- Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani dai 10 ai 19 anni.
- Nel 2023, Telefono Amico Italia ha ricevuto oltre 7000 richieste d'aiuto per pensieri suicidari.
- Il 44% degli adolescenti italiani ha avuto esperienze legate al pensiero suicidario.
- Circa l'11% degli adolescenti mostra segni di dipendenza da social media.
- L'aumento dei suicidi in Italia dopo la pandemia è del 60%.
L’adolescenza si configura come uno snodo cruciale ricco di scoperte ma anche di contraddizioni; purtroppo è diventata uno scenario favorevole per una crisi profonda e spesso inascoltata: il suicidio. Questa tragica realtà sta crescendo rapidamente ed è ora identificabile come la seconda causa prevalente di decessi fra gli individui dai dieci ai diciannove anni. Tale situazione disegna una cornice inquietante che sollecita profondamente l’interesse pubblico. Le cifre parlano chiaro: circa uno studente maschio su tredici durante l’adolescenza ha tentato gesti autolesionisti fatali; nel contempo, una percentuale considerevole del 30% dei ragazzi riflette sull’idea o sulla pianificazione del suicidio. Dati riscontrabili attraverso studi svolti nel 2016 dimostrano chiaramente che gli adolescenti maschi fra dieci e vent’anni risultano essere i più vulnerabili.
Allo stesso modo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tramite le proprie analisi statistiche, ha sottolineato quanto questa problematicità sia oramai emersa fra le prime tre motivazioni alla base dei decessi nella fascia d’età compresa tra 15 e 44, rendendo questa realtà ancora più straziante considerato che nei vari Paesi esaminati vi sono stati incrementi significativi anche nelle fasce giovanili; così tanto da poter diventare addirittura la ragione principale degli eventi mortali in oltre un terzo delle nazioni considerate. In Europa, la situazione emerge come particolarmente allarmante. Uno studio condotto da UNICEF nel 2021 ha evidenziato che circa nove milioni di adolescenti sono afflitti da un disturbo mentale. Inoltre, il fenomeno del suicidio risulta essere la seconda causa di morte: una realtà tragica per questa particolare fascia d’età. Studi più recenti indicano un drammatico aumento dei suicidi in Italia, quantificabile nel 60%, osservabile nel periodo successivo alla pandemia. Questa crescita preoccupante sembra presentarsi già tra i giovanissimi, persino nelle scuole primarie. È stata quindi sollecitata una risposta tempestiva per garantire maggior vigilanza sulla salute psicologica dei più giovani; si pone particolare enfasi sull’importanza della prevenzione rispetto al rischio suicidario e sui comportamenti autolesivi riconosciuti come indicatori significativi dell’“anticamera del suicidio”. [Fondazione Veronesi]. L’allarme lanciato dai neuropsichiatri enfatizza la necessità di una profonda riflessione sulle radici di questo disagio. Si assiste a un incremento significativo, pari al 75%, dei suicidi tra i giovani, con un picco di richieste d’aiuto a Telefono Amico Italia, che nel solo 2023 ha registrato oltre 7000 contatti per pensieri suicidari. Questo aumento è imputabile a una molteplicità di fattori, tra cui spiccano modelli familiari disfunzionali, esperienze traumatiche e avverse vissute durante l’infanzia, e una maggiore vulnerabilità emotiva che si traduce in uno stile cognitivo deviato. Tali elementi, uniti a un senso crescente di solitudine e isolamento sociale, creano un terreno fertile per lo sviluppo di pensieri suicidari.
- Nel 2023, oltre 7000 richieste d’aiuto a Telefono Amico Italia.
- Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani dai 10 ai 25 anni.
- L’8 per mille nell’assistenza ha mostrato un incremento del 24% dal 2022.
- I dati indicano una predominanza tragica nei suicidi tra gli individui minorenni.
Nell’ambito della psicologia comportamentale risulta fondamentale analizzare come il corpo degli adolescenti attraversi una fase caratterizzata da radicali mutamenti sotto vari aspetti: fisici ed emozionali. Durante questo periodo si manifesta una crescente urgenza di esplorare le dinamiche relazionali; emerge fortemente il desiderio d’indipendenza insieme alla scoperta della sfera sessuale. Contemporaneamente aumentano le tensioni nei rapporti con i genitori, mentre il fascino per infrangere regole diventa sempre più impetuoso. Tali alterazioni tipiche della pubertà rischiano seriamente di compromettere l’equilibrio interiore dei giovani adolescenti, esponendoli a situazioni difficili o malesseri profondi. In tale scenario articolato risulta decisiva non solo la strategia preventiva, ma anche la comprensione approfondita delle cause sottese ai fenomeni osservati. Questo richiede un intervento integrato dove siano coinvolti non soltanto gli adulti nella loro figura parentale, ma anche scuole ed enti pubblici, oltre a specialistici servizi legati alla salute mentale. L’ardua battaglia è rilevante perché quella su cui ci stiamo giocando rimane soprattutto salvaguardare l’esistenza stessa dei nostri ragazzi – qualcosa che non può avere prezzo.
I meccanismi psicologici della suicidalità in adolescenza
Nel momento in cui un adolescente giunge a considerare seriamente l’idea del suicidio, egli si trova immerso in un doloroso turbinio mentale che appare insostenibile; non riesce neppure ad intravedere possibilità diverse dalla morte stessa. Da qui emerge inevitabilmente a lattice pensarne in modo dicotomico; false and extreme ideas dictating that it is either instant relief from suffering or the bleak path of suicide itself. Tale interpretazione radicale della realtà testimonia una marcata difficoltà nell’affrontare i propri dolori interiori oltreché nella capacità d’immaginarsi futuri alternativi.
Un’indagine svolta dal gruppo MUSA del CNR-Irpps offre lucide evidenze riguardo al fenomeno: si stima che ben il 44% degli adolescenti italiani abbia avuto esperienze legate al pensiero suicidario. A questo proposito emergono dati preoccupanti: il 23.2% degli intervistati ha espresso tali idee solamente per una volta mentre è ancor più inquietante constatare come sia il restante 21.7% abbia affrontato ripetutamente tali stati mentali. Simili risultati segnalano con urgenza quanto sia necessario attuare strategie d’intervento tempestive ed efficaci.
Alla luce delle teorie della psicologia cognitiva, questa fase caratterizzata dalla disperazione può essere riconducibile a schemi mentali distorti; evidenziando così, una sorta di impossibilità nel pianificare in maniera efficace, catturando infine come risultato ultime attese tendenti ad accorciare le dimensioni temporali dell’esperienza umana. Un adolescente con propensione al suicidio mostra un’intensa ambivalenza riguardo al desiderio di vivere rispetto a quello di morire, oscillando anche tra l’atto di richiedere aiuto e il suo rifiuto. Tali improvvisi ripensamenti complicano notevolmente la possibilità per chi cerca di supportare questi giovani individui nel fornire assistenze davvero efficaci e coerenti.
In questo scenario complesso emerge la dissociazione come possibile indicatore comportamentale rilevante. Secondo quanto esposto nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), si tratta della presenza d’interruzioni nell’integrazione usuale della coscienza, memoria, identità ed emozioni, assieme alla percezione sensoriale e al controllo motorio del corpo. Tali rotture possono emergere sotto forma classica: la derealizzazione denota una sensazione d’irrealtà, distaccandosi dall’ambiente circostante; mentre la depersonalizzazione implica un’evidente perdita del contatto con se stessi, accompagnata spesso da stati d’intorpidimento emotivo o fisico.
Numerose ricerche sui temi legati al suicidio nell’adolescenza mettono in luce che i concetti quali noia e vuoto si intrecciano strettamente con esperienze dissociative. I teorici, da Kernberg a Laing, hanno interpretato il vuoto come un’interruzione dell’identità e della percezione di sé, risultando in esperienze viscerali ed esistenziali di disincarnazione e irrealtà. Queste esperienze, spesso difficili da verbalizzare, si sovrappongono alle descrizioni della dissociazione clinica.
- Prevenzione primaria: sensibilizzazione della popolazione generale.
- Prevenzione secondaria: focalizzata su gruppi a rischio.
- Prevenzione terziaria: per coloro che hanno già tentato il suicidio.
La rilevanza della dissociazione per il rischio di suicidio è ampiamente accettata. Sebbene non ci siano prove causali dirette, i risultati suggeriscono che i tentativi ripetuti di suicidio possono essere motivati dal desiderio di sentire qualcosa, persino il dolore, piuttosto che continuare a vivere nell’intorpidimento e nel vuoto. È importante sottolineare che la dissociazione non deve essere considerata solo come un semplice sintomo. In effetti, essa può emergere come una dinamica cruciale per analizzare il fenomeno della suicidabilità nell’adolescenza.
- Articolo molto utile, soprattutto per noi genitori... 👍...
- I social media sono un'arma a doppio taglio... 📱🤔...
- E se il suicidio fosse una richiesta d'aiuto estrema...? 💔...
L’impatto dei social media e le vulnerabilità sociali
In un’epoca dominata dalla connettività digitale, il ruolo dei social media e la loro influenza sulla salute mentale degli adolescenti sono sotto la lente d’ingrandimento, delineando un quadro tanto complesso quanto preoccupante. Recenti studi hanno evidenziato una correlazione significativa tra un uso eccessivo di tali piattaforme e l’insorgenza di sintomi depressivi, ansia e pensieri suicidari tra i giovani. Secondo l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), il fenomeno dei suicidi e dell’autolesionismo è strettamente collegato all’uso prolungato dei dispositivi digitali e dei social media, alimentato dalla crescente dipendenza tecnologica. Questo si manifesta con un allarme ricoveri per tentati suicidi, il cui incremento dall’inizio della pandemia è evidente e rappresenta una vera e propria crisi silenziosa tra le nuove generazioni.
- Il 20% degli adolescenti riporta sintomi di depressione.
- Almeno il 11% degli adolescenti dimostra segni evidenti di dipendenza da social media.
Nell’ambito della ricerca accademica viene affermato che la fruizione dei social network tra i giovani costituisce un potenziale fattore predisponente al suicidio. La dinamica intricata tra lo spazio digitale e le condizioni psichiche delle nuove generazioni mette in luce vari elementi cruciali. Circa l’11%, infatti, delle nuove generazioni denuncia un coinvolgimento malsano nei canali social dove emergono comportamenti assimilabili alla dipendenza stessa: uno tra questi è sicuramente quello dell’impossibilità a scollegarsi dalla rete.
Una componente particolarmente subdola è rappresentata dal fenomeno del confronto sociale, ovvero una inclinazione innata nel mettersi in relazione con individui percepiti come più desiderabili o realizzati. Ciò spinge molti navigatori nella rete a divulgare esclusivamente le sfaccettature positive delle proprie esistenze creando un’immagine personale apparentemente forte ed equilibrata; tuttavia coloro incapaci d’impegnarsi ai requisiti imposti dal confronto rischiano una devastante deteriorazione della propria autovalutazione oltre ad alimentare sentimenti depressivi.
Inoltre la condizione d’assuefazione ai canali digitali si realizza tramite meccanismi quali:
- una crescente tolleranza: (l’esigenza costante di restare collegati per spazi sempre maggiori senza perdere qualcosa di euforico)
- stati d’astinenza: (disagio emotivo oppure nervosismo quando ci si trova sprovvisti di connessioni attive)
- difficoltà di conflittualità: se sfociati nell’interazione dei destini etici e sociali delle esperienze — di restare nell’equilibrio su interessi;
Un aspetto cruciale della realtà odierna è la Fear of Missing Out (FoMO), che rappresenta un timore profondo di essere tagliati fuori da eventi sociali significativi e incoraggia una costante necessità di connessione. Un altro problema preoccupante nel contesto digitale è il cyberbullismo. Le persone che ne sono colpite tendono a cercare supporto in misura minore rispetto ai soggetti vittime di bullismo tradizionale; le conseguenze psicologiche possono manifestarsi con sintomi depressivi più intensi e un incremento del rischio suicidario, scaturito da una sensazione acuta di umiliazione. In particolare, le ragazze risultano più vulnerabili a questo tipo di violenza nell’ambiente online. In aggiunta alla pressione dei social media, ci si deve confrontare con solitudine e isolamento sociale, i quali agiscono come primari fattori predisponenti al disagio. La loneliness, intesa come percezione individuale del divario esistente tra relazioni desiderate e esperienze reali, ha il potere di indurre stati depressivi gravi ed accrescere la propensione verso comportamenti autolesionisti. Infine, il concetto di noia — già analizzato un secolo fa come incessante ricerca di evasione dal senso vuoto dell’esistenza — può concorrere ad esasperare tali condizioni. Secondo quanto emerso dal CNR, si possono rintracciare molteplici elementi socioculturali implicati nei fenomeni suicidari. Tali eventi si manifestano frequentemente durante periodi caratterizzati da crisi economica, sociale o difficoltà interpersonale. È sorprendente constatare che oltre il 90% delle occorrenze risulta legato a problematiche psichiatriche quali la depressione e l’abuso di sostanze. Non solo: situazioni come il gioco d’azzardo patologico e l’assunzione incontrollata di droghe – in particolare gli innovativi oppioidi – presentano una forte connessione con un incremento del rischio suicidario; vi sono persino casi in cui alcune overdose accidentali possano nascondere autentici atti suicidi. In aggiunta a ciò, la ricerca verso esperienze alterate della coscienza oppure Near-Death Experiences (NDE) può condurre ad azioni avventate, riposte erroneamente tra le manovre autolesioniste; queste ultime risultano invece essere delle esperienze psicotiche o dissociative derivanti dall’assunzione di droghe.
Riflessioni e strategie per un futuro di cura e speranza
In questo panorama complesso, dove le fragilità cognitive e le pressioni sociali si intrecciano in un tessuto difficile da districare, emerge con forza la necessità di una profonda riflessione sulle strategie di intervento. Il suicidio in adolescenza non è un problema che può essere affrontato con risposte semplicistiche, ma richiede un approccio integrato, multidisciplinare e, soprattutto, umano.
Un concetto fondamentale della psicologia cognitiva, spesso citato da pazienti e clinici, è quello delle distorsioni cognitive. Si tratta di schemi di pensiero irrazionali o inaccurati che influenzano il modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo. Nell’adolescenza, queste distorsioni possono amplificare il dolore mentale, portando a conclusioni estreme come “sono un fallimento totale” o “nessuno mi capisce”. Riconoscere e modificare questi schemi è un primo passo cruciale per rompere il circolo vizioso della sofferenza. In questo senso, la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) si rivela uno strumento prezioso, aiutando i giovani a identificare e ristrutturare i pensieri negativi, coltivando nuove prospettive di fronte ai problemi.
Portando la riflessione a un livello più avanzato, la psicologia comportamentale sottolinea l’importanza della regolazione emotiva, soprattutto in contesti di trauma o disregolazione affettiva. La disregolazione emotiva non è semplicemente “non sapere gestire le proprie emozioni”, ma una complessa interazione tra vulnerabilità biologica, ambiente invalidante e deficit nella gestione delle esperienze emotive intense. Imparare a tollerare il disagio, a identificare le emozioni e a rispondere in modo efficace anziché impulsivo, diventa una competenza vitale. La Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT), originariamente sviluppata per il disturbo borderline di personalità, offre strategie mirate per la regolazione emotiva, la tolleranza del disagio e l’efficacia interpersonale. Questi strumenti, se applicati precocemente, possono fare la differenza, fornendo ai giovani un “kit di sopravvivenza” emotivo per affrontare le tempeste interiori.
Le strategie che riducono l’accesso ai metodi più comuni usati per il suicidio si sono dimostrate efficaci, ma sono necessari approcci multisettoriali. Risulta cruciale che si intraprendano azioni preventive insieme a trattamenti adeguati sia per chi soffre di depressione sia per coloro che fanno uso problematico di alcol o sostanze stupefacenti; queste misure possono contribuire in maniera significativa alla diminuzione del tasso di suicidi. È possibile implementare programmi scolastici fondati sulla gestione delle crisi e il potenziamento dell’autoefficacia dei ragazzi nella soluzione dei problemi legati alla loro salute; tali iniziative hanno dimostrato una notevole efficacia nel contesto preventivo. La resilienza, definita come l’abilità di affrontare situazioni avverse mantenendo un equilibrato stato psicofisico, riveste dunque un ruolo cruciale come meccanismo protettivo principale. La promozione precocissima della comunicazione efficace tra i giovani e i loro adulti significativi risulta essere indispensabile; così come lo è il potenziamento della loro autostima assieme all’opportunità di esprimere liberamente le proprie emozioni durante gli anni formativi. È altresì necessario considerare quanto siano preziose le reti sociali locali, così come gli ambienti educativi e istituzionali, a fianco di una famiglia solidale.
Riguardo al futuro, bisogna adottare un approccio innovativo, complesso e multidisciplinare, coinvolgendo diversi ambiti: dall’educazione all’impiego, passando attraverso forze armate, sistemi giudiziari, così come fedi religiose, normative giuridiche, politiche pubbliche, fino ai mezzi d’informazione presenti nel territorio. Non basta identificare i pericoli; è fondamentale co-costruire percorsi di cura e speranza, dove ogni adolescente possa sentirsi visto, ascoltato e valorizzato. È una sfida epocale, eppure, come nelle migliori tradizioni umane, è proprio nella crisi che si manifesta la possibilità di riscoprire il valore profondo del prendersi cura. È il momento di illuminare le solitudini, di costruire ponti dove ci sono muri, e di credere, con rinnovata forza, nella capacità di ogni giovane di riscrivere la propria storia, anche quando sembra che le parole siano finite.
- Suicidio: atto di togliersi la vita.
- Dissociazione: discontinuità nell’integrazione della coscienza e memoria.
- DBT: Terapia Dialettico-Comportamentale, trattamento per il disturbo borderline.
- FoMO: Fear of Missing Out, paura di essere esclusi.
- Social Media: piattaforme online per la comunicazione e socializzazione.