Eco-ansia: come i cambiamenti climatici minacciano la salute mentale di giovani e comunità

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  • L'eco-ansia colpisce il 70,3% dei giovani italiani tra i 14 e i 19 anni.
  • Temperature più alte aumentano i suicidi: +0,7% negli USA, +2,1% in Messico per ogni grado Celsius.
  • La solastalgia causa stress, ansia e disturbi del sonno nelle comunità colpite.

L’impatto crescente dei cambiamenti climatici sulla salute mentale

Il dibattito contemporaneo sui cambiamenti climatici ha focalizzato a lungo l’attenzione sugli impatti fisici e ambientali, tralasciando spesso una dimensione cruciale: quella della salute mentale. Le ricerche più recenti e l’escalation degli eventi climatici estremi stanno però mettendo in luce un legame innegabile, spingendo gli esperti a considerare questa correlazione come una delle sfide emergenti più significative per il benessere umano. Sebbene la comprensione di tale fenomeno sia relativamente recente, a partire dagli anni 2010 si è assistito a un notevole incremento degli studi volti a connettere le crisi ecologiche e climatiche con le risposte psicologiche e sociali.

Fenomeni come l’eco-ansia, definita come la “sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare“, stanno diventando sempre più diffusi. Questa angoscia non si limita al riscaldamento globale o all’innalzamento del livello del mare, ma abbraccia anche la preoccupazione per la distruzione di ecosistemi, la deforestazione e l’inquinamento di massa. L’eco-ansia, pur non essendo ancora classificata ufficialmente come disturbo d’ansia, è riconosciuta come una reazione comprensibile e, in molti casi, paralizzante, tale da richiedere un supporto specialistico. L’American Psychological Association (APA), nella sua definizione, la descrive come una “paura cronica del destino ambientale”, manifestandosi con sintomi quali dolore quotidiano, attacchi di panico e, nei casi più gravi, persino la considerazione di non avere figli a causa delle prospettive future [Unobravo].

Un concetto affine e altrettanto rilevante è la solastalgia, coniata dal filosofo ambientale australiano Glenn Albrecht, che descrive la nostalgia o il senso di perdita provato quando l’ambiente circostante, pur non avendo lasciato il proprio luogo, è danneggiato o distrutto. Questo si manifesta con sintomi acuti e cronici come stress, depressione, ansia, disturbi del sonno e, in alcuni casi, impulsi suicidi e un aumento dell’aggressività. Questo stretto legame tra la salute dell’ecosistema e quella umana evidenzia come il degrado ambientale non sia solo un problema esterno, ma una minaccia profonda al nostro equilibrio psicologico [Chiaraventuri].

L’incremento delle temperature e gli eventi meteorologici estremi non sono solamente un problema fisico: impattano profondamente sull’umore, peggiorando disturbi comportamentali e aumentando il rischio di suicidio. La ricerca ha evidenziato che in un mese in cui la temperatura è un grado Celsius più alta della media, il tasso di suicidi può aumentare dello 0,7% negli Stati Uniti e del 2,1% in Messico. Questi dati, che tengono conto di fattori socioeconomici, suggeriscono una correlazione statisticamente significativa. Le ondate di calore, le siccità prolungate e gli uragani, come Helene e Milton, producono danni “invisibili” che possono manifestarsi con decessi “extra” fino a 15 anni dopo l’impatto iniziale, sottolineando la gravità degli effetti a lungo termine [DORS].

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Vulnerabilità specifiche e disuguaglianze nella risposta psicologica

Non tutti sono ugualmente colpiti dagli impatti psicologici dei cambiamenti climatici. Esistono infatti vulnerabilità specifiche che rendono alcune popolazioni più suscettibili all’eco-ansia e ad altri disturbi legati al clima. I bambini, i giovani e gli adolescenti rappresentano uno dei gruppi più colpiti: in Italia, ad esempio, ben il 70,3% dei giovani tra i 14 e i 19 anni si dichiara preoccupato per i cambiamenti climatici. Questo disagio è alimentato dalla loro maggiore esposizione a notizie allarmanti sulla crisi ecologica e dalla percezione di un futuro incerto. L’UNICEF ha sottolineato come la crisi climatica, insieme a conflitti e minacce infettive, metta a rischio la salute fisica e mentale delle nuove generazioni [UNICEF]. Le donne, secondo diversi studi, sembrano essere maggiormente sensibili alle emozioni legate al clima rispetto agli uomini. Anche i professionisti della sostenibilità e gli attivisti ambientali, pur avendo un senso di efficacia e la possibilità d’intervento che promuove la resilienza, soffrono di un’elevata eco-ansia [EAHS]. Tuttavia, queste risorse interne possono trasformare la loro preoccupazione in azione costruttiva.

Altre comunità particolarmente vulnerabili includono gli anziani, le popolazioni indigene e le comunità a basso reddito. Le popolazioni indigene, ad esempio, spesso dipendono direttamente dalla terra e dalle risorse naturali per il loro stile di vita tradizionale. La distruzione degli habitat e la variabilità climatica hanno un impatto devastante sul loro benessere. Un esempio eloquente è quello degli allevatori di renne Sami in Svezia, dove la metà degli adulti soffre di ansia e depressione, e un giovane su tre ha considerato il suicidio [Nursind]. Similmente, nelle comunità Inuit in Canada, l’aumento delle temperature e la riduzione del ghiaccio artico hanno portato all’aumento dell’uso di droghe e alcol, per riempire il tempo precedentemente dedicato ad attività tradizionali.

In contesti agrari, come in India, dove l’agricoltura e l’allevamento costituiscono la maggior parte del reddito, i raccolti scarsi dovuti alla variabilità climatica hanno causato un aumento dei debiti e, di conseguenza, un’impennata dei tassi di suicidio tra gli agricoltori. Un’analisi ha rilevato oltre 60.000 casi di suicidio in India negli ultimi 30 anni strettamente collegati a questi eventi [ResearchStudies].

Le disuguaglianze nell’accesso ai servizi di salute mentale aggravano ulteriormente la situazione. Molte delle comunità più colpite dagli impatti climatici sono anche quelle con minori risorse economiche e infrastrutturali, rendendo difficile l’accesso a supporto psicologico e terapie adeguate. Questo crea un circolo vizioso in cui vulnerabilità ambientali e socioeconomiche si rafforzano a vicenda, amplificando il disagio mentale e ostacolando la resilienza.

Cambiamenti climatici e salute mentale

Strategie di coping e promozione della resilienza psicologica

In risposta alle crescenti difficoltà legate alla salute mentale imposte dal cambiamento climatico è imprescindibile creare ed attuare metodi efficaci per affrontare le problematiche emotive nonché promuovere una resilienza psicologica, tanto sul piano individuale quanto su quello collettivo. Sebbene l’eco-ansia possa apparire come un blocco paralizzante nella nostra vita quotidiana, essa può altresì diventare una risorsa preziosa: emozioni negative sapientemente gestite possono trasformarsi in potenti incentivi all’azione. Sentimenti quali paura fungono da segnalatori del rischio imminente; il senso di colpa induce al ripristino della giustizia; mentre la vergogna può orientarle verso un cambio direzionale significativo; il dolore funge da stimolo nella rielaborazione delle perdite subite; infine, rabbia e indignazione costituiscono fonti energetiche propulsive per attivismi civili.

Per ciò che concerne gli approcci personali specificamente rivolti al trattamento dell’eco-ansia, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si è distinta quale metodo proficuo nel mitigare tali sintomi angustiosi. Questo sistema terapeutico ha come obiettivo primario l’individuazione nonché il superamento delle strutture cognitive disfunzionali accompagnate dai comportamenti ad esse associati, sempre connesso all’emergenza ecologica vigente. Altre pratiche come la mindfulness, la consapevolezza e la self-compassion sono cruciali per aiutare gli individui a rimanere ancorati al presente, riducendo l’ansia legata a preoccupazioni future e rafforzando la resilienza emotiva. Riconoscere e accettare le emozioni negative senza giudizio è un passo fondamentale verso la loro gestione.

A livello comunitario, la creazione di gruppi di supporto tra pari è una strategia di coping essenziale. Questi gruppi offrono uno spazio per la condivisione delle esperienze e delle emozioni legate all’ansia climatica, riducendo il senso di isolamento e promuovendo una comprensione collettiva del problema. Esempi di successo includono il metodo “Carbon Conversations”, che facilita discussioni di gruppo sia sulle emozioni che sulle azioni concrete per il clima, e il “Project Inside Out”, che fornisce materiali e risorse per coinvolgere le persone nelle tematiche ambientali in modo psicologicamente consapevole.

Un’altra chiave per la resilienza è il coping proattivo che incoraggia gli individui ad anticipare i problemi e sviluppare piani per gestirli. Questo non significa negare la gravità della situazione, ma piuttosto adottare un “coping orientato al significato”, che implica una riflessione complessiva sulla minaccia e sul disagio, ma anche sulle opportunità di cambiamento e azione. La promozione della “cittadinanza ecologica” è altresì una strategia volta a fortificare la resilienza, incoraggiando un coinvolgimento attivo e responsabile nelle questioni ambientali.

Infine, è importante limitare l’esposizione ai media su notizie allarmanti in momenti specifici della giornata per evitare un sovraccarico emotivo. Questo non significa ignorare il problema, ma gestire l’afflusso di informazioni in modo consapevole per proteggere il proprio benessere mentale. Tali strategie, combinate con un forte senso di efficacia individuale e collettiva, sono vitali per trasformare l’angoscia in impegno e l’impotenza in azione.

Integrazione della salute mentale nelle politiche di adattamento climatico

L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ha chiaramente evidenziato gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute mentale, spingendo per una maggiore integrazione di questa dimensione nelle politiche di adattamento. Attualmente, la salute mentale nel contesto climatico è ancora un legame trascurato nelle strategie di prevenzione e intervento, ma la crescente consapevolezza della sua importanza sta portando a richieste di cambiamento significative [OMS]. L’inclusione del benessere psicologico nelle strategie d’adattamento non si riduce unicamente alla dimensione della cura: essa rappresenta anche un elemento fondamentale nel rafforzare la resilienza collettiva delle diverse comunità.

Le misure adottate per affrontare i mutamenti climatici dovrebbero superare semplicemente l’aspetto della salvaguardia fisica tanto degli edifici quanto dei cittadini. È essenziale elaborare modelli multisettoriali fondati sulle realtà locali, in grado di considerare le vulnerabilità psicologiche generate da fenomeni estremi, spostamenti forzati della popolazione, crisi alimentari ed erosione dell’ambiente circostante. Le politiche devono necessariamente includere le istanze particolari dei gruppi più esposti al rischio come minori, anziani e comunità autoctone; queste ultime necessitano infatti dell’accesso a servizi psicosanitari che siano idoneamente conformi alle loro culture.

Il fulcro attorno a cui ruota questo processo è rappresentato dalla prevenzione. Iniziative formative mirate sono capaci di predisporre i membri della società ad affrontare lo stress correlato ai cambiamenti climatici offrendo risorse concrete per il coping assieme alla diffusione della consapevolezza necessaria. Ad esempio, la Società Italiana di Pediatria ha più volte segnalato la necessità di monitorare e intervenire sugli impatti del clima sulla salute mentale dei giovani, suggerendo percorsi di supporto psicologico già dalle scuole [SIP]. Le strategie atte a favorire l’adattamento devono necessariamente includere risorse finanziarie dedicate alla ricerca e allo sviluppo di misure specifiche. La finalità principale consiste nel chiarire in modo approfondito i meccanismi psichici che collegano il clima alle dinamiche mentali umane e nell’elaborazione di sistemi fondati su dati scientifici comprovati. In tale contesto, appare fondamentale la figura degli psicologi insieme ai professionisti del settore della salute mentale; essi svolgono un compito cruciale non solo offrendo assistenza clinica, ma contribuendo attivamente alla creazione delle normative necessarie e al loro efficace impiego.

Ulteriormente, si deve sottolineare come un benessere mentale robusto possa agire quale catalizzatore della resilienza nei confronti dei cambiamenti climatici. Persone ed aggregazioni sociali caratterizzate da una buona condizione psichica possiedono maggiore capacità nella gestione delle difficoltà presentate dagli eventi avversi; sono inoltre più inclini ad adeguarsi ai mutamenti in atto ed a prendere parte in maniera proattiva all’attuazione delle risposte climatiche. Di conseguenza, le misure politiche devono puntare a potenziare la fiducia sia nelle competenze personali che collettive al fine di fronteggiare le difficoltà ambientali; occorre così mutare l’ansia legata al clima da elemento stagnante in impulso verso azioni efficaci.

Riflessioni sulla psicologia e il clima che cambia

Il fenomeno della crisi climatica trascende i confini della scienza pura o della sfera politica; esso rappresenta una crisi intrinsecamente collegata alla nostra esistenza fondamentale così come al nostro benessere psichico. Le teorie afferenti alla psicologia cognitiva e comportamentale rivelano quanto sia vitale la relazione fra la valutazione del rischio percepito ed il nostro grado di adattabilità: entrambi risultano fortemente condizionati da costrutti mentali preesistenti ed emozioni evocate. Davanti a rischi planetari quali il cambiamento climatico, l’individuo spesso mette in atto reazioni difensive: queste oscillano dalla completa negazione alla paralizzante forma d’ansia nota come eco-ansia, un chiaro indicatore delle nostre frustrazioni interne. È cruciale comprendere che non siamo semplici ricettori passivi delle informazioni ambientali; piuttosto selezioniamo, interpretiamo ed immettiamo significato su ciò che assorbiamo nel mondo esterno, portando ad uno spettro complesso di sentimenti emotivi. Quando tali sentimenti emergono senza controllo, accompagnati da problematiche considerate irresolvibili, si produce un circuito vizioso caratterizzato da stress cronico, depressione profonda ed addirittura disturbi traumatici.

A livelli più sofisticati, si può esplorare il concetto emergente chiamato dissociazione climatica, dove gli individui stabiliscono barriere cognitive o emotive per separarsi dall’impatto ansiogeno derivante dall’inesorabile crisi ecologica presente nel panorama contemporaneo. La dissociazione si manifesta attraverso molteplici modalità: dall’apatia* fino alla minimizzazione del problema, passando per la *razionalizzazione eccessiva fino a concentrarsi su dettagli secondari. Pur offrendo un certo conforto momentaneo rispetto all’ansia quotidiana, sostiene anche una serie di freni che compromettono sia l’azione individuale sia quella collettiva. Questa condizione distorcente si erge quale barriera insormontabile nel confronto diretto con le urgenze climatiche emergenti. È fondamentale per il campo della psicologia occuparsi non soltanto delle manifestazioni cliniche da affrontare ma altresì promuovere un’effettiva integrazione consapevole dei temi climatici nelle nostre dinamiche psichiche, convertendo così la paura iniziale in energia propulsiva positiva.

Si manifesta con chiarezza l’interconnessione tra il benessere psichico degli individui e il destino ecologico del pianeta stesso. In considerazione dell’aumento vertiginoso nella frequenza e intensità degli eventi atmosferici estremi combinato con l’impoverimento della biodiversità globale e la sensazione diffusa di precarietà futura; ciò genera stati d’animo complessi da gestire emotivamente nel lungo periodo. Ma ci chiediamo: se fosse possibile reindirizzare questa angoscia o dissoluzione verso uno sforzo comune utile al progresso?, rendendole motori attivi volti al cambiamento? La resilienza psicologica non è l’assenza di dolore, ma la capacità di attraversarlo, di elaborare le perdite e di trovare nuove direzioni. Ogni individuo, nella sua unicità, ha la possibilità di contribuire, anche con piccole azioni quotidiane, a costruire un futuro più sostenibile. *Stimolare il dialogo, condividere le preoccupazioni, ma soprattutto agire, anche in minima parte, può trasformare un’ansia paralizzante in un senso di efficacia e speranza*.

Glossario:
  • Eco-ansia: ansia causata dai cambiamenti climatici e dai disastri ambientali.
  • Solastalgia: dolore emotivo causato dalla perdita di conforto dell’ambiente a causa di mutamenti ambientali negativi.
  • Resilienza psicologica: capacità di affrontare e superare le sfide emotive e psicologiche.
  • Eco-paralisi: sensazione di impotenza di fronte ai cambiamenti climatici.
Discussioni comunitarie sui cambiamenti climatici
Sessione terapeutica per affrontare l'eco-ansia

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