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Abusi psicologici: come i traumi infantili plasmano il cervello e innescano disturbi alimentari

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  • Secondo la FRA, 1 donna su 3 nell'UE ha subito violenze fisiche o sessuali.
  • I disturbi alimentari sono un meccanismo di coping per gestire dolori profondi.
  • L'ippocampo può subire danni nella regolazione della risposta allo stress.

Le “Misure” di Marta: Gli effetti silenziosi degli abusi psicologici

Nell’era tumultuosa delle nostre vite quotidiane emerge con potenza straordinaria il racconto della giovane Marta. Questa narrazione mette in evidenza le disastrose ed elusive ripercussioni degli abusi psicologici, palesandone gli effetti devastanti sulla salute mentale dell’individuo. Tale vicenda non è affatto un’anomalia: al contrario si colloca all’interno di un contesto inquietante dove prevalgono fenomeni quali la violenza emotiva e psicologica. Anche se tale forma di aggressione risulta meno evidente rispetto alla violenza fisica manifesta, dunque incapace apparentemente di inferire danni immediatamente visibili, suscita ferite profonde che potrebbero rimanere celate per lunghi periodi prima di imporsi su individui già segnati da sofferenze preesistenti. L’introspezione dei bambini coinvolti nell’abbandono emotivo rivela chiaramente ciò: sono intrinsecamente condizionati dagli strascichi psicolabili conseguenti a tale vulnerabilità educativa; ciò comporta implicazioni terribili nei decenni successivi rispetto ad altre forme verificatesi mediante brutali abusi evidenti nel tempo. Diversobasi ha messo in risalto questo drammatico succedersi delle cose; ne deriva generalmente infatti una molteplicità sconfinata di esiti gravosi dell’esistenza sociale: predominanza suggestive comprendenti instabilità depressive e ansiose insieme a svariate patologie legate alla sfera alimentare quali l’anoressia nervosa o vari episodi correlativi riferentesi alla bulimia nervosa unitamente al complesso incontrovertibile del Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder).

Un caso eclatante è quello che si verifica quando il maltrattamento prolungato all’interno della coppia sfocia in disturbi d’ansia.

Secondo l’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA), una donna su tre nell’UE ha subito violenze fisiche o sessuali a partire dai 15 anni, e quasi la metà denuncia comportamenti psicologicamente abusivi nelle relazioni.

Questa sofferenza, associata alla mancata elaborazione del trauma, in particolare l’abuso infantile, può scatenare effetti negativi a cascata lungo tutto il ciclo di vita dell’individuo. La ricerca ha evidenziato come le persone che soffrono di disturbi alimentari mostrano spesso un tono dell’umore basso o depresso, oltre a soffrire di ansia, sovente legata al cibo, all’alimentazione stessa, e a preoccupazioni ossessive riguardo al peso e all’immagine corporea. L’abuso emotivo, in particolare, è stato correlato non solo alla genesi dell’anoressia e della bulimia, ma anche a problemi di bassa autostima, autocritica e disturbi dell’immagine corporea.

Nell’ambito della salute mentale, i disturbi alimentari non si configurano esclusivamente come questioni legate all’alimentazione; piuttosto assumono la forma di un intricato meccanismo di coping, che rappresenta una strategia disperata per gestire dolori profondi e inesplorati. La letteratura scientifica documenta in modo abbondante l’interconnessione tra i disturbi alimentari, gli eventi traumatici ed il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), evidenziando così l’esistenza di una relazione non solo complessa ma anche bidirezionale. Per fare un esempio lampante, il trauma infantile sottolinea considerevolmente l’incidenza nella comparsa di tratti psicopatologici più articolati ed incisivi; fra questi risalta la disregolazione emotiva – vale a dire le difficoltà nel riconoscere, esprimere o regolare correttamente le emozioni personali.

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Neurobiologia del trauma: L’impronta sul cervello

Le scoperte nel campo delle neuroscienze rivelano che gli abusi psicologici non sono meramente un’esperienza “mentale”, ma lasciano tracce fisiche profonde nel cervello, alterandone la struttura e la funzione. In un articolo recente pubblicato su Molecular Psychiatry, è stato evidenziato come le esperienze traumatiche nei primi anni di vita possano causare danni neuronali e alterazioni nel funzionamento del cervello, influenzando il comportamento e la salute fisica futura dei soggetti coinvolti.

Il cervello, organo estremamente plastico, risponde allo stress e al trauma con adattamenti complessi, che possono però sfociare in disfunzioni croniche. L’interazione tra stimolazione ambientale negativa, le risposte individuali e l’insorgenza di patologie come il PTSD, deve essere esaminata alla luce di queste alterazioni neurobiologiche. In particolare, è stata evidenziata un’alterazione critica nel circuito che coinvolge l’amigdala e la corteccia prefrontale, soprattutto le zone orbitofrontali, meccanismo che è considerato il fondamento del PTSD. Questa disfunzione compromette la capacità di regolazione emotiva e di risposta allo stress.

A un livello più profondo, il meccanismo di retroazione del cortisolo sull’ippocampo e sull’amigdala, che rappresenta l’ultimo stadio del circuito HPA (asse ipotalamo-ipofisi-surrene), viene compromesso. In uno studio della Università degli Studi di Bergamo, si è dimostrato come l’ippocampo, cruciale per la memoria e l’apprendimento, possa subire un danno nella sua capacità di regolare la risposta allo stress, mentre l’amigdala, centro della paura e dell’allarme, può diventare ipersensibile.

Danni al sistema dopaminergico all’interno dell’amigdala basolaterale possono compromettere ulteriormente il funzionamento della corteccia orbitofrontale, fondamentale per la presa di decisioni e il controllo degli impulsi. A livello neuronale, un trauma prolungato e ripetuto provoca progressivi adattamenti, rendendo i circuiti cerebrali ipersensitivi o “sensibilizzati” di fronte a minime provocazioni. L’ipersensibilità potrebbe condurre a reazioni sproporzionate e non funzionali perfino in assenza di vere minacce.

I traumi, da parte loro, hanno un impatto notevole sulle dimensioni emotive, comportamentali, cognitive, sociali e fisiche delle persone. Essi plasmano la loro neurobiologia con effetti capaci di perdurare per tutta l’esistenza. In modo particolare, i giovani devono tenere presente come tali esperienze traumatiche possano disturbare profondamente lo sviluppo cerebrale consueto, oltre ai fini meccanismi neurobiologici e psicologici alla base del benessere stesso.

La complessa interconnessione tra traumi e disturbi alimentari: Un approccio integrato

L’interconnessione fra dissociazione, traumi infantili ed il manifestarsi dei disturbi alimentari sta guadagnando attenzione accademica sempre crescente. I risultati delle ricerche evidenziano chiaramente come l’aver vissuto situazioni traumatiche in età precoce—come ad esempio abusi ripetuti—rappresenti un rilevante fattore predisponente allo sviluppo delle suddette problematiche nutrizionali. Si stima che milioni siano le persone colpite dai disturbi dell’alimentazione; fra queste si osserva frequentemente anche la presenza contemporanea di diagnosi relative ad ansia o depressione maggiore.

I dati indicano una diffusione allarmante della sindrome post-traumatica da stress (PTSD). Questo stato clinico sembra essere particolarmente ricorrente nei soggetti affetti da disordini alimentari: ciò supporterebbe la tesi secondo cui ci sarebbe non soltanto una correlazione ma forse addirittura una relazione diretta tra trauma ed esito patologico. Recentemente sono emerse analisi che mostrano come esperienze fortemente traumatiche vissute durante l’infanzia possano compromettere seriamente la capacità individuale nel regolare le emozioni ed elaborare cognitivamente eventi relazionali.

I traumi legati a carenze nell’attaccamento parentale—spesso riconducibili alla visione testimoniata della violenza oppure alla mancanza nella cura dei propri figli—difficilmente non influiscono sul corretto autocontrollo psichico, oltre ad ostacolare chiavi fondamentali della gestione emotiva.

Questi aspetti si manifestano poi attraverso il cibo e il comportamento alimentare, che possono diventare un mezzo per gestire emozioni intense, un tentativo disfunzionale di trovare un senso di controllo in un mondo percepito come caotico e insicuro.

L’anoressia nervosa, ad esempio, è purtroppo la patologia psichiatrica con il più alto tasso di mortalità, in parte a causa del rischio di suicidio, ma anche a causa delle gravi complicanze mediche associate alla malnutrizione prolungata.

L’ARFID, disturbo da alimentazione evitante/restrittiva, colpisce sempre più bambini, evidenziando la necessità di interventi specialistici precoci:

Importanza dei centri di intervento»: è essenziale che i fondi continuino a essere stanziati per garantire che i bambini ricevano cure adeguate da un team multidisciplinare di esperti.

È quindi fondamentale un approccio integrato che tenga conto non solo degli aspetti nutrizionali e comportamentali, ma anche delle sottostanti esperienze traumatiche. I modelli di approccio, quali il New Maudsley Model, evidenziano l’importanza del coinvolgimento diretto dei familiari all’interno del percorso terapeutico, rivelando così che un’assistenza sistemica e olistica è fondamentale per garantire una convalescenza sostenibile.

Oltre la diagnosi: La resilienza e il cammino della consapevolezza

I traumi, manifestandosi sotto vari aspetti dolorosi, ci spingono verso una profonda meditazione riguardo alla complessità dell’intelletto umano, intrinsecamente interconnesso sia col proprio corpo sia con l’ambiente circostante. La disciplina della psicologia cognitiva rivela chiaramente che è attraverso le nostre modalità di percezione e interpretazione degli eventi traumatici che si fornisce una risposta emozionale adeguata o meno alle circostanze vissute. L’evento traumatico stesso perde significato dinanzi all’importanza cruciale del processo interiore attraverso cui lo affrontiamo; questo determina effettivamente la portata dell’influenza sul nostro benessere mentale nel lungo periodo.

L’intelletto umano assomiglia dunque a un maestro architettonico intento a dare ordine al disordine: sebbene cerchi incessantemente tale obiettivo volto alla comprensione del caos generato da esperienze pesanti passate – note anche come traumi complessi – questi tentativi potrebbero collassare sotto il peso delle difficoltà emotive prodotte dai medesimi eventi critici; questa deriva spesso culmina nella formazione di distorsioni cognitive accompagnate da modelli mentali poco funzionali. In aggiunta, l’approccio della psicologia comportamentale illustra come esperienze segnanti possano modificare drasticamente i nostri automatismi reattivi così come anche i comportamenti abituali quotidiani; ciò conduce talvolta verso scelte disadattive (quali anomalie alimentari oppure dipendenze), concepite implicitamente dall’individuo quale possibilità d’evasione oppure forma caparbia per esercitare dominio sugli aspetti caotici dell’esistenza.

Tuttavia, esiste sempre un cammino verso la consapevolezza e la guarigione, un percorso che richiede coraggio e l’apertura a ridisegnare le mappe interiori. Un concetto avanzato nel campo della medicina correlata alla salute mentale è la neuroplasticità, la straordinaria capacità del cervello di riorganizzare le sue strutture e funzioni in risposta a nuove esperienze.

Nel suo libro “Guarire dal trauma”, Judith Herman sottolinea l’importanza della resilienza nel processo terapeutico.

Titolo: Guarire dal traumaAutore: Judith HermanEditore: Ma. GiAnno: 2005

Questo significa che, attraverso interventi terapeutici mirati, come la terapia sensomotoria o la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma, è possibile non solo elaborare le esperienze dolorose, ma anche favorire la formazione di nuovi circuiti neuronali, promuovendo una riorganizzazione cerebrale positiva. Il viaggio della guarigione non è una semplice cancellazione del passato, ma una revisione profonda delle memorie traumatiche, affinché non dominino più il presente. È un invito a esplorare il potere della mente di riscrivere la propria storia, passo dopo passo, con delicatezza e determinazione, costruendo un futuro in cui la resilienza non sia solo una parola, ma un’esperienza vissuta e pienamente integrata.

An abstract illustration depicting the impact of psychological trauma on the brain. The image shows a human brain with visible emotional waves flowing through it, highlighting the connection between trauma and mental health. The colors represent struggle and healing.
A compassionate and serene scene illustrating a support group therapy session. The setting shows a diverse group of individuals sitting in a circle, engaging in open conversation about their experiences, with soft lighting.
A vibrant visual representation of resilience and healing. The image shows a person standing strong amidst a chaotic background, symbolizing the journey of overcoming psychological trauma, with flowers blooming around them.

Glossario:

  • PTSD: Disturbo post-traumatico da stress, una condizione psicologica che può svilupparsi dopo aver vissuto o assistito a un evento traumatico.
  • Neuroplasticità: La capacità del cervello di modificare e adattare le sue connessioni neurali a seguito di esperienze e apprendimento.
  • Compromissione neuroevolutiva: Alterazioni nello sviluppo cerebrale che possono derivare da esperienze traumatiche infantili.

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