- Il 21,5% delle donne (16-70 anni) ha subito atti persecutori da un ex partner.
- Tra le vittime di stalking, l'80% riporta livelli elevati di ansia.
- Il 19-85% degli stalker presenta disturbi di personalità.
Il 23 luglio 2025, mentre il ticchettio dell’orologio scandisce il tempo, l’eco di una vicenda giudiziaria e umana risuona ancora con forza: il caso che ha visto coinvolti Maria Rosaria Boccia e Sangiuliano. Una relazione degenerata in persecuzione, un dramma che getta luce sulle complesse dinamiche dello stalking e sulle sue devastanti ripercussioni sulla salute mentale. La cronaca giudiziaria, che ha visto Maria Rosaria Boccia al centro di accuse di stalking, si intreccia inevitabilmente con le profonde ferite psicologiche inflitte alla vittima, Sangiuliano. Non si tratta di un semplice scontro interpersonale, bensì di un modello comportamentale che, una volta oltrepassata la soglia della normalità, si trasforma in una sistematica intrusione nella vita altrui, culminando in un’aggressione alla sfera più intima e vulnerabile dell’individuo.

La portata di tale evento non si limita alla dimensione giuridica; essa si estende al campo della psicologia cognitiva e comportamentale, mettendo in evidenza i meccanismi sottostanti che trasformano un’interazione, magari inizialmente connotata da un’attrazione o un legame pregresso, in un ciclo di umiliazioni e controllo.
La rilevanza di questa notizia nel panorama della salute mentale contemporanea è cruciale. Essa ci obbliga a confrontarci con la fragilità delle relazioni umane e con l’emergere di fenomeni patologici che, ancorché radicati in dinamiche ancestrali di potere e dominio, trovano nel contesto moderno, e in particolare nell’era digitale, nuovi strumenti e amplificatori. Lo stalking è una forma di violenza psicologica che logora l’anima, minando progressivamente l’autostima e la sicurezza della persona colpita. La vittima vive in un perenne stato di allerta, con la sensazione di essere costantemente spiata, minacciata, annientata nella propria libertà. La condizione d’assalto psicologico può portare a effetti devastanti nel lungo periodo quali il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), forme acute d’ansia e stati depressivi profondi. Nella società moderna, caratterizzata da un’intensa rete relazionale, il malfattore dispone infatti di numerose opportunità per infiltrarsi nell’esistenza della vittima; il virtuale diventa così l’estensione fisica dell’aggressore.
Le denunce rivolte contro Maria Rosaria Boccia hanno condotto ad avviare indagini circa possibili atti perseguitori ai danni dello stesso Sangiuliano. Ciò che emerge è un insieme continuativo ed opprimente dei suoi atteggiamenti nei riguardi della persona coinvolta: non ci troviamo davanti semplicemente a gesti sporadici o occasionalmente scorretti; piuttosto siamo di fronte a una sistematica ed intrusiva invadenza nell’ambito personale dell’individuo colpito. Se tali azioni dovessero trovare conferma giudiziaria si tratterebbe senza dubbio di una vera forma d’assedio mentale più complessa rispetto alla mera molestia quotidiana. Le repercussioni sull’intera questione abbracciano dimensioni legali — richiedendo interventi rapidi ed adeguati affinché le soggettività lesse siano protette — quanto aspetti sociali essenziali al fine di aumentare la sensibilizzazione collettiva circa i segnali premonitori del fenomeno in questione. All’interno di questa situazione, diventa fondamentale considerare non soltanto le azioni del soggetto accusato di stalking, bensì anche le fonti da cui esse provengono. È cruciale riflettere sulle possibili motivazioni psicologiche che possono spingere una persona verso un simile comportamento autodistruttivo.
Le radici psicologiche della persecuzione: una lettura dei comportamenti
Esaminare il comportamento di Maria Rosaria Boccia richiede un’analisi approfondita delle possibili motivazioni psicologiche che possono averla spinta a tali azioni persecutorie nei confronti di Sangiuliano. La psicologia forense, in questi casi, suggerisce diverse ipotesi, tra cui la presenza di disturbi di personalità, come quelli borderline o narcisistici, che possono manifestarsi con comportamenti ossessivi, manipolatori e una scarsa empatia.
Un’altra chiave di lettura può essere ricercata nelle dinamiche di attaccamento insicuro: un modello di relazione affettiva sviluppato nell’infanzia, che si traduce nell’età adulta in una difficoltà a gestire la separazione e l’abbandono, generando una dipendenza malsana dall’altro e una reazione aggressiva o persecutoria di fronte al rifiuto o alla perdita percepita. In questi casi, il perpetratore non accetta la fine di una relazione o il disinteresse altrui, e tenta disperatamente di ristabilire un contatto, anche a costo di superare ogni limite di decenza e legalità.
Le azioni di stalking, che spaziano da messaggi insistenti e minacciosi a intrusioni nella vita privata, fino ad arrivare a condotte umilianti e denigratorie, non sono mai casuali. Esse sono spesso il risultato di un profondo senso di frustrazione, un desiderio di controllo e una mancanza di confini personali che impedisce al perpetratore di distinguere tra la propria sfera e quella altrui.
Il “persecutore” può nutrire la convinzione di avere un diritto intrinseco a un’attenzione o a un rapporto, arrivando a percepire il rifiuto come un’offesa personale intollerabile. Questa distorsione della realtà, spesso accompagnata da una rabbia repressa e da un senso di impotenza, si traduce in un ciclo di azioni sempre più aggressive e invasive, mirate a riaffermare un controllo su una situazione che il soggetto percepisce come sfuggita di mano. In tale contesto, le vittime si trovano a fronteggiare non solo la minaccia fisica o psicologica, ma anche la sensazione di perdere la propria dignità e la propria identità.
È interessante notare come il ruolo dei social media abbia assunto una rilevanza crescente in questo tipo di dinamiche. Piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter, nate per connettere le persone, possono trasformarsi in veri e propri strumenti di tormento. La facilità di accesso alle informazioni personali, la possibilità di creare profili falsi, di diffondere pettegolezzi e di monitorare ogni attività della vittima rendono il cyberstalking una forma particolarmente insidiosa e pervasiva di persecuzione.

In questo mondo digitale, il confine tra pubblico e privato si assottiglia, e la vittima si trova esposta a un’aggressione costante, anche negli spazi che dovrebbero essere i più sicuri, come la propria casa. È essenziale che le misure di prevenzione prendano in considerazione questa innovativa dimensione, incoraggiando una consapevolezza superiore riguardo all’uso sicuro dei mezzi digitali e fornendo strumenti adeguati per il monitoraggio e la difesa delle vittime. La vera sfida consiste nell’equilibrare la libertà di espressione con il rispetto della dignità umana e della sicurezza personale, il tutto all’interno di un contesto dominato da rapidi sviluppi tecnologici.
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Le cicatrici invisibili: l’impatto sulla salute mentale delle vittime e dei perpetuatori
Le conseguenze dello stalking sulla salute mentale delle vittime sono profonde e durature, spesso paragonabili a quelle di un trauma fisico violento. Sangiuliano, come molte altre vittime, ha dovuto affrontare una battaglia non solo legale, ma soprattutto interiore per ripristinare un senso di equilibrio e sicurezza nella propria vita.
Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è una delle diagnosi più frequenti tra coloro che subiscono forme prolungate di persecuzione. I sintomi includono flashback vividi, incubi, stati di ipervigilanza, reazioni di spavento esagerate, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno. La mente, costantemente sottoposta a una tensione insostenibile, sviluppa una sorta di “memoria traumatica” che riaffiora in momenti inaspettati, riproponendo il terrore e l’impotenza provati durante gli episodi di stalking. La persona può sviluppare una paura paralizzante dei luoghi o delle situazioni che associa alla persecuzione, limitando drasticamente la propria vita sociale e professionale.
Oltre al PTSD, le vittime di stalking manifestano spesso livelli elevati di ansia e depressione cronica. L’ansia si manifesta con una costante preoccupazione per la propria sicurezza e quella dei propri cari, attacchi di panico e una sensazione di perdita di controllo sulla propria esistenza. La depressione, invece, si traduce in una profonda tristezza, anedonia (incapacità di provare piacere), isolamento sociale, disturbi dell’appetito e del sonno, e in alcuni casi, pensieri suicidi. La perdita di fiducia negli altri e nel proprio ambiente diventa una caratteristica comune, rendendo difficile per la vittima ristabilire relazioni sane e tornare a condurre una vita appagante. La sensazione di umiliazione e la violazione della propria dignità, spesso generate da atti diffamatori o denigratori perpetrati dallo stalker, incidono profondamente sull’autostima e sull’immagine di sé della persona colpita.
Non è da sottovalutare l’impatto sulla salute mentale del perpetratore stesso. Sebbene il focus primario sia sulla vittima, è fondamentale riconoscere che anche Maria Rosaria Boccia, se affetta da disturbi di personalità o problematiche di attaccamento, potrebbe trovarsi in una condizione di sofferenza psicologica. Il comportamento persecutorio, infatti, spesso non è solo un atto di malizia, ma il sintomo di un disordine più profondo, di un’incapacità di gestire le emozioni, le delusioni e i rifiuti in modo sano.
Se non trattati, tali disturbi possono portare a un ciclo di comportamenti distruttivi che danneggiano non solo gli altri, ma anche la vita del perpetratore, conducendo a isolamento, problemi legali e un’esistenza caratterizzata da frustrazione e rancore. Il processo di riabilitazione, insieme al sostegno psicologico, riveste un ruolo essenziale nel contesto dei perpetratori di violenza. Pur essendo un argomento meno presente nei dibattiti pubblici, la loro integrazione è fondamentale per interrompere il ciclo della violenza stessa. Solo attraverso tali interventi si può auspicare di prevenire l’insorgere di nuovi atti violenti e promuovere una condizione di maggiore sicurezza all’interno della società.
Un baluardo contro l’ombra: il futuro della prevenzione e dell’intervento
Il caso di Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia ci impone una riflessione profonda sul bisogno di rafforzare le strategie di prevenzione e di intervento nel contrasto allo stalking e alle sue devastanti conseguenze. L’importanza di una maggiore consapevolezza pubblica sui segnali d’allarme e sulle dinamiche sottostanti a questi comportamenti non può essere sottolineata abbastanza. Educare la società, a partire dalle scuole e dai contesti familiari, alla comprensione del consenso, dei confini personali e al rispetto reciproco è il primo e più fondamentale passo.
Campagne informative mirate, svolte con il supporto di esperti in psicologia comportamentale e forense, possono contribuire a demistificare lo stalking, togliendogli quell’aura di “lite privata” che ancora troppo spesso lo circonda e riconoscendolo come una grave forma di violenza psicologica. Bisogna inoltre promuovere una cultura che incoraggi le vittime a denunciare tempestivamente, offrendo loro un ambiente sicuro e non giudicante.
Sul fronte dell’intervento, è essenziale che le forze dell’ordine e il sistema giudiziario siano adeguatamente formati e attrezzati per affrontare i casi di stalking con la dovuta sensibilità ed efficacia. Questo implica non solo una maggiore rapidità nelle indagini e nell’emissione di provvedimenti restrittivi, come gli ordini di protezione, ma anche una comprensione più profonda delle complessità psicologiche che sottostanno a tali comportamenti.
Inoltre, i programmi di riabilitazione per i perpetuatori, basati su terapie cognitivo-comportamentali e sulla gestione della rabbia, sebbene controversi, rappresentano un’opportunità per prevenire la recidiva e per affrontare le radici del comportamento persecutorio. Investire in questi programmi significa investire nella sicurezza e nel benessere della collettività.
La rivoluzione digitale ha ampliato enormemente le possibilità di stalking, rendendo necessario un aggiornamento costante delle normative e delle strategie di contrasto. Le piattaforme social media devono assumersi maggiori responsabilità nella prevenzione del cyberstalking, implementando strumenti più efficaci per la segnalazione di contenuti abusivi e per l’identificazione di profili falsi o molesti.

L’introduzione di algoritmi in grado di rilevare pattern di comportamento sospetti, unita a una politica di tolleranza zero verso i molestatori online, è cruciale per proteggere gli utenti. All’interno del complesso panorama delle interazioni umane, dove l’amore può facilmente tramutarsi in soffocamento e l’attenzione scivolare verso l’ossessione, emerge con evidenza un principio cardine della psicologia cognitiva: la distorsione della percezione. Nella discussione sul fenomeno dello stalking è cruciale comprendere come il soggetto che perpetra tali atti possa elaborare una visione distorta della realtà; in questo contesto, il rifiuto si traduce in un invito alla persistenza, il silenzio assume le sembianze di un’offesa personale mentre l’intimità cessa di essere considerata uno spazio sacro da rispettare per diventare piuttosto qualcosa da conquistare o modellare secondo le proprie esigenze.
È un meccanismo perverso, un vero e proprio errore di valutazione cognitiva che porta a interpretare segnali neutri o negativi come prove di un legame inesistente o di un diritto non riconosciuto.
Andando più a fondo, la psicologia comportamentale ci insegna che il comportamento di stalking può essere rinforzato da piccole “vittorie” percepite: una reazione della vittima, un messaggio anche di disappunto, può essere interpretato dal molestatore come un segnale di successo, un segnale che il suo agire sta avendo un effetto, incentivandolo a proseguire in quella condotta. È un circolo vizioso in cui il disturbo d’attaccamento insicuro o una forma di nevrosi da controllo si alimentano della minima interazione, trasformandola in linfa vitale per un’ossessione che degenera in persecuzione.
Per la vittima, invece, la nozione avanzata da comprendere è quella del trauma cumulativo. Non si tratta di un singolo evento traumatico, ma di una serie di micro-traumi, di piccole aggressioni quotidiane alla propria tranquillità e integrità, che si accumulano nel tempo, logorando la psiche e rendendo la guarigione un percorso lungo e complesso. Questo costante stato di allerta e di minaccia percepita riprogramma il sistema nervoso della vittima, rendendola iper-reattiva e ipersensibile, anche a stimoli normalmente innocui. Riflettiamo, dunque, su come le nostre percezioni possano a volte tradire la realtà, e su come sia cruciale coltivare l’empatia e il rispetto per i confini altrui. Le relazioni più autentiche fioriscono nel terreno della libertà e del rispetto reciproco, non nel fertile campo della possessione e del controllo.
- Stalking: comportamento persecutorio ripetitivo e indesiderato che provoca paura e ansia nelle vittime.
- PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, una condizione psichiatrica che può insorgere a seguito di eventi traumatici.
- Cyberstalking: forme di stalking che avvengono attraverso l’uso di Internet e tecnologie digitali.
- Dati Istat sulla violenza contro le donne, utile per contestualizzare il fenomeno.
- Pagina con i contatti istituzionali del Ministro Sangiuliano, figura centrale dell'articolo.
- Dati Istat su numero delle vittime e forme di violenza, incluso stalking.
- Dati Istat sulla violenza contro le donne, inclusi i dati sullo stalking.