riescono a far fronte alla domanda, e l’accesso ai professionisti è reso complesso da lungaggini burocratiche. Un militare che chiede aiuto, inoltre, si trova spesso a dover superare un forte tabù culturale che lo espone al timore di compromettere la carriera o di essere considerato debole. La mancanza di una linea di ascolto attiva 24 ore su 24, l’assenza di interventi tempestivi sul campo e una diffusa sfiducia nella capacità del sistema di offrire un supporto efficace e anonimo rappresentano le principali lacune da colmare. È un contrasto stridente: mentre miliardi di euro vengono investiti in armamenti e tecnologie militari, la salute mentale di chi questi strumenti li maneggia quotidianamente sembra ricevere un’attenzione e un supporto insufficienti. La vera emergenza, silenziata dal fragore mediatico delle questioni militari, è il benessere psicologico, umano e professionale degli uomini e delle donne in divisa.

Anno Suicidi nelle Forze Armate Suicidi nella Popolazione Generale
2023 39 6.5 per 100.000
2024 50 (stimati) 6.5 per 100.000
Cosa ne pensi?
  • 💪 È confortante vedere un'attenzione crescente al benessere psicologico......
  • 😔 I numeri sono allarmanti e riflettono un problema sistemico......
  • 🤔 Ma ci siamo mai chiesti se l'addestramento influisce... ...

Progetti e prospettive per il futuro: Un’alleanza per il benessere

Nonostante le criticità e le urgenze, emergono anche segnali di una crescente consapevolezza e di un impegno, seppur non ancora sistemico, nel promuovere il benessere psicologico nelle Forze Armate. Un esempio significativo è il progetto di ricerca “Alleanze nelle Forze Armate e nelle Forze dell’Ordine”, promosso dall’Unione Sindacale Italiana Finanzieri (USIF) in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara. Questa iniziativa si distingue per un approccio innovativo che non si concentra esclusivamente sul disagio, ma mira a indagare e rafforzare le dinamiche relazionali e professionali che influenzano la costruzione di alleanze strategiche all’interno degli ambienti di lavoro militari. Attraverso la somministrazione di un questionario anonimo, rivolto a tutto il personale interessato, il progetto intende comprendere come il rafforzamento delle risorse individuali e la promozione di relazioni lavorative sane e costruttive possano favorire il benessere psicosociale e la crescita professionale dei militari.

Progetti di Supporto Psicologico con AnimaliGli Interventi Assistiti con Animali, come il progetto “Veterani in sella”, hanno mostrato buone pratiche nel supporto a militari con PTSD, facilitando il reinserimento sociale attraverso la terapia assistita dai cavalli, contribuendo a sciogliere le emozioni e aiutando nella costruzione di nuove relazioni.

Questo approccio, che si propone di intervenire indirettamente ma strategicamente sulla prevenzione del disagio, rappresenta un passo importante nella direzione di un sistema di supporto più proattivo e mirato. Al termine della fase di raccolta e analisi dei dati, il progetto prevede l’organizzazione di seminari online gratuiti, guidati da esperti, finalizzati a fornire ai partecipanti strategie resilienti e strumenti concreti per gestire lo stress, migliorare le relazioni professionali e valorizzare le dinamiche di gruppo. La collaborazione con associazioni come “Sono Papà” per il diritto alla bigenitorialità, inoltre, evidenzia l’attenzione a tematiche che, pur non direttamente correlate allo stress operativo, possono avere un impatto significativo sul benessere complessivo del personale. L’appello dell’USIF si rivolge a tutti i militari affinché prendano parte attivamente a una ricerca condotta in modo completamente anonimo e su base volontaria. Questo richiamo evidenzia l’importanza cruciale che ha ogni singolo apporto nel garantire il successo di tali progetti. Sebbene siano ancora nelle loro fasi iniziali, simili iniziative rappresentano un impegno concreto verso la valorizzazione del benessere sia psicologico sia interpersonale; si tratta di un passo indispensabile per rendere omaggio al sacrificio dei membri delle forze armate, assicurando loro l’assistenza necessaria nell’affrontare le diverse sfide legate alle loro professioni e vite personali.

Una prospettiva più ampia: Comprendere, Prevenire, Supportare

L’argomento relativo alla salute mentale nelle Forze Armate stimola una riflessione più articolata che supera la semplice registrazione delle problematiche connesse al disagio psichico e ai suicidi. In base ai principi della psicologia cognitiva, come i militari interiorizzano ed elaborano le esperienze traumatiche affrontate nel corso delle missioni incide notevolmente sulla comparsa del disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Quando gli individui sono esposti a situazioni che mettono in discussione i loro riferimenti normativi abituali, essi possono sperimentare <<distorsioni cognitive>> nonché modalità espressive emotive malfunzionanti capaci d’intensificare stati d’animo quali l’ansia o l’angoscia. A livello comportamentale, il processo d’integrazione nella realtà sociale al termine di periodi prolungati dedicati al servizio attivo richiede sforzi significativi per raggiungere una forma adeguata d’adattamento; tuttavia tale transizione raramente avviene senza intoppi. Comportamenti appresi sotto forte stress tendono spesso a risultare poco funzionali nel contesto quotidiano, creando stati d’isolamento sociale unitamente ad emergenti difficoltà interpersonali, accrescendo il sentimento d’alienazione.

È pertanto cruciale approfondire tali meccanismi onde poter delineare interventi preventivi strutturati assieme all’assistenza necessaria per coloro che ne hanno bisogno. Una delle fondamenta della psicologia cognitiva è rappresentata dall’idea che un cambiamento nella nostra modalità di pensiero possa influenzare le nostre emozioni e i nostri comportamenti. Per coloro che hanno vissuto esperienze traumatizzanti, come i veterani affetti da PTSD, si rende necessario intraprendere un percorso attivo verso la ristrutturazione cognitiva delle memorie dolorose; questo implica apprendere a vederle sotto una luce meno allarmante. Fra le tecniche più efficaci emerge l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), apprezzata per la sua abilità nel promuovere l’elaborazione del trauma. [Ministero della Difesa]. La terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma (TF-CBT) mette in luce l’importanza della elaborazione emotiva insieme alla narrazione del trauma, tutto all’interno di uno spazio sicuro ed empatico.

Si può constatare con chiarezza che il sistema attuale dedicato al supporto psicologico nelle Forze Armate italiane mostra notevoli carenze che necessitano di interventi immediati e strutturali. Non ci si limita semplicemente a incrementare il numero degli psicologi operanti nel settore militare né a facilitare maggiormente l’accesso ai vari servizi; occorre invece promuovere profondamente una svolta culturale, affinché sia vissuta senza stigma la ricerca d’aiuto, riconoscendo parallelamente la salute mentale come una componente imprescindibile per il benessere complessivo ed efficienza del personale armato. Esempi virtuosi da altri stati possono offrire soluzioni interessanti tramite modelli che incorporano tecniche basate sulla mindfulness, terapie fondamentalmente evidence-based unite a un robusto sostegno tra pari. Puntare sulla salute mentale dei membri delle Forze Armate trascende le questioni etiche: rappresenta anche una saggia strategia per garantire maggiore sicurezza ed efficienza alle nostre Forze Armate. È imprescindibile, per assicurare il benessere di coloro che si dedicano al servizio della nazione, intervenire sulle ferite invisibili. Solo così sarà possibile offrire il sostegno necessario affinché possano affrontare efficacemente le incertezze e le difficoltà tanto attuali quanto future.


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