Eroi fragili: la battaglia silenziosa dei soccorritori contro il trauma

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  • Il 25% dei soccorritori manifesta sintomi correlati al PTSD.
  • Il protocollo RAPID favorisce la resilienza nelle crisi emergenziali.
  • Manca una strategia proattiva di supporto psicologico continuativo.

L’ombra invisibile dell’emergenza: il costo psicologico del soccorso

L’attività di soccorso, intrinsecamente legata a situazioni di crisi e ad alto impatto emotivo, pone gli operatori a fronteggiare scenari di sofferenza umana, pericoli fisici e decisioni pressanti. Questa esposizione costante a eventi traumatici non si limita a richiedere competenze tecniche e reattività fisica, ma esige anche una resilienza psicologica notevole, spesso messa a dura prova. Si è assistito negli ultimi anni a una crescente consapevolezza dell’impatto profondo che tali esperienze possono avere sulla salute mentale dei soccorritori, siano essi professionisti come i paramedici, i vigili del fuoco, o i membri delle forze dell’ordine, o volontari. Il dibattito pubblico e accademico si è orientato verso la necessità di un’attenzione mirata al benessere psicologico di queste figure, riconoscendo che l’eroismo quotidiano si accompagna spesso a un fardello invisibile: il rischio di sviluppare disturbi post-traumatici da stress (PTSD), burnout e depressione.

Il PTSD e il suo impatto sui soccorritori
Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) colpisce una percentuale significativa dei soccorritori, che possono presentare sintomi come flashback, incubi e un’iperattività emotiva. Secondo recenti ricerche, si stima che una percentuale che arriva fino al 25% dei soccorritori possa manifestare sintomi correlati al PTSD, frequentemente a causa di esperienze traumatiche affrontate nel loro lavoro. [Istituto Superiore di Sanità]

Nel contesto italiano, la discussione sul supporto psicologico per i soccorritori ha acquisito rilevanza, come dimostrato dalla sigla di protocolli specifici, tra cui quello tra Fisa e Sipem per i soccorritori in mare, che enfatizza la necessità di una preparazione psicologica solida accanto alle competenze di salvataggio. Questa iniziativa evidenzia un passo in avanti verso la comprensione dell’importanza della dimensione mentale nel primo intervento. Tuttavia, nonostante questi progressi, la strada per un sistema di supporto psicologico veramente integrato e continuativo è ancora lunga. Il volume “Gli operatori dell’emergenza” del 2019 ha ulteriormente contribuito a focalizzare l’attenzione non solo sulla vittima dell’emergenza, ma anche su chi presta soccorso, sottolineando la complessità del loro ruolo e le sfide psicologiche intrinseche. È un tema che tocca profondamente la psicologia cognitiva e comportamentale, esplorando come la mente elabora il trauma e come i meccanismi di coping possano essere rafforzati o compromessi in contesti di stress estremo.

La natura stessa del lavoro di soccorso, caratterizzata da imprevedibilità, esposizione a violenza, morte e sofferenza, rende i soccorritori particolarmente vulnerabili. La ripetizione di queste esperienze traumatiche può portare a un accumulo di stress che, se non gestito adeguatamente, degenera in patologie debilitanti. Il PTSD emerge come una condizione grave dai sintomi intrusivi: esperienze traumatiche rievocate attraverso flashback e incubi costituiscono solo alcune delle manifestazioni più rilevanti. Al contempo si assiste a un notevole evitamento delle situazioni legate ai traumi precedenti insieme a alterazioni nei pensieri e negli stati d’animo; non meno importante è la questione dell’ipervigilanza, che intensifica ulteriormente lo stress psicologico. D’altro canto il fenomeno del burnout conduce all’esaurimento emotivo, provocando sensazione di depersonalizzazione assieme a scarsa realizzazione personale: fattori chiave per mettere a repentaglio le abilità lavorative nella loro dimensione empatica ed efficace. A completare questo quadro allarmante vi è la depressione che si manifesta tramite sentimenti intensi di tristezza, accompagnati dalla perdita della passione per le attività quotidiane ordinariamente amate; tali condizioni includono anche disturbi del sonno o modifiche nell’appetito, fino ad arrivare a contemplare tragici pensieri suicidi. Ciò sottolinea i rischi invisibili sostenuti da chi opera instancabilmente al fronte della lotta contro tali eventi drammatici: è evidente quindi come ci sia una carenza preoccupante nel sistema assistenziale attuale, quel tanto apprezzato per i sacrifici offerti dalle persone coinvolte, senza però garantirne adeguate misure protettive sul piano psicologico necessarie per affrontare queste sfide quotidiane.

L’evoluzione del supporto psicologico: dai manuali ai protocolli integrati

Il panorama del supporto psicologico nelle emergenze ha visto significative evoluzioni negli ultimi dieci anni, con un crescente coinvolgimento degli psicologi italiani nel sistema di Protezione Civile Nazionale. Questo impegno ha portato alla creazione di manuali e linee guida, come il “Primo soccorso psicologico: Manuale per operatori sul campo” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), un testo fondamentale che fornisce indicazioni basilari per l’assistenza psicologica in situazioni di calamità. L’approccio si è affinato, passando da interventi generici a protocolli più strutturati e specifici, pensati per mitigare il distress degli operatori adeguatamente formati.

In Italia, sono stati sviluppati diversi modelli di intervento di Primo Soccorso Psicologico. Le “Linee Guida della Psicologia dell’Emergenza nella Polizia di Stato” rappresentano un esempio emblematico di come le istituzioni stiano cercando di integrare il supporto psicologico nel tessuto operativo. Queste linee guida includono un protocollo di Primo Soccorso Psicologico specifico per eventi critici di servizio, dimostrando un’attenzione crescente alla salute mentale del personale di sicurezza. La psicologia delle emergenze ha preso piede come una disciplina imprescindibile, ponendo grande enfasi sul supporto non solo per le vittime ma anche per gli operatori di soccorso che fronteggiano livelli di stress elevati.

Un esempio emblematico tra i protocolli adottati è rappresentato dal RAPID, noto per la sua utilità nell’ambito del primo intervento psicologico durante situazioni critiche. Tale approccio sistemico mira ad affrontare in modo metodico le prime fasi traumatiche. Elaborato dalla Johns Hopkins University, questo protocollo mette in risalto aspetti cardine quali l’ascolto riflessivo e la prioritizzazione degli interventi. Le evidenze più recenti indicano che l’applicazione del metodo RAPID possa favorire significativamente la resilienza tra coloro che sono coinvolti nelle crisi emergenziali. [Laura Baldrati Studio]. Altri modelli e tecniche, come l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), sono stati adattati per interventi di gruppo (EMDR-IGTP), come dimostrato dal loro utilizzo in contesti umanitari dal 1998. Anche il protocollo CISD (Critical Incident Stress Debriefing) di Dyregrov (risalente al 1997) viene menzionato come strumento di supporto psicologico per gli operatori del 118, sottolineando la varietà di approcci disponibili e la continua ricerca per affinare le metodologie di intervento. Questi strumenti mirano non solo a gestire il trauma acuto, ma anche a prevenire lo sviluppo di disturbi a lungo termine, valorizzando le risorse psicologiche personali e familiari degli individui.

Il divario tra protocolli e pratica: le lacune nel supporto continuativo

Nonostante esistano linee guida precise riguardanti il primo soccorso psicologico ed elementi fondamentali della psicologia in contesti d’emergenza, emerge un sostanziale divario tra teoria e pratica quotidiana. Anche se le risorse destinate al supporto sono chiaramente documentate sia in ambito nazionale che internazionale, raramente si traducono in assistenze effettive continue mirate a ogni singolo operatore del soccorso. L’intervento rivolto agli aspetti psichici è frequentemente limitato alla fase immediata della crisi emergenziale; ciò conduce all’ignorare completamente l’importanza delle dinamiche post-traumatiche nel breve periodo; questo sono cruciali nella lotta contro lo sviluppo di disturbi cronici come PTSD o burnout.

Uno dei punti più critici risiede nella mancanza di una vera sistematicità nel processo preventivo intervenente. Sebbene gli esperti del campo siano invitati ad agire puntualmente valorizzando le capacità individuali o familiari degli operatori coinvolti, è assente generalmente una strategia proattiva capace di includere formazioni che precedano eventuali situazioni critiche riguardanti meccanismi efficaci d’affrontamento, mancanza della supervisione continuativa sulle pratiche operative, nonché possibilità agevolate d’accesso a terapie individualizzate o collettive quando necessarie. Questo è particolarmente evidente per i volontari, che potrebbero non essere pienamente integrati in sistemi di supporto strutturati come quelli destinati alle forze dell’ordine o al personale sanitario. La natura volontaria del loro impegno, infatti, può a volte nascondere la necessità pressante di un sostegno psicologico tanto quanto, se non più, per i professionisti.

Inoltre, vi è la questione dello stigma associato alla ricerca di aiuto psicologico, che può essere particolarmente elevato in contesti dove la “forza” e la “resilienza” sono considerate qualità imprescindibili. I soccorritori possono sentirsi restii a esprimere le proprie vulnerabilità per paura di essere giudicati o di compromettere la propria carriera o ruolo all’interno del team. Questo aspetto culturale contribuisce a mantenere nell’ombra il disagio psicologico, rendendo più difficile l’identificazione precoce e l’intervento tempestivo. È essenziale superare queste barriere, promuovendo una cultura che non solo riconosca il valore del supporto psicologico, ma lo consideri una componente integrante e necessaria della professione di soccorritore, non un segno di debolezza, bensì una strategia proattiva per la salute e l’efficacia operativa.

Verso un futuro di supporto integrato e personalizzato

È fondamentale sviluppare un sistema strutturato capace non soltanto di affrontare le carenze esistenti, ma anche di assicurare uno stato mentale sano nel lungo periodo per i soccorritori. Questo intervento dovrà essere caratterizzato da una forte componente proattiva, oltrepassando il mero approccio reattivo successivo agli eventi traumatici vissuti dai professionisti. Si richiede pertanto un investimento notevole in termini formativi prima dell’impiego pratico: si tratta tanto delle abilità necessarie a fornire primo soccorso psichico alle vittime quanto della capacità dei soccorritori stessi nel trattare lo stress immediatamente percepito o collegato a eventi traumatici subìti.

Tra i principali fattori abilitanti vi è l’obbligo di supervisione psicologica costante. Implementando sessioni organizzate appositamente per il debriefing dopo avvenimenti significativi – ma estendendole all’ambito consueto –, si creerebbe uno spazio protetto dove condividere emozioni ed esperienze personali senza incorrere nell’accumulo negativo d’ansia o nella solitudine interiore. Parallelamente, è essenziale che siano disponibili facilmente percorsi terapeutici sia individualizzati sia collettivi scevri da pregiudizi socialmente radicati.

La necessità si traduce nella formazione di canali riservati e specificamente dedicati all’assistenza psicologica per i soccorritori; tali canali potrebbero avvalersi della collaborazione con esperti esterni. Questa iniziativa avrebbe l’importante funzione di assicurare agli operatori il coraggio necessario a esprimere le proprie difficoltà senza timore delle conseguenze negative sui propri incarichi o sulla reputazione personale.

È imperativo anche migliorare e omogeneizzare i protocolli già stabiliti da enti quali la Protezione Civile oppure la Polizia di Stato a livello nazionale. Ciò garantirà che ciascun soccorritore goda dello stesso grado di accesso al supporto competente, qualunque sia l’entità alla quale appartiene o l’area geografica in cui opera. Per realizzare tutto questo sarà essenziale un lavoro sinergico tra professionisti della salute mentale (psicologi), sanitari (medici), organizzazioni attive nel salvataggio umano ed enti pubblici. Lo scopo finale consiste nella creazione di un ambiente operativo dove il benessere psichico dei soccorritori venga considerato non una mera aggiunta bensì una necessità centrale e irrinunciabile, fondamentale tanto per mantenere elevate prestazioni operative quanto per garantire uno stato ottimale nel lungo periodo; consapevoli del fatto che solo individui equilibrati sia mentalmente che fisicamente possono offrire continuità a un servizio efficace destinato alla collettività.

Nell’ambito della psicologia comportamentale, si comprende come le esperienze ripetute di esposizione al trauma possano modificare le risposte neurali e comportamentali, portando a condizioni come il PTSD. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, è affascinante osservare come la mente tenti di elaborare e dare un senso a eventi straordinari e spesso incomprensibili, utilizzando schemi preesistenti o creandone di nuovi in presenza di traumi. Una nozione base è che il nostro cervello, di fronte a un pericolo estremo, attiva una risposta di “attacco o fuga”, un meccanismo di sopravvivenza ancestrale. Se questa risposta rimane “accesa” a lungo dopo che il pericolo è cessato, è quando iniziamo a vedere i sintomi del trauma. A un livello più avanzato, la neuroplasticità ci insegna che il cervello è dinamico e può essere “rieducato” attraverso terapie mirate, come l’EMDR, che lavorano sulla rielaborazione dei ricordi traumatici, permettendo al sistema nervoso di tornare a uno stato di equilibrio. Questo ci porta a riflettere su come la resilienza non sia solo una qualità innata, ma anche una capacità che può essere coltivata e rinforzata. Cosa significa per noi, nel nostro quotidiano, essere esposti a situazioni di stress, anche minori rispetto al soccorso, e come possiamo applicare a noi stessi i principi di autodifesa psicologica? La riflessione qui è che la cura e il presidio della nostra mente non siano un lusso, ma una necessità per affrontare le sfide della vita, grandi o piccole che siano.

Glossario:

  • PTSD: Disturbo da stress post-traumatico, una condizione psicologica che si sviluppa in seguito a esperienze traumatiche.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, un approccio terapeutico per il trattamento del trauma.
  • Resilienza: Capacità di adattarsi e riprendersi da eventi avversi.
  • Burnout: Stato di esaurimento emotivo e fisico spesso associato a stress lavorativo prolungato.

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