DCA: l’allarme tra i giovani italiani si fa sempre più assordante

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  • Oltre 3 milioni di persone in Italia convivono con un dca.
  • L'anoressia nervosa colpisce oltre 540.000 persone, con il 90% dei casi tra le donne.
  • Nel 2020 c'è stato un balzo del 40% nelle nuove diagnosi tra i minori.
  • Gli esordi sono saliti a 1.680.456 nel 2023, rispetto ai 680.569 del 2019.
  • Il 70% dei giovani europei tra i 14 e i 17 anni usa i social media per più di 2 ore al giorno.
  • Accessi ai day hospital aumentati del 38% tra il 2020 e il 2024.

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) rappresentano oggi una delle sfide più urgenti nel campo della salute mentale in Italia, delineando un panorama clinico e sociale di notevole complessità. I dati più recenti confermano una diffusione capillare di queste patologie, con oltre tre milioni di persone che convivono quotidianamente con anoressia nervosa, bulimia, e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder). La rilevanza del fenomeno è ulteriormente sottolineata dalla varietà delle manifestazioni cliniche, inclusa l’ortoressia, che evidenzia una diversificazione delle problematiche legate al rapporto con il cibo e il corpo. Questa cifra, già di per sé significativa, potrebbe essere anche sottostimata, suggerendo una portata reale ancora maggiore.

Un’analisi più dettagliata rivela la specificità di alcune diagnosi: l’a nore…ssia nervosa, in particolare, interessa più di 540.000 individui [Fonte], corrispondenti a circa l’uno per cento della popolazione italiana. Il profilo predominante dei soggetti affetti da anoressia è indiscutibilmente femminile; attualmente possiamo osservare una netta sproporzione che vede le donne costituire circa il 90% dei casi. Tuttavia vi è stata una crescita nei numeri—anche se ancora modestamente rappresentativi—tra gli uomini adolescenti. In precedenza la maggior parte degli individui colpiti mostrava sintomi compresi fra i 15 e i 25 anni; questo intervallo coincideva con fasi significative della vita caratterizzate dal mutamento e dall’affermazione dell’identità personale.

La situazione attuale pone in luce uno scenario decisamente allarmante: sembra infatti che l’età media per la manifestazione dei disturbi alimentari (DCA) stia subendo un abbassamento considerevole. Un aspetto particolarmente inquietante riguarda il forte aumento delle diagnosi relative ai minori. I dati disponibili indicano chiaramente un incremento drammatico delle nuove diagnosi: nel primo semestre del 2020—a fronte di trasformazioni sociali rilevanti influenzate dalla pandemia—in questa fascia d’età si è riscontrato un balzo del 40% rispetto all’anno precedente. Questi trend allarmanti continuano; recenti valutazioni indicano che gli esordi, stimati in 680.569 nel 2019, sono saliti a un allarmante 1.680.456 nel 2023, evidenziando un incremento preoccupante, soprattutto nelle fasce più giovani [Serenis].

Prevalenza dei DCA in Italia:
  • 3 milioni di persone convivono con un DCA
  • 540.000 casi d i…a nervosa, di cui il 90% sono donne
  • Incremento del 40% nelle nuove diagnosi nel 2020
  • 1.680.456 nuovi casi nel 2023

Questa tendenza all’anticipazione dell’esordio è confermata da studi recenti che segnalano la comparsa dei primi sintomi già nella prima infanzia e preadolescenza, talvolta a partire dagli 8-9 anni, con specifici disturbi come l’ARFID (disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo) che possono manifestarsi anche in bambini di 6-7 anni. L’incidenza crescente in età pediatrica desta particolare preoccupazione poiché un esordio precoce può comportare un maggior rischio di conseguenze gravi e talvolta irreversibili sulla salute fisica e sullo sviluppo. Il fenomeno non è isolato all’Italia ma si inserisce in un contesto europeo e globale dove la prevalenza tra i bambini raggiunge livelli allarmanti, attestandosi attorno al 2% in Europa, il dato più alto a livello mondiale [Il Sole 24 Ore]. La severità dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) emerge in modo inquietante attraverso il loro alto tasso di mortalità, collocandoli fra le malattie psichiatriche più gravi. In modo specifico, l’anoressia nervosa comporta un rischio di decesso decisamente elevato se comparato con la popolazione generale dello stesso gruppo demografico per età e genere, riportando valutazioni che stimano una mortalità 5-10 volte superiore [Istituto Superiore di Sanità) e circa *4. In Italia, si registrano annualmente 000 decessi attribuibili a tali disturbi. L’aggravarsi della situazione clinica, messo in luce dall’impennata nell’attività dei centri dedicati—con un sorprendente incremento del 38% negli accessi ai day hospital presso un importante ospedale pediatrico tra il 2020 e il 2024—rimarca con forza la necessità di una rinnovata attenzione e l’implementazione di approcci terapeutici mirati ed efficaci.

Fattori scatenanti e di mantenimento: il ruolo pervasivo dei social media

La genesi dei disturbi del comportamento alimentare è intrinsecamente legata a una complessa interazione di fattori biologici, psicologici e socio-culturali. Nessuna causa singola può esaurire la spiegazione dell’insorgenza di queste patologie, ma l’evoluzione del contesto sociale e tecnologico contemporaneo ha sicuramente introdotto e amplificato determinati elementi di rischio. Tra questi, l’impatto dei social media emerge come un fattore di notevole e crescente preoccupazione.

Studi recenti evidenziano che la costante esposizione a modelli estetici idealizzati, spesso irrealistici e manipolati, alimenta una spirale di confronti e insoddisfazione verso il proprio corpo. I canoni di bellezza attuali, veicolati attraverso filtri e post curati, non mirano alla semplice bellezza ma a un ideale di perfezione inarrivabile, generando nei giovani una costante frustrazione e un’elevata ansia sociale. Contenuti specifici si rivelano particolarmente dannosi: le immagini e i video che mostrano trasformazioni fisiche estreme (“Before & After”) celebrano il dimagrimento come unica via alla felicità; i post che normalizzano restrizioni alimentari drastiche e quelle che mostrano cosa si mangia in un giorno (“What I eat in a day”) impostano standard nutrizionali spesso irrealistici e disfunzionali, promuovendo un’ossessione per la dieta sana e la forma fisica (ortoressia) che può deviare in patologia. Secondo un’analisi effettuata dall’AIDAP, si evince che una significativa porzione, pari al 70%, dei giovani europei compresi tra i 14 e i 17 anni è attivamente coinvolta nei social media. Questi adolescenti spendono più di due ore quotidiane su tali piattaforme, facendo emergere come la durata della loro presenza virtuale possa influenzare notevolmente il grado di insoddisfazione corporea. [AIDAP]. Questo fenomeno non solo perpetua l’immagine negativa del corpo, ma ostacola anche il percorso di recupero.

Punti chiave sull’impatto dei social media:
  • Il 70% degli adolescenti usa social media
  • Effetti negativi legati a modelli estetici irrealistici
  • Alti tassi di insoddisfazione corporea e comportamenti alimentari disordinati

Il problema è amplificato dagli algoritmi delle piattaforme, che tendono a proporre contenuti simili a quelli già visualizzati, creando un circolo vizioso in cui gli individui vulnerabili vengono “bombardati” da immagini e messaggi che rinforzano le loro insicurezze e i comportamenti a rischio. Il tempo trascorso online, spesso senza il controllo degli adulti, specialmente in età pre-puberale, espone i bambini e gli adolescenti a informazioni non filtrate e a sfide corporee (“body challenges”, “body-checking trends”), contribuendo all’abbassamento dell’età di esordio. In aggiunta, la presenza sui social media ha il potenziale di interferire significativamente con il processo di guarigione. Questo accade poiché propaga un’immagine distorta del proprio corpo, alimentando ulteriormente la sintomatologia grazie a un incessante paragone con gli altri.

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Strategie terapeutiche: l’evidenza a favore della Terapia cognitivo-comportamentale

Per affrontare adeguatamente i disturbi del comportamento alimentare è imprescindibile adottare un approccio terapeutico complesso e individualizzato, considerato l’insieme delle variabili coinvolte. Le evidenze scientifiche insieme alle direttive internazionali suggeriscono chiaramente l’adozione di un modello di cura multidisciplinare. Quest’approccio dovrebbe congiungere le competenze mediche con quelle nutrizionali e psicologiche. Un team formato da psichiatri, pediatri, psicologi e dietisti lavora in sinergia affinché venga fornita una gestione integrale della persona colpita; ciò appare fondamentale vista la possibile gravità delle problematiche fisiche legate ai DCA.

Tra le forme di terapia disponibili spicca senza dubbio la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT), riconosciuta come uno degli interventi più validati per il trattamento dei disturbi alimentari. È degno di nota anche il progresso rappresentato dall’emersione della versio… differenziata e appositamente tarata su tali condizioni: stiamo parlando della CBT Enhanced (CBT-E). Questo avanzamento terapeutico ha rivelato notevoli successi nell’affrontare casi di anoressia nervosa ma anche nel trattare bulimia nervosa e binge eating disorder. La CBT-E trova le sue origini nella mente del suo ideatore, Christopher Fairburn, il quale ha concepito questo approccio focalizzandosi in modo particolare sulla complessità delle problematiche psicologiche. La sua intenzione è quella di affrontare non esclusivamente i sintomi superficiali dei disturbi alimentari, bensì anche quei fattori sottostanti che ne garantiscono la persistenza e il mantenimento nel tempo. [State of Mind].

I vantaggi della CBT-E:

  • Riconosciuta come approccio di prima scelta dalle linee guida NICE per tutti i DCA
  • Efficace nel trattamento di diverse forme di disturbi alimentari
  • Adatta a contesti terapeutici differenti, anche per bambini e adolescenti

L’efficacia della CBT-E è riconosciuta a livello internazionale; le linee guida del NICE (National Institute for Health and Care Excellence) la raccomandano come unico approccio di prima scelta per il trattamento di tutti i disturbi del comportamento alimentare negli adulti. Studi comparativi hanno dimostrato risultati superiori della CBT-E rispetto ad altre forme di psicoterapia, come la Terapia Interpersonale (IPT), nel produrre una risoluzione più marcata dei sintomi e una migliore gestione dei fattori di mantenimento della patologia, specialmente nel medio-lungo termine.

Nonostante l’esistenza di terapie efficaci, l’accesso alle cure specifiche per i DCA resta un percorso ad ostacoli per molti, a causa di pregiudizi, minimizzazione dei sintomi da parte di chi circonda la persona affetta e, purtroppo, anche da parte di alcuni professionisti sanitari non adeguatamente formati, oltre alle barriere economiche. L’affermazione evidenzia quanto sia fondamentale, oltre alla ricerca e all’innovazione nella creazione di trattamenti fondati su dati concreti, la necessità di una diffusione capillare delle conoscenze e una maggiore sensibilizzazione. Ciò è cruciale affinché ogni individuo in cerca di supporto possa prontamente intraprendere un corretto cammino terapeutico.

Oltre il sintomo: le radici cognitive e la via della cura

I disturbi del comportamento alimentare, nella loro manifestazione spesso complessa e dolorosa, ci invitano a guardare oltre la superficie, al di beyond dei sintomi più evidenti legati al cibo e al peso. Essi affondano le loro radici in dinamiche psicologiche profonde, che coinvolgono il modo in cui pensiamo, sentiamo e ci relazioniamo con noi stessi e il mondo. La psicologia cognitiva e comportamentale ci insegna che esiste un legame stretto e reciproco tra i nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri comportamenti.

In chi soffre di un DCA, questo legame si manifesta spesso in un ciclo disfunzionale: pensieri distorti (ad esempio, “valgo solo se sono magro”, “il cibo è pericoloso”, “non ho il controllo”) generano emozioni intense (ansia, paura, vergogna, colpa) che a loro volta guidano comportamenti restrittivi, purgativi o di abbuffata. Questi comportamenti, inizialmente percepiti come una soluzione, finiscono per rinforzare i pensieri e le emozioni negative, perpetuando il ciclo.

Considerazioni chiave sui DCA:
  • Le DCA non sono semplicemente scelte, ma malattie complesse dell’anima e del corpo.
  • Il supporto specializzato e il riconoscimento dei segnali sono fondamentali per la cura.
  • Interventi come la CBT-E possono rompere il ciclo disfunzionale e promuovere un rapporto sano con il cibo.

Comprendere i DCA in questa luce ci invita a una riflessione profonda. Riconoscere i segnali, comprendere che dietro il sintomo c’è una sofferenza profonda legata a temi di identità, valore personale e relazione con gli altri, è il primo passo. Cercare aiuto specializzato, affidandosi a percorsi basati sull’evidenza scientifica come la CBT-E, e circondarsi di comprensione ed empatia sono le vie maestre per rompere il ciclo disfunzionale e intraprendere il cammino verso la guarigione, riscoprendo un rapporto più sereno e autentico con sé stessi, il proprio corpo e il mondo.


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