Dismorfismo corporeo e finanziario: come i social media influenzano la tua percezione

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  • Nel 2024, il 94% dei ragazzi tra gli 8 e i 16 anni possiede uno smartphone.
  • Il disturbo dell'immagine corporea (DDC) ha una prevalenza del 2,5% nella popolazione generale.
  • Unipol Changes nel 2024: il 68% dei giovani italiani percepisce i social come accentuatori di difetti.

La dittatura dell’immagine: come i social media distorcono la percezione del sé

Il contesto contemporaneo caratterizzato dall’espansione digitale offre connessioni senza precedenti ma al contempo genera una minaccia subdola per la salute psicologica degli individui più giovani. L’esposizione continua a ideali estetici altamente idealizzati, diffusi tramite le reti sociali virtuali, contribuisce alla proliferazione di problematiche quali il dismorfismo corporeo insieme ad alti livelli d’ansia sociale e stati depressivi. Quest’evoluzione perniciosa attinge alla predisposizione naturale della persona verso l’insicurezza, portando a una visione alterata dell’immagine corporea, inducendo molti verso un inseguimento incessante della perfezione che può evolvere in turbe psicologiche acute. Ricerche recenti dimostrano tendenze preoccupanti: secondo uno studio effettuato nel 2024 dal Ministero delle Imprese insieme all’Università Cattolica di Milano, risulta che ben il 94% dei ragazzi compresi fra gli otto e i sedici anni dispone già di uno smartphone; inoltre sorprende osservare come il settanta percento dei piccoli utenti nell’età compresa fra otto e dieci anni sia registrato su reti sociali. Tale fenomeno d’esposizione precoce alla tecnologia comporta conseguenze nefaste sulle loro vite quotidiane, manifestandosi attraverso un incremento rilevante della probabilità d’insorgere problemi quali ansia grave, sindromi depressive o difficoltà legate al riposo notturno, oltre agli aspetti compulsivi legati alla fruizione digitale. Nel 2014 un’indagine realizzata in Florida ha evidenziato come bastino soltanto 20 minuti passati su Facebook per intensificare nelle donne il malcontento riguardo al loro aspetto fisico, dimostrando quanto rapidamente questi strumenti possano modificare la percezione individuale.

Un caso significativo della problematica sollevata è rappresentato dal Disturbo da Dismorfismo Corporeo (DDC), conosciuto anche sotto il nome di dismorfofobia. Questo disturbo viene catalogato nel DSM-5 tra quelli Ossessivo-Compulsivi ed è contraddistinto da preoccupazioni eccessive e ossessive circa difetti o imperfezioni del proprio corpo che sono spesso illusori oppure esagerati. È interessante notare come l’insoddisfazione verso il corpo emerga tipicamente durante gli anni dell’adolescenza; questo disagio si intreccia inevitabilmente con un uso assiduo dei social media: tali piattaforme facilitano una continua comparazione sociale e promuovono modelli estetici difficilmente raggiungibili, che contribuiscono allo sviluppo del disturbo stesso. Inoltre, studi hanno mostrato che una maggiore attività su Instagram può comportare una maggiore auto-oggettivazione, legata alla costante necessità di confrontarsi con standard di bellezza divulgati attraverso questi canali digitali.

A symbolic representation of social media impacts on mental health, featuring a person looking at a smartphone surrounded by floating icons of social media apps, with a backdrop of abstract emotions like anxiety and depression.

La pandemia di COVID-19 ha esacerbato questa problematica. L’aumento esponenziale dell’uso dei social media durante i lockdown ha amplificato il fenomeno: da un lato, le piattaforme hanno offerto un’ancora di salvezza per la socializzazione a distanza; dall’altro, hanno intensificato l’esposizione a immagini di “altri” considerati più attraenti, accrescendo l’insoddisfazione individuale. La costante visione del proprio volto nelle videochiamate, resa inevitabile dal lavoro e dalla didattica a distanza, ha incrementato l’attenzione selettiva verso dettagli e imperfezioni, percepite come intollerabili. Uno studio tedesco ha rilevato un aumento considerevole del Disturbo d’Ansia Generalizzato, della Depressione, dell’Ansia per la Salute e del Disturbo di Dismorfismo Corporeo proprio in questo periodo. Il DISTURBO DELL’IMMAGINE CORPOREA (DDC), come attestato dai dati recenti, ha visto un incremento della sua prevalenza fino al 2,5% all’interno della popolazione generale. Questo tasso assume dimensioni significative nel contesto delle persone in cerca di interventi dermatologici o estetico-chirurgici, dove si stima che si attesti tra il 7 e il 15%. Tuttavia, è cruciale evidenziare come la reale incidenza possa essere molto più elevata a causa della nota problematicità legata alla sottodiagnosi.

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  • 👍 Ottimo articolo! Riflette bene come i social......
  • 🤔 Interessante l'analisi, ma forse si sottovaluta......
  • 💸 Dismorfismo finanziario: siamo sicuri sia solo......
  • 😔 Purtroppo, mi ci ritrovo in pieno... i social......

I filtri sociali e l’illusione della perfezione digitale

L’evoluzione dei filtri social, da semplici modifiche di colore a sofisticati strumenti di rimodellamento del viso e del corpo, ha contribuito in modo significativo a consolidare questa “illusione della perfezione”. Nati con gli smartphone e diffusisi inizialmente su Instagram nel 2010 come semplici modifiche cromatiche, questi strumenti hanno raggiunto una complessità tale da alterare in tempo reale i tratti somatici, replicando gli effetti della chirurgia estetica. I filtri AR di Snapchat, introdotti nel 2015, ne sono un esempio lampante, offrendo agli utenti la possibilità di modificare il proprio aspetto in modo virtuale e immediato. Ciò ha portato alla diffusione di standard di bellezza irrealistici, che, a differenza dei media tradizionali, sono ora accessibili e modificabili da ogni utente, creando un paradosso in cui chiunque può essere al contempo creatore e vittima di questa distorsione. Il fenomeno è stato definito “Snapchat Dysmorphia” e descrive la percezione del proprio viso senza filtri come meno attraente, generando un senso di costante insicurezza e insoddisfazione corporea. Questa discrepanza tra l’immagine reale e l’immagine “filtrata” alimenta un circolo vizioso: più ci si abitua a vedersi con i filtri, più si interiorizzano quelle caratteristiche alterate come standard personali di bellezza, con conseguenti ripercussioni sulla salute mentale. Le ricerche evidenziano una correlazione positiva tra l’uso dei social media e l’insoddisfazione per il proprio corpo, anche in presenza di movimenti come il “body positivity”.

An illustration of digital beauty filters, showing a phone screen with different beauty effects applied to a face, alongside a mirror reflecting the unaltered image, highlighting the contrast between virtual and real appearance.

Un’ulteriore ricerca condotta da Unipol Changes nel 2024 ha evidenziato che il 68% dei giovani italiani percepisce i social media come veicoli di immagini perfette che accentuano i difetti personali. Inoltre, il 62% afferma di sentirsi incapace di mostrarsi nella propria autenticità a causa della pressione sociale.

L’adolescenza, periodo di profonde trasformazioni biologiche e psicologiche e di formazione dell’identità personale e di genere, è particolarmente vulnerabile a questi stimoli. I filtri possono esacerbare le insicurezze preesistenti, portando a un divario tra l’immagine di sé virtuale e quella del mondo reale, che genera ansia, depressione e bassa autostima. L’eccessiva enfasi sull’aspetto fisico nella valutazione di sé, unita alla ricerca compulsiva di approvazione misurata in “like” — dal pollice in su di Facebook al cuoricino rosso di Instagram — attiva il sistema di ricompensa del cervello, come dimostrato da una ricerca del 2016 tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), evidenziando la forte sensibilità degli adolescenti alle approvazioni digitali.

Questa pressione sociale ha spinto alcune piattaforme ad agire. Instagram, dal 14 gennaio 2025, ha annunciato la rimozione di molti filtri basati sulla realtà aumentata, seguendo TikTok, che in precedenza aveva vietato i “beauty filters” agli utenti minorenni. Diverse piattaforme stanno cominciando ad attuare l’etichettatura delle immagini ritoccate al fine di accrescere il livello di trasparenza. In ogni caso, l’uso consapevole dei social è imprescindibile per garantire un sano equilibrio psicologico nelle nuove generazioni; ciò comporta uno sforzo comune mirato a diffondere una cultura finanziaria informata mentre si creano spazi online capaci di sostenere sia la salute mentale che il benessere personale. Tra gli aspetti da considerare figurano l’importanza del dialogo sincero sui filtri utilizzati nei social media; fungere da modello virtuoso; valorizzare la diversità insieme all’autenticità della bellezza; ascoltare in modo empatico senza esprimere giudizi affrettati; fornire esperienze appaganti oltre alla possibilità di ricorrere all’assistenza professionale qualora ci siano segnali di disagio.

L’ansia finanziaria e la “Money Dysmorphia” nell’era digitale

Oltre all’impatto sulla percezione corporea, la costante esposizione ai social media ha generato una nuova forma di disagio psicologico: la “Money Dysmorphia“, o dismorfia monetaria. Questo fenomeno, emerso in maniera marcata verso la fine del 2023, descrive un’aumentata incertezza e insicurezza riguardo alla propria situazione economica, indipendentemente dalla realtà oggettiva. Una ricerca di HYPE e IPSOS nel 2024 ha rivelato che il 29% degli americani è affetto da questa condizione, con percentuali più elevate tra le fasce più giovani: il 43% della Generazione Z e il 41% dei Millennial, contro solo il 14% degli over 59.

Questa tendenza è alimentata dalla presentazione spesso idealizzata e irrealistica della ricchezza personale sui social media. Le persone tendono a condividere solo gli aspetti “perfetti” delle loro vite, mostrando successi personali, rappresentazioni esagerate di benessere economico o immagini gratificanti, celando le difficoltà. Questo comportamento riflette il desiderio di presentarsi in modo positivo e di mostrare il proprio “io ideale”, creando un senso di inadeguatezza e riducendo l’autostima in coloro che si confrontano con tali immagini.

La correlazione positiva tra l’uso dei social media e l’ansia finanziaria è allarmante. Secondo un’indagine, il 72% dei giovani tra i 18 e i 24 anni afferma che il denaro è una priorità e spesso confrontano la propria situazione finanziaria con quella degli altri, portando a scelte avventate e ansia elevata. Il “confronto verso l’alto“, concetto introdotto da Festinger nel 1954, è un meccanismo chiave in queste dinamiche. Mentre il “_confronto verso il basso_”, in cui ci si paragona a chi sta peggio, può migliorare l’umore, il _confronto verso l’alto_, con persone percepite come superiori, può generare sentimenti di insoddisfazione e una riduzione dell’autostima. La depressione, una delle condizioni più diffuse tra i disturbi mentali, è fortemente correlata all’uso prolungato dei social media, specialmente l’interazione passiva, come la semplice lettura dei post altrui. Manifestazioni quali una tristezza persistente, mancanza di entusiasmo, sensazioni di colpa, disturbi nel sonno ed elevata stanchezza risultano frequentemente accentuate dal confronto incessante con gli altri. È stato dimostrato che lo stress finanziario costituisce un importante fattore economico nella genesi della depressione. Gli ostacoli economici non solo influiscono sul benessere psicologico ma incidono anche sul disegno anatomico del cervello. A tal proposito, uno studio pubblicato nel 2012 sulla rivista _Social Cognitive and Affective Neuroscience_ ha indagato i legami tra le difficoltà monetarie e le diminuzioni volumetriche nell’ippocampo e nell’amigdala in un campione di 431 adulti. I soggetti interessati dalle problematiche fiscali mostravano notevoli riduzioni nei volumi cerebrali delle suddette strutture chiave per il trattamento emotivo e mnemonico degli eventi vissuti. Ciò fa supporre che lo stress prolungato derivante da situazioni avverse possa stimolare l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene; questa condizione provoca l’accumulo di ormoni da stress come il cortisolo con ripercussioni deleterie su elementi quali neuroplasticità, circolazione cerebrale ed infiammazione neuronale a lungo termine.

Costruire un benessere autentico nell’era dei “mi piace”

In un contesto dominato da una miriade di immagini superficiali e da esistenze apparentemente impeccabili visualizzate nei nostri dispositivi, può diventare agevole perdere il senso del proprio valore intrinseco. L’insegnamento fornito dalla psicologia cognitiva sottolinea come l’interpretazione delle informazioni rivesta un’importanza decisiva per il benessere psichico dell’individuo. Il costante confronto con modelli irraggiungibili provoca meccanismi mentali disfunzionali, i quali alimentano sentimenti d’insoddisfazione compromettendo così l’autoefficacia personale. È indispensabile affinare quella competenza necessaria a discernere tra ciò che è reale e le rappresentazioni distorte offerto, tenendo presente che dietro ad ogni fotografia si nascondono sfumature ed imperfezioni umane spesso invisibili.

Proseguendo in questo discorso, la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), riconosciuta come intervento efficace contro il disturbo da dismorfismo corporeo, propone insegnamenti preziosi: c’è sempre spazio per imparare a _identificare e modificare quei pensieri negativi automatici_ originati dal paragone sociale. Questa crescita non implica negazione delle problematiche o dei difetti individuali; piuttosto consiste nel rielaborare le modalità attraverso cui percepiamo ed affrontiamo tali esperienze. È un esercizio di consapevolezza che ci permette di riprendere il controllo sulla nostra mente, riducendo l’impatto dei modelli esterni e riscoprendo il valore intrinseco della nostra unicità. La felicità e il benessere non risiedono nell’emulazione di ciò che è esposto, ma nella riscoperta e nell’accettazione della propria autenticità, delle proprie risorse e delle proprie relazioni significative, quelle che resistono alla superficialità e alimentano una genuina crescita personale.

A serene scene depicting authentic self-acceptance in a digital world

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