- Il Dipartimento di Neuroscienze di Cosenza era un punto d’eccellenza nazionale.
- Nel 2023, la neuroradiologia di Cosenza era seconda in Italia per aneurismi.
- Oltre 470mila calabresi soffrono di disturbi psichiatrici.
- Ci sono stati oltre 15.400 accessi al Pronto Soccorso per problemi psichiatrici.
Il drastico riassetto e le eccellenze in pericolo
La recente eliminazione del Dipartimento di Neuroscienze dalla struttura organizzativa dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza ha suscitato notevole inquietudine nel panorama sanitario calabrese. Tale provvedimento è stato ufficializzato con il nuovo atto aziendale ed ha destato apprensione non soltanto fra i professionisti del settore sanitario, ma anche tra i cittadini stessi; si teme infatti per le ripercussioni sulla qualità e sull’interruzione dei percorsi terapeutici riguardanti le patologie neurologiche e la salute mentale.
In passato recente, il Dipartimento aveva acquisito notorietà come un differente punto d’eccellenza sul piano nazionale. Le sue sezioni specialistiche—che spaziavano dalla neuroradiologia alla neurochirurgia—lavoravano in sintonia estrema, costituendo così un esempio esemplare d’assistenza integrata. Una manifestazione concreta della sua preminenza si può rinvenire nell’Unità Operativa Complessa dedicata alla Neuroradiologia presso l’Azienda Ospedaliera cosentina: attiva sin dal 1996 e capofila nelle tecniche endovascolari all’interno del plesso dell’Annunziata, essa ha compiuto la straordinaria realizzazione di ben oltre duemila procedure interventistiche. Recentemente divulgati da Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), gli ultimi dati del 2023 attestano inequivocabilmente le straordinarie performance della struttura: essa occupa infatti il secondo posto in Italia nel trattamento immediato degli aneurismi cerebrali rotti dopo il Careggi situato a Firenze. Proseguendo con un’indagine sull’arco temporale dell’ultimo triennio, risulta che la neuroradiologia cosentina si collochi stabilmente fra i cinque migliori centri italiani riguardo ai casi d’aneurismi rotti e nei primi dieci quando consideriamo quelli non rotti. Inoltre, è importante notare un notevole aumento negli interventi volti a trattare altre condizioni patologiche sensibili alle tempistiche urgenti – come appunto l’ictus – ascrivibile anche alla comprovata esperienza della Stroke Unit di un secondo livello; quest’ultima rappresenta una pionieristica iniziativa realizzata in Calabria. Questo team non soltanto ha ottimizzato le tempistiche relative ai trattamenti emergenziali, ma ha altresì trasmesso efficacemente il proprio modello operativo all’ospedale Pugliese situato a Catanzaro; questo comportamento evidenzia chiaramente l’intraprendenza nella creazione efficiente delle sinergie anche al di sotto del suo habitat iniziale. Infine, va menzionata una brillante innovazione: si tratta del primo intervento eseguito nella regione Calabria dal team specializzato in neuroradiologia su pazienti affetti da ematoma cerebrale sottodurale cronico — patologia assai diffusa negli individui anziani — seguita da diversi altri casi simili. L’attuale ristrutturazione dell’azienda ha avuto come conseguenza principale quella di disarticolare una rete consolidata nel tempo. Ora sotto la leadership di William Auteri troviamo la neuroradiologia reintrodotta all’interno del Dipartimento di diagnostica e radioterapia; mentre le discipline della neurochirurgia—diretta da Salvatore Aiello—e dell’oculistica con alla guida Pierluigi Fava sono state integrate nel Dipartimento delle specialità chirurgiche. Anche la Stroke Unit insieme alla neurologia—guidata da Alfredo Petrone—è stata assegnata al contesto del nuovo Dipartimento medico-polispecialistico. Questa rimodellamento organizza solleva dubbi significativi riguardo alla capacità di mantenere le sinergie, essenziali nell’operatività complessiva delle diverse unità coinvolte fino ad oggi così armoniosamente interconnesse. Nonostante i dirigenti aziendali esprimano sicurezza sull’importanza strategica nella conservazione delle competenze accumulate nei decenni passati – quasi trenta anni – il compito attuale consiste nell’assicurarsi che tale frattura nella gestione non comporti una perdita sostanziale dei saperi fondamentali o comprometta l’efficacia operativa generale; garantire al contempo un flusso continuativo nell’attività collaborativa fra questi settori appartenenti a differenti dipartimenti sarà cruciale affinché i pazienti possano beneficiare sempre di un’assistenza integrale ed altamente professionale, soprattutto quando si trovano ad affrontare condizioni cliniche complesse richiedenti un intervento multidisciplinare coordinato.

Le implicazioni per la salute mentale in Calabria
L’odierna ristrutturazione del panorama sanitario calabrese include l’illustrazione dello smembramento dell’importante Dipartimento di Neuroscienze situato a Cosenza ed è emblematico delle profonde criticità per la salute mentale riscontrate nella regione stessa. I dati allarmanti datati al 28 marzo 2025 segnalano che oltre 470mila individui sono affetti da disturbi psichiatrici in Calabria, tra cui ben il 75% presenta sintomi legati ad ansia e depressione. Un fenomeno simile è emerso su scala nazionale, con circa dodici milioni di cittadini italiani chiamati a combattere battaglie analoghe nel campo della salute mentale. Le statistiche attestano uno stato d’emergenza sia dal punto di vista sanitario sia sociale; i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) nazionali si confrontano ogni giorno con un incremento della domanda continua e insostenibile.
Nel caso specifico della Calabria, le sfide sono palpabili: nel solo anno corrente ci sono stati registrati oltre 15.400 accessi ai Pronto Soccorso per problematiche psichiatriche, traducendosi così in più di quaranta nuovi casi quotidiani nei servizi d’emergenza medica. Pur essendo presenti cinque Dipartimenti dedicati alla Salute Mentale insieme a oltre quaranta centri operanti sul territorio, le disponibilità finanziarie risultano insufficienti, non consentendo una risposta adeguata all’incremento della domanda assistenziale. La regione ha scontato gli effetti nefasti di tagli significativi, unitamente all’amministrazione commissariale protrattasi per quindici anni con il fine principale del riequilibrio del debito pubblico. Tale circostanza ha comportato un doloroso esodo forzato dei pazienti, i quali sono stati spinti verso cure al di fuori dei confini regionali; ciò ha comportato non solo la negazione dell’accesso alle prestazioni sanitarie fondamentali ma anche l’emergere di una mobilità sanitaria insostenibile sia sotto l’aspetto economico che sociale. Sebbene ci sia stato un aumento delle risorse allocate dal Fondo Sanitario Nazionale, il panorama sanitario in Calabria appare estremamente instabile ed è contraddistinto da una marcata carenza critica del personale:. Sono infatti stimati circa 2500 professionisti medici e quasi 4000 infermieri assenti nei ranghi effettivi necessari allo svolgimento ottimale della pratica clinica. Di conseguenza, province come Cosenza e Crotone risultano più vulnerabili rispetto a intensificazioni degli inconvenienti sanitari. L’urgenza dell’argomento è stata drammaticamente evidenziata nel mese di gennaio 2025, quando si sono registrati tre decessi in Calabria dovuti all’impossibilità di attivare prontamente i servizi relativi alle emergenze sanitarie. L’argomento relativo al personale specializzato nella salute mentale rivela situazioni piuttosto significative: risulta infatti che ci siano solo 31 psicologi per ogni 43.000 cittadini, evidenziando un rapporto altamente carente.
Il dibattito suscitato dalla “chiusura” o dal “frammento” del Dipartimento di Neuroscienze si rivela cruciale; difatti, un’esclusione delle singole unità, per la sua natura disgiuntiva e disordinata, rischia seriamente di minare i già fragili legami organizzativi esistenti. Al contrario rispetto ad essa si pone l’opzione della chiusura totale che offre almeno l’opportunità di affrontare riorganizzazioni strutturali chiare ed esplicite. Il futuro operazionale del dipartimento neuroscientifico situato a Cosenza rimane avvolto nel mistero nonostante le assicurazioni provenienti dall’Azienda Ospedaliera intendano preservare un bagaglio immenso d’expertise accumulato nel corso dei decenni passati. Affinché questo ambizioso traguardo possa essere conseguito, è imprescindibile mostrare abilità concrete nell’assicurare una collaborazione produttiva tra le nuove configurazioni operative. Tra i possibili sviluppi vi è l’attuazione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) con approccio interdipartimentale. La creazione di questi percorsi ha il potenziale per attenuare gli effetti negativi derivanti dalla frammentazione, attraverso la formalizzazione delle relazioni collaborative insieme alla chiarificazione delle funzioni specifiche degli operatori coinvolti. È fondamentale garantire che i PDTA siano sostenuti da sistemi informatici integrati, poiché ciò migliorerebbe notevolmente il flusso di informazioni cliniche necessarie per un monitoraggio continuo dell’efficacia operativa. Inoltre, l’investimento su tecnologie avanguardistiche come la telemedicina e il servizio di teleriabilitazione si dimostrerebbe cruciale nel colmare le lacune geografiche e organizzative: esso non solo permetterebbe accesso a consulenze specializzate tramite modalità remota, ma sarebbe anche determinante nel semplificare il follow-up per quei pazienti provenienti da zone maggiormente svantaggiate nella regione. Nonostante le sfide esistenti, situazioni incoraggianti quali quella della Stroke Unit di Cosenza—che ha replicato con successo il proprio modello a Catanzaro—evidenziano come si possa preservare l’eccellenza anche durante processi complessi di ristrutturazione; tutto ciò è realizzabile grazie a una ferma volontà strategica abbinata a investimenti mirati nelle risorse umane e nelle infrastrutture tecnologiche appropriate.

La sfida della neuroplasticità organizzativa
L’atto di soppressione del Dipartimento di Neuroscienze a Cosenza, con la conseguente ridistribuzione delle sue specializzazioni, propone una profonda riflessione su come le architetture organizzative sanitarie possano influenzare la percezione della salute e la gestione dei traumi. Dalla prospettiva della psicologia cognitiva, la mente umana tende naturalmente a elaborare le informazioni attraverso schemi e categorie ben definite. Un “dipartimento” funge da categoria chiara e riconoscibile, rappresentando un punto di riferimento che infonde sicurezza e un senso di integrità del servizio. La sua eliminazione può innescare una dissonanza cognitiva nei pazienti e nei professionisti, che si trovano a confrontarsi con una struttura funzionale che, pur persistendo in parti frammentate, non è più percepita come un’unità coesa. Questa discontinuità può generare stress e incertezza, aumentando il carico sui pazienti che già affrontano condizioni neurologiche complesse, spesso legate a eventi traumatici come ictus o aneurismi cerebrali.
A un livello più concettuale, la situazione calabrese solleva interrogativi pertinenti sulla resilienza dei sistemi complessi, che possono essere analizzati attraverso le lenti della neuroplasticità. Proprio come il cervello adatta e riorganizza le sue connessioni neuronali in risposta a lesioni o all’apprendimento di nuove esperienze, un sistema sanitario può, in teoria, riorganizzarsi per mantenere la funzionalità anche in presenza di mutamenti strutturali. Tuttavia, è cruciale riconoscere che la plasticità ha dei limiti e richiede un ambiente favorevole per una riorganizzazione efficace. Nel caso delle neuroscienze a Cosenza, la sfida imminente è duplice: non solo mantenere, ma auspicabilmente migliorare, le “sinapsi funzionali” tra le diverse unità operative (che spaziano dalla neuroradiologia alla neurochirurgia, passando per la neurologia) ora che sono state separate fisicamente e amministrativamente. Una vera “neuroplasticità” organizzativa non si limita a una semplice mappatura delle nuove connessioni, ma esige un investimento significativo in termini di comunicazione, coordinamento e risorse economiche.
Studi Recenti sulla Neuroplasticità: Sono emersi risultati significativi riguardanti il ruolo della neuroplasticità non solo nell’apprendimento, ma anche nel recupero da traumi cerebrali. La neuroplasticità è fondamentale per fotografare la capacità del cervello di adattarsi e rigenerarsi, un elemento che dovrebbe diventare centrale nei piani sanitari regionali e nazionali.
È imperativo rafforzare i nuovi circuiti di collaborazione, altrimenti la frammentazione potrebbe condurre a una riduzione dell’efficienza e della qualità complessiva dell’assistenza. Questo renderebbe più ardua la cura di patologie che, similmente ai disturbi mentali, richiedono un approccio olistico e una rapida integrazione di competenze diverse. Dopotutto, la nostra salute è un intreccio delicato di interconnessioni, e ogni filo che si allenta può seriamente comprometterne l’intera trama.
Comprendendo l’impatto sul nostro benessere
La notizia della riorganizzazione del Dipartimento di Neuroscienze all’ospedale di Cosenza ci spinge a riflettere su come percepiamo e gestiamo la salute, specialmente in ambiti delicati come la neurologia e la salute mentale. Un’idea fondamentale della psicologia cognitiva è che la nostra mente tende a categorizzare le informazioni per renderle più comprensibili e meno minacciose. Quando parliamo di un “dipartimento” specialistico, percepiamo una struttura unificata e competente, un punto di riferimento chiaro che ci dà sicurezza. La sua scomparsa, o il suo smembramento, può generare una sensazione di disorientamento, quasi che un pezzo di questa mappa mentale si sia perso. Questo non è solo un problema amministrativo, ma un vero e proprio impatto sulla nostra salute mentale e sul senso di fiducia che riponiamo nel sistema sanitario, specialmente per chi già affronta la vulnerabilità di una malattia neurologica.
A un livello più avanzato, il concetto di neuroplasticità ci illumina su come i nostri sistemi, inclusi quelli sanitari, possano adattarsi ai cambiamenti. Il cervello umano ha un’incredibile capacità di riorganizzare le sue connessioni neuronali dopo un trauma o durante nuove esperienze. Allo stesso modo, un sistema sanitario dovrebbe essere in grado di riadattarsi e mantenere la sua funzionalità nonostante le modifiche strutturali. Tuttavia, come per una mappa neurale che ha subito una lesione, la riorganizzazione non è automatica né indolore. Richiede uno sforzo cosciente e un investimento mirato per ricreare quelle “sinapsi” funzionali tra le diverse unità che prima operavano in simbiosi.
La sfida, per Cosenza e per l’intera Calabria, è garantire che questa riorganizzazione non si traduca in una dispersione di competenze e in un indebolimento dell’assistenza, ma che, anzi, si trovi il modo di rafforzare nuove forme di collaborazione, per continuare a offrire un’eccellenza che la regione ha dimostrato di poter raggiungere. In fondo, la nostra salute è un bene prezioso, un “tessuto” composto da innumerevoli connessioni, e il modo in cui gestiamo e supportiamo queste connessioni, sia a livello biologico che organizzativo, determina la sua forza e la sua integrità.

A livello nazionale, la salute mentale è diventata una priorità, con il 45% degli italiani che ora considera questo aspetto un’urgenza sanitaria, mostrando un incremento della consapevolezza del 18% dal 2018. Le statistiche rivelano che i disturbi mentali hanno superato l’incidenza delle malattie cardiovascolari in tutta Italia, e ultimo rapporto del Ministero della Salute indica una forte necessità di finanziamenti e ristrutturazioni nella rete dei servizi psichiatrici.