- Aumento del 36% dei sintomi dei DNA durante la pandemia.
- I disturbi alimentari hanno causato circa 4 mila decessi nel 2023 in Italia.
- Richieste di aiuto al numero verde triplicate nel 2023.
Il 15 marzo segna una ricorrenza significativa: la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla richiama l’attenzione su una problematica sempre più pressante concernente il potente ma talora subdolo impatto dei social media nella genesi e nella persistenza dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA). Tale realtà complessa si presenta come il risultato di molteplici componenti che comprendono aspetti biologici, psicologici ed elementi socioculturali sempre più influenti. I social network non possono dunque considerarsi gli unici responsabili per malattie quali anoressia o bulimia né per il comportamento alimentare compulsivo conosciuto come binge eating; piuttosto risultano essere un significativo fattore di rischio, agendo da catalizzatore in ambienti caratterizzati da fragilità già esistenti.
L’universo accademico dedicato alla medicina e alla psicologia fatica ancora a delineare conclusioni chiare sui nessi causali definitivi tra queste problematiche; nondimeno c’è consenso sulla constatazione che sessioni prolungate sotto l’influenza non critica delle informazioni disponibili su Instagram o TikTok possano cambiare radicalmente le impressioni personali riguardanti il corpo. Tali esperienze tendono così ad erodere l’autoefficacia individuale potenziando comportamenti alimentari devianti. L’ultima classificazione ha aggiornato l’espressione da “disturbi del comportamento alimentare” a “Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA)”, ampliando lo spettro d’indagine per ricomprendere la vasta gamma di manifestazioni che vanno dalle alterazioni emotive nel rapporto con il cibo, fino alle gravi complicanze fisiche.
In un quadro diagnostico che si sta sempre più affinando, il tema della prevenzione emerge come l’asse portante, con un’attenzione particolare rivolta alla fascia preadolescenziale, oggi la più esposta e vulnerabile alle pressioni estetiche e sociali propagate dal mondo digitale.
L’interazione tra tempo trascorso online e le scelte alimentari si configura come un groviglio di correlazioni i cui fili sono solo in parte dipanati. Nonostante l’assenza di un modello chiaro sui meccanismi di influenza, è inconfutabile che un uso problematico degli schermi si associ a rischi concreti: aumento di peso dovuto a abbuffate incontrollate, percezione distorta del corpo e un netto calo dell’autostima. La reiterata esposizione a immagini e video riguardanti diete, corpi “perfetti” e stili di vita Rigidamente controllati, amplificata dagli algoritmi delle piattaforme digitali che intensificano l’esposizione a contenuti simili, crea un circolo vizioso difficile da interrompere. Questo meccanismo può precipitare gli utenti in un baratro di insoddisfazione corporea, spingendoli verso regimi alimentari “fai da te” o suggeriti da _fit-influencer_ privi di competenze mediche. Tali pratiche alimentari sbilanciate, che si tratti di restrizioni eccessive o di abbuffate compulsive, possono degenerare in comportamenti pericolosi, spesso di difficile gestione e trattamento.
Il fenomeno interessa sia la popolazione femminile, tradizionalmente più colpita, sia, in misura crescente ma comunque significativa, i giovani maschi. L’età media di insorgenza, che si attestava tra i 12 e i 25 anni, sta progressivamente abbassandosi, con una preoccupante incidenza anche tra i bambini al di sotto dei 10 anni. Questi ultimi, esposti sin dalla tenera età a un flusso costante di immagini e informazioni sulla perdita di peso, sviluppano un’immagine corporea disfunzionale e una paura ingiustificata dei naturali cambiamenti legati alla crescita.
L’algoritmo come amplificatore di vulnerabilità
L’influenza dei social media sui Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA) e sulla percezione dell’immagine corporea è profondamente modulata dagli algoritmi che governano queste piattaforme. Non si tratta solamente di un confronto con modelli irrealistici o di una ricerca di approvazione sociale, ma di un vero e proprio meccanismo di amplificazione che alimenta vulnerabilità preesistenti. Un “linguaggio digitale della sofferenza” è stato identificato, non solo attraverso temi come l’odio verso sé stessi o la solitudine, ma anche nella struttura del linguaggio stesso, caratterizzata da un uso maggiore del pronome “io” e dei sostantivi, e un uso ridotto dei verbi.
La decisione di TikTok di bloccare i filtri di bellezza per gli utenti sotto i 18 anni, pur essendo un passo nella giusta direzione, evidenzia la gravità del problema e la necessità di interventi più strutturati. Il problema non si limita ai soli filtri: gli algoritmi, specialmente quelli di piattaforme come TikTok, sono progettati per catturare l’attenzione e, talvolta, per “scioccare”, esponendo i giovani a contenuti potenzialmente molto rischiosi. Se un adolescente cerca la parola “dieta”, l’algoritmo propone in pochi secondi consigli, spesso pericolosi, su come perdere peso, e nel peggiore dei casi, parole come “autolesionismo”.
Si ritiene inoltre che esista un “linguaggio visivo dell’angoscia”, come la tendenza all’uso dei filtri bianco e nero su Instagram, che comunica una malinconia indefinita. Questi meccanismi, uniti al conformismo adolescenziale, tipico della fascia d’età, permettono la diffusione rapida di comportamenti e “mode” che possono trasformarsi da virtuali a reali, con conseguenze devastanti. I pericoli si ampliano ulteriormente, con fenomeni quali il cyberbullismo, un’aggressione condotta attraverso strumenti elettronici, e il sexting, ovvero l’invio e la ricezione di immagini dal contenuto sessualmente esplicito. Tali pratiche possono diffusamente propagarsi al di fuori del controllo individuale, provocando ferite psicologiche profonde.
L’assenza di indagini pubbliche riguardo ai dati di accesso alle piattaforme più diffuse, come TikTok, ostacola notevolmente la capacità degli esperti nel comprendere a fondo e affrontare tali sfide.
- È confortante vedere che si affronta il problema... 😊...
- Trovo riduttivo dare tutta la colpa ai social... 🤔...
- E se il problema fosse a monte, nell'educazione... 🧐...
Prevenzione e percorsi di cura nell’era digitale
Affrontare la prevenzione dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA) nel contesto digitale attuale si configura come una questione articolata. Essa necessita non solo di strategie multidisciplinari, ma anche della cooperazione tra famiglie, istituzioni educative e servizi sanitari. Ad oggi, nel 2023, oltre 3 milioni di individui in Italia sono colpiti da disturbi alimentari; questo dato evidenzia un aumento del 30%, indice degli effetti collaterali scaturiti dalla pandemia. [AIDAP]. Secondo gli esperti, non si tratta unicamente di sorvegliare o censurare, poiché “proibire l’accesso al web, sequestrare gli smartphone sono azioni aggirabili”.
La vera prevenzione si fonda sulla consapevolezza dell’impatto emotivo degli schermi digitali sui minori e sulla creazione di strumenti critici per interpretare il mondo digitale. Nelle scuole, percorsi strutturati di alfabetizzazione digitale per studenti e famiglie sono essenziali, data la spesso sottovalutata dipendenza degli stessi genitori dai social media. In particolare, laboratori di cucina nelle scuole si stanno rivelando una valida strategia di prevenzione, orientando i ragazzi verso un rapporto sano e consapevole con il cibo.
Il primo passo per le famiglie è un cambiamento nelle proprie abitudini: imparare a non usare il cellulare a tavola o durante le conversazioni con i figli, creando “zone libere di interazione senza il digitale”. Un dialogo aperto e non giudicante è cruciale: la domanda “cosa hai visto oggi?” dovrebbe sostituire il tradizionale “dove sei stato?”. Questo approccio, basato sulla curiosità e non sulla critica, può aprire un canale di comunicazione per intercettare segnali di disagio. È fondamentale anche imparare a cogliere i segnali di allarme relativi alla percezione dell’immagine corporea: tentativi di modificare l’aspetto fisico (mangiando meno, perdendo peso, o, nei maschi, praticando attività fisica in modo ossessivo), e soprattutto cambiamenti di carattere, come tristezza, introversione o ritiro sociale. Questi comportamenti possono celare una profonda insoddisfazione, dove il mezzo tecnologico sostituisce la vita reale, e l’adolescente si costruisce un’immagine filtrata di sé, scollegata dalla realtà.
Per quanto riguarda l’assistenza, il primo riferimento è sempre il pediatra o il medico di medicina generale, che possono indirizzare verso servizi specializzati in DNA. Nonostante la presenza di oltre 150 centri in Italia, la loro distribuzione è irregolare, e molte Regioni sono ancora sprovviste di strutture dedicate. Tuttavia, la Piattaforma Disturbi Alimentari dell’Istituto Superiore di Sanità offre un motore di ricerca per individuare il centro o l’associazione più vicina.
Immaginare una nuova alfabetizzazione emotiva digitale
Nel dedalo delle interconnessioni digitali, dove il confine tra il sé reale e l’immagine filtrata si fa sempre più labile, emerge una profonda questione che interpella le fondamenta della nostra psicologia. La psicologia cognitiva ci ha insegnato che i nostri pensieri e le nostre interpretazioni della realtà modellano le nostre emozioni e i nostri comportamenti. Se il mondo digitale ci bombarda costantemente con modelli estetici irraggiungibili e narratività distorte, la mente inizia a costruire schemi di pensiero disfunzionali, auto-critici, che minano l’autostima e generano una percezione negativa del proprio corpo. La frequente “verifica” del corpo attraverso specchi, bilance o il confronto sui social diventa un comportamento compulsivo, un tentativo inefficace di rassicurarsi che, in realtà, non fa che alimentare l’insoddisfazione.
A un livello più avanzato, la psicologia comportamentale ci offre la chiave per comprendere il circolo vizioso che si innesca. I “check” corporei, inizialmente attuati per alleviare l’ansia, finiscono per rappresentare meccanismi di mantenimento di un’immagine corporea negativa. Ogni volta che ci si focalizza su una specifica parte del corpo, si aumenta la probabilità di rilevare difetti percepiti come enormi, confermando l’autocritica e intensificando la probabilità di mettere in atto ulteriori comportamenti di controllo del peso, come la restrizione dietetica o cognitiva.
È quindi essenziale stimolare una riflessione personale profonda su come interagiamo con il mondo digitale. Siamo davvero consapevoli di quanto le nostre menti siano influenzate da ciò che scorre sui nostri schermi? Come possiamo sviluppare una “alfabetizzazione emotiva digitale” che ci consenta di decodificare criticamente i messaggi, di riconoscere le trappole cognitive e comportamentali, e di proteggere la nostra salute mentale in un ambiente così pervasivo? La sfida non è solo proibire o controllare, ma dotare individui, e in primis i giovani, di strumenti interni robusti per navigare in un mare di immagini e informazioni, imparando a distinguere il reale dall’illusorio, il sano dal nocivo. Solo così potremo sottrarci all’influenza tossica e costruire un rapporto più autentico e compassionevole con noi stessi e con il mondo che ci circonda.
- DNA: Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, categorie che comprendono anoressia, bulimia e binge eating.
- Fit-influencer: Persone sui social che condividono contenuti su fitness e alimentazione, non sempre basati su competenze mediche.
- Check corporeo: Comportamento compulsivo di verificare il proprio aspetto fisico frequentemente.