- Negli ultimi 10 anni è cresciuto l'interesse dei giovani per gli sport estremi.
- Gli sport estremi favoriscono la risoluzione dei problemi e l'aumento della consapevolezza di sé.
- La ricerca di sensazioni contrasta la suscettibilità alla noia nei giovani.
L’analisi dei fenomeni psicosociali e delle insidie negli sport estremi praticati dagli adolescenti al di là della tradizionale corsa su pista
Il contesto giovanile si configura storicamente come uno spazio vibrante ricco d’esperienze avventurose e problematiche; ogni generazione mette alla prova i limiti dell’accettabilità sociale. Nel corso dell’ultimo decennio ha preso piede una tendenza particolarmente significativa che ha attirato il focus degli studiosi nel campo delle scienze sociali: il fascino crescente verso le discipline note come sport estremi, riscontrabile fra i giovani. Questi sport includono discipline audaci quali il parkour o il base jumping fino ad arrivare a forme estreme di motociclismo; tutte presentano elementi distintivi che rimandano all’audacia individuale, all’artisticità espressiva, nonché a una precisa volontà nell’assumere rischi considerevoli. Tradizionalmente queste inclinazioni venivano interpretate attraverso una lente clinica associando gli interessati con profili devianti oppure comportamenti problematici per identificare tale passione esclusivamente con una ricerca irrazionale delle emozioni fortemente stimolanti (sensation seeking). Recentemente però ricerche illuminate hanno evidenziato aspetti motivazionali assai più articolati suggerendo che ci siano importanti conseguenze positive sia sul piano psicologico che emotivo, basti pensare alla capacità dei giovani nel convertire timori in attitudini coraggiose true potential for developing humility.
Fonti suggeriscono che gli sport estremi non solo offrono un modo per affrontare i propri limiti, ma possono anche favorire la risoluzione dei problemi e aumentare la consapevolezza di sé. Ricerca: Brymer, E., et al. (2020). “Comprendere gli sport estremi: Una prospettiva psicologica”.
Questo cambio di prospettiva è cruciale per comprendere appieno le dinamiche che spingono i giovani a confrontarsi con i propri limiti e con la natura stessa. L’incidente occorso a un giovane motociclista, come richiamato da alcuni articoli, diviene dunque il casus belli per un’indagine più ampia, illuminando non solo i pericoli fisici intrinseci a tali attività, ma anche le complesse interazioni tra la psicologia adolescenziale, i traumi e la salute mentale.

La sfida con la natura e con se stessi, piuttosto che con un avversario, definisce l’essenza di questi sport. Dal calcio al tennis, che hanno dominato il panorama sportivo per decenni, si è passati a discipline in cui il piacere non è più legato alla prestazione o al risultato, ma al “vissuto corporeo”, all’esperienza di sensazioni intense e inusuali, e alla ridefinizione dei propri confini in un contesto sociale sempre più fluido e incerto. Come suggerisce una prospettiva psico-sociologica, la società odierna, fortemente improntata all’autocontrollo e all’autoregolazione, potrebbe paradossalmente spingere i giovani a cercare in queste attività rischiose una via per godere, seppur temporaneamente, dei piaceri di un corpo “grottesco” o “primitivo”, fuori dalle rigide convenzioni sociali.
Per gli adolescenti, in particolare, gli sport estremi possono rappresentare una “scorciatoia” per affrontare il caos e il dubbio esistenziale, una via per costruire un senso di vita, quasi un modo per affermare la propria sovranità individuale e rimuovere la precarietà, nonostante la piena consapevolezza del pericolo imminente e, talvolta, mortale.
La ricerca di sensazioni, come teorizzato da Zuckerman, descrive proprio questa necessità di alcuni individui di vivere esperienze nuove, intense e ad alto tasso di eccitazione per contrastare la suscettibilità alla noia. Si tratta di un tratto di personalità, in parte geneticamente determinato, che spinge i “sensation seeker” a una costante ricerca del rischio, preferendo esperienze estreme e nuove. Questi individui sono spesso descritti come curiosi, impulsivi, con tratti aggressivi e bassi livelli di ansia, e hanno una maggiore propensione ad adottare comportamenti a rischio in svariati contesti, dalla guida spericolata all’uso di sostanze. Tuttavia, è fondamentale distinguere tra la mera ricerca edonistica del brivido e motivazioni più profonde. Ad esempio, l’impresa di George Mallory che nel 1924 cercò di raggiungere la vetta del Monte Everest, portandolo alla morte, non può essere ricondotta unicamente al “sensation seeking”; alcune imprese estreme, come l’alpinismo o il canottaggio oceanico, implicano privazioni, sofferenze e una pianificazione meticolosa, spesso percepite dai partecipanti come noiose e faticose, e dove il brivido è deliberatamente evitato poiché associato a una perdita di controllo e, quindi, a un aumento del rischio.
- sensation seeking: tendenza a ricercare
- Studio sulle caratteristiche psicologiche dei giovani che praticano sport estremi.
- Tesi di laurea sull'analisi psicologica degli sport estremi tra gli adolescenti.
- Tesi sui benefici dello sport negli adolescenti, identità, psicologia e socialità.
- Approfondimento sulle motivazioni psicologiche dietro la pratica degli sport estremi.







