Escursionismo: quali traumi psicologici si celano dietro le vette?

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  • Nel 2023, il Soccorso Alpino ha effettuato circa 12.349 missioni.
  • Quasi il 20% dei pazienti ospedalizzati sviluppa sintomi di PTSD.
  • «L’escursionismo isolato» può esacerbare l'«insicurezza» in momenti critici.

Il rovescio della medaglia dell’escursionismo: un’analisi dei traumi psicologici

Le vette maestose e i sentieri incontaminati della montagna, spesso celebrati come luoghi di evasione e rigenerazione, possono celare insidie profonde per la salute mentale. Recenti studi e osservazioni sul campo hanno illuminato un aspetto meno esplorato dell’escursionismo e dell’alpinismo: l’impatto psicologico di eventi traumatici e delle condizioni estreme. Si parla sempre più della “Sindrome dell’Escursionista Ferito”, un termine emergente che racchiude le complesse reazioni psicologiche a incidenti, situazioni di pericolo o condizioni di isolamento vissute in ambiente montano. Questa tematica si inserisce prepotentemente nel dibattito contemporaneo sulla psicologia cognitiva, comportamentale e sulla salute mentale, evidenziando come la natura stessa, pur benefica, possa scatenare risposte traumatiche che richiedono attenzione specialistica.

Il Soccorso Alpino ha registrato nel 2023 un numero allarmante di missioni – circa 12.349 – e un dato significativo emerge dalla riabilitazione: quasi il 20% dei pazienti ospedalizzati a seguito di incidenti in montagna ha sviluppato sintomi compatibili con il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD)[Eurac Research]. Questo dato non solo sottolinea la gravità dei traumi fisici, ma accende un faro sulla componente psicologica spesso trascurata. Non si tratta solo di fratture o lesioni, ma di cicatrici invisibili che possono compromettere la qualità della vita dell’individuo a lungo termine. La percezione del rischio, un elemento cruciale nell’attività escursionistica, gioca un ruolo fondamentale. Una sottostima o una sovrastima delle proprie capacità, insieme a una scarsa conoscenza dell’ambiente, possono condurre a situazioni critiche.

L’ambiente montano, con le sue variabili imprevedibili come il meteo repentino o la perdita del sentiero, può trasformarsi rapidamente da fonte di piacere a generatore di stress acuto e crisi esistenziali.

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  • Bellissimo articolo! ⛰️ Non avevo mai pensato che l'escursionismo potesse......
  • 🤔 Interessante prospettiva! Ma non credo che tutti gli escursionisti......
  • 😨 Sindrome dell'escursionista ferito? Dobbiamo considerare anche i soccorritori......

Fattori di rischio psicologici: solitudine e impreparazione

La condizione della solitudine, pur essendo desiderata da molti durante le avventure escursionistiche, presenta potenziali insidie legate al benessere psicologico nelle circostanze avverse. Mentre l’escursionismo isolato, apprezzato per stimolare la riflessione personale e la riscoperta dei mondi interiori, apporta benefici alla coscienza interiore degli individui; dall’altro lato esso riesce ad esacerbare sentimenti d’insicurezza nei momenti critici. L’angoscia derivante dalla possibilità che si possano subire lesioni – che siano esse dovute a cadute improvvise o altri imprevisti del cammino quali scivolamenti o rotture – tende ad intensificarsi quando ci si trova senza supporto immediato e lontano dai sentieri battuti della compagnia umana. Tale scenario d’ansia iniziale potrebbe manifestarsi sotto forma sia d’euforia catartica sia, all’opposto, attraverso malesseri profondamente radicati nella psiche, come emergono dalle narrazioni condivise negli spazi digitalizzati delle esperienze personali. Inoltre, l’urgenza della capacità deliberativa nell’affrontare il ritiro volontario rappresenta una dimensione cruciale del viaggio singolo che rischia di immettere ulteriore pressione psicologica qualora eventi non programmati intaccassero i piani stabiliti dal viaggiatore.

L’insufficienza nella preparazione fisica ed emozionale emerge quale aspetto aggiuntivo altresì determinante nel contesto descritto. Sebbene sia accertata l’efficacia dell’esercizio fisico nella gestione dei disturbi psichiatrici, è evidente come numerosi escursionisti trascurino l’importanza di una preparazione psicologica adeguata. Diverse ricerche indicano che coloro i quali si allenano mentalmente a fronteggiare ostacoli e difficoltà possono risultare più capaci nel gestire situazioni estreme, evitando così lo sviluppo del disturbo da stress post-traumatico. A conferma di ciò, esistono dati scientifici che dimostrano come circa il 20% dei soggetti in cura dopo un evento traumatico presenti manifestazioni riconducibili al PTSD. [Lo Scarpone].

Resilienza e adattamento: verso il recupero

La capacità di recuperare da un trauma, nota come resilienza, è un fattore determinante per gli escursionisti che hanno subito incidenti in montagna. Gli studi indicano che le persone che praticano regolarmente sport di montagna tendono a mostrare un livello più elevato di resilienza, il che le rende più adattabili ai cambiamenti e più resistenti alle condizioni avverse. Tuttavia, anche individui con elevata resilienza possono sviluppare sintomi da stress post-traumatico a seguito di eventi gravi. La chiave per la guarigione e lo sviluppo della resilienza risiede in diversi fattori: l’ottimismo, la flessibilità cognitiva e le capacità di coping attivo.

Progetti come la “Montagnaterapia” e i “gruppi di escursionismo in salute mentale” rappresentano un approccio innovativo per il recupero psico-sociale. L’escursionismo, in questi contesti, non è solo una forma di attività fisica, ma uno strumento terapeutico che favorisce l’integrazione e il superamento della separazione e dell’emarginazione spesso associate alla malattia mentale [Infermiere Online]. Attraverso il cammino collettivo, si promuove un ambiente di supporto che aiuta a combattere solitudine e depressione, offrendo un mezzo per staccare la spina dagli impegni quotidiani e ritrovare un equilibrio interiore. È un percorso di “disintossicazione” dall’oggetto della dipendenza, che sia il trauma stesso o le condizioni che lo hanno generato, per tornare a una vita più sana e funzionale.

Oltre il sentiero: imparare a camminare dentro di sé

Il rapporto tra l’uomo e la montagna è antico e complesso, un legame intessuto di sfide e ricompense, ma anche di paure e vulnerabilità. La “Sindrome dell’Escursionista Ferito” ci ricorda che la forza mentale è altrettanto cruciale, se non di più, della robustezza fisica quando ci si avventura in ambienti selvaggi. Abbiamo esplorato i lati più oscuri di questa relazione, i traumi inaspettati e le sfide psicologiche che emergono quando la natura ci mette alla prova. È fondamentale riconoscere che la montagna, con la sua bellezza imponente e la sua imprevedibilità, può essere uno specchio delle nostre fragilità interiori, ma anche un potente catalizzatore di crescita e guarigione.

Dal punto di vista della psicologia cognitiva, la percezione del rischio è un costrutto chiave. Non si tratta solo di valutare oggettivamente le condizioni ambientali, ma anche di come il nostro cervello interpreta e attribuisce significato a queste informazioni, influenzando le nostre decisioni e reazioni. Errori di giudizio, bias cognitivi o una eccessiva fiducia nelle proprie capacità possono portare a situazioni di pericolo reale.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo da stress post-traumatico, una condizione mentale che può insorgere dopo eventi traumatici.
  • Montagnaterapia: Un approccio terapeutico che utilizza l’ambiente montano per migliorare la salute mentale e fisica.
  • Trauma vicario: Una forma di stress che deriva dall’esperienza di assistere alla sofferenza di altri.

La necessità di sviluppare consapevolezza e strategie per affrontare l’uscita dagli eventi traumatici è essenziale. L’escursionismo diventa così non solo un atto fisico di visita alle montagne, ma un’opportunità per lavorare sulla propria psiche, imparando a gestire la paura e a trovare equilibrio tra l’avventura e la prudenza necessaria.


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