Vigoressia: Quando l’ossessione per il muscolo distrugge la vita

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  • Almeno 6.000 italiani soffrono di vigoressia, ma il numero potrebbe essere maggiore.
  • I disturbi alimentari sono aumentati del 147% dal 2019.
  • Nel 2023, 3.780 decessi in Italia legati ai disturbi alimentari.

La vigoressia – conosciuta anche come anoressia inversa o bigoressia – emerge nel campo dei distanziamenti comportamentali nei confronti del cibo, non limitandosi a configurarsi come semplice anomalia ma erigendosi a vera e propria ossessione nei riguardi della massa muscolare e dell’ambita forma fisica perfetta. Sebbene tali problematiche tendano ad associare principalmente il genere femminile ai disturbi alimentari, la peculiarità della vigoressia sta nella sua rappresentanza maggioritaria fra il sesso maschile, con particolare riferimento all’età compresa tra i 19 e i 35 anni.

Le stime italiane parlano di almeno seimila soggetti affetti, cifra che potrebbe rappresentare solo la punta dell’iceberg: la natura intrinsecamente nascosta del disturbo ne ostacola l’evidenza, dando l’illusione di trattarsi d’un semplice innamoramento verso uno stile di vita sano.

Il fenomeno è comparso nel panorama clinico negli anni ’90, precisamente nel 1993, e si manifesta talvolta come protratta preoccupazione per immaginari difetti corporei. Tale distorsione conduce a pratiche «maniacali» per aumentare lo sviluppo muscolare, sostenute da routine di allenamento estenuanti e regimi dietetici rigidissimi caratterizzati da conteggi calorici severi e apporti proteici spropositati.

A differenza di disturbi alimentari quali anoressia nervosa o bulimia, la dismorfia muscolare (vigoressia) presenta tratti distintivi sia nell’oggetto del desiderio – la massa muscolare anziché la magrezza – sia nella modalità percettiva dell’immagine corporea: chi soffre di vigoressia si percepisce insufficiente pur avendo un fisico evidentemente sviluppato. Questa divergenza fra auto-percezione e realtà concreta è cruciale per comprendere la condizione, oggi inclusa nel DSM-5.

Pressioni culturali sostenute contribuiscono in modo determinante alla genesi e alla persistenza del disturbo. La glorificazione del corpo maschile ideale, esaltata dai mass-media e dai social, instaura confronti continui. Il modello maschile odierno, intriso di valori come forza e successo, diventa per molti irraggiungibile, generando insoddisfazione e complessi di inferiorità che spingono a misurare l’autostima in chilogrammi di muscolo, trascurando relazioni, studio e lavoro. L’insorgenza si registra spesso in adolescenza, fase cruciale nella costruzione dell’identità.

Secondo le statistiche 2023, circa 3,5 milioni di persone in Italia (5 % della popolazione) soffrono di disturbi alimentari, con un incremento del 147 % dal 2019, complice anche la pandemia. L’età media d’esordio è scesa fino ai bambini tra 8 e 11 anni. Tra i minori, due su dieci colpiti da DCA sotto i 14 anni e altrettanti tra 12 e 17 sono maschi. Nel 2022 le diagnosi hanno rivelato: anoressia 36 %, bulimia 18 %, binge eating 12 %. Pur non essendo fra i disturbi più diagnosticati, la vigoressia è in crescita e merita attenzione, perché la transizione da passione sportiva a patologia avviene spesso in modo subdolo.

Dati recenti sulla mortalità associata ai disturbi alimentari:
Nel 2023, sono stati registrati 3 780 decessi in Italia legati ai disturbi alimentari, con un incremento del 30 % rispetto al 2022. Tra questi, la vigoressia rappresenta un’area di crescente preoccupazione per la sua evoluzione e il suo impatto sociale.
Illustrazione di uomo con corpo muscoloso

Le sfaccettature invisibili: sintomi, cause e conseguenze della vigoressia

Riconoscere la vigoressia non è sempre immediato: i suoi sintomi si confondono con l’allenamento intenso, socialmente accettato e persino incoraggiato. Un segnale chiave è la preoccupazione ossessiva per il proprio corpo, con la convinzione irrazionale di essere troppo magri o non abbastanza muscolosi.

Questa paura alimenta una spasmodica ricerca di massa magra e riduzione del grasso, delineando il “fenotipo muscoloso/magro”, oppure, in altri casi, il “fenotipo muscoloso” puro. Chi soffre di vigoressia dedica ore eccessive alla palestra, ignora infortuni e segnali di fatica, e spesso trascura lavoro, relazioni e tempo libero, isolandosi socialmente.

Il controllo compulsivo è un’altra caratteristica: specchiarsi di continuo, pesarsi ripetutamente, monitorare rigidamente calorie e macronutrienti e sovrastimare il fabbisogno proteico. Diete estreme e timore dei pasti “normali” alimentano l’auto-isolamento, rendendo difficili momenti conviviali.

Le cause della vigoressia sono complesse e intrecciano fattori biologici, psicologici e culturali. Al centro vi è la scarsa autostima associata all’insoddisfazione corporea. Esperienze di bullismo o commenti sull’aspetto durante l’infanzia/adolescenza possono lasciare ferite durature, rinforzando il desiderio di un ideale ipertrofico. Da oltre quarant’anni la cultura occidentale glorifica lo stereotipo del maschio agile e muscoloso: mass-media, pubblicità e social diffondono standard irraggiungibili che aumentano il rischio di dismorfia muscolare.

I rischi sono notevoli: danni muscolari e articolari, disidratazione, sindrome da overtraining e uso improprio di steroidi anabolizzanti con gravi complicanze cardiache, epatiche e ormonali. Sul piano emotivo, l’ossessione alimenta insoddisfazione cronica, bassa autostima, ansia, depressione e possibili pensieri suicidari; spesso coesistono altri DCA o disturbi d’ansia.

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Dal DSM-5 al divano dello psicologo: diagnosi e trattamento della vigoressia

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) la vigoressia rientra nella “dismorfia muscolare”, sottocategoria dei disturbi ossessivo-compulsivi, collocandosi però a cavallo con i DCA: l’attenzione estrema all’aspetto la avvicina ad anoressia e bulimia.

La diagnosi richiede uno specialista: l’esercizio e l’alimentazione devono essere prioritari al punto da interferire con la vita quotidiana, accompagnati da paura di mostrarsi, isolamento o persistenza nelle pratiche estreme nonostante infortuni o consumo di anabolizzanti. Bastano due di questi comportamenti per porre diagnosi.

Il trattamento è multidisciplinare: psicologi, psicoterapeuti, nutrizionisti e medici dello sport. Spesso la prima sfida è far riconoscere la patologia alla persona, che percepisce il proprio impegno solo come “stile di vita sano”.

È fondamentale il supporto di familiari e amici, che possono aiutare la persona a riconoscere le conseguenze negative dei propri comportamenti e motivarla a cercare aiuto. I gruppi di supporto riducono l’isolamento e offrono condivisione di esperienze simili.

La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è particolarmente efficace per individuare e ristrutturare i pensieri disfunzionali, gestire ansia e insoddisfazione corporea. Psicoterapia psicodinamica e sistemico-relazionale possono esplorare radici profonde e problematiche familiari. Il nutrizionista ristabilisce un’alimentazione equilibrata, anche con tecniche di mindful eating. In alcuni casi, gli SSRI aiutano a gestire ansia o depressione.

Il percorso di recupero è olistico e richiede tempo: riconoscere la condizione, individuarne le cause, prevenire le ricadute. L’obiettivo è la trasformazione da ricerca del fisico “perfetto” a ricerca di benessere globale e auto-accettazione.

Riflessioni sulla vigoressia nel contesto della salute mentale moderna

La vigoressia, all’interno dello spettro dei disturbi del comportamento alimentare, rappresenta una sfida complessa per la salute mentale contemporanea. I principi della psicologia comportamentale mostrano come molte azioni – anche nocive – siano mantenute da processi di rinforzo: elogi per il fisico muscoloso o riduzione dell’ansia tramite controllo dell’alimentazione e dell’esercizio. Ciò diventa patologico quando la forma ideale è l’unica valida misura di autostima.

Nella psicologia cognitiva il concetto di dismorfia corporea descrive l’ossessiva preoccupazione per difetti reali o immaginari. Nella vigoressia questo focus è sulla muscolatura, portando chi ne soffre a sentirsi inadeguato nonostante sia muscoloso. Schemi di pensiero rigidi e iper-attenzione ai “difetti” ignorano i progressi; la CBT mira a ristrutturarli e a far emergere una visione più realistica e compassionevole di sé.

Glossario:
  • Vigoressia: Disturbo alimentare caratterizzato da ossessione patologica per l’aumento della massa muscolare e distorsione dell’immagine corporea.
  • Dismorfia corporea: Preoccupazione eccessiva per difetti reali o percepiti dell’aspetto fisico.
  • CBT (Cognitive Behavioral Therapy): Terapia cognitivo-comportamentale utilizzata per vari disturbi psicologici, inclusi quelli alimentari.

Il fenomeno della vigoressia invita a riflettere sugli standard estetici e su quanto influenzino le nostre identità. Forse è più utile celebrare la diversità dei corpi anziché inseguire una perfezione impossibile. Coltivare la propria autostima su basi solide va oltre i canoni superficiali: l’autentica forza risiede nella capacità di accettarsi e di perseguire un benessere globale dove mente e corpo coesistono in armonia.


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