- In Italia, circa 5 milioni di persone soffrono di osteoporosi.
- Il 7% degli over 65 ha subito una caduta nei precedenti 30 giorni.
- Il rischio di cadute sale al 33% tra gli ultra 85enni.
- Esercizio fisico riduce il rischio di cadute del 30%-50%.
- Dopo una frattura, possono servire 60 giorni per recuperare piena autonomia.
L’ombra silenziosa sul benessere degli anziani: le cadute, un rischio sottovalutato
La questione delle cadute è tra le problematiche predominanti relative alla popolazione anziana ed è frequentemente sottovalutata. Esse non costituiscono soltanto incidenti fisici; piuttosto fungono da innescatori per una serie complessa di effetti collaterali in grado di influenzare negativamente la qualità della vita, oltre a intaccare l’autonomia e il benessere psicologico degli individui coinvolti. In Italia i numeri parlano chiaro: ci sono circa cinque milioni di persone colpite da osteoporosi, malattia caratterizzata dalla fragilità ossea, aumentando così il rischio fratturale. Inoltre, vi sono statistiche preoccupanti riguardanti 80.000 fratture del femore segnalate annualmente; tali lesioni rivestono particolare gravità e hanno implicazioni significative per gli anziani.
Secondo recenti indagini condotte dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’ambito del progetto “Passi d’Argento”, nel periodo compreso tra il 2022 e il 2023 è emerso che il 7% della popolazione over 65 ha subito una caduta nell’arco dei precedenti trenta giorni dall’intervista. Tale percentuale aumenta significativamente al raggiungimento del 21% se consideriamo un intervallo temporale esteso a dodici mesi. Questo fenomeno è ancora più preoccupante considerando che un anziano su tre sperimenta almeno una caduta ogni anno. Queste cifre, da sole, dipingono un quadro della rilevanza del fenomeno, ma è l’impatto sul piano psicologico a destare maggiore preoccupazione e a richiedere un’attenzione più approfondita.
Secondo i dati raccolti, il 16% delle persone tra 65 e 74 anni ha dichiarato di essere inciampato o scivolato nell’ultimo anno, e questa percentuale raggiunge il 33% tra gli ultra 85enni. Inoltre, il fenomeno risulta più diffuso tra le donne (25%) rispetto agli uomini (16%) e tra coloro che vivono in condizioni economiche difficili (30% contro il 19% di chi non ha difficoltà economiche).
La rilevanza di questa problematica non si limita alla mera incidenza degli eventi, ma si estende alle ripercussioni a lungo termine sulla salute mentale. Le cadute, infatti, innescano una reazione a catena che va ben oltre la lesione fisica immediata. Si osserva spesso la comparsa della sindrome da post-caduta, un disturbo caratterizzato da una profonda paura di cadere nuovamente. Questa paura, lungi dall’essere una semplice precauzione, si trasforma in un circolo vizioso che limita drasticamente la mobilità e le attività quotidiane, portando a una progressiva perdita di autonomia. L’individuo, temendo di cadere, riduce le uscite, evita movimenti che percepisce come rischiosi, e in ultima analisi si isola. Questa spirale di inattività e isolamento può sfociare nella depressione, in stati confusionali e in una generale diminuzione della qualità della vita.
Oltre alle conseguenze fisiche, le cadute comportano anche un forte impatto psicologico. La paura di perdere l’equilibrio è una delle esperienze più diffuse. Quasi quattro persone su dieci, fra gli intervistati, ammettono di provarne spavento, e questa percentuale balza al 60% tra coloro che hanno già vissuto una caduta.
Quest’ansia può avere un impatto notevole sulle routine quotidiane, riducendo l’autonomia personale e favorendo il fenomeno del ritiro dalla vita sociale.
- Ottimo articolo! Finalmente si parla dell'importanza della salute mentale......
- Articolo un po' allarmistico, forse esagera le conseguenze psicologiche......
- Interessante parallelismo con la psicologia comportamentale! Ma forse dovremmo......
- 🤔Non avevo mai pensato al legame tra cadute e declino cognitivo......
- 💪La prevenzione è fondamentale, ma spesso sottovalutata nelle RSA......
- 😔Purtroppo la paura di cadere è una realtà invalidante per molti anziani......
Le fratture e la fragilità psicologica: un legame indissolubile
Un incidente dovuto a una caduta non rappresenta semplicemente un singolo episodio; piuttosto è foriero di ricadute significative che trascendono il piano corporeo per impattare profondamente sulla psiche dell’individuo. Come sostenuto dal Dottor Flavio Cividini, Responsabile Unità Operativa Traumatologia: “una caduta può lasciare cicatrici psicologiche significative”. In particolare per gli anziani, il contesto quotidiano diventa minaccioso: ostacoli e rischi latenti trasformano l’ambiente familiare in una sorta di campo di battaglia contro la vulnerabilità avvertita nell’equilibrio personale. È importante ricordare che persino una rapida riabilitazione post-operatoria – ad esempio quando si interviene su una frattura del femore entro 48 ore – non è sufficiente a garantire assenza di problematiche emozionali legate all’episodio traumatico stesso.
La frattura del femore costituisce uno degli eventi traumatici più comuni ma dalle gravissime implicazioni: il percorso verso la ripresa appare decisamente variabile; mentre nel caso delle protesi vi può essere rapidità nella guarigione clinica, 60 giorni possono essere necessari affinché chi subisce sintesi con chiodo recuperi piena mobilità e autonomia. Un’immobilità prolungata, anche in giovane età, è difficile da gestire; nell’anziano, le conseguenze sono amplificate. La diminuzione della forza muscolare, la perdita di funzioni permanenti e l’incapacità di recuperare l’autonomia sono rischi concreti che possono generare un senso di impotenza e disperazione. Il paziente anziano, confrontato con la potenziale perdita della propria indipendenza, può facilmente sentirsi un peso per la propria famiglia, alimentando la depressione e l’isolamento sociale.
Uno studio dimostra che nel 2015 negli USA i costi totali delle cadute sono stati superiori ai 50 miliardi di dollari, evidenziando così l’importanza della prevenzione.
È fondamentale, in questa fase, un supporto integrato tra medici e familiari, volto a rassicurare il paziente e a infondere la fiducia nella possibilità di un ritorno a una vita normale, o quanto meno, a una gestione autonoma delle attività quotidiane.

Cadute e salute cognitiva: un legame inaspettato con la demenza
Studi recenti suggeriscono che oltre agli effetti immediati sul piano psicologico si stia manifestando un legame allarmante tra gli incidenti delle persone anziane e il potenziale insorgere del declino cognitivo così come della demenza. Non si parla quindi soltanto delle cadute come eventi sporadici dal contenuto traumatico; esse potrebbero segnalarci una vulnerabilità maggiore rispetto alla salute mentale in questi soggetti. In particolare, gli individui oltre i 65 anni, colpiti da tali inciampi fisici, potrebbero vedersi aumentate le probabilità di affrontare futuri disturbi cognitivi.
Un aspetto cruciale riguarda l’effetto neurologico derivante dalle lesioni craniche conseguenti a una caduta: anche quando questa risulta lieve, non può assolutamente essere trascurata. È possibile che microlesioni cerebrali accumulate nel tempo contribuiscano ad accelerare i processi degenerativi oppure agiscano come precursori nell’apparire delle malattie neurologiche. L’interazione fra esperienze fisiche e abilità cognitive si presenta quindi intrinsecamente complessa e reciprocamente influente; pensiamo al caso dell’anziano già compromesso nella sfera cognitiva: quest’ultimo potrebbe trovarsi in uno stato maggiormente vulnerabile alle cadute dovuto a deficit nelle aree della coordinazione motoria o nella percezione dei rischi circostanti. Viceversa, una caduta e il conseguente trauma possono peggiorare le funzioni cognitive. Questa interazione circolare evidenzia la necessità di un approccio olistico alla prevenzione e gestione delle cadute, che non si limiti alla sola valutazione del rischio fisico, ma che includa anche una costante monitoraggio delle capacità cognitive e dello stato psicologico.
Oltre la riabilitazione fisica: l’importanza del supporto emotivo e cognitivo
Il recupero da una caduta e da una frattura non si esaurisce con la guarigione fisica e la riabilitazione motoria. È altrettanto cruciale, se non di più, un percorso di supporto psicologico ed emotivo che aiuti l’anziano a superare le conseguenze invisibili del trauma. La Paura di Cadere (PFC) è un esempio paradigmatico di come un evento fisico possa trasformarsi in una condizione psicologica debilitante. Questa paura non è solo ansia, ma si manifesta con una riduzione eccessiva dei movimenti e delle attività, in una cautela che diventa patologica e limita la persona in ogni aspetto della vita.
La diminuzione dell’autostima, la perdita di fiducia in sé stessi e un senso di disperazione sono compagni frequenti di chi vive con la PFC. È qui che entrano in gioco le discipline della psicologia cognitiva e comportamentale.
Dal punto di vista della psicologia comportamentale, la PFC può essere concettualizzata come una risposta condizionata al trauma della caduta. L’evento della caduta ha evocato una reazione di paura e dolore. Successivamente, gli stimoli associati alla caduta diventano stimoli condizionati che evocano ansia e paura, portando all’evitamento. La terapia comportamentale, attraverso tecniche di esposizione graduale, può aiutare l’anziano a riacquistare fiducia e a rompere il ciclo dell’evitamento, reintroducendo gradualmente le attività che sono state abbandonate per paura.
Dalla prospettiva della psicologia cognitiva, la PFC è alimentata da schemi di pensiero disfunzionali e da distorsioni cognitive. L’anziano potrebbe sovrastimare il rischio di una nuova caduta, catastrofizzare le conseguenze, o avere un locus di controllo esterno, sentendosi impotente. Il trauma della caduta può consolidare queste credenze negative, portando a un senso di impotenza appresa. L’intervento cognitivo si focalizza sull’identificazione e la ristrutturazione di questi pensieri irrazionali, aiutando l’anziano a sviluppare strategie di coping più adattive e a riacquistare un senso di controllo sulla propria vita.
- Diverse revisioni sistematiche hanno dimostrato che l’esercizio fisico regolare può ridurre il rischio di cadute del 30% al 50%.
- Programmi di Tai Chi e yoga mostrano un miglioramento significativo nell’equilibrio e nella qualità della vita degli anziani.
- Allenamenti di forza per migliorare le capacità motorie.
- Esercizi di equilibrio e Tai Chi per sviluppare stabilità e coordinazione.
- Attività fisica regolare per mantenere una buona forma fisica.
Glossario:
- Osteoporosi
- Riduzione della densità ossea che aumenta il rischio di fratture.
- Paura di Cadere (PFC)
- Condizione psicologica legata alla paura di subire una nuova caduta.

