- 3,5 milioni di italiani soffrono di disturbi alimentari.
- Attese fino a 13 mesi per accedere alle terapie.
- Nel 2023, circa 3.780 decessi legati ai disturbi alimentari.
- Solo 126 strutture in italia per i dna.
- Previsti 200 milioni nel 2025 contro i disturbi alimentari.
L’Italia si trova a fronteggiare una grave emergenza sanitaria e sociale: le liste d’attesa per le cure dei disturbi alimentari si allungano in modo preoccupante, gettando un’ombra sulla salute mentale di milioni di persone. Si stima che ben 3,5 milioni di individui nel nostro Paese siano affetti da patologie come anoressia, bulimia e binge eating, e molti di loro sono costretti ad affrontare attese che possono arrivare fino a 13 mesi per poter accedere alle terapie necessarie. Questo ritardo nell’accesso alle cure rappresenta non solo un ostacolo concreto alla guarigione, ma anche un fattore di rischio per il peggioramento dei sintomi e la cronicizzazione della malattia. La situazione è particolarmente delicata se si considera che i disturbi alimentari colpiscono fasce d’età sempre più giovani, con casi segnalati anche tra bambini di otto anni.
Anno | Nuovi casi | Totale persone trattate | Morti |
---|---|---|---|
2019 | 680 | Il proliferare dei casi insieme alla sconfortante insufficienza dei servizi disponibili crea un complesso circolare problematico nel quale l’esigenza sanitaria supera largamente ciò che può essere offerto dal sistema stesso: una condizione che aggrava continuamente le difficoltà del servizio sanitario nazionale italiano. Nel nostro Paese sono presenti soltanto {126} strutture destinate ai Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA), distribuite in maniera irregolare sul territorio delle regioni italiane; inoltre, recentemente è stata soppressa la dotazione finanziaria di ben 25 milioni di euro dedicata a queste iniziative, riducendo ancor più gli standard qualitativi della rete d’assistenza attuale. Questo quadro ha acceso forti preoccupazioni tra i pazienti stessi, le loro famiglie e anche diverse associazioni impegnate nella salvaguardia dei diritti delle persone afflitte da tali malattie: tutti richiedono con urgenza ed incisività misure efficaci da parte del Governo. |
L’impatto psicologico dell’attesa: un peso insostenibile
Il ritardo nell’accesso ai trattamenti per chi soffre di disturbi alimentari esercita una pressione insostenibile sulla sfera psichica dei pazienti. Ciò va oltre il semplice disagio; rappresenta una sospensione del percorso di guarigione, con effetti collaterali che possono perdurare nel tempo. Durante questa fase critica, sentimenti come ansia e frustrazione tendono a crescere in risposta all’incertezza delle tempistiche d’intervento, stimolando comportamenti già disfunzionali legati alla condizione in questione. L’assenza di assistenza tempestiva rischia altresì di determinare un aggravamento dei sintomi, complicando notevolmente le successive terapie e riducendone l’efficacia.
Nel contesto attuale, il 2023 ha fatto registrare circa 3.780 decessi riconducibili ai disturbi alimentari; tali statistiche posizionano questi afflitti come la seconda causa principale di mortalità giovanile dopo gli incidenti stradali. [Il Sole 24 Ore].
“Ogni donazione può fare la differenza. In un Paese in cui la sanità pubblica non riesce a coprire tutte le fragilità, la solidarietà diventa cura, presenza, salvezza.”
Inoltre, l’attesa prolungata può favorire la comparsa di comorbidità psichiatriche, come depressione, disturbi d’ansia e, nei casi più gravi, disturbi di personalità. La sensazione di essere abbandonati o non prioritari da parte del sistema sanitario può minare la motivazione al trattamento e alimentare sentimenti di disperazione. I pazienti e i loro familiari si ritrovano spesso a gestire da soli una situazione estremamente difficile, cercando di trovare risorse alternative o strategie di coping per affrontare l’attesa, ma la mancanza di un supporto professionale adeguato rende il percorso ancora più arduo. Le storie di pazienti e familiari sono piene di testimonianze sul peso emotivo e psicologico di questa attesa forzata, un periodo in cui la malattia può progredire indisturbata, mettendo a rischio la vita stessa.
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Risorse e supporto: un panorama eterogeneo
Nonostante le criticità del sistema sanitario nazionale, esistono in Italia diverse risorse e forme di supporto per le persone affette da disturbi alimentari. La Piattaforma Disturbi Alimentari dell’ISS offre una mappatura territoriale dei centri di cura e delle associazioni che si occupano di Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione. Tuttavia, la carenza di strutture dedicate e le lunghe liste d’attesa rappresentano un limite significativo all’accesso.
Alcune associazioni, come l’AIDAP (Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso) e l’Associazione Midori, si impegnano attivamente nella prevenzione, nell’educazione e nel supporto a pazienti e familiari, offrendo spazi di ascolto, gruppi di auto-aiuto e informazioni utili.
Un altro importante progetto è quello della “terapia sospesa”, lanciato dall’Associazione Ananke Family APS, che garantisce cure a pazienti su tutto il territorio nazionale:
“Questa usanza iniziò durante la Seconda Guerra Mondiale, quando si pagava un caffè per chi non poteva permetterselo. La ‘terapia sospesa’ riprende questo principio di aiuto reciproco, ma con la capacità di salvare vite.”
Some initiatives, like the SOS Eating Disorders hotline of USL Umbria 1, offer a counselling service to provide initial support and orientation.
Dal punto di vista clinico, esistono modelli di gestione e terapia basati sull’evidenza, come la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT-E) e il New Maudsley Model che coinvolge attivamente la famiglia nel percorso di cura. Anche la recente inclusione di alcune prestazioni legate ai disturbi alimentari nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) rappresenta un passo avanti verso una maggiore accessibilità alle cure.
Riflessioni e prospettive per il futuro
Non si può trascurare la situazione attuale riguardante i tempi d’attesa per ricevere trattamenti per i disturbi alimentari in Italia. Tale questione ha ripercussioni significative sulla salute mentale degli individui coinvolti, accrescendo ulteriormente il dolore legato a una realtà già intrinsecamente problematica.
Dalla prospettiva della psicologia cognitiva emerge che il periodo d’attesa tende ad attivare e consolidare pensieri disfunzionali nonché credenze negative circa se stessi oltre alla possibilità di recupero. In condizioni di fragilità psicologica, la mente spesso risente delle esperienze sfavorevoli passate, contribuendo così all’instaurarsi di un ciclo pernicioso fatto di ansia e angoscia.
Un elemento inquietante è rappresentato dal progressivo abbassamento dell’età nella quale iniziano a manifestarsi tali disturbi; si osserva ora l’insorgere della problematica anche fra bambini dai 8 ai 9 anni. [La Repubblica]. Le storie di ragazzi e ragazze, come quelle di Rachele e Irene, testimoniano questa drammatica realtà:
“I disturbi alimentari sono la nuova forma di depressione giovanile, che si manifesta attaccando uno degli aspetti che ossessionano gli adolescenti, cioè il corpo.”
[Superabile]
Il tema dei disturbi alimentari e delle liste d’attesa ci invita a una riflessione più ampia sulla salute mentale come diritto fondamentale e sulla necessità di garantire un accesso equo e tempestivo alle cure per tutti. La questione non si limita semplicemente all’implementazione di servizi innovativi o all’incremento dei fondi disponibili; al contrario, è fondamentale modificare il modo in cui sono percepite socialmente queste malattie. È imprescindibile abbattere lo stigma associato e promuovere una cultura caratterizzata da sostegno e accoglienza.
Ogni persona affetta da disturbi alimentari ha diritto a essere notata, ascoltata ed assistita senza doversi confrontare con interminabili attese che possono mettere in pericolo la sua esistenza. La guerra contro i disturbi alimentari rappresenta un impegno collettivo nel quale devono coinvolgersi istituzioni, professionisti del settore sanitario, associazioni pubbliche e privati cittadini al fine di forgiare un avvenire in cui il processo verso la guarigione possa diventare realizzabile per tutti.